• Non ci sono risultati.

L’EVOLUZIONE STORICO-GIURISPRUDENZIALE DEL DIRITTO ALL’OBLIO

2.2 La nascita del ‘droit à l’oubli’

Sebbene il nostro ordinamento appartenga a quella tradizione giuridica riconducibile alla c.d. famiglia di civil law56, l’attività

ermeneutica esercitata dalla giurisprudenza nel corso della storia repubblicana del nostro Paese ha giocato un ruolo fondamentale di precursore e sollecitatore di norme su esigenze sociali non ancora oggetto di attenzione da parte del legislatore. Giurisprudenza e dottrina si sono spesso poste come forze originarie e originanti di nuove figure giuridiche svolgendo un’attività di natura non solo interpretativa ma altresì creativa e definitoria. Questa loro funzione ha trovato specifica applicazione in molti di quei diritti considerati di ‘nuova generazione’, e ciò anche in conseguenza della velocità di produzione di nuovi mezzi informatici e del consequenziale e continuo affacciarsi nel panorama giuridico di nuove esigenze di tutela, cui con difficoltà il legislatore nazionale riesce a far fronte. Il diritto storicamente emerge da un sostrato sociale fatto di motivazioni psicologiche,

56 Gli ordinamenti di Civil Law sono quelli che si ispirano al modello introdotto

in Francia nei primi dell’Ottocento con la codificazione napoleonica, la cui caratteristica è quella di affidare un ruolo primario alla fonte legislativa. Il legislatore e la legge codificata assumono così il ruolo di cardine del diritto mentre ai giudici viene demandato il compito (subordinato) di applicare la legge attraverso la sua corretta interpretazione. A questo si contrappone il sistema di Common Law, tipico degli ordinamenti anglo-sassoni e vigente in Paesi quali gli Stati Uniti d’America, il Regno Unito o il Canada (con esclusione del Québec). Cfr. CARETTI P. – DE SIERVO U., Diritto costituzionale e pubblico,

24 antropologiche e culturali57 e, nel caso in questione, dalla esigenza di regolamentazione del rapporto sussistente tra evento e ricordo (privato ma soprattutto pubblico), tra informazione e fatto che ad essa precorre, tra recupero sociale della propria identità e interesse generico e facoltà cognitiva del “pubblico”, tra persona e

media.

Sebbene si possa immaginare come il desiderio che alcuni fatti negativi vengano pubblicizzati il meno possibile sia innato nella natura umana, l’esigenza di una regolamentazione, avente ad oggetto la riproposizione di vecchie notizie, è divenuta impellente con la diffusione dei cosiddetti mezzi di informazione di massa. Già in precedenza si è evidenziato come alla nascita del diritto alla privacy si ponga, in definitiva, la diffusione sulla carta stampata di notizie considerate come riservate dai soggetti interessati, nonché ideatori del concetto di diritto alla privacy (WARREN - BRANDEIS, 1890). Così, anche per il diritto all’oblio, il potenziale diffusivo del mezzo giornalistico si è posto come forza motrice di una discussione dottrinale vertente sulla legittimità del richiamo di notizie appartenenti ad un passato ragguardevolmente lontano. L’espressione ‘Diritto all’oblio’ (Droit à l’oubli) fu coniata dalla dottrina francese nel 1965, in una nota ad un caso giudiziario legato ad una produzione cinematografica in cui venivano narrati gli eventi criminosi del serial killer Henri Landru (altrimenti noto come Barbablù), attivo nella Francia settentrionale tra il 1915 e il 191958.

57 A. MANTELERO, Il diritto all’oblio dalla carta stampata ad Internet, in

PIZZETTI F., Il caso del diritto all’oblio, Giappicchelli, 2013, pp. 145 e ss..

58 Henri Désiré Landru, noto anche come il "Barbablù di Gambais", fu uno dei

primi assassini seriali francesi che, a partire dal 1915, mise in atto un piano per raggirare e uccidere donne benestanti al fine di impossessarsi dei loro averi. Landru, dopo aver adescato facoltose signore in cerca di marito, le spingeva con

25 Le vicende del pluriomicida Landru furono descritte in numerosi scritti e rappresentazioni cinematografiche tra cui il film “Landru”, diretto da Claude Chabrol e proiettato per la prima volta il 25 gennaio 196359. Tale film portò ad una doglianza da parte di una delle amanti del losco personaggio, la quale chiedeva un risarcimento per danni morali, lamentando come il film, riproponendo un periodo remoto e doloroso della sua vita privata, avesse rievocato pubblicamente fatti che essa era intenzionata a dimenticare. Le istanze avanzate dalla ricorrente furono inizialmente accolte in primo grado – il giudice francese in questo caso evocò una prescription du silence ̵ salvo poi essere respinte in appello60. In una nota alla sentenza l’autorevole Prof. Gérard Lyon-Caen, per rappresentare il contenuto del diritto riconosciuto in prima istanza alla ricorrente, utilizzò per la prima volta la fortunata formula droit à l’oubli. Questo identificava la pretesa a che le vicende, pur divenute di dominio pubblico, non fossero nuovamente diffuse una volta coperte “dal velo del tempo” e

lusinghe a firmare una procura che garantisse all’uomo la cessione dei loro beni. Ottenuto ciò che voleva Landru provvedeva a condurre le donne in un villino isolato nella campagna di Gambais dove le strangolava e ne faceva sparire i resti bruciandoli nella stufa della cucina per poi disperderne le ceneri.

Il 30 novembre 1921 Henri Désiré Landru venne condannato alla pena capitale per l’omicidio di 10 donne e un bambino, al termine di un processo che sin dal suo esordio ebbe un’enorme eco mediatica, dovuta da una parte allo scalpore che le vicende sollevarono nell’opinione pubblica, dall’altra alla verve teatrale e sprezzante mostrata dall’imputato finanche nei momenti immediatamente precedenti l’esecuzione.

59 Cfr. Https://it.wikipedia.org/wiki/Landru [consultato in data 7 maggio

2017].

26 venne riconosciuto dal famoso giurista come un autonomo diritto della personalità61.

In Italia nel 1958 la Corte di Cassazione ebbe ad esprimersi su quello che viene considerato il primo leading case nostrano in materia di diritto all’oblio62. A seguito di un’azione avviata dalla vedova del questore romano Pietro Caruso, coinvolto attivamente nell’eccidio delle Fosse Ardeatine, la Cassazione Civile si occupò della vicenda processuale inerente la realizzazione e la diffusione di un film documentario sulla strage. Nella trascrizione cinematografica, a detta della ricorrente, furono attribuiti al questore fatti e responsabilità superiori rispetto alle colpe già accertate. La Suprema Corte nella sentenza del 13 maggio 1958, n.156363 invocò per il questore il “diritto al segreto del disonore” riconoscendo come fondata la pretesa a che “altri non alteri

l’entità dei reati da lui commessi e non accresca il grave fardello delle sue colpe con l’aggiunta di fatti non veri”, e inoltre sottolineò

come “anche una reputazione grandemente compromessa da una

condanna per gravissimo reato può essere ulteriormente scossa dall’alterazione di un fatto non vero, per mezzo di un documentario cinematografico: a chi ha subito tale pregiudizio spetta, pertanto, non solo il diritto di rettifica ai sensi dell’art. 8 della legge sulla stampa, ma anche il diritto al risarcimento dei danni”. La Corte nel

caso in questione riconobbe quindi una lesione del diritto all’identità personale e alla reputazione del soggetto e, sfiorando per la prima volta il concetto di oblio, riconobbe come legittima la

61 M. DI MARZIO, Il diritto all’oblio, 6 luglio 2006, disponibile in Internet

all’indirizzo www.personaedanno.it [consultato in data 7 maggio 2017].

62 A. RICCI, Il diritto alla reputazione nel quadro dei diritti della personalità,

Giappichelli, 2014.

27 pretesa del singolo a ritornare all'anonimato dopo la cessazione della risonanza dei fatti per i quali è divenuto (tristemente) noto64. Nelle motivazioni della Corte si intravede per la prima volta la

ratio ispiratrice del diritto all’oblio, ossia la volontà di evitare che

vengano nuovamente accesi i riflettori su di una questione dolorosa che il tempo ha nel frattempo riposto nell’ombra della memoria. In queste fu inoltre evidenziato come, sebbene l’onore del soggetto risultasse già corrotto dagli eventi del passato, la reviviscenza della notizia potesse aggravare ulteriormente e inutilmente il patimento subito, portando ad una lesione dei diritti della persona6566.

2.3 Le prime affermazioni dottrinali e giurisprudenziali in