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Anglopalestina, tra religione e politica

1. La riscoperta protestante della Palestina Un quadro generale

A seguito dell’imponente campagna intrapresa da Napoleone in Egitto e Palestina tra il 1798 e il 1799, le grandi potenze europee cominciarono ad interessarsi sempre più alla Terra Santa. Napoleone non aveva tra le sue mire i luoghi sacri. Non visitò Gerusalemme, Betlemme o Gerico. Ambiva invece a controllare il Levante e il Bosforo, nel tentativo di trasformare il Mediterraneo in un mare a predominio francese, riportando il fulcro del commercio con la Palestina sotto il controllo di Parigi.50

Del resto, già alla fine del Seicento, il cuore del commercio tra Europa e Palestina era stato concentrato in maniera quasi monopolistica nelle mani di un folto gruppo di mercanti francesi, in gran parte originari di Marsiglia, i quali conducevano i propri affari – il cotone della Galilea era la fonte di maggiore interesse – principalmente nei porti di San Giovanni d’Acri e Sidone. Anche Napoleone, come molti statisti dell’epoca, aspirava a sfruttare la crescente instabilità di un Impero ottomano trasformatosi via via in una sorta di terra di conquista per le sempre più aggressive potenze europee: “This is an odd Country – scrisse da Costantinopoli John Bidwell nel 1809 – where every foreign minister enjoys, from the Porte, absolute power over the Subjects of this Sovereign [...] His house is a sanctuary, the violation of which by the Turks would instantly produce a war between the two Countries”.51

Bonaparte venne accompagnato da cartografi, archeologi, militari e accademici, una

50

Nel corso del secolo il monopolio francese venne incrinato in primis grazie alle strategie implementate dall’emiro beduino Dāhir al-‘Umar (1690c.–1775), governatore de facto della Palestina settentrionale per circa 30 anni, ricordato anche per la sua tolleranza che lo portò, negli anni Quaranta del XVIII sec., a incoraggiare l’insediamento di numerose famiglie ebraiche a Tiberiade.

51 BLMC – EP – v. IV – Add. 41315. John Bidwell (?-1853) a “Miss Sally”. Costantinopoli, 28 set. 1809.

Bidwell faceva parte dell’entourage del ministero degli Esteri britannico. Rimase a Costantinopoli, come consigliere di Robert Adairs, dal 1808 al 1811. Il seguito del passo citato: “In another sense it is a state prisoner. He has a guard of honour of Jannizzaries, who under pretence of showing him proper respect and preventing his being insulted, like the guard in the Lazzaretto’s, never lose sight of him for a moment”.

piccola minoranza dei quali – comprendente lo sceicco Hasan al-‘Attar (dell’Università di al-Ahzar) – di fede musulmana. Tale copioso seguito si dedicò alla produzione di mappe, all’importazione dei primi giornali, alla fondazione di prestigiosi centri di ricerca, – come l‘Institut d’Égypte, la prima istituzione accademica fondata in tempi moderni nel mondo arabo – ad indagini storiche e soprattutto ad importanti scavi archeologici; compresi quelli che portarono al ritrovamento della Stele di Rosetta.

Napoleone, secondo Hans Henle e numerosi altri storici, “woke up the oriental princess [l’Egitto] from her thousand year sleep”.52 È una tesi semplificatoria, peraltro sottesa da un approccio orientalista, ma è innegabile che la spedizione napoleonica abbia stimolato una sorta di impulso all’autodifesa che si è tradotto in un inedito sentimento di coesione tra alcune delle protonazioni presenti nell’intera regione.53

Esso favorì inoltre lo sviluppo del processo di demarginalizzazione dell’Egitto, attraverso l’esposizione di quest’ultimo all’alterità rappresentata dall’Europa: un’esposizione sovente avvertita, per l’appunto, alla stregua di un pericolo, come confermò l’aumento del numero delle donne velate in risposta alla presenza degli ‘infedeli’ francesi.54

I sogni napoleonici di conquista, tesi in ultima analisi a prevenire la penetrazione inglese nelle rotte commerciali dirette in Oriente, si infransero a San Giovanni d’Acri (21 maggio 1799), dove la marina britannica,55

guidata da Sidney Smith (1764-1840), intervenne a sostegno dell’esercito turco a difesa della città (e quindi degli interessi di Sua Maestà). A dispetto degli aiuti esterni fu tuttavia il governatore di San Giovanni d’Acri, “il macellaio” di origini bosniache56

Ahmed al-Jezzār (1720-1804), affiancato dal suo

52 H. H

ENLE cit. in B. TIBI, Arab Nationalism: a critical enquiry, MacMillan, Londra 1981, p. 80.

53 Si veda ad esempio l’opposizione disposta dagli abitanti del distretto di Nablus durante la susseguente

invasione napoleonica della Palestina. Lo sceicco Yussuf Jarrar scrisse un poema nel quale sollecitò gli abitanti dell’area ad unirsi e a marciare in direzione di San Giovanni d’Acri per battersi contro gli ‘infedeli’. I. AL-NIMR, Tarikh Jabal Nablus wa al-Balqa’ [Storia di Nablus e al-Balqa’], v. I, al- Ta‘awuniyya, Nablus 1975, p. 210. Secondo Beshara Doumani le parole di Jarrar esprimono “the shared sense of identity” degli abitanti di “Jabal Nablus”. B. DOUMANI, Rediscovering Palestine, Univ. Of California Press, Berkeley 1995, p. 16.

54 Sull’aumento delle donne velate nell’Egitto post-napoleonico, dunque sull’avvertita esigenza di difendere

le donne dagli sguardi del ‘nemico cristiano’, si veda N. TOMICHE, “The Situation of Egyptian Women in

the First Half of the Nineteenth Century”, in W.R. POLK, R. CHAMBERS (EDS.), Beginnings of Modernization in the Middle East, The Univ. of Chicago Press, Chicago 1968, pp. 171-184.

55 Nel 1799 il primo ministro britannico William Pitt (1759-1806) aveva siglato un patto segreto con il

Sultano ottomano Selim III (1761-1808) garantendo l’integrità del territorio turco per la durata di otto anni.

56 Come l’albanese Mohammad Alì in Egitto, anche il bosniaco Ahmed al-Jezzār (governatore di Acri dal

consigliere ebreo Haim Farhi (1760-1820), a sancire la débâcle napoleonica.57

Proprio durante l’assedio di Acri, cinque secoli dopo che i crociati avevano definitivamente perso il controllo della città, Bonaparte rese pubblica una dichiarazione nella quale indicò gli ebrei quali “legittimi eredi della Palestina”, manifestando inoltre la volontà di ricostruire una nazione ebraica in Terra Santa. Un passo di tale rilevanza, macchiato tuttavia da una serie di soprusi ai danni degli ebrei perpetrati dalle truppe napoleoniche presso Safed e Tiberiade,58

rappresentò il primo riconoscimento espresso da un uomo di stato europeo, in 1800 anni di storia, al diritto del popolo ebraico ad avere una nazione indipendente in Terra Santa.59

Il testo originale della proclamazione non è mai stato rintracciato; la sua esistenza è nota grazie a due dispacci a essa riferiti pubblicati nel 1799 su “Le Moniteur”, organo ufficiale del Direttorio francese:

Israelites, unique nation, whom, in thousands of years, lust of conquest and tyranny have been able to be deprived of their ancestral lands, but not of name and national existence! [...] Rightful heirs of Palestine! [...] Hasten! Now is the moment which may not return for thousands of years, to claim the restoration of civic rights among the population of the universe which has been shamefully withheld from you for thousands of years […].60

Non fu in ogni caso l’incursione napoleonica, bensì la rivalità con la Russia, acutizzatasi nell’ultimo decennio del XVIII secolo, la molla che spinse il governo britannico a intervenire sempre più direttamente sulla scena del Mediterraneo Orientale. La zarina Caterina II (1729-1796) era in particolare interessata alle sorti dell’Impero ottomano: la Russia esigeva uno sbocco sul Bosforo.

Il primo ministro inglese William Pitt (1759-1806), per contro, sostenne pubblicamente che l’espansionismo di San Pietroburgo ai danni della Porta era contrario agli interessi

57 A. C

OHEN, Palestine in the 18th century, Magnes Press, Gerusalemme 1973, pp. 28-29.

58 Nel 1850 il rabbino Joseph Schwarz (1804-1865) scrisse: “A division of the French army then marched

towards Tiberias and Zafed, where the Jews were greatly maltreated by the French”. J. SCHWARZ, A descriptive geography and brief historical sketch of Palestine, Hart, Philadelphia 1850, p. 374. Sulle disposizioni in chiave anti-ebraica implementate in Francia da Napoleone cfr. Z. SZAJKOWSKI, Agricultural Credit and Napoleon’s Anti-Jewish Decrees, Editions Historiques Franco-Juives, New York 1953.

59 D.H. A

KENSON, God’s Peoples. Covenant and land in South Africa, Israel, and Ulster, Cornell UP, New York 1992, p. 152.

britannici. Nello specifico le politiche zariste nei Balcani e in Asia erano percepite come una minaccia alle rotte del commercio britannico verso l’Estremo Oriente. Da questo momento in poi il governo di Sua Maestà – nonostante una sostenuta opposizione interna restia ad appoggiare un impero dispotico da sempre mal disposto verso le minoranze cristiane – assunse come priorità il mantenimento dell’integrità territoriale dell’Impero ottomano: una strategia invisa tanto a Caterina II, ossessionata dalla volontà di far capitolare Costantinopoli, quanto a Parigi.61

La crescente penetrazione britannica nel Mediterraneo Orientale, facilitata dalle strategie scaturite dal Patto dei Dardanelli del 1809,62

ebbe ripercussioni decisive anche in campo religioso e, attraverso quest’ultimo, sugli equilibri strategici della regione. Gli effetti si registrarono in particolare nei popoli soggetti all’influenza protestante. Se ad esempio i cristiani ortodossi, membri della “Chiesa-madre di Gerusalemme” (cfr. cap. IV), come gli ebrei e i cattolici, avevano continuato ad essere presenti in Palestina con delle minoranze di credenti, mantenendo così un cordone ombellicale vivo e tangibile con quella terra, i protestanti, al contrario, ne erano rimasti fino a quel momento tagliati fuori: “The Protestant Communion – avrebbe notato ancora nel 1839 il primo vice-console britannico di Gerusalemme, William T. Young – is the only Christian Church in the world that is yet without a Temple [in Jerusalem]”.63

Le diverse confessioni religiose cristiane presenti a quei tempi in Palestina rappresentavano i rispettivi canali attraverso cui gli stati del vecchio continente tentavano di imporre nella regione la propria influenza politica, commerciale, finanziaria. Prima del 1798 il sistema delle capitolazioni – “emblema della debolezza ottomana”64 – aveva 60 K

NESSET YIŚRAʼEL BE-ERETS-YIŚRAʼEL. ṾAʻAD HA-LEʼUMI, in “Historical memoranda”, v. III, Haoman, Gerusalemme 1947, p. 79.

61 La Francia voleva formare “an Arab Middle Eastern State, independent of the Ottomans and under her

own control, in order to block Britain’s route to India, while Britain insisted on the maintenance of a weak and thus unthreatening Ottoman Empire”. TIBI, Arab Nationalism cit., p. 97.

62 Il Trattato dei Dardanelli fu siglato il 5 gennaio 1809 tra la Porta e il governo britannico nell’odierna

Çanakkale. Venne stipulato al termine del conflitto anglo-turco (1807-1809), scoppiato nell’ambito delle Guerre napoleoniche. Il Trattato sancì il principio, poi riproposto nella Convenzione di Londra del 1841, secondo cui nessuna nave da guerra potesse accedere negli Stretti (Dardanelli e Bosforo). Ciò offrì garanzie al governo di Sua Maestà in vista di possibili incursioni russe. Il trattato riaffermò inoltre i diritti capitolari dei quali godeva la Gran Bretagna all'interno dei domini ottomani. La Porta, infine, ottenne la disponibilità d’intervento da parte di Londra nel caso in cui la Francia avesse attaccato l’Impero ottomano.

63 TNA FO 78/368. Young a Palmerston. Giaffa, 14 mar. 1839. 64 J. H

permesso alla Francia di farsi carico della sicurezza delle istituzioni e dei fedeli cattolici (maroniti e giacobiti compresi) in Palestina. A partire dal 1774, anche la Russia, in virtù del trattato di Küçük Kaynarca stipulato al termine della guerra tra Impero ottomano e Russia, ottenne simili prerogative per quanto concerneva la protezione della variegata comunità cristiano ortodossa. Le altre due grandi potenze dell’epoca, Gran Bretagna65 e

Prussia, avrebbero avuto nei fedeli protestanti lo sbocco naturale per contrastare l’influenza delle “degenerate form[s] of Christianity”66

e far pesare la loro ascendenza sulla Porta. Nelle parole di Edward Robinson (1797-1863), l’influente archeologo americano a cui sarebbe stato in seguito dedicato l’omonimo arco presente nella città vecchia di Gerusalemme:

Il fatto che l’Inghilterra, la quale nutre un profondo interesse politico in tutto ciò che concerne l’Impero turco, debba rimanere indifferente a una siffatta situazione in Siria, è sorprendente. In quel medesimo Impero la Francia è da tempo la protrettrice della religione cattolica romana; e i seguaci di tale fede trovano in essa una protettrice vigile ed efficace. [...] Tra i membri della Chiesa greca, ancora più numerosi [...] i russi trovano sostenitori ancora più calorosi [...] Ne consegue che ovunque la Russia invii agenti essi trovano amici ed informatori riservati; e nel caso essa volesse invadere il paese, accorrerebbero a migliaia ad accogliere le sue truppe con un sentito benvenuto. Ma dove sono i sostenitori dell’Inghilterra all’interno di una

risale al febbraio del 1535 e venne stipulata tra il re di Francia François I (1494–1547) e il sultano ottomano Suleyman I (1494 –1566). Al principio le capitolazioni erano delle concessioni che il sultano forniva in segno di tolleranza religiosa e tutela legale accordata agli stranieri. Nel contesto del XVI sec. le capitolazioni non erano percepite come una violazione della sovranità ottamana; al contrario, esse permettevano alla Porta di svincolarsi dalle gravose questioni riguardanti gli stranieri ivi residenti. Nel XVIII e XIX sec. esse presero tuttavia le sembianze di “trattati le cui condizioni venivano imposte dalle potenze europee le quali si approfittarono in modo smisurato delle concessioni ottenute”. D. FABRIZIO, La

questione dei luoghi santi e l’assetto della Palestina, Franco Angeli, Milano 2000, pp. 10-11. Un esempio di tale sfruttamento sconsiderato fu il “diritto di importare armi di lusso, fucili da caccia, pistole ed una piccola quantità di polvere per l’uso privato”, sancito dall’art. 11 del trattato concluso nel 1861 tra l’Inghilterra e la Turchia. ASDMAE – AP 1946-1950, Palestina, b. 9.

65 I primi privilegi (capitolazioni) di cui potè godere la Gran Bretagna da parte della Porta risalgono al

1579. Essi vennero confermati nel 1583, per poi essere rinnovati nel 1606 e modificati nel 1675.

66 J. B

ICHENO, The restoration of the Jews, Barfield, Londra 1807, p. 201. James Bicheno (1752-1831), ministro battista, si riferiva alla Chiesa di Roma, ma l’espressione era sovente utilizzata per indicare anche le altre confessioni cristiane esterne al protestantesimo che dovevano essere “salvate” dalle “Popish practices”. “The Gospel magazine, and theological review”, v. IV, Londra 1839, p. 510.

qualsiasi parte della Turchia? Non c’è una sola setta, pur piccola che sia, che guardi ad essa come a una sua tutrice naturale.67

Benchè all’inizio del XIX secolo un terzo della popolazione di Gerusalemme fosse cristiana, non vi si registrava alcuna presenza permanente di protestanti. Ciò a dispetto del ruolo centrale che la Città Santa rivestiva per milioni di anglicani e luterani: “There are my Lord – notò Young in un dispaccio inviato all’allora ministro degli Esteri Lord Palmerston (1784-1865) – two Parties to be noticed who will doubtless consider themselves entitled to some voice in the future disposition of affairs here. The one is the Jew – to whom God originally gave this land [...] and the other, the Protestant Christians, his legitimate offspring”.68

69

L’assenza di una comunità autoctona che potesse guardare all’arcipelago britannico come a un suo “natural guardian”, per usare un’espressione di Robinson, contribuì nel corso degli anni a spingere il governo di Sua Maestà e la Chiesa Anglicana a focalizzare le proprie attenzioni sugli ebrei. Questi ultimi rappresentavano infatti un’alternativa di grande interesse per quella che non pochi cattolici del tempo chiamavano la “Perfida Albione”.70

In primis in virtù del fatto che l’Impero ottamano non opponeva alcun

67 E. R

OBINSON, Biblical Researches in Palestine, Mount Sinai and Arabia Petrea, v. III, Crocker, Boston 1841, pp. 464-465. Gli studi di Robinson, a cominciare da quelli legati ai nomi dei villaggi locali, ebbero un’enorme influenza. Tracciò tra l’altro un filo conduttore tra i protestanti dei suoi tempi e gli antichi israeliti: per un protestante l’arrivo in Palestina non era altro che un “ritorno a casa”.

68 TNA FO 78/368. Young a Palmerston. Giaffa, 14 mar. 1839.

69 Mappa pubblicata nel 1581 dal teologo protestante H. Bünting (1545-1606). Gerusalemme è al centro di

un trifoglio che simbolizza il mondo. H. BÜNTING, Itinerarium Sacrae Scripturae, Wittenberg 1588.

70 “Perfida Albione” fu un’espressione ricorrente a partire dal XIII secolo. In particolare rimase storico il

riferimento fatto dal vescovo francese Jacques-Bénigne Bossuet (1627–1704) alla mancanza di lealtà che l’Inghilterra protestante mostrò nei riguardi della Chiesa di Roma.

ostacolo ad azioni di proselitismo nei loro confronti.71

Ciò era in forte contrasto con quanto avveniva con i fedeli musulmani; le autorità ottomane avevano infatti chiarito che eventuali azioni di proselitismo attuate da parte dei missionari tra la popolazione islamica locale sarebbero state valutate alla stregua di un’offesa capitale.72 In secondo luogo gli

ebrei, contriariamente ai devoti appartenenti alle maggiori confessioni cristiane,73 erano

“the only clap of persons without a European Emperor at their back to use them for his purposes”.74

A tali ragioni pratiche si aggiungevano considerazioni religiose per certi aspetti ben più invasive. La volontà di salvare, ergo convertire, l’antico popolo di Dio fu alla base di gran parte delle decisioni analizzate nei capitoli che seguono. Nel presente contesto è sufficiente menzionare che sebbene protestanti e cattolici fossero accomunati dall’interesse verso gli ebrei, esistette tra le due confessioni una sostanziale differenza nell’approccio alla questione. Per secoli la dottrina cattolica aveva sottolineato l’impossibilità di una rinascita d’Israele. Dio aveva punito gli ebrei bandendoli dalla Terra Santa e non c’era futuro per una nazione ebraica. Essi potevano infatti salvarsi solo in modo individuale attraverso la conversione al cristianesimo. Secondo il medesimo approccio anche le profezie riguardanti il reinsediamento degli ebrei erano in questo senso già state realizzate nel VI sec. a.C., quando Ciro di Persia (590-529a.C.) aveva messo fine alla cattività babilonese permettendo il ritorno degli ebrei. Come ben testimoniava il De Civitate Dei di Sant’Agostino (354-430), era il “nuovo Israele”,

71 Palmerston chiarì al secondo console britannico di Gerusalemme James Finn (1806-1872) che la Porta

non opponeva ostacoli “to the conversion of Rayahs [dalla fine del Settecento con tale termine ci si riferiva ai soli non musulmani] of the Jewish persuasion to Christianity”. TNA FO 78/2068. 19 mag. 1847.

72 I vertici della Chiesa anglicana non si fecero comunque scrupoli in questo senso. Ancora in data 18

febbraio 1887 l’Arcivescovo di Canterbury Edward Benson (1829–1896) e il vescovo di Londra Frederick Temple (1821–1902) sottolinearono che il “preaching of the Gospel to Jews, Arabs, and other non- Christian inhabitants of those countries is a duty of the Church which much needs a Bishop’s guidance”. LPL – BP – 1887 – Foreign J20A – 174 – p. 2 – ff. 287-288.

73 Nella convenzione siglata il 7 dicembre 1841 dall’Arcivescovo di Canterbury e dall’ambasciatore

prussiano a Londra fu chiesto al vescovo della nuova diocesi protestante di Gerusalemme di convincere le altre confessioni cristiane presenti in loco che la “Church of England does not wish to divide nor to disturb nor in any way interfere with them”. LPL – JEMF – MS. 2338 – f.25. Anche la prospettiva di convertire i fedeli appartenenti alle confessioni cristiane minoritarie (armeni, abissini, copti, giacobiti), nessuna delle quali legata a una potenza europea, venne accantonata per evitare frizioni. Si trattò, tuttavia, di posizioni in larga parte di facciata: “As a matter of fact – chiarì un memorandum della Church Missionary Society – the Society has made no systematic attemps to proselytize in Palestine; but as a result of its teaching of the pure Word of God, many hundreds of persons belonging to the Greek and other Churches have joined the Mission and formed Anglican congregations”. LPL – BP – 174 – ff. 274-275. 10 gen. 1887

ovvero la Chiesa, il beneficiario delle altre antiche profezie connesse a questo tema. Fu solo con la Riforma di Lutero che si fece largo l’idea di rapportarsi agli ebrei come a una nazione a sé stante. Fu solo allora che prese progressivo spazio la prospettiva di un loro ritorno in Palestina.75

La riscoperta protestante che interessò la Palestina della prima metà Ottocento rappresentò per molti aspetti l’antesignana delle riscoperte moderne. I nazionalisti sionisti e quelli palestinesi – i quali nella prima metà del Novecento si trovarono a competere per riscrivere le radici storiche della Palestina – furono infatti posteriori di diversi decenni alla riscoperta maturata nel vecchio continente.

Il dinamismo che accompagnò tale fenomeno venne avvertito a lungo con evidente sospetto dall’ampia maggioranza delle protonazioni presenti nella regione. Numerosi documenti – compresi non pochi editoriali pubblicati nei decenni a seguire sulla stampa araba locale – confermano questo aspetto:

It is a well known fact that the Holy Land and in particular Jerusalem has from ancient times been the head quarter of the Christian commmunity and that the various Christian sects [...] have continued to this day to enjoy perfect security and peace under the protection of the Sultan without regard to their distinctive creeds and ceremonies, except the Protestants, who have