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Nicolai Lilin, classe 1980, nato a Bender città della Moldovia o Transnistria trasferitosi in Italia nel 2003, nella sua trilogia romanzesca Educazione siberiana, Caduta libera, Il respiro del buio, a cui si è di recente aggiunta la raccolta di racconti Storie sulla pelle126, ripercorre le tappe di una generazione post-sovietica che durante

il conflitto ceceno è sempre in bilico fra la sopravvivenza e la morte e nel dopoguerra conosce la speranza della rinascita ma sperimenta anche terribili pulsioni autodistrut- tive.

Nell’affrontare la produzione di questo autore, che è stato oggetto di una pic- cola querelle storico-letteraria sull’autenticità della sua appartenenza al clan siberia- no degli Urca nonché sulla sua testimonianza di soldato nella seconda campagna ce- cena, vale la pena di ribadire la prospettiva di analisi in cui il mio studio si pone. Come ho già accennato nel primo capitolo non rientra nei miei obiettivi stabilire la

126 N. Lilin, Educazione siberiana, Einaudi, Torino 2009; Caduta libera, Einaudi, Torino

veridicità della sua autobiografia sotto il profilo storico-militare anche perché tale ve- rifica costituirebbe, nel quadro generale della mia tesi, un’eccezione ad personam, mentre, in coerenza con il taglio critico finora adottato, analizzerò l’idea di storia veicolata dai romanzi e il rapporto che al loro interno la grande storia intrattiene con le storie individuali dei singoli personaggi, in particolare modo del personaggio a cui l’autore ha affidato la sua auto-rappresentazione.

A prescindere dalla veridicità del racconto ogni romanzo afferma infatti una interpretazione della realtà che è degna di ascolto e che lo diventa ancora di più quando riesce a catturare, come è avvenuto per i romanzi di Lilin, il consenso di un vasto numero di lettori. In questo caso risulta infatti evidente che la proposta dell’autore è riuscita ad intercettare i bisogni culturali di un pubblico che desiderava immaginarsi la storia nel modo in cui l’autore gliel’ha raccontata. A maggior ragione è necessario accantonare le sia pur fondate obiezioni nei confronti dell’attendibilità della sua produzione letteraria, per analizzare i modi della sua narrazione ed iniziare così a far luce sul paradosso di una letteratura che ha reso seduttivi per un vasto pub- blico eventi bellici fra i più cruenti e ripugnanti e che così facendo ha acceso una lu- ce ambigua su un conflitto dimenticato.

L’aderenza dei romanzi di Lilin a un vissuto reale, che è stata a più riprese smentita da storici autorevoli, non deve dunque essere considerata la condizione pre- liminare alla presa in carico del romanzo da parte della critica letteraria,127 mentre

127 Le obiezioni che sono state mosse riguardo alla attendibilità storica di Educazione sibe-

riana e Caduta libera si appuntano fondamentalmente su tre temi: l’identità degli Urca, a cui appar- tiene la famiglia del protagonista, presentati nel suo primo libro come un clan proveniente dalla Sibe- ria mentre la denominazione individua in russo i professionisti del crimine senza alcuna coloritura et-

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può a ragione riguardare la credibilità del personaggio pubblico che ha raggiunto un notevole successo anche grazie alla capacità di accreditarsi come un sopravvissuto alla violenza in primo luogo sociale ma anche bellica dell’ex Unione Sovietica. La capacità affabulativa e la presenza scenica dimostrata da Lilin in situazioni extra – letterarie e mediatiche unite a una proclamata italianità elettiva hanno sicuramente contribuito alla diffusione dei suoi libri presso il grande pubblico, ma al di là degli aspetti promozionali in cui l’autore ha mostrato un naturale talento, i suoi romanzi sono riusciti a riproporre all’attenzione dei lettori italiani alcuni temi usciti da tempo dall’ambito della riflessione letteraria: il rapporto fra individuo e società totalitaria, la dialettica fra libera scelta e necessità storica, l’analisi sul potere contaminante della violenza sono infatti parti costitutive della sua narrazione.

nica; l’impossibilità di una deportazione staliniana dalla Siberia in Transnistria negli anni Trenta; l’eccessiva densità della biografia dell’autore.

Si sono espressi con autorevolezza a questo riguardo Elena Černenko, Bufala tatuata, da <http://www.kommersant.ru/doc/1781720>; Anna Zafesova, Indagine su un libro di culto della mafia postsovietica. Sembrava tutto vero in “La stampa”, 23 giugno 2009. Entrambe, oltre ad insistere sulla corretta accezione del termine Urca, riportano testimonianze di concittadini di Lilin che dichiarano di conoscerlo ma smentiscono la sua biografia romanzata. Le due studiose ritengono che la deportazione staliniana di siberiani a Bender sia storicamente falsa dato che all’epoca in cui l’evento è collocato nel romanzo, ovvero gli anni Trenta, Bender aveva nome Tighina e faceva parte della Romania. Inoltre Zafesova cita l’ucraino Marian Borhesku, autore di uno studio esaustivo sulla Transnistria (Transni- stria 1989- 1992) per smentire la partecipazione degli Urca al conflitto per l’indipendenza del 1992 che viene invece attestata nel primo romanzo. Una posizione più possibilista è stata espressa da Stefa- no Garzonio nell’articolo Ai margini della Russia in “il manifesto”, 18 giugno 2009, in cui contempla l’ipotesi di un utilizzo da parte delle autorità sovietiche di contingenti di malavitosi nelle zone di fron- tiera e dunque anche nei pressi di Tighina che fra le due guerre si trovava sul confine segnato dal fiu- me Dnestr, salvo poi chiedersi come questi contingenti possano essere sopravissuti all’occupazione romeno – tedesca durante la guerra.

Se infine si può opinare sia sul suo ruolo di protagonista che su quello di te- stimone autoptico di Lilin in tutti gli eventi narrati, non si può negare l’appartenenza dell’autore alla generazione cresciuta nel periodo del disfacimento politico dell’Urss e della sua disgregazione sociale in cui ha avuto tanta parte il problema dei reduci della guerra cecena. All’affidabilità etica e ideologica con cui l’autore ha affrontato questi temi più che al vaglio della loro attendibilità autobiografica intendo dunque dedicare il mio studio.