III. L’AMMINISTRAZIONE IMPERIALE IN TOSCANA
3. Vicende sarde
Ritengo doveroso fare un accenno agli eventi accaduti in Sardegna contemporaneamente alle vicende sopra riportate, per la stretta connessione che vi era tra l’isola e la Toscana, in particolare con Pisa. Tale città, che condivise con la Chiesa di Roma l’intenzione di ostacolare la conquista lucchese dei beni matildini, fu, d’altro canto, in rapporti di tensione con la Santa Sede per i contrastanti interessi sulla Sardegna. Il Trono Apostolico considerava l’isola di sua pertinenza, ma su questa tuttavia deteneva una posizione di supremazia la famiglia pisana Visconti. La suddetta famiglia, sedendo sul trono dei Giudicati264 in cui era diviso il territorio sardo, tutelava gli interessi economici in loco del Comune pisano. Al principio del 1231 era morto Ubaldo I Visconti, il quale ebbe come erede il nipote Ubaldo II di Lamberto Visconti, nuovo Giudice di Gallura. I decessi di Mariano II
e Benedetta (1232), rispettivamente Giudice e Giudichessa di Torres-Logudoro, spinsero Ubaldo II, in quanto marito della Giudichessa Adelasia e genero del sopra menzionato Mariano, ad avanzare pretese pure su tale porzione dell’isola265. Il Visconti chiese sostegno ai membri della fazione che a Pisa faceva capo a lui: i da Calcinaia, i Visconti di Quintavalle, Rodolfo di Capraia (che prestò, come dirò in seguito, ingenti somme di denaro al Giudice di Gallura), i Duodi, i Sighelmi- Gualandi. Egli inoltre, nel 1233, dalla sede giudicale cagliaritana di S. Gilla, fece rogare degli atti in cui utilizzò il titolo di rector callaretanus, usurpando in tal modo, con un atto di forza, i diritti dei Marchesi di Massa, legittimi pretendenti al
Giudicato. Le aspirazioni di Ubaldo II furono tuttavia ostacolate dalla famiglia
comitale, antagonista dei Visconti, dei Della Gherardesca, che ambirono, pure
264 La Sardegna, all’epoca, era divisa in quattro Giudicati: Torres-Logudoro, Gallura, Arborea, Cagliari.
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loro, al dominio di Torres-Logudoro. Questi furono appoggiati nei loro propositi da una serie di sostenitori come i Lanfranchi, i Gualandi, i Buriano, i Ripafratta, i Cortevecchia, i Pellai, i Mele, i Sismondi.
Dalle pagine del Davidsohn266 si apprende che proprio la fazione dei Della Gherardesca fu responsabile dell’assassinio, avvenuto barbaramente, di Barisone III (fratello di Adelasia e nipote di Ubaldo), legittimo erede al Giudicato di Torres-Logudoro. Gregorio IX, in quel frangente, si schierò dalla parte di Ubaldo II e di Adelasia, intimando a Pisa di prendere provvedimenti contro i nemici di questi ultimi, i quali, tuttavia, negli anni immediatamente successivi (1234-1235), attraverso il matrimonio di Ranieri di Bolgheri con Agnese di Massa, assunsero il controllo del Giudicato di Cagliari. I Della Gherardesca godettero del sostegno del governo cittadino che, ritenendo rischioso un ampliamento del dominio del
Giudice di Gallura su Torres-Logudoro, pose al bando i Visconti (1233-1234). Al
fianco di Ubaldo II si posero il Giudice di Arborea Pietro II de Bas e soprattutto il Papa, che si fece protettore del Visconti, dal quale ricevette il giuramento di fedeltà nel 1237. Il Giudice di Gallura convenne di essere Giudice di Torres- Logudoro esclusivamente pro domina Adelasia e, fatto ancor più importante che senza dubbio impressionò i Pisani, accettò previo scioglimento dall’impegno di fedeltà assunto in tal senso verso il Comune di Pisa, di riconoscere al Vicario di Cristo l’ultimo Giudicato menzionato267
. Deve essere tenuto presente che, d’altra parte, nel 1236, Gregorio IX aveva liberato Ubaldo II dai debiti contratti con Rodolfo di Capraia, il quale fu sanzionato con la scomunica268.
I Pisani stavano vivendo a quel tempo un periodo non felice. I vicini lucchesi, rinunciando alle loro aspirazioni in Garfagnana e riacquisendo così il vescovado (12 dicembre 1236), si erano riappacificati con la Santa Sede. Questi, dunque, erano tornati a essere un nemico insidioso per Pisa. Inoltre la guerra scatenata dagli eventi di Montepulciano si era conclusa con una pesante sconfitta degli alleati senesi. In aggiunta a tale situazione sfavorevole in Toscana, i Pisani, allora, corsero il grave pericolo di perdere, insieme al Visconti, la loro posizione di
266 Ibidem.
267 Davidsohn, op. cit., II, p. 324. 268 Ibidem.
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egemonia in Sardegna. Dunque, per evitare questo rischio, si fece sentire l’urgenza di una pacificazione generale; così, nell’aprile-maggio 1237, Ranieri di Bolgheri e il Comune di Pisa posero fine al contenzioso con Ubaldo II269. Gli arbitri della pace in questione vennero scelti da un consesso di eminenti cittadini, per metà nobili, il 5 aprile 1237 a Santa Maria a Monte, luogo in cui i rappresentanti del Comune si incontrarono con la pars Vicecomitum maiorum.
Davidsohn270 riporta che il 4 maggio, in presenza dell’Arcivescovo Vitale, con la lettura dell’arbitrato solenne avvenuta presso il Duomo e il Battistero, i maggiori esponenti della famiglia Visconti scambiarono l’osculum pacis con Ranieri di Bolgheri e il Podestà Tegrimo dei Conti Guidi. Quest’ultimo ricoprì la suddetta carica per tre anni (1237-1239), ricevendo così la cittadinanza pisana.
I quattro Giudicati della Sardegna, in seguito al ripristino dell’armonia tra le parti, vennero ripartiti nel modo seguente: ai Della Gheradesca, nella persona di Ranieri di Bolgheri, fu riconosciuto il possesso del trono cagliaritano; i Visconti mantennero il predominio su Gallura e Torres; Pietro II de Bas rimase al governo in Arborea. Il Comune di Pisa, in coincidenza con la pacificazione generale, si accollò l’onere di pagare i debiti contratti da Ubaldo II nei confronti di Rodolfo di Capraia, impegnandosi a versare al Conte in tre rate 4000 libbre di denari piccoli pisani. Rodolfo (insieme al nipote Bertoldo) ricevette garanzie pure da Ranieri di Bolgheri, in merito al risarcimento dei danni subiti in seguito a un attacco compiuto, nel 1234, contro una nave di sua proprietà271.
Alla fine di gennaio del 1238 morì il Visconti e la vedova Adelasia andò in sposa (nell’ottobre dello stesso anno) al figlio illegittimo di Federico II, Enzo, che assunse il titolo di Re di Sardegna. Con tali nozze, che furono celebrate contro i desideri di Gregorio IX che aveva progettato di dare in sposa Adelasia a Guelfo da Porcari e maritare Enzo con sua nipote, il Sacro Romano Impero si inserì bruscamente negli affari dell’isola272
. L’Imperatore, in pratica, attraverso il figlio, intervenne in maniera autoritaria in Sardegna, sostenendo che l’isola era
269
Davidsohn, op. cit., II, pp. 325-326. 270 Ibidem.
271 Ibidem.
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appartenuta ab antiquo all’Impero; di conseguenza, la Santa Sede non aveva alcun diritto su quest’ultima. L’intromissione dello Staufen nelle questioni sarde ebbe rilevanti ripercussioni negative nei rapporti tra le due massime autorità della Cristianità, che, di lì a poco, avrebbero rotto per una seconda volta l’armonia tra di loro (Gregorio IX scomunicò nuovamente Federico II la Domenica delle Palme dell’anno 1239). I Pisani, in seguito al nuovo matrimonio della vedova del Visconti, non si sentirono più molto sicuri del loro predominio nell’isola e, di conseguenza, non si considerarono più obbligati a risarcire Rodolfo di Capraia; il Conte ricevette allora il sostegno del già citato Rubaconte da Mandello, Podestà di Firenze, che inviò a Pisa ambasciatori incaricati di sostenere i diritti del Conte. Quest’ultimo fu indotto a entrare nel consorzio cittadino fiorentino e, poiché i metodi diplomatici non avevano avuto successo, Rubaconte concesse a Rodolfo e a sua figlia Beatrice, vedova del Conte Marcovaldo Guidi, alla quale il padre aveva ceduto parte dei suoi crediti, il diritto di rappresaglia su persone e merci pisane fino al raggiungimento della somma che spettava loro, più i dovuti interessi273. Il Conte, fino a quel momento, era stato fedele all’Impero. Egli tra l’altro aveva collaborato in varie occasioni con Gebhard Von Arnstein; ma l’episodio del mancato assolvimento degli oneri che Pisa si era assunta, fece mutare a poco a poco il suo orientamento politico, fino a giungere a un punto di non ritorno alla nomina di Enzo (che sostituì Gebhard) quale Legato imperiale in Tuscia (luglio 1239). Chiaramente il figlio illegittimo di Federico II, marito di Adelasia, non destava simpatia in Rodolfo, dal momento in cui i mutamenti istituzionali verificatisi in Sardegna avevano determinato per quest’ultimo, i noti danni economici. Ciò che è fuor di ogni dubbio è che Rodolfo divenne un entusiasta sostenitore della causa guelfa e, come lui, lo furono i nipoti Guido Guerra V e Ruggero, figli di Beatrice e di Marcovaldo Guidi (di Dovadola). Il suo castello di Capraia fu uno dei centri della resistenza dei Guelfi fuoriusciti da Firenze (l’infelice sorte dei ribelli insediatisi in tale fortificazione e del Conte è stata già ricordata), che trovarono rifugio pure a Montevarchi, feudo dei nipoti sopracitati274.
273 Davidsohn, op. cit., II, pp. 327-328. 274 Davidsohn, op. cit., II, p. 461.
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Alle divisioni politiche in seno alla casata comitale dei Guidi farò un accenno più avanti. Ritengo doveroso completare la parentesi sulle vicende della Sardegna, facendo menzione del celebre Natale 1239, trascorso da Federico II a Pisa. Tale città, in seguito al matrimonio tra Enzo e Adelasia, non si era più sentita sicura della sua posizione di predominio nell’isola e, tra l’altro, non erano ancora cessati gli scontri intestini tra le fazioni dei Visconti e dei Della Gherardesca. Come già detto, per i notevoli interessi commerciali che i Pisani ebbero nell’isola, vi era una stretta connessione tra le vicende politiche sarde e quelle pisane. Le fazioni sopra citate erano divise in compagnie, ossia in vere e proprie organizzazioni belliche che agivano per sconfiggere lo schieramento avverso e ottenere l’egemonia sia su Pisa che sulla Sardegna275. Re Enzo, come afferma Davidsohn276, avanzò ampie pretese, le quali tuttavia avrebbero potuto essere conseguite soltanto con l’ausilio dei Pisani e delle loro navi; questi ultimi temettero la perdita dei diritti che accampavano sul territorio sardo e, tuttavia, mantennero vive le lotte tra le famiglie. L’Imperatore, allontanando il pericolo di avvenimenti imprevisti che avrebbero potuto pregiudicare la fedeltà della città stessa nei confronti del Sacro Romano Impero, si adoperò per legare ancor più saldamente a sé il Comune in questione. Egli dunque trascorse il Natale 1239 a Pisa, facendosi promotore di una pacificazione generale; il suo obiettivo era di far tornare quell’armonia tra i Visconti e i Della Gherardesca, con i loro rispettivi sostenitori, che le nozze del figlio Enzo aveva mandato in frantumi. D’altro canto il ripristino della pace sarebbe stato soltanto illusorio, se fossero continuate a esistere le compagnie. Lo Staufen per questo motivo costrinse i Pisani ad accettare uno Statuto in base al quale, contro la formazione delle organizzazioni belliche sopra menzionate o la ricostituzione delle antiche, sarebbero state comminate severe punizioni277. Lo stesso lungo mandato di Tegrimo, appartenente al ramo dei Conti Guidi che sarebbe rimasto filoimperiale, rappresenta una testimonianza delle premure di Federico II indirizzate a rendere salda la fedeltà di Pisa. L’azione dell’Imperatore deve essere inquadrata nel contesto dei suoi piani egemonici sull’Italia centrosettentrionale, maturati all’indomani della fine della spedizione contro il
275 Davidsohn, op. cit., II, pp. 352-354. 276 Ibidem.
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figlio ribelle (Enrico). L’ultima osservazione riguarda l’orazione tenuta dal sovrano, nel Duomo pisano, proprio il giorno di Natale. Egli esortò alla concordia la folla accorsa nell’occasione e si trattò di un evento che merita di essere citato, perché sarebbe stata la prima e l’unica volta in cui lo Staufen vestì i panni dell’oratore ecclesiastico. Può darsi che in quel giorno questi avesse voluto dimostrare di essere un vero credente, tanto da poter adempiere in maniera degna ai compiti di pertinenza sacerdotale. Tale aneddoto comunque sia fu considerato un sacrilegio dagli avversari dello Stupor mundi, che all’epoca data la scomunica, non poteva certo permettersi di tenere prediche; Pisa, soltanto per il fatto di averlo accolto, incorse nell’interdetto278.