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2. Iconografia e fonti

2.7 Documenti dell’Antico Regno

2.7.1 Inni e testi a carattere religioso

Nei paragrafi dedicati all’iconografia e alla funzione delle barche Henu e Maaty, son già stati mostrati diversi esempi della presenza di Sokar nei Testi delle Piramidi: scolpiti sulle pareti delle piramidi del re Unis della V dinastia e in quelle dei sovrani della VI, essi contengono i più antichi riferimenti testuali ad un viaggio nell’aldilà attraverso il reame celeste e costituiscono il più antico corpus di testi religiosi e funerari del mondo egiziano; redatti alla fine della V dinastia, essi comprendono brani antichissimi così come passi quasi contemporanei alle piramidi su cui furono scolpiti300.

Sokar e la sua barca sono citati in ventidue passi301 (su due dei quali, però, non si può avere l’assoluta certezza302

); come già accennato, la sua funzione principale consisteva

300

Faulkner (1969), p. i; Wilkinson (2004), pp. 1129-1142

301

P.T. §445b-c (Utt. 300 = W205); §620c (Utt. 364 = T196, P63, M291, N465); P199 = Nt 225; §990c (Utt. 479 = P330, M274, N429); §1013c (Utt. 483 = P334, M269, N415); §1256c (Utt. 532 =

nell’accogliere e purificare il sovrano defunto: la barca Henu trasportava il re nell’aldilà, permettendogli di cambiare stato e di accedere al cielo dopo essere stato identificato con Sokar.

In diversi passi il dio è associato ai suoi luoghi di culto tradizionali, Pedjw(-she) e Ro-setau, mentre nell’interessante brano 669 utilizza le sue doti di artigiano per costruire gli strumenti che aiuteranno il re defunto a rinascere.

Sono noti diversi inni e formule sacre dedicati a Sokar e recitati durante la festività in suo onore, ma quasi tutti sono posteriori all’Antico Regno. Il più celebre, il Cerimoniale per far uscire Sokar dal santuario Shetyt303, recitato durante la Festa di Sokar (nel momento in cui la statua del dio, collocata nel suo naos, usciva dalla cappella Shetyt ed era disposta a bordo della barca cerimoniale), è documentato da diverse fonti304, la più antica delle quali figura tra P480, M331, N565); §1289c (Utt. 535 = P14, M374, N568); P444; §1356a (Utt. 553 = P526, N577); §1429c (Utt. 566 = P505, N584); §1712c (Utt. 610 = M375, N589); §1824b (Utt. 645 = N314); §1826b (Utt. 647 = N316); §1859 (Utt. 658A = P198, N 22); §1933 (Utt. 667 = P278, M198, N339, Nt 242); §1968a (Utt. 669 = P431, N347); §1998c (Utt. 674 = P312, M258, N409, Nt246); §2042a (Utt. 682 = N512); §2069a (Utt. 685 = N519); §2240 = CT 516 (Utt. 721 = N 466); N607

302

È probabile che il suffisso in mry.f del §1933 (Utt. 667 = P278, M198, N339, Nt 242) si riferisca a Sokar, proprietario della barca Henu. Difficilmente potrebbe riferirsi alla barca stessa, la quale in §1933d-f prende il suffisso femminile, probabilmente perché il termine generico dpt, barca, è femminile (cfr. Faulkner (1969), pp. 280, 281, nota 3); in §1859 (Utt. 658A = P198, N 22) il nome del dio è in lacuna, ma l’intero passo sembra essere una ripetizione della formula “Horo ti ha sollevato nel tuo nome di Barca Henu, egli ti ha sollevato nel tuo nome di Sokar” di §620c (Utt. 364 = T196, P63, M291, N465): cfr. Allen (2005)

303

Goyon, J. C., Le Cérémonial de Glorification d’Osiris du Papyrus du Louvre I. 3079 (colonnes 110 à 112), in: BIFAO 65 (1967), pp. 89-156

304

tra cui i papiri: n°10188 del British Museum di Londra (papiro Bremner-Rhind); n° 10252 del British Museum (316-312 a.C.); n°10319 del British Museum, col. 28; I. 3079 del Museo del Louvre; n° 3129 (= E. 4890 del Museo del Louvre; epoca tolemaica); n° 3135 del Louvre (epoca romana); n°3057 del Museo di Berlino (papiro Schmitt, di epoca tolemaica), col. 30; n°35.9.21 del Metropolitan Museum of Art di New York (epoca tolemaica) e il papiro Leiden T 31, col. 6: cfr. Goyon, J. C., Le cérémonial pour faire sortir Sokaris. Papyrus Louvre I. 3079, col. 112-114, in: RdE 20 (1968), pp. 63- 96. Altre due versioni si trovano nella cappella del sindaco Paser a Medinet Habu (cfr. Schott, S., Wall scenes from the mortuary chapel of the mayor Paser at Medinet Habu, SAOC 30, Chicago 1937, pp. 8- 12, tav.2 ) e nella tomba di Tjanefer (T. T. 158: cfr. Seele, K. C., The tomb of Tjanefer at Thebes, OIP 86, Chicago 1959, p. 36, tav. 4).

le legende delle scene che illustrano la festa di Sokar nel grande tempio di Medinet Habu305, mentre la più recente, fortemente rimaneggiata e che fornisce solo frammenti del canto liturgico finale del papiro, si trova a Dendera306. Peana di elogio e trionfo recitato 16 volte dal sacerdote-lettore con le risposte dei cortigiani, è caratterizzato dal contenuto osiriano, l'enfasi e le allusioni ad Abido307: la Graindorge-Héreil nota che, sebbene la fonte più antica in nostro possesso risalga al Nuovo Regno, il testo sembri conservare una lingua più antica308; tuttavia, esso contiene tutta una serie di epiteti generalmente attribuiti ad Osiride, in questa circostanza ascritti a Sokar, che dimostrano che l’inno fu sicuramente composto non prima della fine del Medio Regno, quando si affermò il rapporto sincretistico tra le due divinità.

Può essere invece datato con certezza all’Antico Regno il Canto della Portantina, che diversi studiosi309 oggi ritengono essere dedicato a Sokar; se ne conoscono otto versioni, tutte incise in mastabe dell’Antico Regno databili alla VI dinastia310

, tra cui:

a) Rilievo dalla mastaba di Ipi (Jpj) a Saqqara, ora al Cairo. Regno di Pepi I311

305

OIP 51 (1950), tav. 196, 221, 224, 226

306

Mariette, A. E., Dendérah: description générale du grand temple de cette ville, Paris, Le Caire 1875, tav. 33 307 Gaballa, Kitchen (1969), p. 56 308 Graindorge-Héreil (1994), p. 87 309

van Voss, M. H., De Dragers zijn Tevreden, in: Phoenix 14 (1968), p. 128; Brunner-Traut, E., Arbeitslieder, in: L.Ä. I (1975), col. 380; Altenmüller, H., Sokar im Alten Reich und der Wind, in: GM 78 (1984), pp. 7-14; Strudwick, N., Leprohon, R. J., Texts from the Pyramid age, Leiden 2005, p. 422; van Walsem, R., Sense and Sensibility. On the analysis and interpretation of the iconography programmes of four Old Kingdom elite tombs, in: Fitzenreiter, M., Herb, M. (eds.), Dekorierte Grabanlagen im Alten Reich: Methodik und Interpretation, London 2006, p. 302

310

Begelsbacher-Fischer, B. L., Untersuchungen zur Götterwelt des alten Reiches im Spiegel der Privatgräber der IV und V Dynastie. OBO 37, Göttinger 1981, p. 185; Altenmüller, H., Das Sänftenlied des Alten Reiches, in: BSEG 9-10 (1984-1985), pp. 15-30

311

CG 1536 = von Bissing, F. W., Denkmäler Ägyptischer Skulptur, München 1914, tav. 18; Pirenne, J., Historie de la Civilisation de l’Égypte ancienne I, Neuchatel 1961, fig. 93; van Walsem (2006), p. 302

b) Rilievo dalla tomba A2 di Pepiankh (Ppj-anx), chiamato Heni (hnj) il nero a Meir312.

c) Rilievo dalla mastaba di Nekhebu (nxbw) a Giza, Reisner n° G.2381, ora a Boston313 d) Rilievo dalla mastaba di Mereruka a Saqqara314

e) Rilievo dalla mastaba di Sabu (sAbw) a Saqqara (E 1/2), ora al Cairo315 f) Pittura dalla tomba di Djau a Deir el-Gebrawi316.

Il testo completo si trova solo negli esempi a, b e c e si compone di sette brevi frasi:

Il portatore della portantina cammina lentamente quando si mette in cammino Io discendo verso colui che è trasportato, che possa io prosperare!

Io discendo verso colui che è trasportato, che possa io essere in salute! Oh, Sokar (Djau), colui che è sulla sua sabbia, fai in modo che N. sia protetto Io agisco come desidero

Io preferisco che essa (la portantina) sia piena anziché vuota (traduzione di van Walsem317)

Questo canto veniva forse intonato per invocare una divinità al fine di proteggere il sovrano. L’ultima frase, presente in tutte le varianti, farebbe riferimento proprio al “vuoto” seguito alla morte del re, che poteva essere evitato invocando il dio318. Il canto sarebbe stato trascritto nelle tombe di quei funzionari che ebbero l’onore di portare sulle spalle la portantina, considerata parte integrante dell’equipaggiamento di una tomba, e di recitare l’inno319

.

312

Blackman, A. M., The rock tomb of Meir. Part V, London 1953, tav. XXXI e LIX

313

Reisner, G. A., A history of the Giza Necropolis. Vol. I, Cambridge 1942, p. 368; van Voss (1968), pp. 129 e seg.

314

Duell, P., The mastaba of Mereruka II, OIP 39, Chicago 1938, tav.158

315

CG 1419

316

Davies, A. M., The rock tombs of Deir el Gebrawi. Part II. Tomb of Zau and tombs of the northern group, London 1902, tav. 8

317 van Walsem (2006), p. 302 318 Brunner-Traut (1975), p. 380 319 Altenmüller (1984-1985), pp. 15-30

L’epiteto “Che è nella sua sabbia” (Hrj Saj.f), è una designazione caratteristica di Sokar (il dio è definito così, per esempio, nella V ora del Libro dell’Amduat320) che lo caratterizza come dio del deserto321 ed è il motivo per cui diversi studiosi hanno ipotizzato che Djau, altrimenti sconosciuto, fosse un nome raro e arcaico per Sokar, e che, secondo Altenmüller322, lo designasse come “burrascoso” e “ventoso”323

, in relazione al suo apporto di aria nella fusione del metallo. Esamineremo meglio questa interessante teoria più avanti, trattando il rapporto tra Sokar e gli artigiani.