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Il regolamento Ue n. 1805/2018

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 149-153)

CAPITOLO 2: LO SVILUPPO DEL SISTEMA PREVENTIVO DOPO (E

4. Riferimenti internazionali ed europei per le misure patrimoniali

4.2 L’azione comune dell’Unione europea

4.2.2 Il regolamento Ue n. 1805/2018

L’Unione ritorna a legiferare in materia di confisca, con il regolamento 1805/2018, sulla base delle difficoltà ancora riscontrate nel mutuo riconoscimento dei provvedimenti di confisca assunti dagli Stati nelle rispettive giurisdizioni.350

Le difficoltà ancora sussistenti ad implementare i contenuti delle decisioni quadro del 2003 e del 2006 in materia di riconoscimento, si sommano, inoltre, a quelle derivanti dalla proliferazione di diversi modelli di confisca estesa, e di ipotesi di confisca senza condanna, in conseguenza dell’input fornito con gli ultimi interventi dell’Unione del 2005 e 2014.

In quest’ottica, la previsione di condizioni e modelli minimi di confisca diviene del tutto inefficace se, poi, non si traduce, anche, in una stringente e veloce circolazione tra gli Stati dei provvedimenti che le applicano: il presupposto di colpire con efficienza le dinamiche criminali transnazionali obbliga dunque l’Unione ad intervenire con uno strumento direttamente applicabile, quale il regolamento, per dotare di effettività il sistema delineato nei precedenti interventi.351

Punto centrale è quindi l’ambito di applicazione del nuovo intervento, che è espressamente ricostruito in diversi passaggi, tra cui, innanzitutto, il considerando n. 13) che prevede vi rientrino tutti i provvedimenti di congelamento e confisca “emessi

nel quadro di un procedimento in materia penale”.352

350 In particolare v. cons. n. 6) reg. 1805/2018: «Dalle relazioni di attuazione della Commissione riguardanti le decisioni quadro 2003/577/GAI e 2006/783/GAI emerge che il vigente regime in materia di riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca non è pienamente efficace. Tali decisioni quadro non sono state attuate e applicate in maniera uniforme negli Stati membri e, di conseguenza, il riconoscimento reciproco è insufficiente e la cooperazione transfrontaliera non è ottimale».

351 Cons. n. 7) reg. n. 1805/2018: «Il quadro giuridico dell'Unione sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca non ha tenuto il passo con i recenti sviluppi legislativi a livello di Unione e nazionale. In particolare, la direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consigli stabilisce norme minime comuni in materia di congelamento e di confisca dei beni. Tali norme minime riguardano la confisca dei proventi da reato e dei beni strumentali, anche in caso di malattia o di fuga dell'indagato o dell'imputato, laddove sia già stato avviato un procedimento penale per un reato, la confisca estesa e la confisca nei confronti di terzi. Tali norme minime riguardano anche il congelamento dei beni in vista di un'eventuale successiva confisca. I tipi di provvedimenti di congelamento e di confisca che rientrano nell'ambito di applicazione di tale direttiva dovrebbero rientrare anche nell'ambito di applicazione del quadro giuridico sul riconoscimento reciproco».

352 Cfr. cons. n. 13) reg. n. 1805/2018: «Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i provvedimenti di congelamento e tutti i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di un procedimento in materia penale. «Procedimento in materia penale» è un concetto autonomo del diritto dell'Unione interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ferma restando la giurisprudenza

Tale formula, poi ripresa all’art. 1 co. 1 del regolamento in questione, costituisce un concetto autonomo del diritto dell’Unione, interpretato dalla Corte di giustizia, “ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti

dell’Uomo”, e si riferisce non solo ai provvedimenti che già rientravano nell’ambito

della direttiva del 2014, bensì anche a tutti quelli emessi in seguito a “procedimenti

connessi ad un reato”, anche in assenza di una condanna definitiva.

Ai procedimenti in materia penale (o “connessi ad un reato”), in cui “possono

rientrare anche indagini penali svolte dalla polizia o da altri servizi di contrasto”,

sono contrapposti, ed esclusi dall’applicazione del regolamento, i “procedimenti in

materia civile o amministrativa”353 ex art. 1 co. 4 reg. 1805/2018.

Si ricava, dunque, una nozione di “procedimento in materia penale” più ampia di quella riferibile al procedimento penale in senso stretto, e che pare plasmata proprio per estendersi anche a tutte quelle forme di confische della ricchezza illecita che non presuppongono una condanna penale, ma possiedono innegabilmente una connessione con un reato.354

In questa prospettiva, la nozione utilizzata parrebbe quindi spianare la strada all’ingresso della confisca di prevenzione (e procedure similari) nel novero dei procedimenti in materia penale.355

della Corte europea dei diritti dell'uomo. Tale termine contempla pertanto tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato e non solo i provvedimenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2014/42/UE. Esso contempla inoltre altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definitiva. Benché tali provvedimenti possano non esistere nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, lo Stato membro interessato dovrebbe essere in grado di riconoscere ed eseguire tali provvedimenti emessi da un altro Stato membro. Il procedimento in materia penale può comprendere anche indagini penali svolte dalla polizia e da altri servizi di contrasto. I provvedimenti di congelamento e i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di procedimenti in materia civile o amministrativa dovrebbero essere esclusi dall'ambito di applicazione del presente regolamento».

353 Ancora cfr. cons. n. 13) reg. 1805/2018.

354 In questo senso anche v. art. 2, co. 3, lett. c) e d), dove nel definire la categoria dei beni, menziona tanto quelli passibili di confisca mediante l’applicazione di uno dei poteri di confisca previsti dalla direttiva 2014/42/Ue (lett. c), quanto quelli passibili di confisca ai sensi di altre disposizioni degli Stati membri, compresa la confisca in assenza di una condanna definitiva “previste dal diritto dello Stato di emissione in seguito a un procedimento per un reato” (lett. d).

355 In questo senso appare sicuramente calzante la precisazione contenuta nella seconda parte del considerando n. 13) e per cui “Benché tali provvedimenti possano non esistere nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, lo Stato membro interessato dovrebbe essere in grado di riconoscere ed eseguire tali provvedimenti emessi da un altro Stato membro”.

Tuttavia, ritenere la confisca di prevenzione “connessa a un reato” non sembra operazione in realtà così leggera, ed anzi pare porsi in contrasto con le precedenti statuizioni nazionali e sovranazionali sul tema: nelle misure di prevenzione non vi sono, infatti, accuse penali da fronteggiare (sul punto la Corte EDU è sempre stata costante riguardo tale forma di confisca); le misure di prevenzione non si fondano, né tendono, all’accertamento di reati, bensì si basano su elementi obiettivi che denotano la propensione alla commissione di crimini dell’interessato, e dunque la sua pericolosità sociale (anche su questo punto, come visto, la Corte EDU ha sempre sposato le indicazioni offerte dalla giurisprudenza di legittimità italiana).

Le perplessità in questo senso aumentano laddove, al considerando n. 18), sono richiamati tutti i “diritti procedurali” da applicare ai procedimenti che rientrino nella “materia penale”.

Si tratta, in particolare, di quelli già previsti in numerose precedenti direttive356, tra le quali quelle in tema di traduzione degli atti, informazione nel procedimento penale, presunzione di innocenza357 ed assistenza nel procedimento, e che paiono tutti riferiti al procedimento penale in senso stretto: ne consegue, in questo caso, uno standard minimo ben più alto rispetto a quello attuale delle misure di prevenzione.

Pertanto, l’atipicità in questo senso della procedura di prevenzione italiana si ritiene potrà continuare a porre problemi in sede di riconoscimento europeo, nella misura in cui, soprattutto, paiono delinearsi concetti ambivalenti di “materia penale”, “procedimento in materia penale” e “procedimento connesso a un reato”, nonostante il formale raccordo tra diritto dell’Unione e diritto EDU, soprattutto in tema di

356 In particolare v. cons. n. 18: «I diritti procedurali di cui alle direttive 2010/64/UE, 2012/13/UE, 2013/48/UE, (UE) 2016/343, (UE) 2016/800 e (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio dovrebbero applicarsi, nei limiti dell'ambito di applicazione di tali direttive, ai procedimenti penali rientranti nell'ambito di applicazione del presente regolamento per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da tali direttive. In ogni caso, le garanzie previste dalla Carta dovrebbero applicarsi a tutti i procedimenti rientranti nell'ambito di applicazione del presente regolamento. In particolare, le garanzie essenziali applicabili ai procedimenti penali previste dalla Carta dovrebbero applicarsi ai procedimenti in materia penale ma che sono contemplati dal presente regolamento».

357 In questo senso, in particolare, si veda la direttiva Ue n. 343/2016 in materia di presunzione di innocenza e divieto di autoincriminazione, dove le garanzie in questione sono concepite sul modello del procedimento penale (in particolare v. cons. 11 e 12 dir. cit.) e non paiono tout court estensibili alle misure di prevenzione senza entrare in contraddizione con l’esclusione dalla materia penale che la Corte EDU ha consolidato sul punto con riferimento alla normativa italiana (ma non solo), anche e più volte con espresso riferimento alla non applicabilità dell’art. 6 par. 2 CEDU che prevede proprio la presunzione di innocenza.

garanzie. Questi termini sembrano, paradossalmente, incontrare un’interpretazione più ristretta, nella giurisprudenza EDU, laddove si tratta di attribuire le garanzie proprie della materia penale, mentre sono invece intesi in senso ampio, nel diritto dell’Unione, al fine di agevolare il riconoscimento dei provvedimenti di confisca.

Di questa ambivalenza, ad esempio, è sintomatico il “cortocircuito” realizzato con il richiamare le garanzie procedurali penalistiche per tutte le confische del regolamento (e non solo per quelle di cui alla direttiva del 2014), e dunque anche proprio per quella particolare area di frontiera costituita dalla confisca della ricchezza di sospetta origine illecita. Il proposito, infatti, sembra non considerare che l’efficienza di tali misure si fonda anche sull’indebolimento o l’esclusione di tali garanzie procedurali penalistiche (su tutte la presunzione di innocenza), secondo un’impostazione che la Corte EDU ha più volte giustificato proprio con l’esclusione dalla materia penale di tali misure (cui infatti viene attribuito il parametro procedurale dell’art. 6 CEDU nel suo portato civilistico, in ragione dell’oggetto patrimoniale della confisca).358

Nessuna questione pare porsi invece riguardo l’applicabilità del regolamento in questione alla confisca c.d. “allargata” di cui all’art. 240-bis c.p.359, nemmeno per i casi in cui l’ablazione è mantenuta anche a seguito della declaratoria di prescrizione del reato purché vi sia stata condanna in primo grado.360In tal senso, infatti, la direttiva del 2014 invitava a predisporre forme di confisca senza condanna quantomeno in caso di fuga o malattia dell’imputato, lasciando liberi gli Stati di prevedere ulteriori

358 Tale contraddizione è stata già colta dalla dottrina, ad esempio, recentemente, cfr. A.M.MAUGERI -P.PINTO DE ALBUQUERQUE, La confisca di prevenzione nella tutela costituzionale multilivello: tra istanze di tassatività e ragionevolezza se ne afferma la natura ripristinatoria (C. Cost. 24/2019), in Sistema Penale (web), 29 novembre 2019, 80 ss.

359 Di questo avviso sempre A.M. MAUGERI, Il regolamento (UE) 2018/1805 per il reciproco riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e di confisca: una pietra angolare per la cooperazione e l’efficienza, cit., 25 ss.

360 Ipotesi ora espressamente normata, in via generale, all’art. 578-bis c.p.p., e dapprima consentita in via interpretativa a seguito dei principi di diritto elaborati con la sentenza delle SS. UU. “Lucci”, per cui «Il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare, a norma dell'art. 240, secondo comma, n. 1, cod. pen., la confisca del prezzo del reato e, a norma dell'art. 322-ter cod. pen., la confisca del prezzo o del profitto del reato sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell'imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato» cfr. Cass. pen., Sez. Un., 26 giugno 2015 (dep. 21 luglio 2015), n. 31617, Pres. Santacroce, Rel. Macchia, Ric. Lucci.

situazioni in cui ragionevolmente prevedere l’operatività della confisca in casi in cui il procedimento penale non possa giungere ad una condanna definitiva.361

In questa direzione, appunto più rigorosa rispetto all’obbligo “minimo” imposto dalla direttiva, un esempio recente è cotituito dalla scelta del legislatore spagnolo, con le ultime riforme in materia di confisca (in particolare, del 2003 e del 2015), di prevedere l’operatività di una particolare ipotesi di comiso sin sentencia (anche in forma “estesa”) nei casi in cui il reato si estingua per prescrizione (come si vedrà meglio infra, par. 5), oltre che in altre specifiche situazioni.

Nel documento Dipartimento di Giurisprudenza (pagine 149-153)