SEPARAZIONE E DIVORZIO
5.4 L’adozione da parte delle coppie omosessuali.
Questione spinosa è la contrarietà o meno all’ordine pubblico internazionale dell’adozione da parte delle coppie omosessuali. Ai sensi dell’art. 41, l. 218/1995 “i provvedimenti stranieri di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64, 65 e 66. Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori”. La legge 184/1983 consente l’adozione del partner purché coniuge del genitore del bambino. E qui sorge il problema: le coppie omosessuali non sono legate da un vincolo coniugale. Anche se il provvedimento straniero è stato emesso da un’autorità competente e secondo legalità, esso non può ugualmente essere riconosciuto in Italia, in quanto nel nostro ordinamento il matrimonio omosessuale è contrario all’ordine pubblico, o se vogliamo utilizzare il linguaggio della Cassazione del
139 KINSCH P. “La non-conformitè du jugement ètranger à l’ordre public
International mise au diapason de la Convention europeene des droits de l’homme”
2012, è un atto inidoneo a produrre effetti nel nostro ordinamento, con la conseguenza che i due soggetti non sono legati da un vincolo coniugale.
Queste conclusioni traggono linfa dalla necessaria diversità dei sessi che costituirebbe il presupposto implicito - e inderogabile - della disciplina adottiva; principio così cogente da dovere essere collocato nell'ambito di quelli che si connotano per partecipazione all'area semantica dell'ordine pubblico. Ritenendo questa regola da collocare nell'ambito di quelle irremovibili, ne consegue che l'atto di cui si richiede il riconoscimento non può produrre effetti in Italia.
Il problema giuridico che si pone, quindi, riguarda gli status familiari costituiti all'estero. Come ha scritto di recente la dottrina proprio sul tema, "l'unico ostacolo all'accesso all'adozione è, di fatto, lo sbarramento all'istituto matrimoniale che i gay e le lesbiche ancora subiscono".140
Questa lettura, così sinteticamente illustrata, costituisce come noto l'approdo di un "diritto vivente", formatosi in calce alla lettura degli artt. 35 e 36 l. ad. Secondo l'indirizzo costante della Suprema Corte (v. Cass. Civ., sez. I, 14 febbraio 2011 n. 3572), "in tema di adozione, la disposizione di cui all'art. 36, quarto comma, della legge. 4 maggio 1983, n. 184 (nel testo sostituito ad opera dell'art. 3 della legge 31 dicembre 1998, n. 476) - secondo cui l'adozione pronunciata all'estero su istanza di cittadini italiani che dimostrino, al momento della pronuncia, di aver soggiornato continuativamente nel Paese straniero e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni - non ha introdotto alcuna deroga al principio generale enunciato nell'art.
140 Cfr. Ordinanza 4701 del 10 novembre 2014 del Tribunale per i minorenni di Bologna.
35, terzo comma, della legge n. 184 del 1983 citata, secondo il quale la trascrizione nei registri dello stato civile italiano dell'adozione di un minore pronunciata all'estero non può avere mai luogo ove "contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori". Tra questi principi v'è quello secondo cui l'adozione è consentita solo "a coniugi uniti in matrimonio", ai sensi dell'art. 6 della legge n. 184 del 1983"
Di diverso avviso sono i giudici bolognesi. Tizia e Caia, due donne dell'Oregon, dopo una convivenza di oltre venti anni, nel 2013 si sposano. Nel 2003 Tizia, a seguito di inseminazione artificiale, partorisce una bambina. Nel 2004 il Tribunale dell'Oregon dispone l'adozione della bambina Mary anche a Caia. Attualmente la "famiglia" vive in Italia. Caia ha la doppia cittadinanza, americana e italiana, e vorrebbe che anche la "figlia" potesse acquisire la cittadinanza italiana. Per tale motivo Caia, anche a nome della minore Mary, chiede il riconoscimento della sentenza straniera di adozione nel nostro paese.141
Il Tribunale per i minorenni di Bologna, in modo quasi rivoluzionario dispone che il matrimonio celebrato all'estero tra persone di sesso uguale non é più considerabile come contrario all'ordine pubblico: la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio non è più condivisibile, alla luce del mutato quadro sociale ed europeo. Il matrimonio same - sex, infatti, non è inesistente ma improduttivo di effetti giuridici in Italia per l'assenza di una specifica Legge142.
Ciò discende dal fatto che la coppia formata da persone dello
141 Cfr. Ordinanza 4701 del 10 novembre 2014 del Tribunale per i minorenni di
Bologna.
stesso sesso é, comunque, da considerare come "famiglia"143 e
rientra nell'ambito delle formazioni sociali presidiate dall'art. 2 della Carta costituzionale144. A ben vedere, si "sgretola" allora uno
dei principali motivi che ostava al riconoscimento, in Italia, di un legame familiare tra un minore e due genitori omosessuali: che il rapporto tra i medesimi urtasse contro l'ordine pubblico. Cosi più non è e certo non potrà più essere. Il matrimonio same - sex è semplicemente inefficace in Italia ma non inesistente.
Ciò detto, la disciplina in considerazione, in materia di riconoscimento dell'adozione perfezionatasi all'estero, e limitatamente a tale profilo (il solo qui rilevante), sembra allora presentare almeno due profili di censura, sotto la lente dei principi costituzionali: in primis, nella parte in cui, per la sola omosessualità dei genitori, ostacola in modo assoluto alla famiglia formatasi all'estero, di continuare ad essere "famiglia" anche in Italia (impedendo che la decisione straniera produca effetti nel nostro ordinamento).
La fattispecie peculiare che viene qui in considerazione coinvolge da un lato, l'interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e della famiglia) e, dall'altro lato, l'interesse della coppia omogenitoriale a che l'unione dei membri della famiglia non sia cancellata in modo completo e irreversibile con il sacrificio integrale della dimensione giuridica preesistente (nel caso di specie, ventennale). La normativa risolve un tale contrasto di interessi in termini di tutela esclusiva di quello statuale disgregando in modo incondizionato ciò che la famiglia ha costruito in oltre vent'anni di unione. Si tratta di valutare se, a determinate condizioni, possa essere valutato come riconoscibile quel legame familiare che ab externo si è già formato, per il
143 CEDU, Schalk & Kopf v. Austria: più di recente, v. Corte EDU 19 febbraio 2013, X
e altri c. Austria, ric. n. 19010/07.
limitato caso in cui uno dei genitori sia già, senza alcun dubbio, genitore del minore (il coniuge dell'adottante).
E qui il secondo profilo di censura. Il veto assoluto di riconoscibilità della decisione straniera cancella in modo netto e irrazionale la possibilità, per il giudice italiano, di condurre un vaglio giudiziale sull'effettivo best interest del minore, vanificando principi di matrice internazionale ed europea. Per tutti i profili sin qui esposti, il Tribunale per i Minorenni di Bologna giudica necessario sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. 35, 36 Legge 184/1983 nella parte in cui - come interpretati secondo Diritto vivente - non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del minore adottato, il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore (cd. stepchild adoption), a prescindere dal fatto che il matrimonio del caso abbia prodotto effetti in Italia.
Se la Corte dovesse dichiarare l’illegittimità costituzionale nei termini ora detti, il giudice italiano, chiamato a riconoscere un provvedimento straniero di adozione al partner omosessuale, dovrà prendere la relativa decisione avendo esclusivamente riguardo all’interesse superiore del minore adottato, nel caso concreto. Nulla quaestio, a patto però che davvero si indaghi, di volta in volta, su quello che è l’effettivo interesse del minore che non può e non deve essere ricollegato tout court, come vorrebbero i giudici europei, al non «disconoscimento della rilevanza giuridica del rapporto di fatto validamente costituito». Se così non fosse il diritto non tutelerebbe il minore, ma lo strumentalizzerebbe per legalizzare delle situazioni che in concreto abusano del minore stesso.145
145 MUZZO S. “ Stepchild adoption” consultabile su:
Anche la Corte EDU ha avuto modo di pronunciarsi più volte sulla costituzione di rapporti di adozione con soggetti omosessuali. Si può fare riferimento, in particolare, alle sentenze Fretté c.
Francia146, E.B. c. Francia147, Gas e Dubois c. Francia148 e X e altri c.
Austria149, pronunce aventi tutte ad oggetto ipotesi di adozione
omoparentale da parte di single o da parte di uno dei partner dei figli dell’altro, e mai invece ipotesi di adozione congiunta. Relativamente ad entrambi i tipi di adozione presi in esame, va detto che la Corte ha in un primo momento escluso che venissero in rilievo profili di incompatibilità delle normative nazionali in questione con la Convenzione, per poi ravvisare, nelle pronunce successive, una violazione degli articoli 8 e 14 CEDU. In effetti, mentre nella sentenza Fretté c. Francia150 la Corte giustifica la
prassi francese di non ammettere all’adozione da parte di single un soggetto omosessuale, considerando che la differenza di trattamento rispetto al single eterosessuale si giustificasse sulla base della necessità di tutelare la salute e i diritti del minore e che gli Stati godessero in materia di un ampio margine di apprezzamento, nella pronuncia E.B. c. Francia151 essa ribalta la
propria posizione. Il rifiuto da parte delle autorità francesi di dare in adozione un minore a una donna legata a un’altra da una relazione omosessuale e fondato sul fatto che il minore non avrebbe avuto una figura paterna di riferimento viene infatti considerato dalla Corte contrario alla Convenzione. Similmente, quanto all’adozione da parte di uno dei partner dei figli dell’altro, nella sentenza Gas e Dubois c. Francia la Corte ritiene che la
146 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza Fretté c. Francia, 28.2.2002. 147 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza E.B. c. Francia, 22.1.2008. 148 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza Gas e Dubois c. Francia, 15.3.2012.
149 Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenza X e altri c. Austria, 19.2.2013.
150 Cfr. BISIO A. e ROAGNA I. “L’adozione internazionale di minori”, Giuffrè
Editore, Milano, 2009, pp.251-262. 151 Cfr. Ivi, pp. 262-269.
normativa non comporti una violazione del divieto di discriminazione, dal momento che vietava tale tipo di adozione alle coppie non sposate, sia omosessuali che eterosessuali. Nella pronuncia X e altri c. Austria, invece, una violazione viene ravvisata, dal momento che nell’ordinamento austriaco l’adozione in questione era aperta anche alle coppie non sposate, purché eterosessuali, e il governo austriaco non aveva dimostrato che tale differenza di trattamento fosse giustificata da un’inidoneità delle coppie omosessuali a costituire un ambiente adatto per la crescita di un minore adottato.
La posizione del minore nel rapporto di adozione viene dunque presa in considerazione dalla Corte solo in due pronunce – Fretté c.
Francia e X e altri c. Austria – al fine di valutare (con risultati
peraltro opposti) la proporzionalità della misura nazionale in questione. In tutte le sentenze citate, tuttavia, il ragionamento della Corte ruota intorno alla posizione dei partner omosessuali e alla comparazione tra questa e il trattamento delle coppie eterosessuali. Tale atteggiamento si giustifica sulla base del fatto che le ipotesi sopra citate si riferiscono a un momento nel quale il rapporto di adozione deve essere ancora posto in essere, e non al riconoscimento di un’adozione già avvenuta: prima che l’adozione venga in essere, è evidente che l’interesse del minore è in secondo piano, ed è invece l’interesse del single o della coppia ad adottare a venire in rilievo. Ben diverso sarebbe il discorso se il rapporto si fosse già costituito e consolidato all’estero: in tale ipotesi, il
mancato riconoscimento dell’adozione comporterebbe
conseguenze gravi sul minore, soprattutto se il rapporto con il genitore adottivo si è già consolidato nel tempo.152
152 ROSOLILLO G., “Spunti in tema di riconoscimento di adozioni omoparentali
nell’ordinamento italiano”, in Cuadernos de Derecho Transnacional (Octubre
Pur non avendo mai giurisprudenza e convenzioni internazionali o atti di diritto dell’Unione europea imposto il riconoscimento dell’adozione da parte di omosessuali, l’esigenza di tutelare il superiore interesse del minore, e dunque di non privarlo di un rapporto già costituitosi e dello status di figlio con tutte le conseguenze (in termini di mantenimento, ereditari ecc…) che ne derivano porta dunque senza dubbio a un notevole assottigliamento della discrezionalità dello Stato in merito al riconoscimento o meno di tali adozioni. E’ infatti indubbio, che il mancato riconoscimento del legame di filiazione nello Stato di destinazione priverebbe il minore di qualsiasi tutela nel territorio dello Stato in questione.153
L’interesse superiore del minore costituisce, dunque, un principio supremo di ordine pubblico che deve prevalere in un eventuale bilanciamento con altri principi altrettanto fondamentali.
Emblematiche a questo proposito sono tre pronunce della Cour de cassation francese del 2010 e del 2012, e dunque anteriori all’approvazione della legge “mariage pour tous”, che ha aperto il matrimonio alle coppie omosessuali. Nella prima, la vicenda concerneva una coppia composta da una cittadina francese e da una cittadina americana, unite in una “domestic partnerhip”. La prima aveva adottato negli Stati Uniti la figlia naturale della seconda, concepita tramite inseminazione artificiale con donatore anomino, e si era vista negare il riconoscimento in Francia del provvedimento di adozione. Il ragionamento seguito dalla Cour
153 Ibid.; Cfr. ANZICOURT J-D., “Quel état civil en France pour l’enfant adopté à
l’étranger par un couple homosexuel?”, La Semine juridique, Notariale et
Immobiliare, 31.8.2012, p. 49 ss., a p. 52, «l’enfant mineur adopté à l’étranger, et dont le jugement d’adoption ne bénéficie pas de l’exequatur, est privé … de tous les droits et obligations procédant de l’autorité parentale à l’égard de ses parents adoptifs au sens de la législation étrangère. De même, les règles liées aux obligations légales alimentaires … ne seraient pas applicables à l’enfant adopté à l’étranger et à ses parents adoptifs. En outre, l’enfant adopté à l’étranger ne disposerait d’aucune vocation succéssorale ab intestat»
d’appel di Parigi si fondava in effetti sull’attribuzione all’adozione americana dei medesimi effetti ricollegabili all’adozione “simple” disciplinata dall’ordinamento francese, istituto che comporta che l’adottante sia investito in via esclusiva della potestà parentale sul minore, tranne che nel caso in cui l’adottante sia coniuge del genitore dell’adottato (article 365 du Code civil). Interpretando la nozione di coniuge in senso stretto, la giurisprudenza francese ha sempre escluso che l’adozione simple fosse aperta alle coppie non sposate (eterosessuali o omosessuali), dal momento che essa avrebbe come conseguenza di privare della potestà parentale il genitore biologico del minore, contro la volontà di quest’ultimo. Un’adozione di questo tipo avvenuta all’estero era dunque considerata dalla Cour d’appel come in contrasto con l’ordine pubblico. Nell’annullare la decisione in questione, la Cour de cassation evita di prendere in considerazione l’adozione omoparentale in sé, concentrandosi invece sul fatto che il
provvedimento straniero di adozione comportava,
nell’ordinamento di origine, che entrambe le donne esercitassero congiuntamente la potestà genitoriale sul minore, risultato perfettamente compatibile con i principi fondamentali dell’ordinamento francese. Viene richiamato, inoltre, l’effetto attenuato dell’ordine pubblico, classico dopo il caso Riviére, che comporta che se il giudice francese non può pronunciare una sentenza di adozione nei confronti di una coppia dello stesso sesso, ben può, però, ammettere il riconoscimento di una situazione giuridica formatasi all’estero.154
154 ROSOLILLO G., “Spunti in tema di riconoscimento di adozioni omoparentali
nell’ordinamento italiano”, in Cuadernos de Derecho Transnacional (Octubre
2014), Vol. 6, Nº 2, p. 252; Cfr. commento di HAMMJE P. alla sentenza Cour de
Cassation (1re Ch. Civ.). – 8 Juillet 2010, in Revue critique de droit International, n.
Le sentenze del 2012 riguardavano due adozioni piene (legittimanti) effettuate da due coppie di uomini, l’una nel Regno Unito e l’altra in Canada, delle quali si chiedeva il riconoscimento in Francia. Nel prendere in esame le decisioni di diniego del riconoscimento della Cour d’appel di Parigi, ancora una volta la Cour de cassation evita di prendere in esame i caratteri dell’adozione omoparentale straniera, soffermandosi invece sul profilo degli effetti della trascrizione dell’adozione nei registri di stato civile francesi. Il risultato al quale giunge è però opposto rispetto a quello della sentenza del 2010 sopra citata. Comportando infatti l’adozione piena la recisione dei legami con la famiglia di origine e valendo la trascrizione dell’adozione come atto di nascita del minore, quest’ultimo risulterebbe infatti essere figlio di due individui di sesso maschile, in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento francese. Il diniego di riconoscimento viene dunque confermato.155
È interessante notare, che secondo parte della dottrina il superiore interesse del minore costituirebbe una sorta di contro limite all’ordine pubblico156. In realtà, il suo ruolo dipende dal contenuto
che gli si vuole attribuire. Se si accogliesse in effetti l’interpretazione, da alcuni prospettata, secondo la quale non risponde all’interesse del minore il fatto di crescere in una famiglia non tradizionale, nella quale non sono definiti i ruoli maschile e femminile dei genitori, il criterio del superiore interesse del minore, anziché costituire un contro limite all’operare dell’ordine pubblico, diverrebbe idoneo a rafforzare tale ultimo limite e ad
155 ROSOLILLO G., op. cit. p.252.
156 MOSCONI F, CAMPIGLIO C., “Giurisdizione e riconoscimento di sentenze in
materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale”, Digesto delle discipline
impedire dunque il riconoscimento del rapporto formatosi all’estero.157
“Ma è indubbiamente verso il riconoscimento che muove la tendenza europea, nonostante i numeri mostrino ancora lontana la formazione di un consenso. Intendendo letteralmente per tendenza «la direzione in cui evolve un fenomeno», è innegabile che dai primi anni Duemila si assista ad una graduale evoluzione dello statuto delle coppie omosessuali che, seppur con percorsi lenti e variegati, non ha mai subito battute d’arresto, e non sembra destinata a subirne soprattutto ora che, in un momento di crisi, i governi europei stanno riscoprendo i diritti civili grazie alla loro natura di “diritti che non costano”. 158
5.5 La kafalah.
L’Islam proibisce l’adozione così come prevista nel mondo occidentale in quanto ritenuta contraria all’ordine etico sociale della famiglia e, la protezione dei minori orfani o abbandonati avviene mediante l’istituto della kafalah.159
La Kafalah è un istituto giuridico del diritto islamico, che significa letteralmente fideiussione, attraverso il quale un giudice affida la protezione e la cura di un minore (makfoul) ad un soggetto (kafil); quest'ultimo, nella maggioranza dei casi rappresenta un parente che curerà la crescita e l'istruzione del minore (privato temporaneamente o stabilmente del proprio ambiente familiare), pur non creando alcun legame parentale tra gli stessi e senza rescindere il vincolo di sangue del minore con la famiglia d'origine.
157 ROSOLILLO G.,op cit. p. 253
158 LECIS A. M., “L’adozione in seno ad una coppia omosessuale registra il primo
successo davanti alla Corte di Strasburgo: “due padri” o “due madri” non possono essere ritenuti inidonei a crescere un figlio”,cit., in www.diritticomparati.it
159 ANCESCHI A.,op. cit.p. 247. Cfr. ALDEEB S., BONOMI A., & ALTRI “Le droit
musulman de la famille et des successionis à l’épreuve des ordres juridiques occidentaux”, Schulthess Polygraphischer Verlag Zurich 1999, p. 253.
I coniugi attraverso la kafalah, s'impegnano davanti ad un giudice, a provvedere alle esigenze di vita di un makful (minore abbandonato); questi non entrerà a far parte giuridicamente della famiglia che lo accoglie e non acquisisce né il nome né tanto meno i diritti ereditari del kafil (ad eccezione del caso in cui non sia egli stesso, attraverso una dichiarazione testamentaria, ad inserire il
makful nel proprio testamento, equiparandolo ad uno dei suoi
eredi).160
La prassi giurisdizionale al riguardo comincia ormai ad essere abbastanza cospicua. Il problema affrontato dai nostri giudici è duplice, ed attiene al riconoscimento della kafala vuoi come motivo di ricongiungimento familiare in Italia, vuoi come adozione o affidamento preadottivo ad opera di coppie italiane.
Nel 2002 il Tribunale per i minorenni di Trento è stato adito da due coppie italiane a ciascuna delle quali, in qualità di kafil, l’autorità giudiziaria marocchina aveva affidato un minore: le coppie chiedevano la pronuncia di adozione dei piccoli marocchini, autorizzati dalla Commissione per le adozioni internazionali ad entrare e risiedere permanentemente nel nostro Paese. I giudici affermano che non può essere riconosciuto in Italia un provvedimento estero di kafalah ritenendola non equiparabile né all’adozione legittimante né all’affidamento. L’Autorità Giudiziaria