9.1 Il Legal Aid
Capitolo 3: Il rapporto tra l'Immunità Giurisdizionale degli Stati e dei loro Organi e il Diritto individuale d
1. Teorie sul rapporto tra Immunità dalla Giurisdizione degli Stati e violazione di Diritti Umani Fondamental
Nel primo capitolo di questo elaborato si è presa in considerazione, nel contesto di una panoramica complessiva sulle garanzie e i privilegi di cui beneficiano gli stati ed i loro organi, quella regola di diritto internazionale che riconosce sia agli uni che agli altri l'immunità dalla giurisdizione civile degli altri stati, derivante direttamente dalla natura interstatale dell'ordinamento internazionale, che impone il riconoscimento reciproco della sovranità, anche al fine di mantenere stabili relazioni diplomatiche tra le diverse nazioni, basandosi sul principio "par in parem non habet
iurisdictionem". Come si è evidenziato, se alle origini il riconoscimento di
tale regime di immunità era generalizzato, e conseguentemente tale immunità doveva essere qualificata come assoluta, in quanto era destinata a coprire sia atti iure imperii che atti iure gestionis, la stessa ha nel tempo subito un vero e proprio restringimento, quando da immunità assoluta si è trasformata, ad opera della prassi italiana e belga, in immunità relativa (o ristretta), in grado quindi di salvaguardare la posizione degli stati e dei loro organi solo nella misura in cui gli stessi abbiano posto in essere una attività qualificabile come
iure imperii, ovvero quegli atti tramite cui gli stati esplicano l'esercizio dei
loro poteri di governo, con esclusione per converso degli atti iure gestionis, ovvero gli atti compiuti dagli organi dello stato o dai suoi funzionari che presentano natura privatistica1. Gli atti iure gestionis sono dunque emersi come prima e tradizionale eccezione al principio di immunità.
Poiché l'ordinamento internazionale non deve essere considerato una realtà statica, bensì dinamica, dove i vari aspetti e settori non sono limitati ed
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Si ricordi che, se da un punto di vista teorico è decisamente agevole qualificare gli atti e ricondurli alle due categorie degli atti iure imperii o iure gestionis, non sempre in concreto questa viene ad essere una operazione agevole.
167 immobilizzati in comparti stagni, ma si intersecano e influenzano reciprocamente, niente impedisce che la consolidata regola in materia di immunità degli stati e dei loro organi incontri una nuova limitazione. Anzi si dovrebbe dire che la stessa è in qualche modo auspicabile soprattutto in vista del crescente interesse e attenzione che nell'ordinamento internazionale si è manifestato in relazione a quanto attiene al riconoscimento e alla protezione dei diritti umani. Appare infatti a più voci come anacronistica il riconoscimento dell'immunità degli stati e ai loro organi dalla giurisdizione civile qualora a questi sia addebitabile la violazione di diritti umani fondamentali. Ma se da una parte la dottrina di molti paesi, prima tra tutte quella italiana grazie soprattutto al lavoro della Corte di Cassazione che si avrà modo di discutere ampiamente in seguito, spinge fortemente nel senso di questa ulteriore evoluzione della regola in materia di immunità, dall'altra la giurisprudenza delle corti sovranazionali, che dovrebbe in qualche modo farsi veicolo di questo sviluppo, sembra remare in direzione contraria e opposta continuando a proseguire sul filone tradizionale del riconoscimento della immunità dalla giurisdizione civile agli stati e ai loro organi in tutti quei casi in cui si ritiene che gli stessi abbiano agito nell'esercizio e in funzione della sovranità statale, ancora ancorata ad una visione stato-centrica dell'ordinamento internazionale. Non si può non richiamare brevemente, per poi procedere in seguito ad una disamina più attenta, le critiche che la dottrina italiana ha avanzato, ad esempio, a seguito dell'adozione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia al termine della controversia Germania c. Italia2. Con queste si è "accusata" la Corte di aver sprecato una importante occasione di contribuire allo sviluppo della regola in materia di immunità, sottolineando altresì come il riconoscimento dell'immunità alla Germania Federale si portava dietro l'ulteriore criticità di aver fatto venir meno il diritto individuale di accesso al giudice di quanti lamentavano di aver subito gravi violazioni di diritti umani ad opera della Germania Nazista posto
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Decisa dalla Corte Internazionale di Giustizia il 3 febbraio 2012, di cui si dirà più approfonditamente in seguito. A titolo esemplificativo si può richiamare Persano Federica, "Il rapporto fra Immunità Statale dalla Giurisdizione e norme di Jus Cogens: una recente pronuncia della Corte Internazionale di Giustizia", Resp. civ. e prev., fasc. 4, 2012, pag 1118; Pisillo Mazzeschi Riccardo, "Il rapporto fra norme di ius cogens e la regola sull'immunità degli Stati: alcune osservazioni critiche della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del 3 febbraio 2012", Diritti Umani e Diritto Internazionale, 2/2012
168 che, una volta precluso l'accesso ai giudici italiani, chiamati a dichiarare il proprio difetto di giurisdizione per ottemperare alla decisione della Corte Internazionale di Giustizia, così come in precedenza la Germania aveva escluso l'accesso ai giudici tedeschi, questi si ritrovavano senza alcuno strumento residuo per ottenere il risarcimento dei danni sofferti.
Non è recente l'interesse manifestato dalla dottrina per quanto attiene il rapporto e il delicato bilanciamento tra l'immunità e la violazione dei diritti umani fondamentali, con una particolare attenzione riservata al diritto di accesso al giudice. La linea ricostruttiva che per molto tempo è stata portata avanti si basa sullo sviluppo del "nuovo" diritto internazionale, fortemente caratterizzato, non solo dall'attenzione al regime dei diritti umani, ma anche da una visione universalistica e cosmopolita delle relazioni internazionali e su un marcato accetto a favore della solidarietà transnazionale, che si contrappone al "vecchio" diritto internazionale, ovviamente connotato da una impronta fortemente statalista3. Ed è proprio sulla base dei connotati di questo "nuovo" diritto internazionale che si è in qualche modo portati a pensare come ovvia la conclusione che le norme poste a protezione dei diritti umani debbano essere considerate in qualche modo prevalenti rispetto alla norma che prevede l'immunità giurisdizionale degli stati, se non costantemente almeno nei casi in cui si sia posta in essere una grave violazione dei diritti umani. Chi si fa sostenitore di una tesi più "estrema" ritiene che tale prevalenza non dovrebbe limitarsi esclusivamente alle disposizioni poste a tutela dei diritti fondamentali, ma dovrebbe riguardare ogni norma che riconosca la titolarità di un determinato diritto all'individuo, e questo in virtù di un tendenziale (ma non certo consolidato e definitivo) evoluzione dell'ordinamento internazionale da una struttura fortemente stato- centrica ad una struttura che mostra una maggiore attenzione all'individuo. Una ulteriore linea ricostruttiva si basa su una sorta di gerarchia tra le norme poste a fondamento da una parte dell'immunità e dall'altra della protezione dei diritti umani, basata sui valori da esse protetti. Si può subito dire che questa ricostruzione non ha portato a risultati soddisfacenti. Tale distinzione si viene a basare sull'assunto che l'esigenza di protezione dell'individuo dalle violazione dei suoi diritti fondamentali debba prevalere a prescindere e
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Raffaella Nigro, "Immunità degli stati esteri e diritto di accesso al giudice: un nuovo approccio nel diritto internazionale?", Rivista di diritto internazionale, fasc. 3, 2013, pag 812.
169 aprioristicamente sulla necessità di salvaguardare l'eguaglianza e la sovranità degli stati. Da tale presupposto deriva che le norme poste a salvaguardia del valore di più alto rilievo (ovvero la protezione dell'individuo) debbano di necessità prevalere sulle norme poste a protezione della sovrana uguaglianza tra gli stati. La precisazione da fare è che, nell'ottica di questa ricostruzione, non ci si trova davanti ad un rapporto gerarchico che non si può definire assoluto, nel senso che non ogni norma posta a protezione dei diritti dell'uomo si devono considerare preordinate alla regola sull'immunità, in quanto la preordinazione varrebbe solo per le norme poste a tutela dei diritti umani fondamentali. Questo potrebbe sembrare, ed in effetti è, un limite rispetto alla ricostruzione precedentemente richiamata in cui invece si affermava l'esistenza di una rapporto gerarchico assoluto tra il principio di immunità e le norme che riconoscono i diritti individuali, ma si deve evidenziare che in realtà il problema si è nel tempo progressivamente eroso, dal momento che la dottrina, concordemente, ha ricondotto sotto l'egida dello
jus cogens la maggior parte delle norme poste a salvaguardia dei diritti
dell'uomo, rendendolo così fondamentali4. Questi tesi ricostruttiva è stata ad esempio sostenuta dalla dottrina nel commentare la decisione della Corte di Cassazione Italiana nel caso Ferrini, deciso dalla Suprema Corte nel 20045 su cui si avrà molto da dire in seguito e successivamente ribaltata dalla Corte Internazionale di Giustizia nel noto caso Germania c. Italia6 precedentemente citato e di cui parimenti si dirà più approfonditamente in seguito, secondo cui la Corte di Cassazione Italiana, a suo tempo, negò il riconoscimento della immunità alla Germania basandosi sia sull'assunto secondo cui le norme poste a protezione dei diritti umani rientrano all'interno del nucleo dello jus
cogens, e altresì evidenziando l'importanza sostanziale del valore della
protezione dell'individuo sotteso alle norme stesse rispetto al valore dell'immunità7. Del resto è la stessa Corte di Cassazione ad affermare nella sentenza che "Il riconoscimento dell’immunità dalla giurisdizione in favore
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Si noti fin d'ora che tra tali diritti dell'uomo che la dottrina ha permesso di qualificare come fondamentali si può ricondurre anche il diritto di accesso al giudice
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Cassazione, sezioni unite n. 5044/04, depositata l’11 febbraio 2004
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Il 3 febbraio 2012 la Corte Internazionale di Giustizia ha reso la sentenza relativa al caso delle
Immunità giurisdizionali degli Stati, Jurisdictional Immunities of the State (Germany v. Italy :Greece intervening), Judgment, I.C.J. Reports 2012, p. 99
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Sul punto si veda anche De Sena, De Vittor, State Immunity and Human Rights: the Italian Supreme Court Decision on the Ferrini Case, European Journal of International Law, 2005, p. 89 ss..
170 degli Stati che si siano resi responsabili di tali misfatti " con riferimento in questo caso ai crimini addebitabili alle truppe tedesche e alla Germania Nazista nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, "lungi dal favorire, ostacola la tutela di valori, la cui protezione è da considerare invece, alla stregua di tali norme e principi, essenziale per l’intera Comunità internazionale, tanto da giustificare, nelle ipotesi più gravi, anche forme di reazione obbligatorie."8. La Corte ha altresì esplicitamente sottolineato come "i crimini internazionali «minacciano l’umanità intera e minano le fondamenta stesse della coesistenza internazionale» (così, ad es. Corte costituzionale di Ungheria 13 ottobre 1993, n. 53). Si tratta, infatti, di delitti che si concretano nella violazione, particolarmente grave per intensità o sistematicità [...] dei diritti fondamentali della persona umana, la cui tutela è affidata a norme inderogabili che si collocano al vertice dell’ordinamento internazionale, prevalendo su ogni altra norma, sia di carattere convenzionale che consuetudinario [...] e, quindi, anche su quelle in tema di immunità".9 Come si può agevolmente notare entrambe le linee ricostruttive che si sono sommariamente richiamate portano in ogni caso alla medesima conclusione, ovvero la prevalenza delle norme poste a tutela dei diritti dell'uomo sulla disposizione in materia di immunità.
Sono state molte le ricostruzione che hanno cercato di risolvere il bilanciamento tra questi due poli, e se anche le diverse teorie partono da presupposti diversi e si sviluppano su diversi ragionamenti (pur, come si è già accennato, arrivando alla medesima conclusione), in linea di principio le stesse possono essere distinte in due diverse categorie: quelle che partono dall'assunto della sussistenza di un conflitto normativo tra le norme che stiamo considerando, e quelle che invece partono dall'assunto secondo cui in nessun modo sarebbe possibile riscontrare l'esistenza di un conflitto normativo10. Paradossalmente però, pur partendo da presupposti diametralmente opposi, tutte le teorie riconducibili a queste due opposte
8 paragrafo 9.1 della sentenza 5044/2004 della Corte di Cassazione Italiana
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paragrafo 9 della sentenza della Corte di Cassazione Italiana
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La distinzione delle teorie in materia di bilanciamento tra immunità degli stati e tutela dei diritti umani fondamentali in questi due gruppi è da riconoscere a Raffaella Nigro, "Immunità degli stati esteri e diritto di accesso al giudice: un nuovo approccio nel diritto internazionale?", Rivista di diritto internazionale, fasc. 3, 2013, pag 812.). In questo saggio l'autrice da una panoramica a volo d'aquila delle ricostruzioni dottrinarie e giurisprudenziali relative al rapporto tra principio di immunirà e diritti umani che qui si ripropone.
171 categorie giungono tutte a sostenere la tesi secondo cui si dovrebbe assicurare la prevalenza alle norme poste a tutela dei diritti dell'uomo.
Si può anticipare che la scelta nella conduzione di questo elaborato, forzata anche dalla giurisprudenza che di seguito sarà richiamata, si farà principalmente riferimento all'impostazione secondo cui sussiste un conflitto normativo tra il principio di immunità e le norme poste a tutela dei diritti umani rispetto a cui il diritto di accesso alla giustizia ricopre un ruolo funzionale, con un riferimento sintetico anche alle altre ricostruzioni. Nel capitolo conclusivo si darà poi conto delle ricostruzioni alternative come strumento di critica delle pronunce in materia delle principale corti internazionali, anche al fine di ricostruire come, astrattamente, avrebbero potuto concludersi le vicende giudiziarie che si andranno ad analizzare. Per quanto riguarda il primo gruppo di teorie, come si è già detto queste partono dal presupposto comune che esista un conflitto normativo tra le norme poste a tutela dei diritti umani e la regola sull'immunità degli stati, con una prevalenza da riconoscere alle prime in quanto parte del cd jus cogens. Questa è la posizione che è stata portata avanti ad esempio dai giudici di minoranza della Corte di Strasburgo nel caso Al-Adsani c. Regno Unito11 in cui la Corte Europea per i Diritti dell'Uomo si è pronunciata nel senso del riconoscimento della immunità al Kuwait, con la conseguenza ulteriore di non riconoscere la violazione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, con specifico riferimento al diritto di accesso al giudice, da parte del Regno Unito, che in virtù del riconoscimento della suddetta immunità si era rifiutato di agire contro il Kuwait per far valere la pretesa risarcitoria del ricorrente, con la strettissima maggioranza di nove giudici a favore contro otto giudici contrari. Ai fini della presente trattazione interessa particolamente la tesi espressa dai giudici di minoranza, che per l'appunto evidenziarono come le norme poste a tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, con particolare interesse alla norma che vieta la tortura che interessava specificamente il caso di specie, devono essere qualificate come norme di diritto internazionale cogente, e dunque, secondo il diritto internazionale, insuscettibili di essere derogate, se non da norme di pari
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Al-Adsani c. Regno Unito, Application no. 35763/97, deciso dalla Corte di Strasburgo il 21 novembre 2001
172 grado12. Poichè la norma che prevede l'immunità degli stati è di rango inferiore, in quanto non presenta natura cogente, essa nel caso di specie avrebbe dovuto rimanere inapplicata e non produrre i suoi effetti, in quanto incompatibile con la norma che prevede il divieto di tortura. A tale posizione espressa dai giudici di minoranza della Corte di Strasburgo si è rifatta anche la Corte di Cassazione Italiana nella sentenza Ferrini, laddove questa afferma che "non può esservi dubbio che l’antinomia debba essere risolta dando prevalenza alle norme di rango più elevato, come puntualizzato nelle opinioni dissidenti espresse dai giudici di minoranza (otto contro nove) allegate alla sentenza Al-Adsani (retro, § 9): quindi, escludendo che, in ipotesi siffatte, lo Stato possa giovarsi dell’immunità della giurisdizione straniera."13
. Inoltre, consapevole del fatto che in ultima analisi la Corte di Strasburgo si è pronunciata a favore del riconoscimento della immunità, la Cassazione precisa ulteriormente che la prevalenza delle norme di grado più elevato in materia di diritti dell'uomo sulla regola dell'immunità non può essere negata sul solo assunto che "tale deroga al principio dell’immunità non è espressamente prevista da alcuna norma (così, ad es., oltre la sentenza,Al- Adsani, 61; Superiore Court of Justice – Ontario (Canada), 1 maggio 2002, Houshang Bouzari+3 v. Islamic Republic of Iran, 63)"14.
Per quanto attiene al secondo gruppo di ricostruzioni, si deve evidenziare una ulteriore distinzione tra quanti si pongono propriamente in modo critico nei confronti dell'esistenza di un conflitto normativo tra le due disposizioni che si stanno considerando, e quanti invece riescono a giungere al risultato di riconoscere la prevalenza del diritto umanitario prescindendo dalla valutazione dell'esistenza o inesistenza di un conflitto normativo, ma basandosi puramente sulla peculiare natura delle norme a protezione dei diritti umani fondamentali. Per quanto attiene ai primi, la principale critica che viene mossa a quanti sostengono la sussistenza di un conflitto normativo, si basa principalmente sulla diversa natura delle norme considerate, sostenendo in particolare che non si potrebbe costruire un rapporto gerarchico
12
si veda l'art. 53 della Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati del 1969 secondo cui "Ai fini della presente Convenzione, una norma imperativa del diritto internazionale generale è una norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati nel suo complesso come norma alla quale non è consentita alcuna deroga e che può essere modificata soltanto da un'altra norma del diritto internazionale generale avente lo stesso carattere."
13
paragrafo 9.1 della sentenza 5044/2004 della Corte di Cassazione
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173 basato sull'esistenza di un conflitto normativo in quanto la norma sul rispetto dei diritti umani ha natura sostanziale, mentre la regola in materia di immunità ha natura procedurale15. Si noti che questa argomentazione sarà ripresa anche dalla Corte Internazionale di Giustizia nella decisione del 3 febbraio 2012 relativa al caso Germania c. Italia proprio al fine di escludere l'esistenza di un conflitto normativo. A tale critica però si oppone che alla gerarchia sostanziale dei valori sottesi alle due norme corrisponde anche una gerarchia formale in quanto "la norma materiale di diritto cogente contiene altresì una regola procedurale che vieta i limiti alla sua concreta attuazione"16.
Come si è già accennato parte della dottrina prescinde dall'esistenza di un conflitto normativo per affermare la prevalenza delle norme di jus cogens, basandosi esclusivamente sulla natura peculiare delle norme a tutela dei diritti umani fondamentali. Nonostante tutte le tesi che rientrano in questo terzo gruppo partano da questo presupposto comune, diversi sono gli effetti che se ne ricavano, che vanno dalla implicita rinuncia alla immunità dalla giurisdizione da parte dello stato che violi tali diritti17, dalla complicità nella commissione di queste violazioni dello stato che riconosca la immunità allo stato presunto autore della lesione dei diritti fondamentali18 fino a sostenere che il riconoscimento della immunità agli stati a cui sia addebitabile la violazione di diritti umani fondamentali comporterebbe un ostacolo insormontabile all'esercizio della giurisdizione previsto dal diritto internazionale19. Anche la Corte di Cassazione Italiana, nella sua pronuncia relativa al caso Ferrini afferma che, poiché è ormai ricorrente la tesi secondo cui i crimini internazionali, consistenti nella grave e reiterata violazione dei diritti umani fondamentali, nella loro gravità "minacciano l’umanità intera e
15Voyakis, Access to Court v. State Immunity, Int. And Comparative Law Quarterly, 2003, p.
297 ss, p. 320
16
Raffaella Nigro, "Immunità degli stati esteri e diritto di accesso al giudice: un nuovo approccio nel diritto internazionale?", Rivista di diritto internazionale, fasc. 3, 2013, pag 812.
17A titolo esemplificativo si può richiamare Belskey, Merva, Roht-Arriaza, Implied Waiver
Under the FSIA: a Proposed Exception to Immunity for Violation of Peremptory Norms of International Law, California Law Review, 1989, p. 365 ss. V. contra Caplan, State Immunity, Human Rights and Jus Cogens: A Critique of the Normative Hierarchy Theory, cit., p. 775. Si noti che questa ricostruzione non è stata accettata e condivisa dalla Corte di Cassazione Italiana nella decisione relativa al caso Ferrini
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A differenza della ricostruzione precedentemente richiamata, questo effetto giuridico è stato invece condiviso dalla Corte di Cassazione nella decisione del caso Ferrini
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Akande, International Law Immunities and the International Criminal Court, American Journal of Int. Law, 2004, p. 407 ss., p. 415.
174 minano le fondamenta stesse della coesistenza internazionale [...] ne è stata sancita l’imprescrittibilità (Convenzione ONU, del 26 novembre 1968; Convenzione del Consiglio d’Europa del 25 gennaio 1974) e si è riconosciuto che ogni Stato può reprimerli, indipendentemente dal luogo in cui sono stati