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Anche ne Le lezioni di Selma 73di Sarah Zuhra Lukanić la prospettiva da cui si guarda alla guerra corrisponde al perimetro tutto privato di una civile abitazione di Sarajevo in cui Selma, una donna di origine ebraica sposata ad un medico musulma- no, si trova costretta ad ospitare l’occupante serbo. Il primo impatto con il capo della truppa rispecchia in effetti il trauma di un’invasione riprodotta in forma miniaturizza- ta. I militari che impongono la loro presenza nell’ambiente borghese di villa Coen sono estranei a quel mondo in cui il gusto femminile di Selma ha potuto esercitarsi senza penuria di mezzi: da una parte la mobilia veneziana, il pianoforte con le foto di famiglia in cornice, le lenzuola del letto matrimoniale bordate di macramè e pizzo

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san Gallo; dall’altro le divise color fango, l’ odore di sudore e alcool, lo sguardo da montanaro del capitano, l’onnipresente kalasnikov. Quando il marito viene colpito e trascinato in cantina per l’interrogatorio, Selma più che avvertire la degradazione del suo compagno percepisce il suo abbandono:

“Ancora oggi ricordo l’espressione grigia e invernale di Omer, che si confon- deva con il vento della guerra proveniente da fuori. Nessuna spiegazione, nessuna. Stava lì e non sembrava curarsi della mia presenza. Ma ne avevo bisogno, eccome.”

“Dai parla Omer! Dì’ a questi intrusi che noi non c’entriamo, per amor di Dio” Il mio sguardo rimase implorante a lungo. Omer non disse nulla. “74

La figura del marito inizia dunque ad identificarsi con il mondo estraneo della guerra mentre il capitano serbo Marko che di quel mondo è il rappresentante, per così dire ufficiale, si libera progressivamente dei suoi tratti ostili. Col passare dei giorni Selma è sempre più attratta dalla presenza Marko a cui attribuisce autorevolezza e capacità protettiva mentre il suo legame col marito subisce una sorta di archiviazio- ne: “il nostro matrimonio ben saldo con poche occhiate e rari sorrisi, forse un amore che mi era passato accanto come un ladro, abile, rubandomi la passione (...)Non ave- vo la forza di confessarmi che l’amore era un’altra cosa, doveva per forza essere un’altra cosa.”75 Ma non è tanto questo frettoloso percorso di autoconsapevolezza sentimentale a risultare interessante ai fini della nostra trattazione quanto il parallelo che la protagonista avvalora fra la sua esperienza col nemico serbo e l’esperienza di sua nonna con l’occupante nazista. La stessa villa Coen durante la seconda guerra

74 Ivi, p. 34. 75 Ivi, p. 45.

mondiale aveva di fatti dovuto ospitare alcuni soldati tedeschi fra cui un giovanissi- mo Hans a cui nonna Nora aveva riservato cure e tenerezze materne mentre il marito era costretto ai lavori forzati proprio dall’esercito occupante. Selma dunque stabilisce una connessione fra la sua attrazione verso Marko e l’affetto dell’ava verso Hans in- curante della diversa natura dell’eros che la lega al nemico. Senza particolari spiega- zioni che non siano un generico appello alle leggi dell’ereditarietà la passione fra due amanti viene presentata come una replica del rapporto di cura intercorso fra una ma- dre e un figlio elettivi. La relazione, sbocciata nel fertile terreno dell’istinto sessuale fra Selma e Marko, viene ricondotta all’esperienza materna di Nora con il giovane Hans per depotenziare il suo aspetto trasgressivo ed edonistico. La passione, inserita nell’ universale categoria dell’amore e apparentata sia pure con qualche forzatura a un sentimento di pietas materna, stempera la sua connotazione sessuale, nasconde la sua ricerca di piacere e si riconfigura come un sentimento altruistico, ovvero di gene- rica attrazione verso l’altro che ha in questo caso l’aspetto del diverso in chiave etni- ca.

Il legame che si stabilisce fra la donna e il capitano serbo è però insidiato dall’identità storica dei due amanti: Selma è sposata con un uomo sospettato di traffi- ci di armi a favore dell’esercito musulmano, Marko è un militare dell’esercito serbo che tiene sotto assedio Sarajevo. Grazie alla sua educazione artistica Selma può co- munque proporsi come guida e maestra del suo amante contrapponendo all’orrore della guerra la pratica quotidiana della bellezza attraverso la musica. Il capitano si mostra in grado di recepire la lezione estetica e sembra addirittura attribuire all’ascolto della musica un potere di antidoto:

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Dolce Selma […] Fuori abbiamo perso il senso del tempo. Le uniche cose che lo ricordano sono i telegiornali, capaci solo di distorcere la realtà. Inviterei tutti quei cani qua! Nel tuo salotto, a sentire Mozart! Che ne dici? Suonami qualcosa!76

Ma il tacito patto fra maestra e allievo si rompe non appena Selma cerca di prendere delle iniziative autonome sul piano della storia diventando soggetto di una trattativa politica. Quando infatti Selma chiede di parlare con il marito, il capitano serbo reagisce:

Non ci siamo Selma! Continui a non ragionare, e questo non mi piace. Non ci siamo… Siamo noi che decidiamo quando puoi vederlo. […] Non penserai che mi hai imbambolato del tutto con il tuo Mozart?!77

Selma, nonostante la mortificazione a cui è sottoposta, continua a credere nel potere della sua musica:

Desideravo mettermi seduta di fronte al mio pianoforte e suonare per tutti. Anche per quei maledetti cecchini…anche per loro…bisognava aver carità per chiunque.78

Non si può dire però che le lezioni di Selma lascino tracce: hanno il potere momentaneo di creare un mondo parallelo alla guerra, ma non di modificare la logica dei rapporti di forza presenti nella realtà: Selma non riuscirà a impedire la deporta-

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Ivi, p. 63.

77 Ivi, p. 87. 78 Ivi, p. 111.

zione del marito, non otterrà clemenza per il figlio di una vicina prigioniero a Mostar e non cancellerà nemmeno i suoi stessi sospetti verso Marko che del resto mostra di ricambiare la diffidenza etnica continuando a chiamarla con il dispregiativo di civuta, ovvero ebrea. Suonano dunque poco credibili a conclusione del romanzo le parole con cui Marko la saluta:

Sei contenta che sono arrivati i tuoi mobili, finalmente? Adesso arriveranno anche i tuoi figli, anche il tuo Omer e vedrai che tutto si sistemerà per il meglio. Io posso dirti solo grazie per le tue lezioni, Selma, lezioni di dolcezza e d’amore79.

E di fatti niente si sistema per il meglio: Omer ritornato dalla prigionia ri- prende il suo ruolo di marito e Selma, riemersa dalla passione per Marko, quello di moglie. La coppia borghese si ricompone siglando un patto silenzioso che prevede la censura sul reciproco tradimento: Selma non rimprovera a Omer l’ attività di fian- cheggiamento dell’esercito musulmano e Omer non indaga mai su quanto è accaduto fra le mura di casa durante la sua detenzione.

Selma aggiunge però la foto del capitano serbo alle foto di famiglia che in- cludono anche il giovane Hans, ma non il marito. Per quanto riguarda il mondo e- sterno alla spazio privato di Villa Coen Selma manifesta la preoccupazione per l’avanzata dei nuovi musulmani, i verdi che si sostituiscono ai rossi di Tito, ma ne adottano i metodi antidemocratici. Rimane solo la nostalgia dal vago sapore bovari- stico:

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Io, Selma Coen, confesso solo che mi mancano quelle lunghe chiacchierate nel mio salone bello e protetto. Non so se sarò giudicata male, ma le mie lezioni, le lezioni di Selma, come le chiamava Marko, rimarranno assurdamente il periodo più bello della mia vita80.

Nel ricordo che chiude il libro la relazione con il nemico perde così ogni vel- leità etica per riconfigurarsi come un piacere privato difficilmente comunicabile all’esterno della coppia di amanti81.

80 Ivi, p. 141. 81

Il romanzo ha ricevuto diverse letture critiche che, proprio facendo leva sull’interpretazione etica della figura della protagonista, sono arrivate a conclusioni opposte. Raffaele Taddeo a proposito della protagonista parla di “una vita fatta di totale assenza di valori, che genera a sua volta una "anestesia morale", così profonda da non lasciar filtrare nessun senso di colpa per ciò che si compie. E' lo scarico delle responsabilità, è la incapacità di compiere delle scelte è la fuga in un esasperato estetismo che lascia quasi inebetiti e non permette nemmeno agli altri di scernere con com- piutezza il proprio comportamento. Anche la musica, la divina musica di Mozart, serve alla edulcora- zione estetica della vita che produce la completa assenza di senso etico”. R. Taddeo, Le lezioni di Selma,in “El Ghibli rivista online di letteratura della migrazione”

<http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/index.php?id=6&sezione=4&idrecensioni=49>

(3/12/2013). Per Maria Cristina Mauceri invece “Le lezioni che Selma impartisce ai soldati serbi e a noi lettori consistono nel cercare di “trovare similitudini anche tra i nemici”, nel non dimenticare che quelli che le stanno davanti ora come avversari un tempo erano suoi connazionali, sono lezioni di tol- leranza e di rispetto della sofferenza altrui, specialmente quando le vittime della guerra sono bambini innocenti.” M. Cristina Mauceri, L’amore ai tempi dell’assedio in “Kumá” 14, dicembre 2007. <http://www.disp.let.uniroma1.it/kuma/critica/kuma14mauceri1.pdf> (3/12/2013). Nora Moll adotta un criterio diverso dai precedenti giacché, prendendo in parola il titolo del romanzo, legge i suoi per- sonaggi nell’ottica della crescita interiore. La sua lettura arriva comunque a una conclusione ambiva- lente per cui tutti i personaggi avrebbero tratto arricchimento dalle lezioni, mentre colei che le ha im- partite sarebbe rimasta borghesemente immutata: “Nonostante si svolga sullo sfondo di una guerra a- troce che sconvolge definitivamente la convivenza tra etnie e religioni diverse, di cui i protagonisti sono i rappresentanti, questa storia d’amore, spirituale e fisica, viene da lei giudicata “assurdamente il

3.5 Sladiana Stojkovic