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L’EVOLUZIONE STORICO-GIURISPRUDENZIALE DEL DIRITTO ALL’OBLIO

2.5 Internet e oblio Contestualizzazione e deindicizzazione

Il diritto all’oblio nasce, nel contesto mediatico del tempo, come diritto a non vedere riproposta, tramite televisione, cinema, radio o carta stampata, una notizia risalente nel tempo la quale, avendo perso il suo carattere di notizia di pubblico interesse, sia destinata a rimanere nella sfera privata del soggetto cui essa si riferisce e nella quale questa era rientrata. Questa dunque la prima accezione di diritto all’oblio, quella che attiene, per sua natura, ai mezzi di informazione di prima e di seconda generazione.

81 P. LAGHEZZA, Il diritto all’oblio esiste (e si vede), in For. it., 1998, dove l’autore

ha modo di evidenziare come il diritto all’oblio si ponga tra i fini perseguiti quello di garantire la persona dal rischio che dietro lo schermo della libertà di cronaca possano nascondersi «attacchi diretti a colpi di martellanti

ripubblicazioni all'onore e alla reputazione del cittadino non destinati a soddisfare alcuna utilità sociale».

37 La diffusione di Internet ha, anche in questo caso, stravolto lo scenario giuridico preesistente. Grazie ad Internet ogni persona è immersa in un flusso di informazioni continue, contraddistinte da un carattere di permanenza indiscriminata. Perché una notizia risalente a venti anni fa venga rievocata non è più necessario che un giornale o una televisione si prenda la briga e il rischio ̵ visti i cospicui risarcimenti in cui i mass media sono incorsi ̵ di far riemergere dal passato un’informazione diffusasi in precedenza, in quanto ben può darsi che quella notizia, una volta immessa in Internet (da una redazione giornalistica così come, ipoteticamente, da chiunque possegga un accesso a Internet e delle nozioni base di informatica) non si sia mai di fatto ‘spostata’, ma sia rimasta lì, accessibile a chiunque ad vitam aeternam. È innegabile il fatto che Internet abbia smosso dalle fondamenta il mondo dell’informazione, tenendo presente che la notizia telematica può non pervenire più necessariamente da un professionista dell’informazione che sceglie, valuta, pondera la pubblicazione (o ripubblicazione) di una informazione attinente la persona82 e che la stessa si diffonde in tempo reale, in maniera e ad una velocità di fatto incontrollabili. La diffusione via Internet non conosce confini geografici o barriere fisiche (ammettendo la

82 Le notizie sul web, così come detto in precedenza, risultano appiattite, sì da

rendere sfuggevole l’attribuzione di autorità ad una notizia piuttosto che ad un’altra. In maniera colorita Umberto Eco, nell’incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, ebbe modo di esprimersi sulla questione così dicendo: «I social media danno diritto di parola a legioni di

imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Sebbene

le parole dello scrittore risultino alquanto severe, ben danno l’idea del problema della cosiddetta ‘dimensione orizzontale’ del Web.

38 portata globale del mezzo d’informazione83, è destinata ̵ salvo interventi esterni ̵ a rimanere consultabile sine die ed è, di norma, liberamente ‘scaricabile’ nonché facilmente riproducibile.

Si evince dunque come in Internet ̵ il quale si pone come un archivio sconfinato di dati ̵ la diffusione di notizie datate, pur in assenza di interesse pubblico alla divulgazione, costituisca la regola e non più l’eccezione, a cui si può porre rimedio richiedendo il rispetto del proprio diritto all’oblio così come concepito dalla Cassazione nella sentenza n. 3679 del 1998. Non vi è più quel binomio notizia-rievocazione proprio dei casi precedentemente esaminati, ma il perdurare ininterrotto dell’accessibilità della notizia.

Questo nuovo paradigma ha portato ad una persistente incertezza sulla portata definitoria del diritto all’oblio applicato alle informazioni diffuse in Rete e, sebbene le pronunce giurisprudenziali84 ed amministrative85 sul tema non siano mancate, è da registrarsi nei primi tre lustri degli anni Duemila una certa nebulosità attorno alla concezione nostrana del droit à

l’oubli, e ciò ha condotto, in alcuni casi, ad una eccessiva

83 Gli unici, labili, limiti all’accesso informativo sono quelli tecnici, linguistici o

dovuti a censure da parte di organi di governo. Si tratta comunque di limiti agilmente aggirabili tramite gli strumenti che proprio Internet fornisce. Si porta a titolo di esempio l’utilizzo di servizi di traduzione automatica per superare le barriere linguistiche o di un proxy server (ossia un server che funge da intermediario per le richieste da parte dei clients alla ricerca di risorse su altri server oscurati [fonte Wikipedia]) per eludere eventuali blocchi censori.

84 Cass., 25 giugno 2004, n. 11864, in Giust. civ., 2005; Cass. 29 settembre 2005,

n. 34821, in CED, 232562.

85 Gar., 9 novembre 2005, doc. web n. 1200127; Gar., 11 dicembre 2008, doc.

web n. 1712827; Gar., 16 giugno 2010, doc. web n. 1734973; Gar., 21 marzo 2012, doc. web n. 1892254.

39 valorizzazione di tale diritto, spingendo verso interpretazioni giudiziali oltremodo gravose per i titolari dei mezzi di informazione86.

In questo contesto, un ruolo significativo per la configurazione di quello che ormai si definisce senza più esitazioni diritto all’oblio, è stato assunto dal legislatore del 2003, con l’introduzione del c.d. Codice della Privacy. Questo infatti sembra trovare un suo fondamento nell'art. 11, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 196 del 2003, ai sensi del quale i dati personali oggetto di trattamento devono essere «conservati in una forma che consenta l'identificazione

dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati»8788. Sempre grazie al testo legislativo in questione sono aumentati i poteri di controllo sui dati da parte degli interessati, permettendo un ruolo attivo da parte di questi. L’art. 7 del testo, al comma 3, lett. a, dispone per l’interessato il diritto ad ottenere l'aggiornamento, la rettificazione ovvero, quando vi ha interesse, l'integrazione dei dati che a lui si riferiscono mentre l’art.3 sancisce il c.d. principio di necessità nel trattamento dei dati, per cui, laddove possibile, il trattamento deve essere effettuato garantendo l’anonimato dell’interessato. Il

86 Cfr., in particolare, Cassazione 30 aprile 2012, n. 5525, sulla quale v. infra, nel

testo.

87 DI CIOMMO F., Quello che il diritto non dice. Internet e oblio, in Danno e

Responsabilità, 2014, pp. 1101 e ss..

88 A rilevare tale nesso tra l’art 11 e il diritto all’oblio è, tra gli altri, proprio il

Garante per la protezione dei dati personali in un suo provvedimento. Cfr. Garante privacy, decisione su ricorso del 7 luglio 2005, n. 1148642 disponibile

in Internet all’indirizzo

http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb- display/docweb/1148642 [consultato in data 30 maggio 2017].

40 legame con il diritto all’oblio, nel senso di diritto alla cancellazione dei dati, è palese ed anzi si potrebbe dire che finalmente il diritto all’oblio ha dei solidi pilastri normativi sul quale ergersi.

È stata soprattutto la giurisprudenza a tracciare però più nitidamente i contorni del diritto in essere. Con la decisione n. 5525 del 2012, i giudici di legittimità hanno analizzato una vertenza nella quale il soggetto ricorrente lamentava una lesione della privacy e della propria identità personale, scaturita dalla presenza nell’archivio storico online del quotidiano Il Corriere

della Sera di una notizia di cronaca giudiziaria che lo vedeva

coinvolto, risalente al 1993. Il personaggio politico oggetto della notizia fu imputato per corruzione ma venne poi assolto; dell’assoluzione nell’articolo giornalistico reperibile nell’archivio

online non vi era però alcuna menzione, in quanto questo era

consultabile nella sua impostazione iniziale. Il soggetto adì prima il Garante della Privacy chiedendo la cancellazione e la deindicizzazione dell’articolo, nel presupposto che i fatti riportati fossero lesivi della propria identità personale, in quanto questi non solo erano accessibili direttamente dai motori di ricerca ma, altresì, non erano stati aggiornati e non riportavano dunque alcun cenno alla sua assoluzione89. L’autorità per la protezione dei dati personali rigettò le richieste avanzate dalla parte, riconoscendo la liceità del trattamento dei dati giudiziari da parte del Corriere

della Sera, in quanto la notizia era riferibile a fatti il cui interesse

pubblico persisteva nel momento in cui l’istanza era da questo esaminata. Tale persistenza dell’interesse pubblico era giustificata, specifica il Garante, dal ruolo pubblico rivestito dal

89 Nello specifico il ricorrente lamentava la violazione degli artt. 2, 7, 11, 99, 102,

150, 152 del d.lgs. 196/2003, oltre degli artt. 3, 5, 7 del Codice di deontologia giornalistica.

41 ricorrente, il quale continuava a svolgere attivamente la sua attività politica in ambito locale. Il Tribunale di Milano (in sede di impugnazione del ricorso) alle motivazioni esplicitate dal Garante aggiungeva che la pretesa correzione dell’articolo ̵ introducendo il seguito della vicenda giudiziaria ̵ avrebbe comportato una alterazione del testo tale da vanificare la funzione storico- documentaristica. Lo stesso giudice ravvisava inoltre la mancanza di una fonte normativa che configurasse in capo all’editore un onere di aggiornamento degli archivi storici. Il giudice negava poi la configurabilità del diritto all’oblio in quanto non ravvisava nell’attività svolta dal quotidiano una ripubblicazione della notizia. Investita della questione la Corte di Cassazione ribaltò l’impostazione seguita dal Garante e dal Tribunale meneghino. La Suprema Corte – così come già in precedenza statuito90 ̵ riconobbe come, alla luce delle disposizioni normative intervenute in materia, contenute in particolare nel d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, l’interessato al trattamento avesse assunto la veste di «compartecipe nell’utilizzazione dei suoi dati personali». Esso ha ora diritto a che l’informazione oggetto di trattamento risponda a criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza allo scopo, esattezza e coerenza con la sua attuale ed effettiva identità personale. Ed al fine di salvaguardare l'attuale identità sociale dell'interessato, è necessario garantire al medesimo l'aggiornamento e la contestualizzazione della notizia di cronaca che lo riguarda, rendendosi necessario il suo collegamento «ad

altre informazioni successivamente pubblicate concernenti l'evoluzione della vicenda, che possano completare o finanche radicalmente mutare il quadro evincentesi dalla notizia originaria,

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a fortiori se trattasi di fatti oggetto di vicenda giudiziaria»91. A

detta della Corte il persistente interesse pubblico del fatto troverebbe sì giustificazione nell’attività politica svolta dall’interessato, ma il mantenimento nell’archivio telematico della notizia non debitamente integrata e aggiornata comporta che la notizia, originariamente vera e completa, divenga parziale e inesatta, e pertanto sostanzialmente non vera. La Corte motivò la sua decisione sottolineando l’esistenza in capo al genus dei cittadini il diritto a ricevere una corretta informazione ed a ricordare esattamente gli eventi del passato. Nella ponderazione tra libertà di informazione e diritto all’oblio si rileva una nuova soluzione ‘compromissoria’ escogitata dalla Corte: non più la cancellazione ex toto della notizia, bensì l’imposizione di una sua modifica volta ad attualizzarla. Tale compito di aggiornamento grava, sempre a quanto ci dice la Corte, sul titolare del sito Web92 sul quale l’informazione è consultabile e ad esso si richiede la predisposizione di un sistema idoneo a segnalare (a margine o nel corpo del testo) gli sviluppi dell’evento narrato, non considerando

91 Il d.lgs. 196/2003 all’art. 4 (Definizioni) definisce i dati giudiziari come «i dati

personali idonei a rivelare provvedimenti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, o la qualità di imputato o di indagato ai sensi degli articoli 60 e 61 del codice di procedura penale». I dati giudiziari rientrano tra i

dati sensibili e sono per essi applicabili i principi sanciti all’art. 20 del testo, nonché le ulteriori garanzie offerte dagli artt. 21 (Principi applicabili al trattamento di dati giudiziari) e 27 (Garanzie per i dati giudiziari).

92 In dottrina, sui rischi e le ricadute economiche scaturenti da tale imposizione,

Cfr. DI CIOMMO F –PARDOLESI R., Dal diritto all’oblio in Internet alla tutela

dell’identità dinamica. È la rete, bellezza!, in Danno e responsabilità, 2012, pp.

43 sufficiente ̵ diversamente da quanto sostenuto dal Garante ̵ la mera generica possibilità di rinvenire all’interno del «mare di

Internet» ulteriori notizie concernenti il caso. Il giudice di

legittimità non ha indicato però il ‘quomodo’, ossia le modalità pratiche/tecniche di applicazione del principio da esso sancito, rimandando al giudice di merito l’individuazione delle accortezze da adottarsi per il conseguimento delle finalità da esso indicate93. La Cassazione, con la sentenza in esame, ha scolpito in maniera più precisa il diritto all’oblio: la tutela di questo è riconosciuta non più solo nei casi in cui l’interesse pubblico abbia perso la sua attualità, ma anche ove l’interesse pubblico permanga ma, nonostante ciò, la notizia abbia col passare del tempo perso il suo connotato di veridicità, così trasfondendo il diritto alla contestualizzazione dell’informazione nel diritto all’oblio94. La sentenza emessa dalla Cassazione è stata oggetto di nutrite critiche da parte della dottrina95, la quale si è lamentata in particolare di come la Suprema Corte si fosse spinta verso un’interpretazione difforme rispetto alla concezione di diritto all’oblio fatta propria da

93 Rinvio che fu oggetto di aspre critiche da parte della dottrina. Cfr. SPOTO G.,

Note critiche sul diritto all’oblio e circolazione delle informazioni in rete, in Contratto e impresa, 2012. pp 1048 e ss..

94 In seguito alla suddetta sentenza, il Garante della Privacy ha seguito

l’orientamento espresso dalla Corte. Cfr, ad esempio, Gar., 24 gennaio 2013, doc. web 2286820.

95FINOCCHIARO G., Identità personale su Internet: il diritto alla

contestualizzazione dell’informazione, in Dir. Inf., 2012, pp. 383 ss.; FEROLA L., Riservatezza, oblio, contestualizzazione: come è mutata l’identità personale nell’era di Internet, in PIZZETTI F., Il caso del diritto all’oblio, cit., p. 185;

MANTELERO A., Right to be forgotten e archivi storici dei giornali – La

Cassazione travisa il diritto all’oblio, in Nuova giur. civ. comm, 2012, pp. 843 e

44 quell’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che voleva il diritto all’oblio quale diritto a una non rievocazione di fatti remoti, reimmessi nel circuito informativo attraverso la ripubblicazione di questi. Considerare gli archivi documentaristici

online a guisa di una ripubblicazione della notizia non trova

giustificazione nel ragionamento addotto dalla Corte96, né tanto meno la soluzione offerta sembra esaustiva. È poi comprensibile come attraverso il rinvio al giudice di merito la Corte abbia voluto offrire una flessibilità nella scelta dei rimedi esperibili97, ma d’altro canto, così facendo ha lasciato molti interrogativi insoluti sulle modalità tecniche richieste ai gestori degli archivi. Si è già detto poi come queste comportino un ingente sforzo tecnico ed economico, di certo non sostenibile da tutti i provider e in contrasto con una tra le caratteristiche che maggiormente ha

96 La Suprema Corte sostenne come fosse dovuta una distinzione tra l’archivio,

dove le notizie sono conservate secondo i criteri predeterminati, e la rete Internet (considerata un “deposito di archivi”), dove le notizie non sono strutturalmente organizzate ma solo memorizzate, e nel cui ambito il motore di ricerca agisce come un «mero intermediario telematico che offre un sistema

automatico di reperimento di dati». Questa impostazione verrà di fatto smentita

dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea nella sentenza Google Spain, C- 131/12, di cui si parlerà nel prossimo paragrafo.

97«In caso di disaccordo tra le parti, spetta allora al giudice del merito individuare

ed indicare le modalità da adottarsi in concreto per il conseguimento delle indicate finalità da parte del titolare dell’archivio e del sito web, salva ed impregiudicata l’eventuale necessità per il medesimo di rivolgersi al gestore del motore di ricerca al fine di porre in essere le procedure tecnico-amministrative per la relativa attuazione su quest’ultimo». Cass. 5 aprile 2012, n.5525, in For. It.,

45 determinato la fortuna di Internet, ossia la sua generica accessibilità98.

La Cassazione ritornava sul tema dell’oblio nella sentenza n. 16111 del 201399. Nel caso di specie C. F., ex brigatista rosso, chiedeva il risarcimento dei danni conseguenti alla pubblicazione sul Corriere quotidiano della città e provincia di Como di un articolo, nel quale erano riportate notizie e dati personali (tra cui una foto del 1979) del soggetto, ponendoli in collegamento con il ritrovamento a Como di un arsenale di armi appartenenti alle Brigate Rosse. L’interessato, riuscito a costruirsi una nuova vita, dopo aver scontato la pena per la sua appartenenza al gruppo terroristico denominato Prima Linea, chiedeva di non essere più accostato, agli occhi della pubblica opinione, a fatti di terrorismo, trattandosi di una parentesi della propria vita ormai definitivamente chiusa. La Corte, chiamata a pronunciarsi sul ricorso avanzato dagli editori del quotidiano avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Como, rigettò tutti i motivi addotti, confermando nella misura di 30.000€ il risarcimento dovuto a C. F..

Nella sentenza in oggetto la Cassazione riaffronta il problema del rapporto tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza, facendo rientrare l’oblio tra gli strumenti messi dall’ordinamento a disposizione dei soggetti interessati contro le ripubblicazioni ingiustificate di vecchie vicende personali. Ancora una volta si nota come il diritto all’oblio venga rappresentato quale specificazione del diritto alla riservatezza ̵ nel caso di specie la

98 FEROLA L., Riservatezza, oblio, contestualizzazione, op. cit., in PIZZETTI F., Il

caso del diritto all’oblio, cit., 2013. pp. 173 e ss..

99 Cass., 26 giugno 2013, 16111, in Danno e responsabilità, 2014, pp. 271 e ss.,

46 Corte ravvede un mancato rispetto dei criteri di ‘essenzialità’ e ‘pertinenza’ dell’informazione, sanciti all’art. 6 del codice deontologico dei giornalisti100 ̵ e non come diritto soggettivo autonomo. Si è criticato in dottrina101 come la sentenza in oggetto abbia, su questo punto, disatteso quanto in precedenza espresso dalla stessa Corte102. In particolare si sostiene come la riproposizione di fatti remoti non attenga più alla sfera della riservatezza, in quanto concerne dati personali già usciti dalla sfera di intimità del soggetto. Nel caso in cui vi sia una riemersione dell’informazione, appare più corretto ipotizzare una distorsione dell’identità attuale del soggetto. Seguendo questo ragionamento la stessa dottrina sostiene dunque come la matrice del diritto all’oblio non sia da ravvisarsi nel diritto alla privacy ̵ così come asserito nella decisione ̵ bensì nel diritto all’identità personale (e digitale)103.

100 Garante per la protezione dei dati personali, provvedimento del 29 luglio

1998 - Codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali

nell'esercizio dell'attività giornalistica ai sensi dell'art. 25 della legge 31 dicembre 1996, n. 675. Dal 3 febbraio 2016 il Codice deontologico è parte integrante del

‘Testo unico dei doveri del giornalista’.

101 DAGA M. C., Commento a Cass., 26 giugno 2013, n. 16111, in Danno e

responsabilità, 2014, pp. 274 e ss..

102 Cass., 5 aprile 2012, n. 5525, in Nuova giur. civ. comm., 2012, p. 836, con nota

di MANTELERO A., Right to be forgotten ed archivi storici locali.

103 In tal senso, cfr. Trib. Milano, 28 settembre 2016, n. 10374, in Danno e

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Sezione Seconda

2.6 Sentenza CGCE 13 maggio 2014, causa C-131/12: