9.1 Il Legal Aid
9.2. Le misure provvisorie
Un ulteriore strumento predisposto allo scopo di garantire la effettività del diritto di accesso alla giustizia internazionale sono le misure provvisorie che sia le corti, sia gli organi competenti a vigilare sull'osservanza della previsione contenute nei trattati in materia di diritti fondamentali possono chiedere vengano adottate in pendenza di giudizio da parte degli stati interessati.
Una costante in materia di misure provvisorie è che il potere delle corti di richiedere tali misure non trova riconoscimento direttamente nel trattato, ma in strumenti secondari adottato direttamente dall'organo competente, come il regolarmente interno della corte126. Questa costante trova conferma nelle due esperienze che sono state precedentemente prese in considerazione. Per quanto riguarda il sistema nato in seno al Consiglio d'Europa, non è nella
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Gazzola Monica, "L'Europa dei diritti:il diritto all'accesso alla giustizia e il legal aid", in Diritto e formazione, 2011, pagina 267 e ss
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Si noti che in merito alla necessità di stabilire delle regole comuni che permettano di dare attuazione al diritto di accesso alla giustizia anche di quanti si trovano privi dei mezzi necessari, si è pronunciato il Consiglio degli ordini forensi d'Europa (CCBE), che nel novembre del 2010 ha stilato una sorta di "programma" a cui gli stati membri e le istituzioni europee dovrebbero tendere al fine di garantire un effettivo e armonico accesso al legal aid.
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Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007.
136 Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ma nel regolamento interno della Corte di Strasburgo, nello specifico nell'art. 39, la cui rubrica si riferisce alle "misure cautelari", che bisogna cercare per veder riconosciuto alla Camera (o al suo presidente) il potere d'ufficio, o su istanza di parte o dei terzi interessati, di richiedere le misure cautelari "che ritiene debbano essere adottate nell’interesse delle parti o della corretta conduzione del procedimento". Il par. 3 del medesimo articolo prevede poi che la camera possa richiedere alle parti interessata di informarla in relazione all'attuazione delle misure cautelari richieste. Per quanto riguarda la terminologia utilizzata in questa disposizione, se ne può evidenziare la ambiguità che si incontra laddove nel par. 1 in principio si afferma che la Camera, o il suo Presidente, competente a ordinare le misure che si stanno prendendo in considerazione qualora ad esempio non sia possibile convocare il collegio giudicante (anche se sembra preferibile la prassi secondo cui poi le decisioni adottate dal presidente siano ratificate dall'organo collegiale), possono "indicare" alle parti le misure provvisorie, facendo emergere una natura piuttosto labile del suddetto potere, inidoneo a vincolare le parti, per poi però far riferimento alla misura provvisoria che "deve essere adottata", che invece sottende una più netta dimensione della doverosità127. Come si può notare l'iniziativa all'invito della Corte all'adozione di misure provvisorie può essere sia d'ufficio sia di parte. In quest'ultima circostanza a richiedere alla Corte l'indicazione delle misure provvisorie ritenute necessarie può essere sia la parte ricorrente (uno stato che lamenti la violazione di uno dei diritti tutelati dalla Convenzione da parte di un altro stato parte, in caso di ricorso interstatale, ma ancora più rilevante ai fini della presente trattazione, il ricorrente persona fisica in caso di ricorso individuale), sia lo stato convenuto, anche se evidentemente questa seconda ipotesi è decisamente più infrequente. Si prevede altresì che a
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Vipiana Patrizia, I poteri cautelari della corte europea dei diritti dell'uomo e della corte di giustizia dell'unione europea a tutela dei diritti fondamentali, Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e dei rapporti tra le giurisdizioni, a cura di Giancarlo Rolla. Si tenga peraltro presente che i termini che si stanno prendendo ora in considerazione sono frutto di successive modifiche del regolamento, modifiche che si può dire hanno seguito la linea comune di evidenziare sempre più nettamente la imperatività delle misure provvisorie. Ad esempio nella versione originaria del regolamento si prevedeva che i giudici della Corte di Strasburgo "portassero all'attenzione" le misure provvisorie e che l'adozione delle misure stesse risultasse "desiderabile". Già nella versione del 1989 si fa largo il verbo "invitare" e l'adozione della misura era "consigliabile". Sull'evoluzione della terminologia utilizzata si veda A. Saccucci, "le misure provvisorie nella protezione internazionale dei diritti umani", Giappichelli Editore, Torino.
137 richiedere le misure provvisorie siano "altri soggetti interessati", ammettendo in questo modo anche soggetti diversi dalle parti del processo, l'importante è che gli stessi abbiano un interesse qualificato nel processo che si sta svolgendo di fronte alla Corte128. È particolarmente rilevante il fatto che si sia voluta riconoscere possibilità per la Corte di disporre l'adozione di misure provvisorie anche d'ufficio, in quanto in questo modo la Corte può sopperire all'eventuale inerzia delle parti quando invece risulta necessaria l'adozione delle suddette misure o risulterebbe irreparabilmente compromessa la tutela dei diritti riconosciuti dalla Convenzione, anche se ad oggi sono pochi i casi in cui la Corte ha effettivamente esercitato questo potere129. Il ricorso alle misure provvisorie è cresciuto proporzionalmente al numero di richieste in tal senso che annualmente vengono presentate alla corte, e questo dato emerge dai numeri raccolti dai "Rapporti Annuali" redatti dalla stessa Corte che segnalano come nel 2007 sono state oltre mille le richieste di adozione di queste misure, mentre nel 2008 si era già arrivati a quota 3000.
Un discorso molto simile può farsi per quanto riguarda il sistema instaurato dal Patto internazionale per i diritti civili e politici. Anche in questo caso lo strumento secondario di riferimento è il regolamento interno del Comitato per i diritti dell'uomo, in cui l'art. 92 recita "The Committee may, prior to
forwarding its Views on the communication to the State party concerned, inform that State of its Views as to whether interim measures may be desirable to avoid irreparable damage to the victim of the alleged violation. In doing so, the Committee shall inform the State party concerned that such expression of its Views on interim measures does not imply a determination on the merits of the communication". Tale disposizione ammette la possibilità
per il Comitato, prima ancora di comunicare il suo giudizio sul ricorso presentato, di richiedere allo stato convenuto l'adozione di misure provvisorie che si ritengano indispensabili al fine di prevenire il verificarsi di danni irreparabili in capo all'individuo ricorrente, senza che però la decisione del Comitato sulla auspicabile adozione di tali misure possa essere interpretata
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Vipiana Patrizia, I poteri cautelari della corte europea dei diritti dell'uomo e della corte di giustizia dell'unione europea a tutela dei diritti fondamentali, Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e dei rapporti tra le giurisdizioni, a cura di Giancarlo Rolla.
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A titolo esemplificativo si può ricordare il caso Ilaşcu e altri c. Moldavia e Russia, Application n° 48787/99, deciso dalla Corte l'8 luglio 2004, nel corso del quale il presidente della Grande Camera, con decisione del 15 gennaio 2004, ha invitato, ai sensi dell'art 39 del regolamento, uno dei ricorrenti a interrompere lo sciopero della fame che aveva intrapreso.
138 come una sorta di anticipazione della successiva decisione di merito del ricorso130.
Per completezza di può richiamare anche l'esperienza della Corte Internazionale di Giustizia, in cui al pari di quanto previsto in relazione al Comitato per i diritti umani e alla Corte di Strasburgo, si riconosce al giudice internazionale la possibilità di richiedere l'adozione di una serie di misure che si reputino necessarie per tutelare i diritti di ambedue le parti in giudizio. La particolarità in questa terza esperienza è data dal fatto che tale competenza della Corte non trova fondamento solo in uno strumento secondario, ma direttamente nello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia del 26 giugno 1945, potere poi ulteriormente specificato dall'art.41 del regolamento interno di funzionamento della Corte secondo cui "La Corte è autorizzata ad indicare, ove reputi che le circostanze lo richiedano, quali misure provvisionali debbano essere prese a tutela dei diritti d’entrambe le parti.". Un breve accenno può essere fatto anche alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, anche questa, al pari delle altre corti precedentemente richiamate, legittimata a disporre misure provvisorie. Per quanto riguarda questa esperienza indicazioni relative al potere cautelare della Corte di Giustizia dell'Unione Europea possono essere rinvenute già nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, nello specifico agli artt. 278 e 279, che, rispettivamente affermano che "I ricorsi proposti alla Corte di giustizia dell'Unione europea non hanno effetto sospensivo. Tuttavia, la Corte può, quando reputi che le circostanze lo richiedano, ordinare la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato", e che "La Corte di giustizia dell'Unione europea, negli affari che le sono proposti, può ordinare i provvedimenti provvisori necessari". Ulteriori aspetti dell'esercizio di questo potere possono poi essere rinvenuti nello statuto istitutivo della Corte, nello specifico nell'art. 39, par. 1131. Si può notare che a differenza del potere cautelare della Corte di
130 Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on
the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007.
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"Il presidente della Corte Internazionale di Giustizia può decidere secondo una procedura sommaria che deroghi, per quanto necessario, ad alcune norme contenute nel presente statuto e che sarà fissata dal regolamento di procedura, in merito alle conclusioni intese sia ad ottenere la sospensione prevista dall’articolo 278 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea [...], sia all’applicazione dei provvedimenti provvisori a norma dell’articolo 279 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sia alla sospensione dell’esecuzione forzata
139 Strasburgo, che risulta connotato piuttosto genericamente, il potere cautelare della Corte di Giustizia dell'Unione Europea appare più articolato, suddistinto in potere di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, e nell'adozione di provvedimenti provvisori132.
Il problema che si pone in relazione alle misure provvisorie (o cautelari, che dir si voglia) è legato al fatto che, come si è detto, innegabilmente le stesse devono essere considerate uno strumento essenziale al fine di garantire la efficacia e la effettività del diritto di accesso alla giustizia internazionale. Ma affinché ricoprano questo ruolo strumentale è necessario, in astratto, che le stesse siano dotate di una efficacia giuridicamente vincolante, e che non si atteggino come mere "raccomandazioni" nei confronti degli stati. Non è però agevole affermare in concreto tale vincolatività dal momento che, come si è vesto, il potere di organi e corti internazionali a salvaguardia dei diritti fondamentali di richiedere l'adozione di queste misure da parte dello stato nel corso del giudizio non trova fondamento direttamente nei trattati, bensì in strumenti secondari, come i regolamenti interni, adottati dagli stessi organi e dalle stesse corti133.
Porre rimedio a questa contraddizione non è stato un lavoro semplice, ed è stato portato avanti principalmente dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, del Comitato per i diritti umani e della Corte Internazionale di Giustizia. Verrano di seguito richiamati alcuni casi emblematici che hanno permesso lo sviluppo di questa giurisprudenza, oggetto dell'attenzione della dottrina134. In realtà in un primo momento la Corte di Strasburgo non era riuscita nell'intento di individuare un aggancio normativo che permettesse di affermare la natura giuridicamente vincolante conformemente all’articolo 299, quarto comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea [...]".
132 Vipiana Patrizia, I poteri cautelari della corte europea dei diritti dell'uomo e della corte di
giustizia dell'unione europea a tutela dei diritti fondamentali, Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e dei rapporti tra le giurisdizioni, a cura di Giancarlo Rolla.
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Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007.
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In particolare Scheinin Martin, "Access to justice before international human rights bodies: reflections on the practice of the UN human rights committee and the european court of human rights, access to justice as a human right", in "Access to Justice as a Human Right",Edito da Francioni, Oxford, 2007; Vipiana Patrizia, I poteri cautelari della corte europea dei diritti dell'uomo e della corte di giustizia dell'unione europea a tutela dei diritti fondamentali, Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e dei rapporti tra le giurisdizioni, a cura di Giancarlo Rolla.
140 dell'"invito" della Corte all'adozione delle misure provvisorie. Si può fare riferimento a una prima presa di posizione della Corte in materia in relazione al caso Cruz Varas e altri c. Svezia135. Il signor Cruz Varas era un cittadino cileno che dopo essere entrato illegalmente nel territorio svedese (seguito poi dalla moglie e dal figlio) aveva fatto richiesta al governo svedese di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato, che gli era però stato negato per mancanza delle condizioni necessarie. Questi decise di avvalersi del suo diritto di accesso alla giustizia internazionale e di rivolgersi alla Corte di Strasburgo (o meglio, alla allora ancora esistente Commissione Europea dei Diritti dell'Uomo). Nella pendenza del giudizio la Commissione Europea per i Diritti dell'Uomo136 aveva richiesto al governo svedese, a titolo di misura provvisoria, di non deportare il ricorrente mentre la sua richiesta veniva esaminata. La Svezia non aveva però osservato tale richiesta, e aveva proceduto con la procedura di espulsione del Signor Cruz Varas. Portata la vicenda all'attenzione della Corte di Strasburgo questa ritenne che con il suo operato la Svezia non aveva violato le previsioni contenute nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo in quanto non vi erano riferimenti normativi ne nella Convenzione, ne in altre fonti, che potessero qualificare come vincolanti le misure provvisorie indicate dalla Corte. In particolare i giudici della Corte di Strasburgo ritennero che non poteva desumersi la vincolatività di tali misure nei confronti degli stati interessati dall'ultima parte dell'allora art. 25 della convenzione (oggi art. 34), secondo cui "Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto". La Corte rinvia poi all'apprezzamento delle parti contraenti in ordine alla scelta di introdurre una nuova previsione che non rimetta alla sola buona fede degli stati la decisione se conformarsi o meno all'ordine di adozione di misure provvisorie, ma che le renda vincolanti, senza però realmente sbilanciarsi in ordine alla strada che sembra
135Cruz Varas e altri c. Svezia, Application n° 15576/89, deciso dalla Corte di Strasburgo il 20
marzo 1991.
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Nel 1991, hanno in cui si svolge la vicenda giudiziaria di cui si sta dicendo, era ancora esistente tale Commissione, che operava come filtro dei ricorsi individuali presentati alla Corte di Strasburgo. Come noto questa Commissione è stata successivamente eliminata con il Protocollo XI alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo del 1998 che ha invece instaurato un sistema di accesso diretto alla corte anche per quanto riguarda ai ricorrenti individuali.
141 preferibile percorrere137. Si noti però che già nel pronunciare la sentenza relativa al caso Cruz Varas e altri c. Svezia alcuni giudici espressero delle opinioni dissenzienti secondo cui le misure provvisorie (con implicito riferimento alla loro vincolatività) costituiscono uno strumento che tutela il ricorrente da una violazione dei suoi diritti che potrebbe comportare un danno irreparabile.
Totalmente opposta è la soluzione a cui giunge nel 2000 il Comitato per i diritti umani nel caso Dante Piandiong e altri c. Filippine138 in cui si arriva a riconoscere la natura vincolante degli ordini del Comitato di adozione di misure provvisorie nei confronti degli stati. Nel caso di specie i tre ricorrenti, Mr. Dante Piandiong, Mr. Jesus Morallos and Mr. Archie Bulan, erano stati ritenuti colpevoli di rapina e omicidio e condannati a morte. Dopo aver esaurito i rimedi interni i tre si erano rivolti al Comitato per i diritti umani, alla luce di quanto previsto in materia di ricorsi individuali da parte del Protocollo opzionale al Patto per i diritti civili e politici, allegando la violazione degli artt. 6, 7 e 14 del Patto internazionale da parte delle Filippine. Ricevuto il ricorso il Comitato aveva richiesto al governo filippino di sospendere la esecuzione della pena capitale fino a quando il giudizio internazionale era ancora pendente, a titolo di misura provvisoria, per salvaguardare la posizione dei ricorrenti nell'evenienza in cui l'esito del giudizio di fronte al Comitato di rivelasse a loro favorevole. Successivamente il Comitato fu informato che era stata comunque fissata la data per l'esecuzione della sentenza in quanto il governo filippino riteneva che ai tre individui fosse stato garantito un giusto processo.
Nel contesto di questo giudizio il Comitato ha avuto modo di sostenere la tesi secondo cui, sottoscrivendo il Protocollo opzionale al Patto internazionale per i diritti civili e politici, e accettando in questo modo la giurisdizione del Comitato, gli stati parti si impegnano a collaborare in buona fede con il Comitato stesso, implicando ciò anche la necessità di dare attuazione alle
137Caso Cruz Varas e altri c. Svezia, Application n° 15576/89, 20 marzo 1991, par 102
"Accordingly, the Court considers that the power to order binding interim measures cannot be inferred from either Article 25 § 1 (art. 25-1) in fine, or from other sources. It lies within the appreciation of the Contracting Parties to decide whether it is expedient to remedy this situation by adopting a new provision notwithstanding the wide practice of good faith compliance.".
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Dante Piandiong e altri c. Filippine, Communication N° 869/1999, decisa dal Comitato per i diritti umani il 19 ottobre 2000.
142 misure provvisorie che questo ritenga necessarie per garantire la posizione delle parti e lo svolgimento del giudizio. Costituirebbe quindi una violazione degli obblighi derivanti dal Patto internazionale del 1966 e dal suo Protocollo opzionale il comportamento dello stato volto ad ostacolare l'esame del ricorso da parte del Comitato non dando attuazione alla misure provvisorie richieste. Il profilo più rilevante di questa ricostruzione è dato dal fatto che il Comitato ha fondato la vincolatività dell'ordine di attuazione di misure provvisorie necessarie al fine di permettere all'organo internazionale di procedere alla valutazione delle comunicazione non tanto su disposizioni contenute nel Protocollo opzionale al patto, e nemmeno sulle disposizioni contenute nel regolamento interno, nonostante sia proprio all'art. 92 di tale regolamento che trova fondamento il potere del Comitato di ordinare l'adozione di misure provvisorie, bensì sulla buona fede con cui gli stati parti, sottoscrivendo il Patto e il Protocollo, si sono impegnati a dare attuazione ai relativi obblighi. Anche la Corte Internazionale di Giustizia è giunta ad una soluzione non dissimile appena un anno dopo la pronuncia del Comitato quando, nel 2001, nella sentenza che risolve il caso LaGrand (Germania c. Stati Uniti d'America)139. Il caso verteva sulla vicenda dei fratelli LaGrand, cittadini tedeschi, che dopo aver rapinato una banca in Arizona (uccidendo un uomo e ferendo gravemente una donna nell'atto) erano stati condannati a morte da una corte americana. Di particolare rilevanza è il fatto che ai due, durante il processo, non fu reso noto che, in quanto cittadini stranieri, avrebbero potuto avvalersi dell'assistenza consolare. Per quanto interessa ai fini della presente trattazione si evidenzia come, al pari di quanto ricostruito dal Comitato, anche la Corte Internazionale di Giustizia sostiene la tesi secondo cui le