L’unica presenza di nazionalità serba nel panorama degli scrittori dell’Est Eu- ropa, che abbiano pubblicato la loro opera al di là dei confini delle riviste specializ- zate, è quella di Sladjana Stojkovic con Le ultime 24 ore di una kamikaze82
. L’autrice è anche l’unica fra le testimoni dei conflitti dell’ex Jugoslavia a non collocare il suo romanzo in area balcanica: con un deciso spostamento di fronte l’azione si svolge in- fatti nei territori palestinesi della striscia di gaza. Il romanzo racconta, ora dopo ora e con scansione diaristica, la vigilia del martirio della diciannovenne Samira, che ha perso i genitori in guerra e deve assistere il fratellino gravemente mutilato durante un
periodo più bello della [sua] vita” e finisce per trasformare non solo la protagonista della storia, ma anche il capitano serbo ed un suo soldato, che dalle “lezioni di Selma” escono come arricchiti di uma- nità. Tuttavia, dopo la ritirata dell’esercito serbo dalla città, a Selma non resta che il ritorno all’ordine della sua vita bella e protetta, affianco al marito che ritorna illeso ma occupa una posizione ancor più marginale nel suo mondo, e la coltivazione del ricordo del suo amore per il capitano, condensato nella cura della fotografia di lui che si aggiunge a quelle degli altri membri (veri o adottati, come il soldato tedesco conosciuto e amato dalla nonna di Selma durante l’occupazione nazista di Sarajevo) della fa- miglia. Nora Moll, Lezioni di vita da un mondo in guerra: Le lezioni di Selma e Il sole di Ksenija di Sarah Zuhra Lukanić in “Kumá” 14, dicembre 2007.
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S. Stojkovic, Le ultime 24 ore di una kamikaze, Edizioni stop 2009. Il romanzo ha ispirato l’opera teatrale del regista Francesco Apolloni dal titolo “Prendimi con te” che ha debuttato nel 2006 al Teatro Il Colosseo di Roma.
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attacco israeliano. L’autrice predetermina l’interpretazione del personaggio con una lettera rivolta ai lettori, in limine al romanzo, in cui si sofferma sulla sua comunanza con la giovane kamikaze: “Anch'io provengo da un paese dove una volta conviveva- no popoli di diverse religioni. E anche loro combattevano perché non volevano vive- re insieme..”E in un’auto-intervista specifica poi: “Samira … per difendere il diritto del suo popolo a restare nella propria terra, sceglie il martirio.”83 L’autrice si proietta in un personaggio che vive una storia percepita come affine a quella di tutto il suo popolo. I termini- chiave della dichiarata affinità fra il destino del personaggio e il destino storico del popolo serbo sono la guerra, la religione, il martirio. L’analisi del- la percezione storica che tale similitudine sottende e della sua diffusione nella cultura serba possono risultare, a mio parere, illuminanti per comprendere un’opera a tutta prima così eccentrica rispetto al filone narrativo sinora trattato. La stessa autrice nel successivo romanzo Marko Kraljevic - la leggenda84, dedicato alla figura dell’ eroe serbo morto nella battaglia contro i turchi a Rovine, sembra di fatto indicarci la ne- cessità di innestare la sua opera sul tronco della mitologia serba che ha elaborato il tema dello scontro con l’ impero ottomano in chiave di scontro di civiltà: Marko è difatti interpretato l’eroe cristiano che si immola contro il nemico turco. Nel sito di Sladjana Stojkovic 85la presentazione del nuovo libro viene associata a un video in cui la data di nascita dell’eroe stimabile intorno al 1335 è postdatata in modo sor-
83 Autointervista di Sladjana Stojkovic, l'autrice del libro Ultime 24 ore di una kamikaze, in
Scuola di scrittura Omero, 23.5. 2010, <http://www.omero.it/rivista.php?itemid=2971&catid=95> (15 novembre 2013)
84 S. Stojkovic, Marko Kraljevic – la leggenda, Edizioni stop, 2009. 85 <www.sladjana.eu/> (15 novembre 2013)
prendente al 1389, la data della battaglia di Kosovo Polje, altro discusso mito fonda- tore dell’identità serba. Questa battaglia, conosciuta anche come la battaglia di Piana dei Merli e combattuta da una coalizione antiturca capeggiata dal principe serbo La- zar, segnò di fatto la fine dell’indipendenza della Serbia che negli anni successivi fu incorporata, territorio dopo territorio, nell’Impero ottomano. Per capire il motivo per cui questa sconfitta goda di una straordinaria vitalità letteraria e politica86 è necessa- rio analizzare l’impianto simbolico del mito che sull’evento storico si è sedimentato nei secoli a partire dalla tradizione epica orale dei primi cantori slavi. Vuole infatti la leggenda che prima dello scontro al Principe serbo Lazar sia apparso un falco che te- neva nel becco una rondine. Il falco, simbolo di San’Elia, recava attraverso la rondi- ne un messaggio divino in cui si offrivano al principe due possibilità: la vittoria ter- rena con il trionfo sul nemico turco o la vittoria ultraterrena con il sacrificio della propria vita a dimostrazione della santità del popolo serbo. Lazar scegliendo la se- conda via con il martirio sul campo avrebbe fatalmente inclinato il destino della sua Chiesa e di tutto il suo popolo verso il sacrificio e l’auto-immolazione87
Se conside-
86 La battaglia di Piana dei merli viene commemorata ogni hanno nel giorno di San Vito, Vi-
dovdan, il 28 giugno che corrisponde nel calendario gregoriano al 15 giugno del calendario giuliano data dello scontro. Il 28 giugno è data ricorrente nella storia del popolo serbo. Per citare solo due e- sempi: nel 1914 Gavrilo Princip la sceglie per colpire a morte l’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria a Sarajevo, nel 1989 il giorno della commemorazione viene invece scelto da Slobodan Mi- lošević per rivendicare i diritti dei serbi abitanti nel Kosovo di fronte a un milione di persone confluite a Piana dei Merli da tutta la federazione jugoslava. Il discorso, che provocò un’impennata del naziona- lismo serbo, viene spesso interpretato come il prodromo retorico della guerra del Kosovo.
87 Riporto l’interpretazione di Filip Stefanović sul martirio del Principe Lazar: “Così facendo,
egli fondò in Kosovo una chiesa poggiante non su pietre di marmo, ma seta pura e stoffa cremisi, ov- vero non sull’opulenza terrena, bensì sul sacrificio e sul sangue di quegli eroi serbi sacrificatisi per la maggior gloria del proprio popolo – nebeski narod, “popolo dei cieli”, come si sarebbe per l’appunto
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riamo dunque che la vita di Marko Kraljevic ricalca quella del principe Lazar in quanto entrambe si concludono con la morte sul campo contro gli infedeli potremo meglio comprendere il parallelo che l’autrice stabilisce fra la sua storia e quella di una kamikaze palestinese. Nel personaggio di Samira confluiscono infatti sia una percezione vittimistica del ruolo storico del proprio popolo costretto alla convivenza con il diverso da sé sia la volontà di revanche attraverso l’annientamento del nemico. Ecco il racconto di Samira:
La nostra cultura fu annullata dalla colonizzazione dei territori che inevita- bilmente indusse la trasformazione delle abitudini e dei ritmi di vita di noi arabi pa- lestinesi.
La maggior parte di noi fu obbligata con la minaccia delle armi ad emigrare in campi profughi….88
Se vogliamo mantenere fede al principio di comunanza premesso da Sladjana Stojkovic alla sua narrazione dobbiamo a questo punto dedurre che il parallelo fra popolo serbo e popolo palestinese si basa in primo luogo sul motivo storico della sconfitta ma che è anche alimentato dal ricordo di un’invasione subita con la conse- guente perdita di potere politico e culturale sul proprio territorio. L’autrice potrebbe
autoproclamato nei secoli a venire. L’esaltazione scaturita dal sottile miscuglio di uno struggente
rimpianto per la rinuncia al proprio ruolo storico nel mondo, unito alla consapevolezza della propria redenzione, così simile a quella del Cristo, sacrificatosi innocente per la maggior gloria del
Signore, non abbandonò mai l’immaginario nazionale serbo, ed è ancora oggi questo senso di rivalsa e riscatto che non permette al popolo serbo di accettare idealmente la perdita del Kosovo, proprio là, in quella piana nella quale, quasi sette secoli or sono, si decise doppiamente il suo destino, terreno e spi- rituale. Filip Stefanović, Serbia: Vidovdan, tra mito e sangue dal 1389 a oggi, 2 luglio 2011 in <
http://www.eastjournal.net/serbia-vidovdan-tra-mito-e-sangue-dal-1389-a-oggi-parte-prima/6155 > (novembre 2013)
implicitamente riferirsi all’invasione turca che, per quanto remota, è stata spesso agi- tata come argomento polemico dalla propaganda anti-musulmana. Il libro si conclude infine con la Notizia Ansa del 15 settembre 2003: Palestina – Striscia di Gaza “Oggi una ragazza kamikaze di 19 anni si è fatta esplodere su un autobus uccidendo 12 per- sone”89
. Il martirio di guerra, che come abbiamo visto è evento ricorsivo all’interno della storia leggendaria del popolo serbo, viene riproposto in chiave terroristica e proiettato su una storia che esonera da una responsabilità politica immediata la scrit- trice in quanto non appartenente al suo popolo. L’affinità, o comunanza che dir si voglia, con la storia degli altri è ricercata sul piano del torto subito e risolta in chiave distruttiva ma anche autodistruttiva. La scrittrice ha prudentemente evitato di svilup- pare il parallelo fra la sua storia e la storia della ragazza palestinese fino agli esiti fi- nali di quest’ultima, ma, una volta stabilito, il principio di affinità continua ad opera- re per tutta la durata del testo conducendo a una sovrapposizione delle due vite. La percezione che ne deriva è quella di un pessimismo radicale sulla possibilità della convivenza etnica, sulla mediazione politica, finanche sul conflitto formalizzato fra etnie. L’immagine di conflagrazione individuale e sacrificale che chiude il libro non lascia inoltre alcuno spazio alle ragioni degli altri – gli anonimi passeggeri dell’autobus- e richiede identificazione con la vita di Samira e con le sue ragioni che abbiamo imparato a conoscere tramite un diario estremo.
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