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L’inserimento delle considerazioni sul cambiamento climatico nel Risk Appetite

2. RISCHIO CLIMATICO: IMPATTO SU GOVERNANCE E STRATEGIA DELLE

2.2 L’INTEGRAZIONE DEI RISCHI CLIMATICI NEL SISTEMA DI VALUTAZIONE E GESTIONE DEI RISCH

2.2.1 L’inserimento delle considerazioni sul cambiamento climatico nel Risk Appetite

L’integrazione delle raccomandazioni previste dalla TCFD (Governance, Strategia, Risk Management e Metriche) all’interno del Risk Appetite Framework delle banche rappresenta l’elemento di contatto tra le tematiche inerenti il cambiamento climatico e la propensione al rischio.

A tal proposito, con finalità illustrative e di migliore comprensione, si possono richiamare alcuni principi guida in materia di RAF nel documento pubblicato nell’aprile 2017 dall’AIFIRM intitolato “Il ruolo del RAF nella governance delle banche”. Il RAF rappresenta l’elemento essenziale per la definizione delle politiche di governo dei rischi e dei processi di gestione ad essi connessi, in considerazione dei target previsti nel piano strategico e dei relativi rischi identificati. In particolare, nel RAF sono definiti, per ogni categoria di rischio identificato, il massimo livello assumibile, gli obiettivi di rischio, le eventuali soglie di tolleranza nonché i limiti operativi. Le best practice aziendali identificano un processo operativo che può essere sintetizzato secondo il seguente schema.

Le best practice comunemente seguite nel processo RAF32

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Nel RAF sono definiti i Ruoli e le responsabilità degli attori coinvolti del processo quali ad esempio Board, Risk Committee, CEO, CFO, CRO.

La prima fase inerente la “Definizione delle metriche RAF e della propensione al rischio” consiste nell’identificazione degli elementi e degli indicatori rispetto ai quali la banca esprime il proprio livello di propensione al rischio, relativamente ai rischi ritenuti rilevanti, ovvero, per i rischi misurabili, gli ambiti di analisi (adeguatezza patrimoniale, liquidità, etc.) e le metriche RAF di riferimento, mentre per i rischi difficilmente misurabili sono fornite principalmente indicazioni qualitative per orientarne il presidio.

L’integrazione del rischio di cambiamento climatico all’interno del RAF palesa proprio nella prima parte del processo (ovvero la definizione delle metriche e della propensione al rischio) il passaggio più importante in quanto in tale fase la strategia della banca, in termini di sostenibilità di medio/lungo periodo ai fattori ESG (Environmental, Social and Governance), si declina all’interno del risk framework. Tale aspetto può essere ricompreso all’interno del terzo pilastro delle raccomandazioni della TCFD (con riferimento al Risk Management) che prevede che le aziende riportino le modalità di integrazione all’interno dei loro processi per l’identificazione, la valutazione e la gestione dei rischi climatici all’interno dei rispettivi risk framework.

Alla base vi sono quindi alcune assunzioni di natura strategica che possono comprendere i seguenti aspetti:

• adesione della banca alle iniziative quali UNEP FI, CDP, TCFD, Equator Principles, con l’obiettivi di promuovere una cultura ed un dialogo con organizzazioni, società e aziende;

• predisposizione di policy aziendali che sviluppino i temi di sensibilità in materia ambientale quali ad esempio emissioni di Green Bond, Facility Management, riduzioni di CO2.

La sensibilità della Governance alle tematiche di cambiamento climatico legata alla capacità di intercettare nel medio periodo gli effetti sulla strategia e i rischi rappresenta un fattore chiave per l’integrazione nel RAF dei fattori climate change. Il livello di engagement e di accountability del Board è determinante al fine di assicurare che ci sia un’adeguata visione di medio e lungo periodo della strategia e dei livelli di rischio secondo quanto richiesto dalla TCFD o dalle linee guida Prudential Regulation Authority inglese (PRA Consultation Paper, 23/18, Enhancing banks’ and insurers approaches to managing the financial risks from climate change, October 2018).

Per le banche sarà inoltre importante anche identificare e comunicare agli stakeholders gli sviluppi a medio termine degli obiettivi, non solo finanziari, di sostenibilità ambientale (Corporate Sustainable Responsability).

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Di seguito un esempio tratto dal Piano di Gestione Ambientale della Caixa Bank che sintetizza gli obiettivi di medium term del più ampio Socially Responsable Banking Plan con i relativi KPI:

Caixa Bank: esempio di Piano di Gestione Ambientale 33

L’impegno formale della Governance dovrebbe tradursi in uno statement dal quale si evincono i principi e le linee guida della banca, ad esempio, declinati in settori specifici di attività e sostegno a cultura e valori ambientali.

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Fattore importante nella fase di determinazione dei ruoli e delle responsabilità è quella dell’assegnazione all’interno della struttura della banca della funzione aziendale risk taker. La banca, a seconda del modello organizzativo utilizzato e della complessità operativa, dovrà identificare l’unità organizzativa (o le unità organizzative) alla quale saranno associati gli obiettivi di rischio, nonché le strutture di controllo (Risk Management o sotto funzioni) e quelle preposte alle analisi di scenario. Essendo il rischio di cambiamento climatico associato in larga parte ad un rischio di natura finanziaria (ovvero il rischio di credito sebbene con effetti anche in primis sul rischio reputazionale ed altre categorie) è presumibile che la gestione possa rientrare nel perimetro dell’area CLO, a meno che la Banca non intenda creare un‘area specifica di governo (esempio Sostenibilità e Sviluppo Ambientale). In tale fase, al fine di garantire un efficace azione sulle attività relative alla gestione dei rischi la Banca dovrebbe operare un’analisi d’impatto dei fattori climatici sui principali processi aziendali e la struttura organizzativa quali ad esempio:

• Policy creditizie • Sistema di Garanzie • Modelli di Rating

• Operazioni di Maggior Rilievo (OMR)

Il riconoscimento del rischio di cambiamento climatico all’interno del RAF necessita di un approccio che tenga conto, oltre che degli aspetti strettamente legati alla governance, dei seguenti step:

• Identificazione dei rischi; • Misurazione;

• Monitoraggio e Reporting delle esposizioni.

In aggiunta, l’aggiornamento nel RAF con l’inclusione dei rischi di cambiamento climatico comporterebbe una revisione delle principali policy aziendali tra quali, solo per citarne alcune, Risk Management, Credit Risk, ICAAP.

Per quanto attiene la fase di identificazione dei rischi è necessario che la banca sia in grado di valutare quanto i cambiamenti climatici possano impattare nel medio e lungo periodo sul business model.

Seguendo la tassonomia della TCFD i rischi identificabili sono sostanzialmente quelli relativi al Physical Risk, al Transition Risk e al Credit Risk. Su tale categoria di rischi, il presente Position Paper tratta in maniera esaustiva tali aspetti, pertanto, si rimanda ai paragrafi dedicati a questi argomenti. Altre categorie di rischio possono riguardare:

• Rischi Politici e Legali (legati alle modifiche del quadro regolamentare, controversie e contenziosi);

• Rischi tecnologici (adeguamento delle piattaforme tecnologiche della banca e dei clienti operanti in determinati settori “cimate sensitive”);

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• Reputazionali (legati all’immagine e alla percezione dei clienti della banca sulle modalità di approccio al cambiamento climatico);

• Rischi di mercato (potenziale spostamento dell’offerta e della domanda per alcuni beni, prodotti e servizi);

• Rischi estremi (maggiori probabilità di calamità naturali ed altri eventi disastrosi).

L’integrazione del rischio di cambiamento climatico all’interno della fase di identificazione richiederebbe comunque da parte della banca un primo step di analisi e misurazione della potenziale esposizione ai singoli fattori (con particolare focus, almeno in una prima fase, al rischio di credito) e una mappatura delle attività coinvolte. L’analisi di scenario, attraverso la “what- if” analysis può essere un utile tool di supporto per la valutazione delle esposizioni. Lo scenario dovrebbe rappresentare una costruzione ipotetica del futuro, non una precisa previsione o un modello predittivo, e dovrebbe servire a quantificare l’esposizione potenziale ai rischi di transizione e fisici. Una recente Survey tra i principali player34 riporta che

molte banche a livello internazionale (circa il 40 % di un sample di 44 istituzioni) stanno sviluppando o pianificando scenari relativi al cambiamento climatico. Per la misurazione dei rischi sarebbe opportuno che le banche si dotino di strumenti volti a rilevare e quantificare, in funzione di analisi e metodologie validate dal Risk Management, gli effetti potenziali del cambiamento climatico sulle poste di bilancio maggiormente sensibili ad esso (ad esempio crediti, titoli e altri assets quali immobili di proprietà o a garanzia).

In tale fase, gli intermediari dovrebbero utilizzare le analisi di scenario e gli stress test (incorporando anche eventuali situazioni estreme definite in catastrophe modelling) al fine di comprendere gli impatti nel medio e lungo dei rischi finanziari, in particolare quello di credito, che presentano un’elevata sensitivity alle variabili climatiche. Nel tempo lo sviluppo delle tecniche e delle metodologie di analisi potrà essere affinato e migliorato nel continuo grazie all’esperienza acquisita (learning by doing).

La sensibilità da parte dei Policy Maker, soprattutto a livello europeo, sulle tematiche ambientali ha comportato con l’entrata in vigore del Banking Reform Package a giugno 2019 all’introduzione, sebbene ancora in fase embrionale, dei principi ESG all’interno della regolamentazione bancaria. Tale aspetto avrà impatti significativi sulle modalità di predisposizione del RAF da parte delle banche.

In particolare, all’Autorità Bancaria Europea (EBA) è stato conferito un mandato volto a incorporare nel processo di Supervisione da parte del regulator i seguenti elementi:

• sviluppo di un’uniforme definizione dei rischi ESG (compresi i physical e transition risk);

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• sviluppo di criteri qualitativi e quantitativi per la valutazione dell’impatto dei rischi ESG sulla stabilità delle istituzioni finanziarie;

• definizione dei processi e delle strategie da implementare nelle istituzioni finanziarie per identificare, valutare e gestire i rischi ESG;

• definizione delle analisi, delle metodologie e dei tools per la valutazione dell’impatto dei rischi ESG sul credito e sull’intermediazione delle banche. La data di pubblicazione del report da parte dell’EBA è stata fissata entro il 28 giugno 2021. Dalle indicazioni dell’EBA le banche potranno sviluppare delle gap analisys per allineare i RAF ai requisiti regolamentari.

L’EBA dovrà inoltre produrre, entro giugno 2025, un assessment sui trattamenti prudenziali sulle attività associate ad obiettivi ambientali e sociali.

Allo stato attuale, le banche devono in ogni caso confrontarsi con alcune problematiche per la piena valutazione e inclusione nei rispettivi Risk Appetite Statement (RAS) dei rischi di climate change tra cui:

• tassonomia regolamentare work in progress;

• rating creditizi da testare e sottoporre a validazione da parte dell’Autorità di Supervisione;

• informazioni disponibili con metodologie di analisi eterogenee.

In particolare, come evidenziato da un intervento del Capo del Dipartimento Mercati e sistemi di pagamento della Banca D’Italia (ICMA and Assiom Forex Conference del 28 novembre 2019), i modelli volti a valutare gli impatti sulle attività finanziarie e sulle imprese richiedono ancora affinamenti da parte delle istituzioni finanziarie, come indicato da condizioni di prezzo sui mercati che non sembrano incorporare pienamente tali rischi.

Inoltre, ulteriori evidenze e studi sull’argomento, correlate ad una crescente sensibilità da parte degli operatori e delle istituzioni, saranno propedeutiche allo sviluppo di adeguate metodologie di tipo forward looking per discriminare i profili di rendimento e rischio delle attività green rispetto a quelle brown.

2.2.2 La quantificazione e il monitoraggio dei limiti sul portafoglio crediti

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