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Introduzione alla metafora

Nel documento La comunicazione parlata 3 (pagine 33-40)

Metafore cognitive e comunicazione parlata

1 Introduzione alla metafora

È oramai noto dalla letteratura (Allbritton, 1995; Black, 1962; Deignan, 2005; Köveces, 2000; Lakoff and Johnson, 1980; Ortony, 1991) come sia difficile per l‘essere umano riuscire a dare un senso alle cose del mondo senza comunicare, ad esempio, attraverso dispositivi metaforici capaci di connettere i vari piani dell‘esperienza umana in framework apparentemente logici. La metafora, infatti, permette di velocizzare i processi di comprensione grazie al suo essere entità ricca e complessa al tempo stesso, in virtù della doppia natura linguistica e cognitiva che la caratterizza (Bazzanella and Casadio, 1999; Indurkhiya, 1992; Kittay, 1987; Lakoff and Johnson, 1980; Ramdan, 1995). Le teorie cognitive del linguaggio, in particolare, hanno evidenziato come la metafora sia descrivibile in termini di ―fatto del pensiero‖. Il meccanismo cognitivo sottostante alla creazione di una metafora è ciò che permette di riferirsi, a partire da un dominio di concetto concreto (dominio di partenza o dominio

fonte), a concetti più astratti (dominio di arrivo o dominio target)

difficilmente spiegabili letteralmente. Inoltre, nel processo metaforico, non si istituisce una semplice analogia fra domini semantici diversi (fonte e target): secondo la Teoria dell‘Interazione di Black (1962), infatti, l‘uso della metafora farebbe sì che l‘ascoltatore percepisca non

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una sola ed unica qualità della parola vehicle, bensì un intero sistema d‘implicazioni fatto di conoscenze relative al soggetto della metafora. Le parole non vivono quindi di ―sensi unici‖, ma di una pluralità di sfumature che chiunque può manipolare attraverso un uso metaforico del linguaggio. Uso che non è affatto sporadico, ma quotidianamente presente nelle scelte linguistiche dei parlanti (Deignan, 2005). Proprio la pervasività della metafora nella vita di tutti giorni ha fatto sì che il rapporto che intercorre fra il concetto metaforico e le inferenze che si attivano nella mente di un parlante al suo riguardo, sia ad oggi ancora

un problema molto discusso1. In virtù di una specifica mappatura

mentale (mapping concettuale) che la metafora metterebbe in atto, Lakoff e Johnson (1980) sostengono che essa altro non sia che uno strumento atto alla realizzazione linguistica di vere e proprie strutture mentali. Lo status ―eccezionale‖ che gli studiosi destinano al fenomeno metaforico, viene tuttavia ridimensionato dai teorici della pertinenza (Sperber and Wilson, 2006) che propongono un approccio

deflazionista alla stessa, dove viene meno la diversificazione netta fra

letterale e figurato, così come effettivamente sostenuto in vari studi

cognitivi del linguaggio nel confronto fra decoding

linguistico/letterale e figurato/metaforico. In Balconi and Tutino

(2007), ad esempio, analizzando la distinzione tra le due condizioni rispetto al piano di elaborazione semantica, si evidenzia come tale decoding non subisca trattamenti diversi (ossia, i tempi di reazione non appaiono significativamente differenti) qualora gli item metaforici utilizzati siano espressioni definite frozen. La metafora, quindi, non realizzerebbe un modello specifico (come congetturato nella TMC), piuttosto si delineerebbe come uno dei molti casi di aggiustamento pragmatico del significato (Bambini et al, 2008), secondo processi

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Le metafore non sono state interpretate solo attraverso la teoria concettuale, ma anche da teorie dell‟interazione e da modelli della comparazione (per cui nell‘accostamento fra tratti caratteristici di due termini viene effettuata solamente la selezione di quelli pertinenti, indotti dal rimando metaforico) o, ancora, attraverso il

modello della prototipicità (Ortony, 1979). Qui sarebbe la salienza dei tratti a

caratterizzare il legame concettuale tra i termini della comparazione. Tra i modelli specificamente cognitivi, invece, quello del blending concettuale (Coulson and Oakley, 2005; Fauconnier and Turner, 1998) costituisce una sorta di sintesi dei precedenti, per cui la mappatura di elementi appartenenti a domini concettuali differenti, ma correlati tra loro, consentirebbe l‘attivazione di un ―ambiente‖ cognitivo più ampio, determinando la creazione online di concetti ad hoc.

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inferenziali della comunicazione (Grice, 1989), che prendono le mosse da opzioni di senso più letterali fino a quelle meno standard per la determinazione del significato trasportato dalla metafora. La mappa che guida il soggetto in questa ricerca, per Sperber e Wilson (2006)

sarebbe il ritrovamento dell‘opzione più pertinente2

fra quelle disponibili allo stesso tempo nel contesto, al fine di elaborare il significato di un‘espressione in un‘ottica di economia cognitiva. Come evidenziato in altri lavori (Gibbs and Thendal, 2006; Mazzone, 2009), vi sono delle perplessità a ritenere che solo il principio di economia cognitiva possa guidare nell‘interpretazione più soddisfacente di un significato, in particolare riguardante la comprensione di metafore convenzionali e non convenzionali (da ora, rispettivamente, MC e

MNC). Così Gola (2005:71)3 sintetizza:

[…] se la prospettiva cognitiva rischia di trascurare gli elementi contestuali, la prospettiva comunicativa è esposta al rischio di non poter dire molto su quali siano i fattori cognitivi che indirizzano la scelta verso i fattori pertinenti dell‘ambiente mutuamente condiviso e delle proprie conoscenze di sfondo su cui innestare il processo di interpretazione inferenziale.

Vari studi (Gentner and Wolff, 1997; Kintsch, 1988; Paivio, 1991) hanno tentato infatti di illustrare come nella comprensione metaforica, non sia coinvolto il solo emisfero sinistro (deputato alla decodifica linguistica), bensì anche l‘emisfero destro che attiverebbe un codice pittorico od un sub-sistema della memoria semantica, atto ad elaborare informazioni iconiche in modo qualitativamente diverso dal

sub-sistema attivato per informazioni linguistiche4 (Balconi and Tutino,

2 In un ipotetico continuum fra espressioni letterali e figurate, assumendo come input un insieme di premesse, il sistema di comprensione produce come output una o più conclusioni derivabili logicamente o, quantomeno, garantite dalle premesse con l‘apporto cruciale di principi conversazionali, come il Principio Cognitivo di

Pertinenza (Bianchi, 2009). Difatti, sarebbero le modalità d‘uso del lessico (ampio o restrittivo) a determinare il senso implicito o esplicito di una qualsiasi espressione

linguistica, restituendo al soggetto nuove prospettive del mondo rispetto a quelle già presenti nella sua mente.

3 Si veda Gola (2005).

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Per ciò che riguarda l‘accesso ad una comprensione iconica di stimoli metaforici è noto che, in alcuni studi cognitivi, l‘emisfero destro sia coinvolto a supporto dell‘emisfero sinistro, al fine di eliminare l‘ambiguità semantica che quest‘ultimo

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2007). Tuttavia, l‘attivazione di immagini non sarebbe la sola funzione ad entrare in gioco durante la comprensione di una metafora. Infatti, l‘elaborazione di metafore produrrebbe l‘attivazione di una ―rete bilaterale diffusa‖ del nostro cervello (Gentili et al, 2006), determinando così l‘eterogeneità dei fenomeni che caratterizzano i

casi pragmatici del discorso5. Inoltre, se le metafore possono essere

distinte in base al loro grado di convenzionalità (proprietà che si colloca lungo un continuum, da un livello minimo nelle metafore

innovative ad un livello massimo in quelle familiari)6, vi sono teorie

che si pongono a favore di una diversa localizzazione corticale dei due

decoding metaforici: convenzionale e non convenzionale7. La

lessicalizzazione di una metafora nel linguaggio comune è, del resto, un aspetto importante per la sua comprensione; tanto che in Giora e Fein (1999) riscontriamo che il grado di familiarità appare incidere in misura notevole nella fase di decoding di una metafora. Così in Gentili et al (2008) si rileva come l‘attività di specifiche regioni della rete cerebrale si attivi in misura maggiore in presenza di MNC rispetto a MC. Altri modelli cognitivi dichiarano, al contempo, come un carico

non sarebbe altrimenti in grado di verificare. Attraverso l‘uso delle immagini, infatti, la mente umana recepisce tutta una serie di informazioni e possibilità creative aggiuntive che a livello letterale non sarebbero possibili. La rappresentazione iconica esprimerebbe, quindi, l‘esistenza di una differenziazione degli item in base al loro carico semantico.

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Quindi la metafora coinvolgerebbe la mente non solo in compiti che sono sì prettamente linguistici; ma anche l‘attivazione di altre aree deputate a compiti di teoria della mente, immaginazione, e memoria, nonché di analisi contestuale (Bambini, 2008).

6 La convenzionalità è qui definita come significato metaforico che presenta stabilità nel nostro linguaggio e che, al contempo, si innesta su di un sistema categoriale e di pensiero prestabilito (Lakoff and Johnson, 1980; Pynte et al, 1996). Il significato figurato di una parola entrerebbe, cioè, a far parte del sistema semantico grazie a un‘elevata frequenza d‘uso all‘interno del linguaggio scritto e parlato. Al contrario, solo nel caso di metafore non familiari occorrerebbe prevedere un processo di concettualizzazione e lessicalizzazione attivato, per così dire, ex novo (Geiger and Ward, 1999).

7 Si citano al riguardo i lavori che hanno rilevato evidenze a favore di un ruolo essenziale per l‘emisfero destro nell‘elaborazione di significati metaforici, di enunciati a valenza ironica o sarcastica come quelli di Giora (2003); Papagno, Oliveri & Romero (2002); Bottini et al (1994) e, più in generale, delle componenti pragmatiche del significato (Newman, Just & Mason, 2003; Beeman and Chiarello, 1998).

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semantico particolarmente convenzionalizzato implicherebbe un minor sforzo nella fase di decodifica, generando così minori ambiguità nella scelta dei significati attivati dalle metafore. In altre parole, se la mancanza di un ―terreno comune‖ può aumentare il rischio di generare ambiguità ed incomprensioni fra i parlanti (Okada, 2006), le MC in virtù della ―fissità‖ del loro significato convenuto, anche in condizioni di cambiamento del contesto d‘uso, lo mantengono stabile, riducendo l‘insorgere di equivoci nella comunicazione (Bazzanella and Morra, 2007). Viceversa, nel caso di metafore non convenzionali i tempi di comprensione saranno più lunghi a conferma dello sforzo cognitivo maggiore che l‘individuo deve produrre in una tale operazione (Carston, 2002).

Altro fattore fondamentale alla comprensione metaforica è il contesto. Da un punto di vista pragmatico, si presume che in presenza di metafore (soprattutto non convenzionali), il parlante cerchi di rendere l‘enunciato quanto più informativo e pertinente possibile. Per fare ciò e dare un senso all‘espressione, il soggetto deve basarsi sul contesto (Katz, 1991). I teorici della pertinenza evidenziano in modo particolare le funzioni del contesto: un beneficio cognitivo è dato dall‘idea che l‘input linguistico da interpretare, insieme a certe informazioni contestuali, consenta di trarre alcune inferenze che di regola producono un cambiamento nel sistema di credenze del soggetto. Come già esposto, analisi di pragmalinguistica e neuroscienze evidenziano come tale fattore sia, d‘altronde, confermato anche dal punto di vista cognitivo nella comprensione di metafore (ma non solo, di molti casi pragmatici in genere) per fenomeni sia di revisione sia di aggiornamento del contesto, inteso nel suo senso più ampio e non solo linguistico (Bambini, 2008).

Date le premesse di cui sopra, dunque, è oramai comune a molti studiosi l‘idea che sia necessario superare la contrapposizione fra funzione cognitiva e comunicativa del linguaggio. La semantica cognitiva ha dimostrato empiricamente come i meccanismi metaforici possono agire a livello cognitivo del linguaggio; d‘altra parte, i teorici della pertinenza hanno evidenziato l‘apporto dei fattori contestuali nella scelta dei significati da parte di un parlante «affinché possa essere inferita correttamente la relazione di somiglianza tra la forma delle proposizioni e le intenzioni del locutore» (Gola, 2005:71). In un ambito scientifico che tenta di rispondere a tali esigenze di ―integrazione‖, il nostro studio investiga empiricamente il rapporto

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che intercorre, se intercorre, in presenza di metafore politiche giudicate in base alla loro efficacia, di alcuni importanti fattori che le teorie fin‘ora brevemente descritte hanno evidenziato come fondamentali alla comprensione di un‘espressione metaforica. Fra questi: il grado di convenzionalità, il ruolo e l‘apporto degli elementi

di contesto, nonché la nozione di mapping fra domini concettuali

differenti.

1.1 Metafora e comunicazione politica

Perché, quindi, studiare le metafore nel linguaggio politico? In primo luogo, perché esso non è un linguaggio ―altro‖ (Fedel, 1994): seppur conosciuto da gran parte della società, spesso non è compreso se non addirittura respinto ma, inevitabilmente, attuale. Motivo per cui diviene interessante assumerlo ad oggetto di studio. Inoltre, è una densa fucina di espressioni metaforiche dal momento che utilizza questo strumento da sempre, talvolta abusandone. Infatti, la metafora non è costituita da singoli enunciati se non in laboratorio. Nella vita di tutti i giorni la metafora nasce all‘interno di un contesto conversazionale o formale, per soddisfare un‘esigenza comunicativa. Nel caso della nostra ricerca sono stati analizzati un numero ridotto di item metaforici estrapolati da interventi televisivi di leader politici durante il periodo di campagna pre-elettorale del 2008. In tale interazione asimmetrica, per ottenere una comunicazione ―efficace‖ il politico dovrà elaborare metafore che siano da una parte accattivanti, ma dall‘altra veicolare la comprensione degli elettori verso significati ―funzionali‖ ai propri scopi persuasivi a cui non è ignoto come una metafora goda, d‘altra parte, di un‘evidente accettazione da parte di una comunità di parlanti anche nella sua ―falsità‖, dal momento che «scardina il rapporto epistemico fra pensiero e mondo, fra strutture logiche e strutture ontologiche» (Corradi Fiumara, 1995).

In secondo luogo, se l‘efficacia della metafora in politica è assolutamente innegabile, studiarla comporta l‘analisi di molte variabili complesse così come per le equivalenti metafore utilizzate nel parlato quotidiano, che si attivano nel momento in cui si ha il passaggio di tratti dal vehicle al topic. Fra quelle di cui brevemente abbiamo già accennato in § 1, nella comunicazione politica, l‘elemento contestuale assume un ruolo basilare. In particolare, gli

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sistema di conoscenze. Questi comportano, a differenza delle metafore che si instaurano in un‘interazione faccia a faccia, che le scelte linguistiche di un oratore politico avvengano a monte dell‘avvio reale del discorso, per essere coerenti con i frames di riferimento delle

issues che vorrà richiamare nei suoi interventi pubblici. Motivo per

cui egli tenterà di fornire una serie di sistemi metaforici che risultino comprensibili alla maggioranza degli ascoltatori, attivando concetti e

riferimenti di pubblico dominio8. L‘abilità dell‘oratore politico esperto

si qualificherà allora nella sua preparazione sulle conoscenze di sfondo del target elettorale al fine di poter giocare su fattori contestuali che portino l‘ascoltatore ad inferire particolari stati mentali basati su credenze, valori, speranze e paure. La modifica dell‘ambiente cognitivo di partenza è un elemento cruciale per alcuni linguaggi, quale ad esempio quello della politica. Qui, l‘ascoltatore di un messaggio potrà ―leggere‖ le metafore dell‘oratore secondo vari

livelli, profondo o superficiale9, ma solo alcune espressioni fra queste

saranno ritenute più pertinenti ed efficaci. Di fatti, il successo di un‘espressione metaforica, presso un ascoltatore, è molto spesso dato dal grado di informatività che essa riesce a restituire rispetto alle conoscenze pregresse del destinatario. Tanto più la metafora avrà espresso informazioni ―nuove‖ che amplino le conoscenze e le prospettive già presenti nella mente di un ascoltatore (in qualche modo, d‘altronde, è il principio su cui si fonda il meccanismo della pertinenza teorizzato da Sperber e Wilson, 1986), tanto più essa sarà accolta favorevolmente.

In terzo ed ultimo luogo, le metafore cognitive riprese da corpus di

linguaggi politici hanno una serie di vantaggi sperimentali. Prima di tutto rendono merito della creatività metaforica. Infatti, molte ricerche sperimentali si basano sulla creazione ―in laboratorio‖ di item metaforici standard che poco hanno a che fare con la molteplice varietà linguistica e concettuale della comunicazione parlata di tutti i giorni. Inoltre, alcune delle difficoltà più evidenti riscontrate nelle ricerche sulle metafore cognitive (Deignan, 2005) riguardano le

8 D‘altra parte, nonostante la lontananza degli interagenti, il destinatario grazie all‘inclusione del senso metaforico in un contesto interpretativo adeguato, attiva processi di inferenza concettuale pertinenti allo stesso (Gibbs, 1994; Giora, 1997), giungendo così al senso metaforico ritenuto per lui più coerente.

9 Per una distinzione fra i possibili livelli di una comprensione metaforica, si rimanda a Bazzanella and Morra (2007).

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reazioni dei partecipanti, che possono essere atipiche rispetto ai loro comportamenti di ogni giorno dal momento che hanno meno informazioni a disposizione che nel linguaggio naturale. Infatti, in caso di dialoghi metaforici inventati, le indicazioni sulle persone coinvolte, le loro relazioni e i loro canali di comunicazione sono spesso sconosciuti agli ascoltatori. I soggetti che hanno partecipato alla ricerca oggetto di studio, invece, erano a conoscenza del contesto più ampio (campagne elettorali del 2008 e argomenti dibattuti dai leader politici), sfruttando così la possibilità di richiamarlo

rapidamente alla memoria10 e ―attenuare‖, in qualche modo, le

problematiche sopra descritte.

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