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Unicità di status e accertamento del rapporto di filiazione Già a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975 erano

SEPARAZIONE E DIVORZIO

4.1 Unicità di status e accertamento del rapporto di filiazione Già a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975 erano

venute meno le più rilevanti discriminazioni tra la filiazione legittima e naturale, ma è soprattutto con la legge delega 219/2012 e con il d. lgs. 154/2013 che si raggiunge l’unicità di status tra figli nati all’interno e fuori dal matrimonio.86

La riforma del codice civile, in tal senso, deve ritenersi aderente ai principi di uguaglianza giuridica previsti dalla carta costituzionale. La matrice costituzionale dell’uguaglianza giuridica dei figli, con riferimento ai rapporti personali e patrimoniali verso i genitori deve pertanto ritenersi un principio di ordine pubblico internazionale.87

Diritti fondamentali devono ritenersi anche il diritto alla genitorialità, inteso quale diritto del figlio di appartenere alla famiglia biologica e legale e di vivere con essa (ai sensi dell’ art. 9, n. 1, e 10, n. 1 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo firmata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva con l. 176/1991); di conoscere nei limiti del possibile, la sua identità genetica (art.7 n. 1).88

Proprio sulla base di tale favor filiationis si dovrebbe ritenere comunque riconoscibile il figlio ottenuto mediante il c. d. “affitto d’utero”, oppure tramite l’inseminazione omologa post mortem, o il figlio delle coppie omosessuali.

86 In relazione alle novità introdotte, cfr. PETRELLI I., “Le nouveau droit

International privè italien de la filiation” in Revue critique du droit interational,

n. 3, 2014, pp.559-572.

87 ANCESCHI A., op. cit., p. 174. 88LOTTI P., op. cit., p. 128.

In tutti questi casi, e a prescindere dalle ulteriori problematiche coinvolte, il riconoscimento del rapporto di filiazione è funzionale alla salvaguardia dell’identità familiare del figlio e del suo diritto ad avere una famiglia.89

Il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013, recante la « Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione a norma dell'art. 2 della legge 10 dicembre 2012 n. 219 », in vigore dal 7 febbraio 2014, ha provveduto, nell'art. 101, ad apportare modifiche alla legge 218/1995. L'intervento del legislatore non si è limitato ad eliminare ogni riferimento ai figli « legittimi » e « naturali », sostituendoli con un unico riferimento ai « figli » (cfr. legge delega art. 2, 1º comma, lett. a)); ha altresì provveduto, da un lato, a definire come norme di applicazione necessaria quelle norme di diritto italiano che sanciscono l'unicità dello stato di figlio (nuovo art. 33, 4º comma, legge 218/1995), dall'altro, ad introdurre disposizioni nelle quali si indica la legge italiana come applicabile, in presenza di certe circostanze.

In conseguenza di queste modifiche, risulta oggi operante un'unica norma sulla filiazione (l'art. 33 della legge 218/1995), che stabilisce che « lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino ».

L'uso dei criteri alternativi a quello della legge nazionale del figlio era finalizzato, nella precedente formulazione dell'art. 33, 2º comma, allo stabilimento della filiazione legittima: la norma infatti disponeva che fosse « legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino al momento della nascita »

A fronte di una sostanziale equiparazione di tutti i figli, senza distinzione tra figli legittimi e naturali, viene evidentemente meno il favor per lo stabilimento della filiazione legittima.

La nuova norma generale sulla filiazione (art. 33, 1º comma), facendo ricorso al criterio della legge nazionale del figlio, in alternativa con quella di ciascun genitore « se più favorevole », non specifica tuttavia quale risultato materiale si intenda favorire. Una lettura coerente con la norma sul rinvio porterebbe a ritenere perseguito il favor per lo stabilimento del rapporto di filiazione.90

Il principio di « unicità » di status di figlio non è perseguito solo eliminando la distinzione tra figli legittimi e naturali dalle norme di diritto internazionale privato.

Il legislatore si preoccupa anche di rendere applicabile il principio qualunque sia la legge applicabile individuata sulla base dei criteri sopra descritti: ai sensi del nuovo 4º comma dell'art. 33, infatti, « sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicità dello stato di figlio ».

Per effetto di tale disposizione, il richiamo alla legge individuata come applicabile sarà da intendere unicamente come riferito all'esistenza del rapporto di filiazione, e non anche alla tipologia di

status filiationis. Anzi, la norma comporta evidentemente la

disapplicazione di qualunque norma materiale straniera incompatibile con il principio di unicità. Diviene dunque, a tal fine, anche irrilevante la questione dell'esistenza o della validità del matrimonio fra i genitori.

Tale soluzione, in assenza di una esplicita previsione legislativa, non sarebbe stata del tutto scontata: la norma consente quindi di

90 L'art. 13, 3º comma, è più chiaro in tal senso: « Nei casi di cui agli articoli 33,

34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione ». In tal senso sembra possa

essere letta anche la relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo, reperibile sul sito del Ministero della giustizia www.giustizia.it

eliminare quelle incertezze che avrebbero potuto crearsi circa l'applicabilità o meno del limite dell'ordine pubblico in relazione a normative straniere che conservano la distinzione tra figli legittimi e naturali.

Il 2º comma dell'art. 33 prosegue ora stabilendo che « qualora la legge così individuata non permetta l'accertamento o la contestazione dello stato di figlio si applica la legge italiana ». In passato nel nostro ordinamento in presenza di situazioni in cui la legge richiamata non consentiva l'accertamento di un rapporto di filiazione, in particolare in relazione ad ordinamenti di matrice islamica nei quali non è possibile accertare un rapporto di filiazione fuori dal matrimonio, si era giunti ad applicare la legge italiana per effetto del limite dell'ordine pubblico (art. 16 della legge 218/1995).

Nella sentenza dell'8 marzo 1999 n. 1951 la Corte di cassazione, in un giudizio volto all'accertamento giudiziale della paternità di una minore marocchina nei confronti del padre italiano, ha affermato che una norma che si ispira al rifiuto assoluto di protezione della filiazione naturale (nella specie la legge marocchina) non potesse essere applicata perché contrastante con un principio di ordine pubblico internazionale .

L'impiego del limite dell'ordine pubblico con tale finalità è stato previsto anche dall'Institut de droit international che, nella risoluzione di Cracovia del 2005, in tema di « Cultural differences and ordre public in family private international law », aveva affermato che gli Stati possono invocare il limite dell'ordine pubblico nei confronti di leggi straniere « forbidding the establishment of filiation outside marriage » (la regola prosegue: « at least when the child is linked through nationality or habitual residence to the forum State or a State allowing the establishment of that filiation »).

Con la riforma il legislatore sembra recepire questo orientamento, stabilendo direttamente l'applicazione della legge italiana, senza necessità di ricorrere alla norma generale sull'ordine pubblico (cioè l'art. 16 della legge 218/1995), compiendo dunque, a priori, una valutazione di contrasto con i principi del nostro ordinamento.91

Maggiormente problematica è l’estensione di tale soluzione al caso in cui l’ordinamento straniero conceda di domandare l’accertamento dello stato di figlio, ma ponendo dei termini che siano scaduti. A tal proposito la Cassazione con sent. n. 2788 del 10 marzo 1995, ha statuito che << il regime di imprescrittibilità

dell’azione di dichiarazione giudiziale della paternità non costituisce emanazione di un principio fondamentale di ordine pubblico internazionale essendo stata introdotta nell’ordinamento in forza di una scelta di politica legislativa volta ad eliminare ogni differenza tra l’accertamento giudiziale della maternità, che era imprescrittibile riguardo al figlio e svincolata da qualsiasi limitazione consistente nel necessario concorso di particolari

circostanze predeterminate per legge, e quella volta

all’accertamento della paternità naturale >>.92

Nel caso di specie, un cittadino francese aveva chiesto al tribunale la pronuncia di ammissibilità dell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità nei confronti del preteso figlio, cittadino italiano nato in Francia da una relazione con una cittadina francese.

Il preteso figlio contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto eccependo, in via preliminare, la decadenza dell’azione del padre proprio perché la domanda era stata

91 LOPES PEGNA O., Riforma della filiazione e diritto internazionale privato, in

Rivista di Diritto Internazionale, fasc.2, 2014, pag. 394 92 Corte di cass. 10 marzo 1995, n. 2788

proposta dopo il decorso del termine biennale previsto dalla legge francese, applicabile nel caso di specie, decorrente dal raggiungimento della maggiore età del figlio.

Il tribunale dichiarava inammissibile la domanda e, su ricorso del preteso padre francese, la Corte di appello respingeva l’impugnazione, in base alla considerazione che la legge francese che sottoponeva l’azione di dichiarazione giudiziale di paternità sottoposta a un termine biennale dal raggiungimento della maggiore età, non poteva ritenersi contraria all’ordine pubblico internazionale.

Né tale termine contrastava con i principi fondamentali dell’ordinamento espressi dall’art. 30 Cost., nel quale non si rinveniva una tutela illimitata del diritto alla ricerca della paternità, avendo il costituente demandato al legislatore ordinario la previsione di norme e limiti al riguardo.

La Corte di Cassazione, adita dal presunto padre francese che dissentiva dalla conclusione della Corte d’appello, ha stabilito che il costituente non ha esteso la tutela della prole naturale sino al punto di favorire una indiscriminata e illimitata ricerca della paternità naturale, né ha statuito il principio della necessaria corrispondenza fra paternità biologica e paternità legale, poiché ha demandato al legislatore ordinario di stabilire norme e limiti della ricerca della paternità. Dunque, la prescrizione dell’azione non appartiene al novero dei principi fondamentali del rapporto di filiazione. 93

Ancora in materia di prescrizione dell’azione giudiziale di paternità, la Corte di Cassazione, in una precedente pronuncia, aveva affermato, in apparente contrasto con quanto precedentemente detto che <<la norma del diritto inglese secondo

cui la madre del figlio naturale può chiedere un accertamento

giudiziale di paternità nel termine massimo di tre anni dalla nascita, ed in nessun caso tale azione può essere promossa dal figlio divenuto maggiorenne, è contraria all’ordine pubblico internazionale, perché contrastante con i principi basilari della tutela in giudizio della filiazione naturale, posti dagli artt. 2, 3, 30, e 24 cost. In sua vece, pertanto, il giudice italiano adito da un cittadino inglese maggiorenne dovrà applicare la norma di cui all’art. 270, comma I c. c.>>. 94

Il contrasto, in realtà, è solo apparente perché è stata dichiarata la contrarietà all’ordine pubblico internazionale della norma inglese, secondo cui la madre del figlio naturale può richiedere l’accertamento giudiziale di paternità nel termine massimo di tre anni dalla nascita del figlio, escludendo radicalmente che questi possa promuovere tale azione in proprio dopo il raggiungimento della maggiore età.

Nel caso precedente, invece, il figlio maggiorenne aveva il diritto di promuoverla ma entro il termine di decadenza di un biennio dal raggiungimento della maggiore età, termine sufficientemente ampio per salvaguardare i suoi diritti.

La norma inglese, inibendo ogni tutela giurisdizionale ed ogni facoltà di azione per la dichiarazione giudiziale di paternità, finiscono per contrastare con il principio costituzionale di tutela dei figli, che costituisce, secondo la giurisprudenza costituzionale, essenziale connotato dei più ampi concetti di dignità sociale, libertà, uguaglianza con il loro necessario sviluppo attraverso l’inalienabile facoltà di ottenere il riconoscimento in sede giurisdizionale (art. 24 cost.).95

94 Corte di Cass. Sez. U. 7 luglio 1993, n. 7447.

4.2 Il riconoscimento, il favor filiationis e il superiore