• Non ci sono risultati.

Una nuova chiave di lettura dell’oblio: il diritto alla deindicizzazione nella giurisprudenza italiana

L’EVOLUZIONE STORICO-GIURISPRUDENZIALE DEL DIRITTO ALL’OBLIO

2.6 Sentenza CGCE 13 maggio 2014, causa C-131/12: Google Spain Vs AEPD, Mario Costeja Gonzàlez

2.6.5 Una nuova chiave di lettura dell’oblio: il diritto alla deindicizzazione nella giurisprudenza italiana

In seguito alla pronuncia della Corte di Giustizia europea si sono registrati vari interventi giurisprudenziali su casi inerenti la deindicizzazione e il diritto all’oblio136. Si analizzerà la decisione assunta dal Tribunale di Roma il 3 dicembre 2015, n. 23711137.

135 Le sanzioni sono state inasprite, rispetto alla disciplina precedente, nel

nuovo Regolamento Ue sulla privacy. È stato previsto un limite edittale massimo pari a venti milioni di euro o, per le imprese, fino al 4% del fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente. V. art 83, Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati).

136 Cass., 24 giugno 2016, n. 13161, in Foro it., 2016, pp. 2729 e ss., con nota di

Rizzuti; Trib. Milano, 28 settembre 2016, n. 10374, in Persona e danno, 2016, con nota di PERON S.; Trib. Milano, 5 ottobre 2016, in Nuova giur. civ. comm., 2017, pp. 548 e ss., con nota di RICCIO M. G., Il difficile equilibrio tra diritto

all’oblio e diritto di cronaca; cfr., con riferimento al caso particolare del

mantenimento dell’anonimato della madre, Cass., sez. un., 25 gennaio 2017, n. 1946, in Corr. giur., 2017, pp. 618 e ss..

65 Trattasi della prima sentenza emessa in Italia dopo l’intervento da parte della CGCE che ha influito in maniera determinante sul concetto di diritto all’oblio. Nel caso in oggetto, un avvocato chiedeva a Google la rimozione, dalla propria pagina di ricerca, dei risultati che riportavano a degli articoli giornalistici inerenti un procedimento giudiziario ̵ conclusosi due anni prima della richiesta ̵, nel quale esso figurava quale imputato. Vistosi negare la richiesta di deindicizzazione diretta a Google, egli citava in giudizio il service provider Google Inc., chiedendo un risarcimento del danno derivato dall’illegittimo trattamento dei dati personali. I giudici romani hanno rigettato la domanda avanzata dalla parte attrice, adducendo come motivazione: da una parte il ristretto lasso temporale intercorso dalla pubblicazione dei fatti e dall’altra il carattere pubblico del ruolo ricoperto nella società dall’attore (riconducibile alla professione di avvocato da lui svolta).

Nelle motivazioni del tribunale romano si ravvedono due tra le principali questioni non precisate dalla Corte di Giustizia nella stesura della sentenza Google Spain ̵ cui le linee guida redatte dall’Article 29 Data Working Party hanno solo parzialmente chiarito ̵, ovvero: il nesso temporale sufficiente affinché un evento del passato possa essere considerato passibile di ‘oblio’; quando una persona sia da considerarsi ‘personaggio pubblico’, posto che lo status sociale dell’individuo è un parametro fondamentale per il riconoscimento della prevalenza del diritto all’oblio sul diritto ad una completa informazione riconosciuto in capo alla collettività. Sul primo punto si può osservare che la CGCE, nella sentenza Google Spain, non ha indicato, seppur in termini generali,

66 un quid temporale idoneo ad invocare il diritto all’oblio138, lasciando così ampio margine discrezionale nell’interpretazione del fattore temporale. La Corte ha specificato (al punto 81. della sentenza) come la valutazione vada effettuata caso per caso e in modo soggettivo. La lontananza nel tempo non va infatti aprioristicamente considerata quale indice dell’assenza di attualità della notizia: una determinata vicenda, anche molto remota, può tornare di attualità alla luce di un rinato interesse informativo, o può anche conservare questa sua peculiarità, in virtù del carattere storico ad essa attribuibile139. Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto che il tempo trascorso non abbia ‘saziato’ l’interesse pubblico alla conoscenza ̵ tramite, anche, la consultazione delle pagine web indicate dall’attore ̵ dei fatti. Tale interesse pubblico è direttamente collegabile poi al secondo punto cui si faceva riferimento supra, ovvero il ruolo pubblico ricoperto dal richiedente. Si apre qui un’altra questione spinosa. Il Working

Data Party 29 (di seguito WP29) ha infatti adottato, nelle sue “linee guida sull’applicazione della sentenza C-131/12”, una definizione

di ‘figura pubblica’ dai contorni ampi e sfumati. È il WP29 stesso

138 La corte rimanda ai principi di proporzionalità e finalità del trattamento

previsti nella direttiva 95/46/CE. Parla, in termini generali, del trascorrere di “un certo tempo”.

139 Si pensi, a titolo esemplificativo, al caso di un soggetto che si affaccia sulla

scena politica e che, nel suo lontano passato, fu coinvolto in vicende di cronaca nera: è, del resto, quanto accaduto ad alcuni esponenti di formazioni politiche estremistiche, saliti alla ribalta delle cronache nei cc.dd. “anni di piombo”, successivamente dimenticati, e che, a distanza di anni, si ripresentano in un contesto pubblico. Si pone quindi il problema di una equa soluzione da adottare, trovandosi di fronte al crocevia giuridico tra la conservazione della memoria storico e il diritto a una compiuta riabilitazione sociale della persona. V. infra, cap. III.

67 ad ammettere delle difficoltà nella determinazione della figura, richiamando, quali punto di riferimento interpretativo, le definizioni in precedenza fornite dal Parlamento Europeo nella Risoluzione n. 1165 del 1998140 e dalla CEDU nel caso ECTHR, Von

Hannover v. Germany, n.2 del 2012141. Il WP29 identifica le “public

figures” come “subjects that play a role in public life”. Nello stesso

documento viene poi stilato un elenco di soggetti, i quali, per la natura dell’attività da loro svolta, sono considerabili quali public

figures. Trattasi di politici, funzionari pubblici, business-people e

soggetti che svolgono quelle professioni regolamentate (iscritti ad albi professionali) che possono essere normalmente considerate come adempienti un ruolo nella vita pubblica. Si tratta di un novero di individui piuttosto ampio e, con riferimento in particolare all’ultima accezione, indeterminato. Ciò potrebbe portare da una parte ad un allargamento delle maglie

140 Ivi si legge «Public figures are persons holding public office and/or using

public resources and, more broadly speaking, all those who play a role in public life, whether in politics, the economy, the arts, the social sphere, sport or in any other domain».

141 Dove sui criteri da adottare la Corte europea dei diritti dell’uomo ha così

statuito: «… role or function of the person concerned and the nature of the

activities that are the subject of the report and/or photo constitute another important criterion, related to the preceding one. In that connection a distinction has to be made between private individuals and persons acting in a public context, as political figures or public figures. Accordingly, whilst a private individual unknown to the public may claim particular protection of his or her right to private life, the same is not true of public figures (see Minelli v. Switzerland (dec.), no. 14991/02, 14 June 2005). A fundamental distinction needs to be made between reporting facts capable of contributing to a debate in a democratic society, relating to politicians in the exercise of their official functions for example, and reporting details of the private life of an individual who does not exercise such functions».

68 interpretative, tale da comprendere una nutrita parte della popolazione (avvocati, medici, insegnanti, giudici, ecc.); dall’altra alla, possibile e probabile, insorgenza di diversi orientamenti giudiziali interni, fatto questo confliggente con gli obiettivi di armonizzazione perseguiti dalle istituzioni europee142. La particolare estensibilità soggettiva dei personaggi pubblici è parzialmente temperata dalla, necessaria e concomitante, valutazione dell’esistenza di un nesso tra l’evento pubblicato e l’attività professionale svolta dalla persona.

Il Garante per la privacy italiano, da par suo, ha avuto modo di pronunciarsi su numerosi reclami avanzati da soggetti che si sono rivolti all’Autorità dopo il mancato accoglimento delle richieste di deindicizzazione da parte di Google143. È questo il caso di un reclamo proposto il 10 ottobre 2014144, riguardante una vicenda che presenta profili simili a quelli esaminati dalla CGCE nella Sentenza Google Spain. Il richiedente chiedeva la deindicizzazione di un collegamento presente nella SERP di Google che rimandava ad un articolo giornalistico nel quale venivano descritte ̵ a detta dello stesso ̵ vicende di cronaca, poi sfociate in un procedimento giudiziario, “passate, concluse e ormai obsolete, … di grave

142 RICCIO G. M., L’esordio del diritto all’oblio nella giurisprudenza italiana, in

Dir. inf., 2016, pp. 271 e ss..

143 Nella newsletter presente nella pagina istituzionale del Garante, l’Autorità

stessa fornisce un primo resoconto dei ricorsi inerenti la deindicizzazione da parte di Google nei primi 18 mesi successivi al landcase Costeja v. Google Spain. «Sono circa cinquanta i ricorsi definiti dal Garante privacy relativi a persone

comuni, figure pubbliche locali, professionisti che si sono rivolti all'Autorità dopo il mancato accoglimento delle richieste di deindicizzazione da parte di Google».

144 Gar., 4 dicembre 2014, doc. web. n. 3624021. Disponibile in Internet

all’indirizzo: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/- /docweb-display/export/3624021 [consultato in data 15 giugno 2017].

69

pregiudizio alla persona interessata e non più di interesse ed utilità pubblica, riferendosi a episodi definiti nel 2007”. Dopo aver

infruttuosamente avanzato le sue pretese nei confronti del motore di ricerca, questo adiva il Garante, il quale, a sua volta, respingeva la richiesta, considerando come non giustificata la richiesta di deindicizzazione degli URL segnalati, poiché questi si riferivano a notizie risultanti ancora di pubblico interesse, in quanto riguardanti un noto caso giudiziario di rilevanza nazionale, tuttora oggetto di attenzione da parte dei media. Nella ricerca del giusto equilibrio tra diritto alla deindicizzazione (quale specie del diritto all’oblio)145, e libertà informative, il Garante ha tenuto conto ̵ così come prescritto nelle Linee Guida del WP29 ̵ della natura della notizia e, in particolare, della rilevanza nazionale del caso giudiziario narrato, ponendo in secondo piano il fatto che la notizia fosse ormai lontana nel tempo.

L’indeterminatezza del parametro temporale di riferimento, che nasce dalla sentenza Google Spain, ha portato (di già) ad alcune pronunce contraddittorie. È il caso della sentenza della Corte di Cassazione n. 13161, del 24 giugno 2016146, nella quale viene accordato il diritto all’oblio e imposta la rimozione dell’informazione contenuta nel sito web di un quotidiano, riguardante una vicenda giudiziaria di natura penale ancora in fase di definizione. La Cassazione avalla la ratio temporale fatta propria dal giudice di merito, per cui «dalla data della

pubblicazione fino a quella della diffida stragiudiziale era trascorso

145 In dottrina c’è chi si è chiesto se il diritto alla deindicizzazione possa essere

considerato quale diritto autonomo e distinto dal diritto all’oblio. Cfr. D’ANTONIO V. – SICA S., La procedura di de-indicizzazione, in RESTA G. – ZENO- ZENCOVICH V., Il diritto all’oblio su Internet, cit., p. 160 e ss..

70

sufficiente tempo perché le notizie divulgate con l’articolo potessero soddisfare gli interessi pubblici sottesi al diritto di cronaca giornalistica». Da quanto detto si evince che ci troviamo di fronte

ad un diritto all’oblio nella sua accezione classica, inteso come il diritto a non rimanere a tempo indeterminato esposti all’attenzione del pubblico. Ciò che però preme maggiormente sottolineare è che la Cassazione ha riconosciuto la legittimità delle pretese di rimozione avanzate dall’attore, nonostante esse riguardassero informazioni oggettivamente recenti – i fatti erano avvenuti due anni e mezzo prima ̵, e per di più ancora oggetto di un processo giudiziario. Fermo il principio secondo il quale il criterio da adottare nella valutazione del tempo non è puramente cronologico ma logico-funzionale, sembra però poco plausibile che, in virtù soprattutto del processo in corso, possa considerarsi venuto meno il rilievo e l’interesse pubblico della notizia147. La sentenza in questione è stata per questi motivi fatta oggetto di forti critiche da parte della dottrina148.

147 MELZI C. – VIGEVANI G. E., Oblio, non convince la stretta sul web, in Il Sole 24

Ore (Norme e tributi), 8 luglio 2016, disponibile in Internet all’indirizzo:

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2016-07-08/oblio-non- convince-stretta-web-093719.shtml?uuid=AD4hvbp [consultato in data 14 giugno 2017].

148 GALIMBERTI A., Cronaca, diritto all’oblio «accelerato», in Il Sole 24 Ore

71