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La risposta di Google alla sentenza Google Spain v AEPD and Costeja

GLI STRUMENTI DI TUTELA 1 Premessa

3 Le forme di tutela “alternative”

3.1 La risposta di Google alla sentenza Google Spain v AEPD and Costeja

La Corte di giustizia comunitaria, nella commentata sentenza Google Spain, dopo aver riconosciuto ai motori di ricerca la natura

210 Prorogabili su accordo delle parti o ex lege nel caso di provvedimento

109 di titolari del trattamento dei dati personali, ha imposto ai gestori dei provider la predisposizione di adeguati mezzi tecnici che offrano agli interessati la possibilità di richiedere, in modo semplice e gratuito, la deindicizzazione di quei risultati emergenti da una ricerca, effettuata a partire dal loro nome, nella SERP. I motori di ricerca sono tenuti inoltre ad analizzare, velocemente e non in maniera automatizzata, le istanze di rimozione avanzate dagli utenti.

Appare pertanto di specifico interesse verificare quali siano state le “contromisure” adottate da Google per far fronte agli obblighi imposti dal giudice comunitario.

Poche settimane dopo la sentenza Google ha costituito un comitato composto da dieci personalità di altissimo profilo211 per esaminare alcune spinose questioni sollevate dalla decisione della CGCE. L’Advisory council to Google on the right to be forgotten212 (questo il nome del comitato) è stato presentato come una commissione di esperti indipendenti impegnati nella ricerca di criteri omogenei da adottare nel vaglio delle richieste di deindicizzazione avanzate al motore di ricerca, per le quali, nel

211 Tra di essi rientrano: Eric Schmidt (figura di vertice di Google, già CEO di

Google Inc. dal 2001 al 2011, oggi presidente del CdA), Jimmy Wales (fondatore di Wikimedia Foundation, fondazione alla base del progetto Wikipedia), José- Luis Piñar (direttore dell’autorità garante per la protezione dei dati spagnola dal 2002 al 2007), Sylvie Kauffmann (direttrice editoriale del quotidiano francese Le Monde), Luciano Floridi (filosofo e professore di philosophy and

ethics of information alla Oxford University). Si registra il rifiuto a far parte di

questo organo consultivo dell’illustrissimo Prof. Stefano Rodotà.

212Il sito istituzionale è disponibile all’indirizzo

https://archive.google.com/advisorycouncil/ [consultato in data 29 giugno 2017].

110 frattempo, era già stato attivato il form online213. Dopo una lunga serie di consultazioni e meeting lungo tutta l’Europa (Roma, Parigi, Madrid, ecc..), questo ‘consiglio dei dieci saggi’ ha stilato un rapporto finale214 nel quale vengono indicate le linee di condotta che il motore di ricerca utilizzerà quale indirizzo per le decisioni future.

Nel rapporto viene specificato che la sentenza ‘Google Spain’ non stabilisce un generico diritto ad essere dimenticato, bensì impone un intervento da parte di Google per la rimozione dei link restituiti da una ricerca effettuata, attraverso Google Search, a partire dal nome della persona, quando i dati restituiti risultino inadeguati, irrilevanti, eccessivi o non più pertinenti. Il Google advisory council indica quattro criteri orientativi principali (tra l’altro gli stessi individuati dal WP29 nelle linee guida contenute nel parere WP-

225): ruolo dell’interessato nella vita pubblica, natura

dell’informazione, fonte dell’informazione e tempo. Il report analizza poi le problematiche riguardanti l’ambito di applicazione territoriale della deindicizzazione. Preso atto che ogni motore di ricerca può gestire una versione diversa in paesi differenti (sotto top level domain diversi), l’Advisory Council propone di circoscrivere allo scenario europeo (e quindi ai domini riferibili ai

213 La procedura di rimozione dei contenuti dai vari servizi offerti da Google

(Google Search ma anche Youtube, Google Immagini, Maps, Street View, ecc.) è

disponibile all’indirizzo:

https://support.google.com/legal/troubleshooter/1114905?hl=en [consultato in data 30 giugno 2017].

214 Il testo integrale del rapporto finale dell’Advisory council to Google on the

right to be forgotten, risalente al febbraio 2015, è disponibile in Internet

all’indirizzo:

https://archive.google.com/advisorycouncil/advisement/advisory-report.pdf [consultato in data 29 giugno 2017].

111 Paesi membri UE) l’attività di deindicizzazione. Estendere questo meccanismo ai motori di ricerca utilizzati da utenti stabiliti al di fuori dall’Europa, significherebbe infatti, a guisa del comitato, imporre un delisting globale che non tiene conto delle leggi presenti negli Stati extracomunitari. Al contrario, circoscrivere la deindicizzazione nel contesto europeo, alle versioni nazionali di un motore di ricerca, «costituisce senz’altro una misura

proporzionata e che assicura una tutela efficace».

Su tale criterio applicativo si è aperto un forte dibattito in dottrina e giurisprudenza. A favore di una deindicizzazione globale si è espresso il Gruppo di lavoro ex art. 29 e, il 21 maggio 2015, la

Commission National Informatique et Libertés215 ha inviato una diffida a Google con la quale richiedeva, entro 15 giorni, la deindicizzazione dei link anche dai domini extra-europei, sostenendo come il diritto all’oblio fosse un diritto riconosciuto alle persone fisiche europee: per questo motivo, Google è tenuto a sottostare alle norme europee nel trattamento dei dati dei cittadini comunitari. Nonostante nel frattempo il Garante francese abbia ritenuto di applicare al motore di ricerca una sanzione di 100.000 euro216, Google resta però fermo sulle sue posizioni, adducendo come argomentazioni a sostegno della propria scelta che la deindicizzazione da tutti i domini, indipendentemente dal Paese dal quale viene effettuata la ricerca, comporterebbe un

215 La Commission nationale de l'informatique et des libertés (CNIL) è un'autorità

amministrativa indipendente francese incaricata di assicurare l'applicazione della legge sulla tutela dei dati personali nei casi in cui si effettuino raccolte, archiviazioni ed elaborazioni di dati personali. [Fonte: Wikipedia].

216 Commission Nationale de l'Informatique et des Libertés, Délibération du 10

mars 2016, n. 2016-054, disponibile in Internet all’indirizzo https://www.legifrance.gouv.fr/affichCnil.do?id=CNILTEXT000032291946 [Consultato in data 29 giugno 2017].

112 atteggiamento oltremodo pericoloso e censorio. Si riporta a riguardo una parte dell’intervento del Senior vice president and

general counsel di Google, Kent Walker, sul blog ‘Google Europe Blog’:

«Per centinaia di anni, è stata una norma accettata il fatto che

nessun Paese avesse il diritto di imporre le proprie regole ai cittadini di altri Paesi. Di conseguenza, informazioni che sono illegali in un Paese possono essere perfettamente legali in altri: la Thailandia considera reato gli insulti al Re, in Brasile è vietato condurre campagne elettorali negative verso gli avversari, la Turchia considera reato discorsi denigratori di Ataturk o della nazione Turca – attività perfettamente legali in altre parti del mondo. Operando a livello globale, ci impegniamo seriamente per rispettare queste differenze»217.

La questione non ha ancora trovato una soluzione definitiva. Google ha infatti impugnato di fronte al Conseil d’État la pronuncia emessa dal CNIL. Il Consiglio di Stato francese, nel febbraio c.a., ha optato per un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia comunitaria, al fine di ottenere delle precisazioni interpretative connesse alla sentenza n. 131 del 2014. Si registra come, in seguito al provvedimento sanzionatorio emesso dal CNIL, Google abbia provveduto ad una deindicizzazione da tutti i domini a questo riferibili (compreso google.com), ma solo nei casi in cui l’accesso avvenga dallo stesso Stato dal quale è provenuta la richiesta di deindicizzazione.

217KENT WALKER, Implementing a European, not global, right to be forgotten, in

Google Europe blog, 30 luglio 2015. Disponibile in Internet all’indirizzo:

https://europe.googleblog.com/2015/07/implementing-european-not- global-right.html [consultato in data 29 maggio 2017].

113 Un altro aspetto molto controverso è il ruolo attribuito al motore di ricerca ̵ in parte dalla sentenza Google Spain, in parte autoconferitosi da Google stesso ̵ di primo arbitro nel bilanciamento tra diritto alla deindicizzazione e diritto alla libera manifestazione del pensiero. È affidata infatti al motore di ricerca una prima importante valutazione delle istanze dell’interessato. Si tratta di un’attività di natura paragiurisdizionale, avente ad oggetto il contemperamento di interessi di rango primario quali l’identità personale, la privacy e la libera manifestazione del pensiero. I motivi di tale attribuzione sono facilmente intuibili: le

authorities nazionali sono oberate di lavoro, così come i tribunali

e, attraverso tale scelta, si è cercato di delegare a Google un compito da sempre affidato a organi pubblici di controllo218. Può veramente considerarsi opportuna la scelta di affidare, seppur in prima battuta, questo ruolo a un soggetto privato? Tanto più nell’ipotesi ̵ ed è questo il caso ̵ che esso risulti direttamente coinvolto nella vicenda in quanto portatore di interessi economici e “legittimato passivo” nella lite? Si pretende quindi che un operatore di mercato privato anteponga al proprio interesse di impresa219 quello della collettività alla conoscenza, ponendosi

218 RAMPINI F., Internet e il diritto all'oblio: Google è giudice di sé stesso, in La

Repubblica, 19 aprile 2016, disponibile in Internet all’indirizzo

http://www.repubblica.it/tecnologia/social-

network/2016/04/19/news/internet_e_il_diritto_all_obli_o_google_e_giudice_ di_se_stesso-137929500/ [Consultato in data 29 giugno 2017].

219 Non solo economico ma anche in termini di fiducia e completezza del

114 come giudice obiettivo e super partes220. In dottrina221 si è evidenziato come la soluzione adottata appaia decisamente inappropriata e rischiosa, tanto più in quanto, analizzando i dati inerenti le richieste, si nota come solo l’1% delle istanze rigettate da Google siano state poi oggetto di ricorso davanti alle authorities o all’autorità giudiziaria. Da questo dato si evince come la stragrande maggioranza dei richiedenti ̵ si ipotizza per fiducia nel giudizio espresso, per una mancanza di volontà nell’invocare una tutela amministrativa o giurisdizionale, o perché non a conoscenza dei mezzi di soluzione delle controversie esperibili ̵ abbia preferito sottostare alla decisione, che li vedeva come ‘parte soccombente’, presa dal service provider. Una critica nei confronti di questo ruolo era stata inoltre avanzata già all’interno del consiglio dei dieci saggi istituito da Google. Jimmy Wales, membro del Google Advisory Council e figura apicale di Wikipedia, così si espresse nel Report finale sul “right to be forgotten”:

«I completely oppose the legal situation in which a commercial company is forced to become the judge of our most fundamental rights of expression and privacy, without allowing any appropriate procedure for appeal by publishers whose works are being suppressed. The European Parliament needs to immediately amend the law to provide for appropriate judicial oversight, and with strengthened protections for freedom of expression. Until this time, the recommendations to

220 D’ANTONIO V. – SICA S., La procedura di de-indicizzazione, in RESTA G. –

ZENO-ZENCOVICH V., Il diritto all’oblio su Internet, cit., p. 168.

221 Si rimanda alla lettera aperta indirizzata a Google firmata da 80 personalità

accademiche (tra cui il Prof. Giovanni Sartor) provenienti da tutto il mondo, disponibile in Internet all’indirizzo: https://medium.com/@ellgood/open- letter-to-google-from-80-internet-scholars-release-rtbf-compliance-data- cbfc6d59f1bd [Consultato in data 29 giugno 2017].

115

Google contained in this report are deeply flawed due to the law itself being deeply flawed»222.

Veniamo ora ad analizzare la procedura di rimozione predisposta da Google. Attraverso il loro sito di supporto223 è possibile richiedere la

rimozione di contenuti dai vari servizi offerti dal colosso di Mountain View. Seguendo la procedura guidata per rimuovere contenuti dalla

SERP di Google Search e selezionando la voce ‘Vorrei rimuovere le mie informazioni personali dai risultati di ricerca di Google’ si accede alla

pagina successiva nella quale, tra le varie opzioni selezionabili, compare la dicitura “Vorrei presentare una richiesta di rimozione di

informazioni ai sensi delle leggi europee per la protezione dei dati (Diritto all'oblio)”. Cliccando su questa voce compare un messaggio

nel quale viene specificato che la rimozione operata da Google non comporterà la cancellazione del dato dal sito sorgente, si invita quindi l’utente a contattare direttamente il webmaster della pagina interessata, il quale può rimuovere completamente la pagina Web. Ignorando l’invito e proseguendo nella procedura si giunge alla vera e propria pagina di inoltro della richiesta224. Qui si legge:

222 Traduzione libera: «Contesto fermamente il quadro giuridico nel quale una

società commerciale è costretta a diventare il giudice dei nostri fondamentali diritti di espressione e privacy, senza consentire alcuna procedura appropriata per ricorrere da parte degli editori i cui lavori vengono soppressi. Il Parlamento europeo dovrebbe modificare immediatamente la legge per assicurare un'adeguata sorveglianza giudiziaria e con rafforzate protezioni per la libertà di espressione. Le raccomandazioni sul punto, contenute in questa relazione, si presentano dunque come profondamente imperfette a causa delle imperfezioni riscontrabile nella legge».

223 Guida di supporto per le richieste di rimozione, disponibile all’indirizzo:

https://support.google.com/legal/troubleshooter/1114905?hl=it [Consultato in data 30 giugno 2017].

224Richiesta di rimozione di contenuti indicizzati nella Ricerca Google ai sensi

delle leggi europee per la protezione dei dati, disponibile in Internet all’indirizzo: https://www.google.com/webmasters/tools/legal-removal-

116

«Una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (C- 131/12, 13 maggio 2014) ha disposto che determinate persone possono chiedere ai motori di ricerca di rimuovere risultati specifici relativi a ricerche che includono il loro nome, qualora la rilevanza di tali risultati sia meno importante dei diritti alla privacy della persona.

Per questo tipo di richieste, bilanciamo i diritti alla privacy della persona con il diritto di rendere accessibili le informazioni e con l'interesse del pubblico di trovarle. Durante la valutazione della richiesta stabiliremo se i risultati includono informazioni obsolete sull'utente e se le informazioni sono di interesse pubblico. Ad esempio, potremmo rifiutarci di rimuovere determinate informazioni se riguardano frodi finanziarie, negligenza professionale, condanne penali o la condotta pubblica di funzionari statali.

Per completare questo modulo è necessario fornire una copia digitale di un documento d'identità. Se la richiesta viene inviata per conto di qualcun altro, sarà necessario inviare un documento d'identità della persona interessata».

Vengono quindi mostrati vari campi bianchi da riempire con gli URL dei quali si richiede la deindicizzazione, i motivi per cui i contenuti nella pagina si considerano illeciti, inesatti oppure obsoleti, il Paese dal quale proviene la richiesta e i dati identificativi del richiedente225. Una volta compilati i dati richiesti la procedura è terminata e la richiesta inviata, così come confermato dalla risposta che viene automaticamente inviata dal

request?complaint_type=rtbf&visit_id=1-636344322618664535- 1143112561&rd=1&pli=1 [Consultato in data 30 giugno 2017].

225 Una procedura di richiesta simile è prevista negli altri motori di ricerca,

117

provider e che invita ad attendere la risposta, la quale verrà fornita

nel minor tempo possibile. Le decisioni in merito ad ogni procedura spettano al personale junior di Google Inc., stanziato a Dublino e specificatamente formato; i casi più complessi, tuttavia, vengono assegnati al personale senior e agli avvocati di Google. Non è prevista alcuna operazione gestita automaticamente. La procedura di valutazione prevede quattro fasi:

1) si valuta se la richiesta contiene tutte le informazioni necessarie per poter prendere una decisione;

2) si stabilisce se la persona che ha presentato la richiesta è in qualche modo collegata a un Paese europeo, ad esempio se vi ha la residenza o la cittadinanza.

3) si verifica se la pagina visualizzata nei risultati di ricerca presenti il nome dei richiedenti e se quest’ultimo è presente nella pagina di cui è stata richiesta la deindicizzazione;

4) si valuta se vi è un interesse pubblico alla presenza delle informazioni cui è richiesta la deindicizzazione dalla SERP, definendo altresì se la pagina di cui è stata richiesta la deindicizzazione includa o meno informazioni inadeguate, irrilevanti o non più rilevanti oppure eccessive.

Al fine di garantire trasparenza al processo, la richiesta viene archiviata nel rapporto sulla trasparenza di Google e la persona che ha avanzato la domanda riceve una comunicazione contenente la motivazione della relativa decisione. Il Webmaster del sito contenente la pagina che viene deindicizzata ne riceve la relativa comunicazione e può contattare Google al fine del riesame

118 della decisione stessa (a questo non verranno però comunicati quali dati hanno condotto alla rimozione dalla SERP)226.

Nel transparency report di Google vengono indicati una serie di dati statistici esplicativi dell’attività svolta:

• Dall’avvento del form il numero di richieste ricevute da Google è pari a 738.800, le quali hanno comportato l’esame di oltre due milioni di URL;

• Degli URL totali esaminati il 43,2% sono stati rimossi, il restante 56,8% sono stati mantenuti nella SERP;

• I Paesi che hanno presentato il maggior numero di richieste sono stati: Francia (232.745), Gran Bretagna (109.289), Germania (101.278), Spagna (60.086), Italia (47.114); • Il numero di URL dei quali è stata richiesta la rimozione da

parte di utenti italiani è stato di 157.712. Di questi il 66,1% non sono stati rimossi227.

Google riporta poi alcuni esempi di richieste ricevute e degli esiti che queste hanno avuto. Se ne riporta una parte a titolo esemplificativo:

«In seguito alla nostra rimozione di una notizia relativa a un reato minore, il giornale ha pubblicato un articolo sulla rimozione. L'Information Commissioner’s Office (autorità inglese, garante per la libertà d’espressione) ci ha imposto di rimuovere il secondo articolo dai risultati di ricerca relativi al nome della persona. ABBIAMO RIMOSSO LA PAGINA DAI RISULTATI DI RICERCA RELATIVI AL SUO NOME.»

226BARCHIESI A., La tentazione dell’oblio. Vuoi subire o costruire la tua identità

digitale?, FrancoAngeli Edizioni, 2016.

227 Dati aggiornati al 30 giugno 2017 e disponibili in Internet all’indirizzo:

https://www.google.com/transparencyreport/removals/europeprivacy/?hl=i t [consultato in data 30 giugno 2017].

119

«Abbiamo ricevuto da un ex sacerdote una richiesta di rimozione di due link ad articoli relativi a un'indagine per accuse di abusi sessuali commessi in ambito professionale. NON ABBIAMO RIMOSSO LE PAGINE DAI RISULTATI DI RICERCA.»

«Abbiamo ricevuto dalla vittima di un crimine una richiesta di rimozione di tre link che parlano del reato, che è avvenuto decenni fa. ABBIAMO RIMOSSO LE PAGINE DAI RISULTATI DI RICERCA RELATIVI AL SUO NOME.»

«Una vittima di stupro ci ha chiesto di rimuovere un link a un articolo di giornale relativo al reato. ABBIAMO RIMOSSO LA PAGINA DAI RISULTATI DI RICERCA RELATIVI AL SUO NOME.» «Un funzionario pubblico altolocato ci ha chiesto di rimuovere articoli recenti relativi a una condanna penale risalente a decenni fa. NON ABBIAMO RIMOSSO GLI ARTICOLI DAI RISULTATI DI RICERCA.»

«Un insegnante accusato di un reato minore più di dieci anni fa ci ha chiesto di rimuovere un articolo relativo alla condanna. ABBIAMO RIMOSSO LE PAGINE DAI RISULTATI DI RICERCA RELATIVI AL SUO NOME.»

«Un importante uomo d'affari ci ha chiesto di rimuovere articoli relativi all'azione legale che ha intentato contro un giornale. NON ABBIAMO RIMOSSO GLI ARTICOLI DAI RISULTATI DI RICERCA.» «Una persona accusata di un reato grave negli ultimi cinque anni ma la cui condanna è stata annullata in appello ci ha chiesto di

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rimuovere un articolo in merito al caso. ABBIAMO RIMOSSO LA PAGINA DAI RISULTATI DI RICERCA RELATIVI AL SUO NOME.»

Le esemplificazioni riportate nel rapporto sulla trasparenza indicano in maniera piuttosto chiara i criteri e le modalità adottate dal motore di ricerca nell’esame delle decisioni e, in particolare, nella ricerca di un equilibrio tra libertà d’informazione e diritto all’oblio (a detta del fondatore e CEO di Google Inc., Larry Page, impossibile da raggiungere in maniera perfetta228).