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Gli interventi in tema di presunzione di illecito arricchimento

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 93-98)

CAPITOLO 2: LO SVILUPPO DEL SISTEMA PREVENTIVO DOPO (E

7. L’evoluzione negli anni ’90

7.2 Gli interventi in tema di presunzione di illecito arricchimento

Gli anni 90’, come noto, sono stati interessati da gravissime recrudescenze del fenomeno mafioso, ed in particolare della sua declinazione c.d. “stragista”.

Anche in questi anni si è ricorso, in un clima di aperta emergenza, ad interventi legislativi a volte molto duri, e diretti ora a inasprire il trattamento sanzionatorio di taluni reati, ora a consentire un più agevole svolgimento dei procedimenti e delle indagini in materia di criminalità organizzata, ora a prevedere uno specifico rigore del regime penitenziario cui sottoporre i condannati per mafia.

All’interno di questi complessi interventi si trovano alcune disposizioni che svelano la volontà evidente del legislatore di trasferire in sede penale taluni meccanismi già propri delle misure di prevenzione patrimoniali.

Con il d.l. 306/1992225 viene, ad esempio, sperimentato un impiego singolare della presunzione di illecita accumulazione patrimoniale, appunto, in questo caso, quale elemento costitutivo della responsabilità penale della fattispecie di cui all’art. 12-quinquies, co. 2, del medesimo provvedimento.

La disposizione in questione, modificata diverse volte già nel 1993, incrimina il trasferimento fraudolento di valori, ed in particolare due tipologie di condotte.

Al primo comma, quella di colui che “attribuisce fittiziamente ad altri la

titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni

223 Sono inserite, anche, le disposizioni di legge inerenti la repressione del contrabbando.

224 Si tratta del d.l. 23 maggio 2008 n. 92, poi convertito dalla l. 24 luglio 2008 n. 125. Per un più approfondito esame di tale stagione normativa e delle rilevanti implicazioni originate dai pacchetti sicurezza vedi infra par. 8.

225 Si tratta del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, recante «Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa», convertito con la l. 356/1992.

di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando o di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale”, punendolo con la reclusione da due a quattro anni (subito elevati a cinque).

Al secondo comma, invece, viene prevista nei confronti di tutta una serie di soggetti, indagati (in sede penale, per gravi reati) o indiziati (per l’applicazione di una misura di prevenzione personale), laddove “anche per interposta persona fisica o

giuridica, risultano essere titolari o avere la disponibilità a qualsiasi titolo di denaro, beni o altre utilità di valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, e dei quali non possono giustificare la legittima provenienza”, la reclusione da uno a cinque anni e la confisca

dei beni in questione.

La evidente problematicità di quest’ultima disposizione (comma 2), che reprimeva il semplice possesso226 ingiustificato di valori “colorato” dalla condizione soggettiva dell’avvio di un procedimento penale o di prevenzione, viene affrontata dalla Corte costituzionale nel 1994, quando, con la sentenza n. 48, ne dichiara l’illegittimità costituzionale per contrasto con l’art. 27 Cost.227

La Corte costituzionale, infatti, critica l’impropria assimilazione tra settori ordinamentali eterogenei, quali appunto sarebbero le misure di prevenzione e il diritto penale.228 “Se, infatti, può ritenersi non in contrasto con i principi costituzionali una

norma che, al limitato fine di attivare misure di tipo preventivo, desume dalla qualità di indiziato per taluni reati il sospetto che la sproporzione tra beni posseduti e reddito dichiarato possa esser frutto di illecita attività, altrettanto non può dirsi ove l’analoga situazione venga ricondotta all’interno di una previsione incriminatrice, giacché la legittimità di una simile fattispecie rinverrebbe un insormontabile ostacolo proprio

226 La fattispecie di cui al primo comma, diversamente, si incentra sulla condotta di trasferire o intestare fittiziamente a terzi al fine di evitare l’applicazione delle disposizioni previste da alcune leggi speciali (prevenzione, armi, droga, contrabbando, riciclaggio ecc..).

227 Si tratta di Corte Cost., sentenza 9 febbraio 1994 (dep. 17.2.1994) n. 48. La fattispecie di cui al comma 1, invece, rimarrà in vigore sino a quando nel 2018, con la legge 1.3.2018, n. 21, verrà trasfusa, in applicazione del principio della riserva di codice, nel nuovo art. 512-bis c.p.

228 In particolare «L’analogia che può quindi cogliersi tra i reati presupposti che qualificano la condizione del soggetto attivo del delitto previsto dall’art. 12-quinquies, secondo comma, del d.l. n. 306 del 1992, e le categorie di indiziati per i quali è invece consentita l’applicazione di misure preventive, chiude pertanto il circolo del confuso ordito normativo che ha preteso di assimilare fra loro settori dell’ordinamento del tutto eterogenei: quello del diritto penale sostanziale e quello delle misure di prevenzione» cfr. c. cost. 48/94.

nel principio di presunzione di non colpevolezza”.229 In questo senso la Corte individua il cuore della violazione dell’art. 27 Cost. nel fatto per cui la disposizione in questione “ispirandosi con fin troppa chiarezza a modelli tipici del procedimento di prevenzione,

fonda proprio sulla qualità di indagato o di imputato il presupposto soggettivo che rende punibile un dato di fatto – la sproporzione non giustificata tra beni e reddito – che altrimenti non sarebbe perseguito, cosicché la persona indiziata o imputata, ancorché presunta non colpevole, è, per ciò solo, assoggettata a pena, in ordine ad una condotta che, ove posta in essere da qualsiasi altro soggetto, viene ad essere normativamente riguardata in termini di totale indifferenza”.230

Con maggiore chiarezza: “il fatto penalmente rilevante deve essere tale a

prescindere dalla circostanza che il suo autore sia o meno indagato o imputato, perché tali condizioni, instabili come ogni status processuale, non legittimano alcun apprezzamento in termini di disvalore: un apprezzamento che varrebbe ineluttabilmente ad anticipare “effetti” che la Costituzione riserva, invece, soltanto alla sentenza irrevocabile di condanna”.231

Se è quindi chiaro che la Corte esclude, con forza, la plausibilità di una figura incriminatrice che faccia riferimento al mero status processuale del destinatario ed alla sproporzione ingiustificata del suo patrimonio, per un altro verso è evidente come tale piattaforma sia, anche per la Corte, validamente spendibile ai fini di attivare strumenti di carattere preventivo.

Il passaggio in questione, peraltro coerente con la diversa natura riconosciuta alle misure di prevenzione nella giurisprudenza costituzionale, “ispirerà” in particolar modo il legislatore che, poco tempo dopo, ripropone una più accorta disposizione, ancora implicante l’utilizzo della presunzione di illecito arricchimento ma, questa

229 Cfr. c. cost. 48/94.

230 Ancora sul punto «Vi è anzi da osservare che l’ambigua formula adottata dal legislatore ha pretermesso qualsiasi risalto all’epilogo processuale dei reati presupposti, quasi ad aver “presunto colpevole” il relativo imputato» cfr. c. cost. 48/94. E dunque, in sintesi, la natura, instabile e transitoria, della condizione costituita dall’essere sottoposto a procedimento non basta a conferire validamente alla sproporzione (ingiustificata) dei beni la caratura di condotta offensiva: laddove infatti non vi sia alcun procedimento in atto nei confronti del cittadino è evidente che la sproporzione non sarebbe in alcun modo sanzionabile.

volta, strutturata come misura di sicurezza patrimoniale232, peraltro agganciata non più alla semplice pendenza di un procedimento bensì alla condanna penale per taluni gravi reati. Si tratta appunto dell’art. 12-sexies d.l. 306/1992, così come introdotto dal d.l. 399/1994 (conv. l. 501/1994), rubricato come “Ipotesi particolari di confisca”.

La nuova disposizione prevede, nei confronti dei condannati per mafia, stupefacenti233 e altri gravi reati (a vario titolo comunque riconducibili nell’orbita dei “fatti” di criminalità organizzata) il sequestro, finalizzato alla confisca, di tutti i beni o utilità, direttamente o indirettamente riconducibili al condannato, che siano sproporzionati rispetto al reddito o all’attività economica svolta e di cui quest’ultimo non sia in grado di giustificare la legittima provenienza.234

La disposizione in questione presenta elementi di innegabile analogia con la confisca di prevenzione, a cominciare dalla finalità preventiva insita nel “disarmare” le organizzazioni criminali attraverso la presunzione di illecito arricchimento dei soggetti ad essa collegati.235 Anche la platea dei destinatari della nuova misura di

232 Come per la confisca di prevenzione, l’individuazione della natura anche di tale disposizione impegnerà dottrina e giurisprudenza in un acceso dibattito e che in particolare opponeva, da un lato, i sostenitori della tesi della natura di pena accessoria della misura in questione e, da un altro lato, coloro i quali ritenevano che si trattasse a tutti gli effetti di una misura di sicurezza patrimoniale. Come meglio si vedrà anche in seguito, è proprio quest’ultima tesi che si imporrà e consoliderà nella prassi (tra le più rilevanti pronunce v. Cass. n. 29022 del 30 maggio 2001, ric. Derouch; soprattutto, v. Cass. SS.UU. n. 920 del 17 dicembre 2003, ric. Montella), dove a tutt’oggi è considerata una “misura di sicurezza patrimoniale atipica con funzione anche dissuasiva, parallela all’affine misura di prevenzione antimafia introdotta dalla legge 31 maggio 1965 n. 575” (cfr. Cass. 920, 117.12.2003 Montella, poi ripresa costantemente).

233 Su questo punto, diversamente che nella disciplina di prevenzione, il riferimento non è limitato alla sola fattispecie associativa in materia di narcotraffico (oggi art. 74 T.U. stup.), ma anche alle diverse condotte “satelliti” di cui all’art. 73.

234 Il testo originario del comma 1 dell’art. 12-sexies d.l. 306/92 così recitava: “1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena si richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli 416-bis, 629, 630, 644, 644-bis, 648, 648-bis, 648-ter del codice penale, nonché dall’art. 12-quinquies, comma 1, del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73 e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica”. Per una sintetica analisi dei presupposti applicativi v. A.BALSAMO V.CONTRAFATTO G. NICASTRO, Le misure di prevenzione patrimoniali contro la criminalità organizzata, cit., 304 ss.

235 Sul punto ad esempio Cfr.A.BALSAMO V.CONTRAFATTO G.NICASTRO, Le misure di prevenzione patrimoniali contro la criminalità organizzata, cit., 302: «È opinione comune in dottrina, che scopo della norma fosse quello di fronteggiare il fenomeno del dilagare della criminalità organizzata mediante uno strumento di carattere patrimoniale, idoneo ad impedire l’infiltrazione massiccia nel circuito

sicurezza sembra richiamare, pur con qualche ambiguità236, quella dei destinatari della confisca di prevenzione: il riferimento principale è, anche in questo caso, quello alle forme più gravi di criminalità mafiosa, ed ai suoi reati “satellite” quale il narcotraffico, le estorsioni, l’usura, il riciclaggio, il trasferimento fraudolento di valori, ecc..

Ancora più che nella confisca di prevenzione viene, in questo caso, indebolito il vincolo pertinenziale tra i beni e le utilità, sproporzionate e ingiustificate, e il reato per il quale la confisca viene ordinata: la sola mancata indicazione della legittima provenienza consentirà, dunque, l’ablazione dei beni sproporzionati senza doverli necessariamente ricondurre al reato per il quale si è riportato condanna.237

Come meglio si vedrà in seguito (v. infra cap. IV), per provare a modulare gli evidenti effetti punitivi che derivano, per il singolo individuo, da un’impostazione siffatta (con conseguente riflesso anche sulla plausibilità della stessa natura preventiva dell’istituto) in relazione ad entrambe le forme di confisca verrà nel tempo elaborato dalla giurisprudenza un criterio “correttivo”, o più semplicemente delimitativo,

economico dei proventi di attività delittuose poste in essere dalle varie associazioni criminali. Ragione per la quale, diversamente da quanto avviene nella confisca prevista dall’art. 240 c.p., e in una certa misura anche nella confisca di prevenzione di cui all’art. 2-ter della l. 31 maggio 1965 n. 575, la connessione soggettiva prevale sulla esigenza della prova della derivazione del bene dalla commissione del reato».

236 Il profilo di ambiguità (che poi in chiave critica verrà ripreso diffusamente anche nel seguito di questo lavoro, v. infra cap. IV) è comune appunto a quello della confisca di prevenzione e consiste nel fatto che, in entrambi i casi, i provvedimenti (e i lavoratori preparatori che li precedono) sembrano incentrare la ratio tanto della presunzione di illecito arricchimento, quanto della stessa natura preventiva degli strumenti, sulla particolare gravità e pervasività del fenomeno mafioso, appunto riconsiderato e affrontato in una dimensione anche più economica e collettiva, consapevole della perniciosa portata ultima dell’infiltrazione mafiosa nell’economia. Tuttavia, per molti reati e in relazione a molte fattispecie di pericolosità il collegamento con il crimine mafioso è solo astrattamente plausibile (le estorsioni, l’usura, il trasferimento fraudolento di valori, il riciclaggio ecc... sono ovviamente ben riconducibili, spesso, alla fenomenologia tipica della delinquenza e impresa mafiosa, ma possono talvolta costituire attività delittuose anche del tutto slegate dal contesto mafioso e ben meno in grado di proiettare effetti devastanti in termini di infiltrazione nell’economia e nelle pubbliche amministrazioni). Ciò ha un riflesso se si considera che è proprio alla luce dell’obiettiva forza e inscindibilità del legame degli esponenti criminali con il sodalizio, anche dal punto di vista economico, che si è portati a ritenere che colpendo le disponibilità illecite dei soggetti a vario titolo riconducibili alla nozione di appartenenza alla mafia si colpisca, anche, il cuore e il motore delle cosche stesse (impedendone la successiva infiltrazione nell’economia attraverso l’impiego del metodo mafioso e la costituzione di rapporti corruttivi con le amministrazioni). Meno automatico è un siffatto ragionamento, anche dal punto di vista della ragionevole tenuta “presuntiva”, nonché del rispetto del principio di proporzionalità, laddove ci si riferisca, ad esempio alla prevenzione patrimoniale nei confronti della pericolosità c.d. generica, ovvero all’estensione della confisca ex art. 12-sexies anche a quelle attività delinquenziali contro il patrimonio avulse dalle logiche del crimine organizzato.

237 A.BALSAMO V.CONTRAFATTO G.NICASTRO, Le misure di prevenzione patrimoniali contro la criminalità organizzata, cit., 302 ss.

dell’oggetto della confisca a quei soli beni (o utilità) che, ingiustificatamente sproporzionati, possiedono comunque un qualche legame con la pericolosità del soggetto (o, nel caso dell’art. 12-sexies, con attività delittuose analoghe a quelle per cui si è intervenuta condanna).

In questo senso, ad esempio, verrà progressivamente richiesta, in materia di prevenzione, la c.d. “correlazione temporale” tra la pericolosità del soggetto e gli incrementi patrimoniali sproporzionati. Con riguardo alla confisca ex art. 12 sexies, oggi trasfusa nell’art. 240-bis c.p., analogamente sembra essersi mossa talvolta la giurisprudenza di legittimità238 e, di recente, soprattutto la giurisprudenza della Corte costituzionale.239 Per il momento è opportuno soprattutto segnalare come le affinità tra i due istituti240 verranno variamente esplorate nei decenni successivi, e spesso poste a supporto di una lettura “unitaria” di tali istituti, in un’ottica convergente (anche sul piano, critico, delle garanzie ricollegabili), quali misure “atipiche” dirette a instaurare un vero e proprio “processo al patrimonio”.

7.3 Il rilievo autonomo della sproporzione nella confisca di prevenzione

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 93-98)