• Non ci sono risultati.

L’Italia e gli italiani nella narrativa di Griselda Gambaro

MariaCarmelaD’ANGELO

Rijksuniversiteit Groningen

Griselda Gambaro268 è una delle più interessanti autrici contemporanee, largamente apprezzata come narratrice ma soprattutto come drammaturga269, e appartiene a quella generazione di scrittori della prima metà del 900, nati in Italia o in Argentina, ma con radici italiane, che hanno segnato in maniera determinante lo sviluppo della letteratura in area latinoamericana270. A conferma della sua rilevanza in ambito letterario è stata inserita nell’importante saggio Women’s Voices from Latin America271 insieme ad altre cinque

scrittrici latinoamericane mentre, in un’altra fonte, anch’essa di grande rilievo272, è stata inclusa nel catalogo delle scrittrici spagnole americane.

Sulla definizione in generale di questi scrittori e della loro letteratura mi sono già soffermata in un’altra occasione273 ; basti ricordare, però, che come nel caso della letteratura della migrazione274 non è tanto importante trovare un’unica locuzione che pretenda di catalogare le specificità di ognuno, quanto mettere in rilievo le caratteristiche principali che fanno assegnare a ciascuno una sfera personale di identità culturale. Per quanto mi riguarda, se dovessimo dare delle coordinate specifiche per Griselda Gambaro dovremmo dire che si tratta di una donna argentina di seconda generazione che scrive in castigliano, probabilmente lingua materna275, mentre il tema del suo romanzo El mar que nos trajo276 (Il mare che ci portò) è

circostanziato agli emigranti italiani in Argentina, come i suoi familiari. Infatti, i temi delle sue opere sono quasi strettamente legati alla sua esperienza personale sia dal punto di vista delle influenze letterarie intervenute nella sua poetica, che da quello delle vicende familiari : la scrittrice è infatti la figlia minore di Isabella, una delle protagoniste del romanzo (EM 156). Per l’autrice, questo ritorno al passato è come se nascesse da un’esigenza personale per capire le origini della propria cultura, così, subito dopo l’uscita del libro dichiarava : « la cosa più

268

Per maggiori informazioni, cf. <http://www.answers.com/topic/griselda-gambaro#>, ultima consultazione 10/04/2010.

269

Ne sono prova i numerosi premi ricevuti come, ad esempio, quello assegnato dall’Argentina’s National Endowment for the Arts al suo secondo volume di racconti Madrigal en ciudad o il Premio Emecé per il romanzo El Desatino (1965).

270

Cf. la bibliografia in : PATAT,A., Un destino sudamericano. La letteratura italiana in Argentina (1910-1970), Perugia, Guerra, 2005, p. 16-17 ; BLENGINO,V., III Nella letteratura argentina[4a parte, L’immaginario e le rappresentazioni], in BEVILACQUA, P.,DE CLEMENTI,A.,FRANZINA,E., Storia dell’emigrazione italiana : Arrivi, Rome, Donzelli, 2002, p. 641-660.

271

PICON GARFIELD,E., Interviews with Six Contemporary Authors, Wayne State University Press, 1985.

272

MARTING,D.E., (ed.), Spanish American Women Writers : A Bio-Bibliographical Source Book, Greenwood Press, 1990.

273

D’ANGELO, M.C., « Identitad (transnacional) entre espacio geográfico y espacio interior : escritoras italo-argentinas », in ARRINGA FLÒREZ,M.,BORWNE SARTORI,R.,CRUZADO RODRIGUEZ,A.,ESTÉVEZ SAÁ,J.M.,SILVA ECHETO,S.,TORRES

CALZADA,K.,TRAPASSI,L., Mujeres, espacio y poder, Séville, ArCiBel Editore, 2006, p. 174-182.

274

GNISCI,A., (a c. di), Nuovo planetario italiano. Geografia e antologia della letteratura della migrazione in Italia e in Europa, Troina, Città Aperta ed., 2006.

275

Cf. <http://bombsite.com/issues/32/articles/1345>.

276

GRISELDA,G., El mar que nos trajo, Buenos Aires, Norma, 2001. D’ora in poi indicato tra parentesi, dopo le citazioni, con la sigla EM seguita dal numero della pagina. La traduzione è mia.

difficile al momento di scrivere questa storia quasi autobiografica fu quella di trovare il tono adeguato, a metà tra calore e distanza […] forse la scelta più importante era stata quella di fare a meno del racconto in prima persona che in questo caso mi avrebbe bloccata molto ». Affermava, inoltre, che

aveva deciso di raccontare questa saga familiare perché aveva bisogno di capire il perché di alcune delle decisioni prese dai suoi antenati e, soprattutto, in che misura essi avevano accettato la morale dell’epoca al punto di rinunciare alla propria felicità, mostrandosi così accondiscendenti rispetto ai costumi e ai pregiudizi di quell’epoca277.

Un tema significativo è dunque quello dell’aspirazione alla non sottomissione in ambito politico-sociale come in quello familiare e si ha di fatto l’impressione che la carica di violenza che la scrittrice percepisce nel regime di dittatura militare vigente in Argentina, e che generò il suo sentimento di opposizione, non sia poi molto diversa dalla violenza domestica più volte denunciata nella stessa società. In tal senso, la sua vicenda politica personale e quella di romanziera e drammaturga coincidono ampiamente. La rappresentazione della famiglia che si ritrova nelle sue opere risulta del tutto in contrasto con quella della società argentina di quel periodo ; tale visione le costò l’auto-esilio quando il suo dramma Ganarse la vida (Guadagnarsi da vivere) fu censurato perché accusato di dare un’immagine falsa e pervertita della famiglia278. La Gambaro andò a Barcellona mentre il testo veniva pubblicato in Francia e il contatto con i movimenti femministi europei le diede conferma della necessità di un’emancipazione della donna, in primo luogo in relazione alla maturazione di una consapevolezza interiore a livello individuale e personale, prima che a livello sociale279. Proprio quest’aspetto si può vedere realizzato, anche se solo parzialmente, in una delle figure principali del romanzo, quella di Natalia. Per questo motivo, l’analisi di El mar que nos trajo, scelto qui come paradigma dell’opera narrativa della scrittrice, prende avvio dalle figure femminili.

Le donne

Quando Griselda Gambaro decide di ricostruire in forma romanzata la storia della sua famiglia, l’immigrazione dall’Italia, ripercorre anche la genesi del proprio carattere e della propria personalità. Già nel 1985 aveva infatti dichiarato :

Ciascuno di noi spesso ha una problematica intima personale da affrontare e la mia probabilmente è quella della passività, quasi sicuramente per ragioni personali. Io sono una donna vigliacca in tutto e per tutto. Non sono coraggiosa, per me è difficile esserlo. Mi preoccupa molto questa faccenda della passività e della mancata

277

Entrambe le citazioni sono in : « Griselda Gambaro en el mar de la memoria », intervista di Julieta Grosso, in Rio Negro, 1/4/2001 : <http://www.rionegro.com.ar/arch200104/c01j02.html>, consultato il 20/11/2009. In un’intervista più recente, in cui le è stato anche chiesto se raccontare la sua storia personale derivasse da un bisogno interiore, la scrittrice ha risposto : « parzialmente sì. Non tanto per il fatto che si tratti della mia storia, quanto perché era una storia che mi è sempre piaciuta sin da

quando me la raccontavano da bambina risvegliando la mia immaginazione »

(<http://eljineteinsomne.blogspot.com/2008/09/una-entrevista-griselda-gambaro-c.html>, 9 septembre 2008, consultato il 10/4/2010).

278

Cf. <http://escholarship.bc.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1191&context=xul>, 9/9/2009, consultato il 10/4/2010.

279

assunzione di responsabilità da parte dell’individuo. È quanto si vede nella società e anche nei miei lavori teatrali280.

Quanto siano ricche di significato queste dichiarazioni risulterà chiaro in seguito all’analisi dei tratti fondamentali che caratterizzano le protagoniste del romanzo.

Luisa è il primo personaggio femminile a essere definito nettamente sia dal punto di vista fisico che da quello del carattere, anzi, la consonanza tra i due aspetti è tale che l’uno appare come opposto e, al contempo, complementare dell’altro. Fiorentina da tre anni in Argentina, Luisa « ha un aspetto delicato, tratti fini e capelli castani otre a essere molto magra » (EM 14), timida e di pochi sorrisi, dominata da un sentimento di rassegnazione istillatole già nella culla, a Firenze, fin dal primo balbettio. È definita come una donna di indole pacifica e l’aggettivo che ricorre per descriverla è mansa (mansueta). Dopo la scomparsa di Agostino, il suo compagno, perde la propria timidezza, paura e dolcezza e si mette a cercarlo ma, una volta saputa la verità su di lui, lavorerà ancora più indefessamente e, come unico atto di rivolta di fronte all’abbandono, si taglierà i lunghissimi capelli che teneva intrecciati di giorno e che scioglieva la sera, facendoli ricadere fino alla vita, suscitando l’ammirazione di Agostino. L’autrice caratterizza Luisa con l’espressione ricorrente « soffriva in silenzio » impiegata sia quando le ritardano i pagamenti (EM 19), cioè nelle relazioni con gli altri, che rispetto a se stessa, quando per esempio prova caldo o freddo alle mani a causa del lavoro di lavandaia a cottimo che continua anche dopo la nascita di Isabella, la figlia di Domenico, nonostante la malattia si sia fatta più acuta. Quando ormai la tisi prenderà il sopravvento ella lascerà a sua figlia Natalia la responsabilità di mandare avanti la famigliola e di prendere tutte le decisioni, compresa quella di cacciare via Domenico, perché non più in grado di ribellarsi né fisicamente né moralmente.

Gli elementi che caratterizzano Luisa sono quindi la mitezza, la rassegnazione e un sentimento di solitudine che la accompagnerà durante tutta la sua esistenza, non soltanto quando dovrà fronteggiare le difficoltà economiche ma anche, paradossalmente, durante la malattia contagiosa che farà allontanare i vicini. È perciò oltremodo interessante osservare come la sua storia non faccia mai trasparire gli stereotipi della solidarietà vigente oltreoceano oppure l’idea della famiglia come luogo di gioia, in nome della consanguineità.

Come sua madre, Natalia è tenace e caparbia, ma anche orgogliosa sin da piccola. Nonostante Domenico, il suo nuovo patrigno, cerchi di rabbonirla, egli la considera in realtà una donna sterile, incapace di vivere un momento di gioia. L’unica vera amica di Natalia è Teresa, la quale le insegna a cucire a macchina e le fa un prestito perché possa comprarsi la Singer. Dopo il primo momento di entusiasmo, la macchina da cucire diventa quasi un’ossessione per lei visto che da questo suo nuovo lavoro dipende la sopravvivenza di tutta la famiglia e le nuove responsabilità le danno ora il diritto di decidere per tutti : raccoglie così la roba di Domenico e lo caccia via, senza nessuna protesta da parte sua (EM 61). L’espressione dura del suo viso trova una corrispondenza anche nella voce « dura e sibilante », nello sguardo, «freddo e verdastro come quello di un serpente », nel suo atteggiamento « inflessibile, l’aria minacciosa, l’aspetto di un sergente » e nella dimostrazione della sua superiorità fisica

280

inconsueta rispetto anche a quella di un uomo adulto (EM 70). In realtà, dietro questa durezza Natalia nasconde un gran bisogno d’amore che scaturisce soltanto durante il fugace incontro con Nino, uno dei vicini, con il quale scambia un unico bacio veloce quanto appassionato, anche se capisce immediatamente « con certezza che sarebbe stato l’unico bacio che avrebbe ricordato in vita sua, l’unico, indistruttibile ricordo dell’Amore. Dopo non avrebbe avuto più niente » (EM 107). Così, quando incontrerà poi Giacinto, un altro perdigiorno, Natalia deciderà di provare e l’accetterà come sua madre aveva a suo tempo accettato Domenico, soltanto a causa della solitudine, anche se all’epoca ha già compiuto venticinque anni e ha bisogno di qualcuno che l’aiuti.

Un nuovo capitolo della vita di Natalia si apre con la comparsa di Giovanni, il figlio italiano di Agostino, al quale quest’ultimo rivela sul letto di morte l’esistenza di una sorella sconosciuta. Quando giunge la lettera che le annuncia la morte di suo padre e che lei si fa leggere da Nino perché è analfabeta, la sua reazione, in un primo tempo, è quella di non volerne sapere nulla : « “So bene come sono i padri”, pensando a Domenico. Eccome se lo sapeva. “Buoni soltanto ad abbandonare ma non a prendersi delle responsabilità” » (EM 94). Tuttavia, la sera stessa finirà per « rileggere » la lettera con la voce di Nino e « pianse come se suo padre non l’avesse mai abbandonata, come se lui l’avesse vista crescere e lei morire » (EM 95). Soltanto adesso, dopo la morte del genitore e un certo riavvicinamento a lui, Natalia comincia così a rasserenarsi e quando arriva il momento dell’incontro con Giovanni, tutte le sue resistenze cedono :

Giovanni sorrise; “Natalia ?” – domandò – “Sì” rispose Natalia in modo secco. Gli si allargò il sorriso. Sembrava molto giovane, così, quando sorrideva. E improvvisamente il viso cambiò espressione e si portò la mano alla bocca. Lei allora lo guardò serenamente. “Giovanni” – disse, ed era quasi sul punto di mettersi da un lato e di allungargli la punta delle dita in un gesto di cortesia. Ma le venne un prurito al naso, dal fondo della gola. Il mare le veniva incontro, tutta quell’immensità che Giovanni aveva attraversato e la fece vacillare. “Giovanni !” – gridò aprendo le braccia. Il prurito nella gola salì fino ai suoi occhi e fu invasa dal pianto, salato come l’acqua del mare. Suo padre le mandava un fratello (EM 142).

L’amore sembra trovar finalmente posto nel cuore di Natalia e si concretizza in un lieto fine che non rappresenta tanto la risoluzione di un’intera esistenza fatta di privazioni quotidiane, quanto una sorta di riconciliazione con la vita a più livelli : quella tra fratello e sorella, quella tra uomo e donna, quella, infine, tra Italia e oltreoceano.

Le altre donne del romanzo occupano uno spazio minore, ma non meno importante, proprio perché servono a ribadire alcuni tratti che si possono considerare determinanti nella visione dell’universo femminile di Griselda Gambaro. Isabella, ad esempio, è una bambina dolce e timida con l’unica colpa di essere figlia di suo padre che comunque adora per le sue canzoni e i piccoli regali che le fa. Ha un profondo rapporto di amore con sua sorella maggiore Natalia, verso la quale nutre un forte sentimento di ammirazione per la sua forza e il suo coraggio e odia la remissività, seppur accompagnata da tanta tenerezza, della madre che ha però ereditato, visto che quando sposa José di cui è pure innamorata non si ribella alla sua irascibilità ma la accetta passivamente. Anche Isabella quindi, come sua madre, nonostante l’esempio di forza e risolutezza di sua sorella Natalia, e l’avversione nei confronti della mitezza di Luisa, è una donna rassegnata e per nulla determinata.

Se la seconda figlia di Luisa e Domenico, Agustina, muore all’età di due anni senza aver ancora mai pronunciato una parola, a sua volta Adele, la moglie di Agostino, benché adulta è anche lei un personaggio femminile quasi muto : da sempre rassegnata, fa ciò che le dicono i suoi fratelli anche se è innamorata del suo fidanzato nonostante gliel’ho abbiano scelto loro. Non protesta per la figlia che suo marito ha avuto in Argentina da una donna che lei non conosce, Natalia, per l’appunto, e non la nasconde a Giovanni, figlio amatissimo avuto da Agostino, visto che l’amore che prova per suo marito ha fatto nascere in lei un sentimento di affetto nei suoi confronti.

Ultima figura femminile quella dell’abruzzese Teresa, la quale, in mancanza di figli, offre tutto il suo amore ai vicini, in particolare a Natalia, per la quale nutre un profondo sentimento di pietà a causa delle numerose sventure familiari che la colpiscono. Teresa sembra essere l’unico personaggio in grado di mantenere la propria integrità sia come donna, grazie alla sua generosità e al suo altruismo, sia come moglie di un uomo che ama e da cui sembra essere pienamente ricambiata.