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Anglopalestina, tra religione e politica

2. L’impatto di Muhammad Alì

74 TNA FO 226/126. Finn al ministro degli Esteri George Villiers (1800-1870), 15 set. 1857.

75 R. S

HARIF, Non-Jewish Zionism, Zed Press, Londra 1983, p. 12.

Negli anni ‘30 del XIX secolo la Francia occupò l’Algeria: si trattò della prima conquista di un paese di lingua araba da parte di una potenza europea. Da questo momento le società musulmane non poterono più vivere in un sistema autosufficiente ancorato al passato. Furono obbligate a riadattarsi per sopravvivere in un mondo dominato da altri. 77

In una certa misura quegli stessi anni modificarono anche alcuni aspetti del volto religioso, geografico e amministrativo della Palestina moderna, tanto che Shimon Shamir e diversi altri studiosi hanno individuato in quella fase storica il terminus a quo dell’età moderna in Palestina. Altri ricercatori si sono spinti, in maniera in parte forzata, a far risalire l’iniziale delimitazione di una peculiare identità palestinese a questo periodo.78

Come vedremo più avanti, gli effetti di tali sviluppi sulla maggioranza locale, e non solo su di essa, si rivelarono non di rado nefasti. In primis in quanto contribuirono a preparare il terreno per l’affermazione di una forma mentis basata sull’idea che la società subalterna meritasse la considerazione delle cancellerie e degli studiosi occidentali solo in rapporto alla fase storica in cui essa venne effettivamente modernizzata: un approccio che negava tra l’altro ancestrali tradizioni legate al modo in cui gli autoctoni si rapportavano alla loro terra.

I mutamenti che a partire dagli anni ‘30 investirono la regione furono innescati da una commistione di fattori, molti di essi in ultima analisi riconducibili, oltre che all’influenza delle potenze del vecchio continente, all’azione di Muhammad Alì (1769-1849).79

Quest’ultimo, primo khedivè de facto80 d’Egitto, era salito al potere nel 1805 – lo avrebbe mantenuto per 43 anni – sfruttando il vuoto di potere seguito all’espulsione delle truppe

77 A. H

OURANI, A History of the Arab Peoples, Faber, Londra 1991, p. 263. Per assoggettare l’Algeria Parigi dovette fronteggiare trent’anni di ostinata resistenza da parte delle milizie dell’emiro Abd el-Kàder (1808-1883) e di altre forze indigene. Per raggiungere l’obiettivo il generale Bugeaud (1784-1849) non esitò a sterminare migliaia di civili rifugiatisi in alcune grotte locali: vennero soffocati con il fumo.

78 La rivolta che infiammò l’odierna Cisgiordania nel maggio 1834 – scatenata in reazione alla coscrizione

imposta da Muhammad Alì in chiave anti-ottomana – rappresentò per Kimmerling (1939-2007) e Migdal l’incipit dello sviluppo di una peculiare identità palestinese. Da un punto di vista economico, culturale e sociale, tale ipotesi contiene alcuni elementi di verità. Da una prospettiva politica, tuttavia, ha il difetto di appropriarsi in chiave nazionalista/occidentalocentrica di un episodio storico in gran parte sconnesso da tali aspetti. B. KIMMERLING, J. S. MIGDAL, The Palestinian People, Harvard UP, Cambridge 2003, p. 6.

79 Alì era un albanese originario della Macedonia giunto in Egitto nel 1801 a capo di una divisione,

composta da soldati irregolari albanesi, creata da Selim III (1761-1808) per espellere l’invasore francese.

80 Il termine khedivè viene tradotto come vicerè. Muhammad Alì era al tempo (1831) un khedivè de facto,

visto che il titolo venne concesso con un firman (decreto reale) dal sultano Abdülaziz I (1830-1876) solo nel 1867. Alì era riuscito a ottenere il controllo dell’Egitto nella seconda metà del primo decennio dell’Ottocento. Tale successo dimostrava già allora la progressiva debolezza dell’Impero ottomano.

napoleoniche dall’Egitto.81

Come Napoleone prima di lui, Muhammad Alì – per molti versi prosecutore delle strategie francesi, sia pur in un’ottica non colonialista – concentrò le sue energie per separare l’Egitto dal resto dell’Impero ottomano. Un’organizzazione statale moderna, un’amministrazione centralizzata efficiente, un esercito e un’industria al passo con i tempi: questi furono gli strumenti attraverso i quali il “despota illuminato”82

cercò di attuare i suoi propositi. Per rendere più concrete tali strategie si avvalse dell’aiuto di numerosi scienziati ed esperti, in primis francesi e italiani, oltre a quello di ufficiali egiziani che inviò a formarsi in Europa.

Nel 1831, dopo aver stabilizzato il suo potere e aver sventato pericolose minaccie come quella incarnata dai mamelucchi,83

il khedivè d’Egitto decise di sfruttare la debolezza dell’Impero ottomano per invadere Siria e Palestina: due importanti zone cuscinetto utili a garantire l’accesso alle materie prime necessarie alla crescita economica dell’Egitto. Il permesso di creare un governatorato in quell’area strategica, così come di avere carta bianca in Egitto, era stato formalmente accordato a Muhammad Alì già nel 1822 dal sultano Mahmud II (1785-1839). In cambio egli aveva accettato di inviare le sue truppe per sedare i moti rivoluzionari scoppiati quell’anno in Grecia.

L’esercito di Muhammad Alì – guidato da suo figliastro Ibrahim Pasha (1789-1848), con l’ausilio di Soliman Pasha (1788-1860), uno stratega militare francese noto all’anagrafe come colonnello Selves84 – invase la Siria e la Palestina in nome di Mahmud II, anche se paradossalmente in totale contrasto con quanto auspicato dallo stesso sultano.85 A dispetto di ciò le forze ottomane si dimostrarono troppo arcaiche per poter organizzare una seria opposizione. La regione fu infatti conquistata quasi senza colpo ferire. Solo a San Giovanni d’Acri venne organizzata una consistente resistenza, domata dopo sei mesi di assedio, il 27 maggio 1832. Nelle settimane a seguire le truppe guidate da Ibrahim

81 Dopo la ritirata napoleonica Alì riuscì a garantirsi l’appoggio di numerose figure influenti, compresi

ulema, tujjar (mercanti) e notabili locali. La Porta ricevette sollecitazioni affinchè il sultano nominasse Mohammad Alì wālī (governatore) d’Egitto. La richiesta venne accolta nel luglio del 1805, dopo che tre consecutivi governatori inviati da Constantinopoli erano stati espulsi.

82 A.K. R

AFEQ, “A Different Balance of Power: Europe and the Middle East in the Eighteenth and

Nineteenth Centuries”, in Y.M. CHOUEIRI (ed.), A companion to the history of the Middle East, Blackwell, Oxford 2005, p. 242.

83 Nel 1811 Muhammad Alì architettò il massacro dei mamelucchi. Questi ultimi, circa tremila persone,

vennero invitati a un banchetto al palazzo di El-Gawhara, nella Cittadella del Cairo, dove furono trucidati.

84 S. U

RBAN, “The Gentleman’s Magazine”, v. XXXI, gen.-giu. 1840, Nichols, Londra 1849, p. 81.

85 J. D

Pasha86

presero possesso di Damasco e ad agosto raggiunsero Adana, nella Turchia meridionale. Le forze egiziane attraversarono la catena montuosa Taurus e il 22 dicembre sconfissero a Koniah (Anatolia centrale) un esercito di 60.000 soldati inviati dal sultano ottomano per contrastare l’attacco.

L’avanzata dei soldati di Ibrahim Pasha si fermò a 150 chilometri da Constantinopoli. Muhammad Alì non intendeva infatti far collassare il governo centrale dell’Impero e accettò di ritirarsi in cambio del pieno controllo della Siria e di Adana. Fu una decisione presa anche e soprattutto a causa delle forti pressioni mosse dalle cancellerie di Gran Bretagna, Russia e Francia. Esse, interessate a mantenere lo status quo politico, temevano infatti che il governo ottomano potesse cadere nelle mani di una potenza locale potenzialmente incontrollabile.87 Si trattò di timori destinati a persistere, ai quali Muhammad Alì riuscì ad ovviare – almeno in parte – adottando negli anni a seguire una duplice condotta. Da una parte di lasciò più volte andare, a mo’ di ammonimento, a uno sfoggio di violenza nei riguardi della maggioranza arabo-palestinese (sia musulmana che cristiana).88

Dall’altra implementò politiche apertamente liberali verso gli stranieri presenti in loco, impegnandosi in prima persona affinchè fossero nominati dei consoli stranieri in diversi centri urbani della Palestina:89

“Mohammed Ali – scrisse nel 1839 Lord Anthony Ashley-Cooper (1801-1885), settimo conte di Shaftesbury – and his ferocious son-in-law Ibrahim Pasha, though terrible to their own, are mild as sucking doves towards independent Europeans; their savage violence has opened Egypt and Syria to the traveller from distant lands, and rendered his journey easy and secure”.90

Dal parziale ritiro dell’esercito di Muhammad Alì e fino al 1840, per un totale di otto

86 Muhammad Sabry argomentò che nel 1831 Ibrahim Pasha venne accolto sul posto come un salvatore. M.

SABRY, L’empire égyptien sous Mohamed-Ali et la question d’Orient, Geuthner, Parigi 1930, p. 24. Si tratta

tuttavia di una tesi da più parti criticata: “There is abundant evidence in these archives to show that Ibrahim Pasha was regarded with antipathy in almost all circles in Syria and Palestine”. A. RUSTUM, The Royal

Archives of Egypt and the disturbances in Palestine 1834, American Press, Beirut 1938, p. 13.

87 G. B

IGER, Erets rabat gvulot [La terra dei molti confini], ha-Merkaz le-moreshet Ben-Gurion, Sde Boker, 2001, pp. 20-25.

88 La rivolta del 1834 (cfr. nota n. 31) venne ad esempio repressa con crudele violenza e imponendo nuove

pesanti tasse. I principali sobillatori vennero uccisi; molti altri furono mandati in esilio in Egitto a lavorare nelle miniere locali. Cfr. A. RUSTUM, Al-Usul al-‘Arabiyya li-Tarikh Suriya fi ‘ahd Muhammad Ali Basha [Fonti arabe riguardanti la storia della Siria sotto Muhammad Alì Pasha], v. II, Jamiat Bayrut al-Amirikiya, Beirut 1988, pp. 162-163.

89 Ivi., p. 66.

anni, la Palestina rimase sotto il pieno controllo egiziano, con un’amministrazione centrale dislocata a Damasco.91

Mai come in questo breve lasso temporale la regione fu aperta all’influenza delle grandi potenze europee, alle attività missionarie, alle grandi esplorazioni – incluse quelle che dettero il via alla cosidetta archeologia biblica92

preparando al contempo il terreno per l’avvio di una nuova fase storica che, tra fallimenti e timidi successi, coinvolse progressivamente l’intera area, attuale Siria compresa.

Nel giro di pochi anni furono implementate una serie di riforme che andavano dalla centralizzazione del sistema di tassazione, al potenziamento della rete stradale, fino alla riorganizzazione del settore agrario. Inoltre, grazie soprattutto agli sforzi di un folto numero di missionari protestanti, Gerusalemme e il resto della regione registrarono la nascita di ospedali e scuole, nonchè lo sviluppo di sistemi legati al turismo, alle esplorazioni,93

alla cartografia, alle banche, al commercio. Le innovazioni apportate andarono in alcuni casi ad accelerare processi in parte già in atto e anche per questo non si declinarono in uno stravolgimento dei ritmi di vita della popolazione locale: la fascia rurale, in particolare, rimase inizialmente quasi del tutto immune dai fenomeni accennati. A ciò si aggiunga che, piuttosto che sancirne la fine, in non pochi casi l’‘incontro con l’Occidente’ non fece altro che rafforzare consuetudini e comportamenti tradizionali. Infine è necessario considerare che in una prima fase il tessuto produttivo palesinese riuscì a mantenere una certa competitività. Fatte salve queste premesse, il quadro che ne scaturì, condizionato da fattori che andavano al di là dei soli aspetti economici, – non

91 All’inizio del XIX sec. Gerusalemme era parte del eyālet (distretto) di Damasco mentre la Galilea e la

zona costiera posta nella parte nord-occidentale della Palestina erano soggette al eyālet di Sidone. Nel 1840, una volta ristabilita l’autorità della Porta sulla Palestina, quest’ultima venne divisa in unità amministrative (eyālet, sanjaks, kazas, nahiyes) finalizzate a un migliore controllo dell’area. Nel 1841 i sanjaks di Gerusalemme, Gaza e Nablus vennero uniti in un distretto separato (mutasarriflik), interno alla giurisdizione del eyālet di Sidone. Durante la Guerra di Crimea Gerusalemme divenne per un breve intervallo un mutasarriflik indipendente il cui governatore era sottoposto alla diretta autorità del sultano. Con la riorganizzazione amministrativa implementata dalla Porta nel 1864 la Città Santa tornò ad essere un mutasarriflik indipendente tenuto a rispondere direttamente a Costantinopoli.

92 Nel 1839 Robinson inaugurò l’archeologia biblica. Identificò, attraverso deduzioni linguistiche non

sempre corrette e senza effettuare scavi in loco, più di duecento siti biblici. Dedicò il suo primo libro a Karl Ritter (1779-1859), il quale, pur non avendo mai visitato la Palestina, si distinse nel segnalare i punti deboli dei lavori fino ad allora prodotti. Y. BEN-ARIEH, The Rediscovery of the Holy Land in the Nineteenth Century, Magnes Press, Gerualemme 1979, p. 146.

93 Già nei precedenti decenni avevano preso vita alcune spedizioni pioneristiche. Tra esse quella del tedesco

Ulrich Jasper Seetzen (1767-1811), il primo ad esplorare scientificamente l’area al di là del Giordano, seguito dallo svizzero Johann Ludwig Burckhardt (1784-1817). Anche gli inglesi Charles-Leonard Irby

fosse altro per il fatto che già a partire dagli anni Venti il Mediterraneo Orientale era stato oggetto di una sorta di invasione di merci (soprattutto tessuti) provenienti dall’Europa – andò a mettere progressivamente alla prova una serie di equilibri consolidati nel tempo.94

Nel medio e lungo termine a restare impigliate nella rete di un sistema di economia mondiale dominato dall’Europa non furono infatti solo le élite e i mercanti locali, da subito più propensi ad adattare i propri stili di vita alle influenze esterne, bensì anche una parte consistente delle altre componenti della popolazione, le quali, sebbene in modi e ritmi differenti a seconda dei diversi distretti, ben presto sperimentarono un ulteriore allargamento del gap che li divideva dalle classi più abbienti. Tali risvolti non furono ancora una volta sufficienti ad alterare la natura tendenzialmente conservatrice della società arabo-palestinese, pur avendo ripercussioni di vasta portata sul successivo sviluppo della stessa.