III. L’AMMINISTRAZIONE IMPERIALE IN TOSCANA
1. Incoronazione imperiale di Federico II
Federico II ebbe un primo contatto con i principali poteri locali toscani in concomitanza con la sua incoronazione imperiale (22 novembre 1220)203. All’accampamento posto sul Monte Mario accorsero a prestare giuramento di fedeltà, come avveniva di consueto in tali occasioni, gli esponenti dell’aristocrazia signorile della regione e gli ambasciatori dei Comuni cittadini. Ottone IV, caduto in disgrazia dopo la battaglia di Bouvines204, era morto da due anni205: era perciò importante adoperarsi senza indugi per ottenere il favore del nuovo Imperatore. Lo Staufen fu molto prodigo nel concedere privilegi ai partecipanti alla suddetta celebrazione; egli si dimostrò in quel frangente benevolo verso chi chiedeva conferme di diritti concessi dai suoi predecessori206. Tanta generosità si doveva al fatto che la Toscana, come il resto dell’Italia centro-settentrionale, non era a quel tempo al centro delle sue attenzioni.
203 Davidsohn, op. cit., II, pp. 103-108.
204 La battaglia di Bouvines fu combattuta il 27 luglio 1214 e vide prevalere le forze di Filippo Augusto di Francia e Federico II su Re Giovanni di Inghilterra ed Ottone IV, nipote di quest’ultimo.
205 Ottone IV morì nel castello di Harzburg, il 19 maggio 1218. 206 Davidsohn, op. cit., II, pp. 112-113.
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Deve essere messo in rilievo il diverso trattamento che Federico II, di lì a poco, avrebbe riservato al Meridione italiano rispetto alle elargizioni verificatesi sul Monte Mario. I primi ordinamenti pubblici emanati dall’Imperatore per il Regno di Sicilia, dove si recò subito dopo aver lasciato Roma, furono le cosiddette Assise di Capua (dicembre 1220). Con tale raccolta di leggi i detentori di privilegi sovrani furono intimati a consegnare alla curia regia i diplomi in loro possesso, in modo da procedere a un’accurata analisi dei diritti accampati (De Resignandis
Privilegiis). Come afferma Kantorowicz207, il risultato di questo procedimento fu l’obliterazione di un ragguardevole numero di privilegi; castelli e città del
Regnum furono attribuiti d’autorità alla Corona. Ai Baroni fu fatto divieto, senza
l’assenso del sovrano, di alienare beni e diritti che erano stati in passato loro riconosciuti. I rapporti tra grandi vassalli e vassalli minori vennero coordinati in base alle usanze vigenti sotto l’ultimo Re normanno, Guglielmo II (governante tra il 1166 e il 1189); il potere regio si fece così invasivo da stabilire che i matrimoni tra Baroni avrebbero dovuto essere sottoposti all’approvazione della Corona. I fermenti autonomistici urbani furono letteralmente repressi dal decreto che previde la nomina di balivi dipendenti dal sovrano come reggitori delle città. L’attività di governo dello Staufen nel Regnum, nel periodo di tempo immediatamente successivo la sua incoronazione imperiale, fu orientata, considerando i suddetti provvedimenti, al rafforzamento del potere centrale mediante la confisca a vantaggio del demanio regio di beni fondiari che durante la minorità del Puer Apuliae erano stati concessi all’aristocrazia locale. Quest’ultima aveva tratto vantaggio dalla situazione di crisi politico-istituzionale conseguente la morte di Enrico VI. In generale, lo Stupor mundi utilizzò come quadro di riferimento per i suoi provvedimenti, la situazione politico-amministrativa del
Regnum nel 1189, ossia alla morte di Guglielmo II208. Egli dunque negli anni Venti, dedicò le sue attenzioni alla costituzione di una salda base di potere nel Meridione italiano, considerando pure il fatto che in tale territorio erano state edificate, dai Normanni Altavilla e ancor prima dai Bizantini, efficienti strutture amministrative. Su tali basi lo Staufen ebbe la possibilità di conseguire i suoi obiettivi di restaurazione dell’autorità regia.
207 Kantorowicz, op. cit., pp. 99-107. 208 Ibidem.
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L’autorità del Sacro Romano Impero, al tempo di Federico I Barbarossa e di Enrico VI, si era radicata in Toscana; questa tuttavia avrebbe necessitato di essere ripristinata, in seguito alle varie vicissitudini che il potere imperiale subì ai primi del Duecento (le lotte tra i Guelfi e gli Svevi per la successione al figlio del Barbarossa e gli sconvolgimenti causati dalla scomunica inflitta da Innocenzo III a Ottone IV209). Nell’immediato, Federico II considerò prioritarie altre incombenze riguardanti il Regnum, come pure i preparativi per la Crociata. Egli non avrebbe potuto sottrarsi alla spedizione in Terrasanta, poiché aveva preso la croce210 in occasione della sua seconda incoronazione a Re di Germania, avvenuta il 25 luglio 1215 ad Aquisgrana (la prima ebbe luogo a Magonza il 9 dicembre 1212, essendo a quell’epoca la sede consueta delle incoronazioni tedesche in mano a Ottone IV). All’epoca in cui lo Staufen ricevette la corona di Carlo Magno dalle mani di Onorio III, il Legato in Toscana, nominato proprio in quell’anno era Corrado, Vescovo di Spira e Metz, che, come si può leggere dalle pagine di Davidsohn211, era stato affiancato da Averardo di Lutri. Averardo di Lutri era stato designato dallo Stupor mundi messo particolare per la Tuscia; questi era un anziano ed espertissimo funzionario del Sacro Romano Impero, avendo iniziato la sua carriera alle dipendenze di Federico I Barbarossa come conte del contado senese. In seguito aveva continuato a svolgere incarichi amministrativi sotto Ottone IV. Dopo la battaglia di Bouvines (27 luglio 1214) volse le spalle a quest’ultimo in favore di Federico II212
. Corrado di Spira esercitò il suo mandato prevalentemente dai castelli di Poggibonsi e Fucecchio, prima di far ritorno in Germania nel gennaio 1221 e, di conseguenza, passare ad Averardo la conduzione delle questioni toscane.
Come affermato nel capitolo precedente, alla cerimonia del novembre 1220 si verificarono dissidi tra i partecipanti. La delegazione fiorentina si scontrò con quella pisana; principale responsabile del tumulto fu il fiorentino Oddo Arrighi
209 Ottone IV fu scomunicato il 18 novembre 1210 per non aver mantenuto la promessa di non invadere il Regno di Sicilia, feudo della Chiesa.
210 Kantorowicz, op. cit., p. 63. 211 Davidsohn, op. cit., II, pp. 101-102. 212 Davidsohn, op. cit., II, p. 57.
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dei Fifanti. Davidsohn213 afferma che probabile motivo della discordia fu il fatto che gli ambasciatori pisani non avevano interceduto, come avrebbero desiderato i Fiorentini, in favore di Firenze presso il nuovo Imperatore. Ho già accennato in precedenza in quali rapporti Firenze fosse con lo Staufen. Tale Comune era stato l’unico tra quelli toscani a non giurare fedeltà al sovrano, fatto che ebbe come conseguenza il bando dall’Impero promulgato da Federico II stesso. I Fiorentini d’altra parte non avevano fatto altro che proseguire una condotta politica avviata nel secolo precedente. La Storia di Firenze di Davidsohn214 documenta abbondantemente che i Fiorentini, già all’epoca del Barbarossa, si erano mostrati intolleranti verso l’autorità imperiale; una volta deceduto Enrico VI il Comune di Firenze, ricoprendo un ruolo dominante nella Lega di San Genesio215 e sottomettendo alla sua giurisdizione il contado circostante le mura cittadine, sfruttò la situazione di momentanea vacanza del trono imperiale. Firenze si era pure rifiutata, a suo tempo, di riconoscere la superiore autorità di Ottone IV, prima di abbracciare la causa di quest’ultimo una volta che, dopo la battaglia di Bouvines, la figura del Guelfo si era fatta meno minacciosa216, se comparata a quella di Federico di Svevia. Deve essere precisato che precedentemente ai connotati legati alla difesa delle libertà della Chiesa, in origine, con il termine Guelfo si indicava un fautore dell’autonomia cittadina in contrapposizione con il Ghibellino, che invece riconosceva la legittimità delle rivendicazioni dell’Impero. L’etimologia di tali vocaboli deve essere ricercata nel fatto che, schierandosi dalla parte di Ottone (della famiglia dei Guelfi), sarebbe stata assicurata al Comune una maggiore autonomia, dato che tale Imperatore, caduto in disgrazia dopo la scomunica e le sconfitte riportate sul campo militare, non avrebbe potuto più permettersi di avanzare grosse pretese sui Comuni stessi217. Ghibellino era invece chi sosteneva la causa dello Staufen che, dopo aver corso il rischio persino di perdere il proprio Regnum, aveva prevalso in varie occasioni sul suo rivale, finché quest’ultimo morì nel 1218. Considerando la politica di potenza condotta dal
213 Davidsohn, op. cit., II, p. 111. 214 Davidsohn, op. cit.
215 La Lega di San Genesio fu costituita dai maggiori poteri politici toscani, con il beneplacito di Innocenzo III, nel novembre 1197 nella località ai piedi di San Miniato, con il fine di prevenire una futura restaurazione del dominio imperiale nella regione.
216 Davidsohn, op. cit., II, p. 58. 217 Davidsohn, op. cit., II, pp. 64-65.
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nonno e dal padre, grande fu il timore che il Puer Apuliae non avrebbe fatto altro che imporre nuovamente la volontà del Sacro Romano Impero sul suolo toscano. Analizzando gli eventi dei decenni successivi, si può affermare che le paure dei Fiorentini non erano certo infondate.
Pisa ricevette da Federico II, sul Monte Mario, il trattamento di riguardo che gli imperatori erano soliti riservare a tale Comune: lo Staufen concesse loro un privilegio in cui furono confermati i diritti riconosciuti dal Barbarossa, da Enrico VI e dallo stesso Ottone IV. Pisa, in questo modo, poté esercitare la sua sovranità sulle isole dell’Arcipelago Toscano, su Massa, sulla Corsica e sul vasto litorale che si distende da Civitavecchia a Portovenere, che le era stato dato in feudo dal Guelfo; i mercanti pisani, tuttavia, non ottennero la tanto agognata esenzione dalle imposte nel Regno di Sicilia218. Nell’occasione l’Imperatore, come già detto, fu generoso nel concedere privilegi pure ad altre città e signori della Toscana con la non trascurabile eccezione di Firenze. Davidsohn219, al riguardo, rende noto che Poggibonsi fu posta sotto protezione del Sacro Romano Impero, il quale non riconobbe i poteri giurisdizionali che Firenze stessa, a quel tempo, esercitava su una parte di tale castello. Lo Staufen, inoltre, ebbe molti riguardi nei confronti degli esponenti dell’aristocrazia del contado circostante il Comune in questione. I figli di Guido Guerra IV, ossia Ruggero, Guido, Tegrimo, Aghinolfo, Marcovaldo, si videro riconfermare il titolo di comites palatini, insieme alle regalie, le giurisdizioni e i possedimenti familiari, pure quelli, come già detto nel capitolo precedente, che erano stati loro sottratti o erano stati venduti ai Fiorentini. Fu evidente dunque l’intenzione di Federico II di debellare le mire espansionistiche di questi ultimi e di punire la loro disobbedienza. A tal proposito deve essere aggiunto che gli Ubertini e i Pazzi vennero liberati da ogni vincolo di soggezione feudale, tranne, ovviamente, quella dovuta all’Imperatore e ai suoi vicari; Ugolino di Albizzone degli Ubaldini e i sui nipoti, Ugolino e Albizzone, vennero posti, con i relativi possedimenti, sotto la protezione imperiale, ricevendo l’esercizio di vari diritti (fodro, iure edificandi, giurisdizione civile e
218 Davidsohn, op. cit., II, p. 110. 219 Davidsohn, op. cit., II, pp. 110-113.
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criminale)220. Sul Monte Mario, il Vescovo di Volterra Pagano Pannocchieschi ottenne la conferma dei privilegi che Enrico VI aveva concesso allo zio, Ildebrando, nel 1191. Come già affermato nel capitolo precedente, Pagano fu nominato Vicario imperiale dei territori che erano stati a lui infeudati; egli, avendo la facoltà di istruire e delegare cause giudiziarie per tutta la Toscana, ricoprì nell’assetto amministrativo dell’Impero un ruolo di primo piano221. Può essere rilevato che, in seguito ai provvedimenti presi dallo Staufen, i grandi signori rurali della regione riacquisirono le prerogative sottratte loro negli anni precedenti dalla febbrile attività comunale, tanto che ad alcuni di loro furono affidati incarichi concernenti la vigilanza del rispetto dell’ordine e della legalità. Oltre al Pannocchieschi è da citare a tal proposito Ildebrando Aldobrandeschi, fratello di Guglielmo e Bonifazio, al quale fu affidata nel 1221 la vicaria di Poggibonsi222.