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Il regolamento sulle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale.

L’ORDINE PUBBLICO PROCESSUALE

6.4 Il regolamento sulle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale.

Il regolamento 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento ed all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale rappresenta una tappa decisiva nel processo di “invasione del diritto comunitario

217 TAMMARO E., op. cit., p. 157.

218 Cfr. SIMONE P. “Esecuzione di sentenza straniera e rispetto dell’ordine

pubblico secondo la Convenzione di Bruxelles del 1968”, in Giust. Civ. 1999, p.

3011.

219 LOTTI P., op. cit., p. 323. 220 ANCESCHI A. op. cit., p. 414.

nell’ambito del diritto di famiglia”221, stante l’assenza di una norma

che trasferisca la competenza, dai singoli Stati membri all’Unione europea, in materia familiare.

Anche questo regolamento, come la Convenzione di Bruxelles e il reg. 44/2001, presenta un carattere “duplice” in quanto comprende sia norme che direttamente riguardano la competenza giurisdizionale sia norme che riguardano il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere. Quest’ultimo gruppo di norme, che è quello oggetto del presente studio, è ispirato al principio del favor divortii, in quanto non concerne tutte le decisioni in materia matrimoniale ma solo quelle che accolgono la domanda proposta da uno dei coniugi o da entrambi (ove consentito) e incidono negativamente sul vincolo, annullandolo o sciogliendolo, ovvero pronunciando la separazione personale (restando peraltro escluse le determinazioni concernenti questioni patrimoniali).222

Il carattere doppio del regolamento si riflette anche nella disciplina dei motivi di rifiuto del riconoscimento che gli artt. 22 e 23 elencano distintamente per le decisioni matrimoniali e per quelle concernenti la responsabilità genitoriale. Occorre notare, quanto ai motivi di rifiuto del riconoscimento, che usando una formulazione al negativo, piuttosto che porre delle condizioni che la decisione straniera deve soddisfare ai fini del riconoscimento, come fa, invece, l’art. 64 della l. 218/1995, il regolamento vuole indicare che la presunzione è appunto nel senso del riconoscimento, in conformità del resto all’enunciazione del considerando 21: “Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni

rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul principio della

221 PREITE F. – PUGLIESE DI COTRONE A. G., “Atti notarili. Diritto comunitario ed

internazionale” UTET Giuridica 2011, cit. p. 303.

fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero essere limitati al minimo indispensabile”.

Tuttavia, nemmeno in nome della reciproca fiducia, il legislatore ha ritenuto di poter imporre agli Stati membri di fare a meno della tradizionale eccezione di ordine pubblico. 223

Dunque secondo quanto stabilito dall’art. 22, una decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio non è riconosciuta: se il riconoscimento è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato richiesto. Valgono qui le stesse considerazioni precedentemente svolte sull’eccezionalità di tale clausola.

Come già accennato la lett. b) dell’art. 22 contempla come motivo di rifiuto del riconoscimento la violazione dei diritti di difesa del convenuto contumace all’estero224 , ed integra il principio di

ordine pubblico procedurale. Al riconoscimento potrà comunque farsi luogo ugualmente ove l’altra parte riesca a dimostrare che, nonostante le irregolarità del procedimento, il convenuto abbia accettato inequivocabilmente la decisione. Come risulta dalla Relazione Borràs questa clausola, che rappresenta una novità rispetto alla corrispondente previsione dell’art. 27, n. 2 della Convenzione di Bruxelles, potrebbe venire invocata ad esempio quando la parte rimasta contumace abbia contratto un nuovo matrimonio dopo la sentenza estera che ha annullato o sciolto quello precedente. 225

Il reg. 2201/2003 rispetto al precedente reg. 1347/2000 ha un raggio d’azione più ampio estendendosi anche all’attribuzione,

223 Ivi, pp. 344-345.

224“La decisione di divorzio, separazione personale o annullamento del

matrimonio non è riconosciuta quando è resa in contumacia, ovvero la domanda giudiziale o un atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese, salvo che sia stato accertato che il convenuto ha accettato inequivocabilmente la decisione” art. 22 lett. b).

revoca, delega, esercizio della responsabilità genitoriale, indipendentemente dalla previa instaurazione di un procedimento in materia di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio. Con questa nozione, preferita a quella precedente di potestà genitoriale, si intende l’insieme di diritti e di doveri che fanno capo a persone fisiche o giuridiche, in virtù di una decisione giudiziaria, della legge, o di un accordo relativi alla persona o ai beni del minore. Il regolamento compie così una sorta di “rivoluzione copernicana”226, abbandonando una concezione della

famiglia verticistica il cui apice è rappresentato dai genitori (e prima ancora dal padre), accogliendo, invece, una concezione in cui al centro sono posti i figli e l’interesse superiore del minore, nei cui confronti i genitori sono soggetti a responsabilità.

L’art. 23 individua i motivi di mancato riconoscimento delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale, e richiama alla lett. a) l’interesse superiore del minore nel valutare la manifesta contrarietà all’ordine pubblico dello Stato richiesto. La lett. b) contempla come motivo di diniego del riconoscimento il fatto che, in contrasto con i principi fondamentali di procedura dello Stato membro richiesto, la decisione straniera sia stata presa senza che il minore abbia avuto la possibilità di essere ascoltato, a meno che l’autorità che l’ha emanata si trovasse ad operare in condizione di urgenza. Anche questo motivo appare riconducibile alla sfera dell’eccezione di ordine pubblico procedurale. Alla base di questa previsione si colloca l’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, secondo il quale “gli Stati parti garantiscono al

fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa” e danno “in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni

226 LOMBARDINI I., “Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in

materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale: il Regolamento comunitario n. 2001 del 2003, (Prima parte) e (Seconda parte)”, in Studium iuris, 2005, p. 560.

procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne … in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”.

La lett. c) riguarda l’eventualità che la decisione da riconoscere sia stata resa in contumacia e riprende testualmente la corrispondente previsione dell’art. 22 in materia matrimoniale. La lett. d) riguarda l’ipotesi che la decisione sia stata resa senza che fosse data la possibilità di essere ascoltato ad uno degli interessati e che questi consideri la decisione stessa lesiva della propria responsabilità genitoriale.227

Tutti motivi elencati nelle lett. b), c) e d) attengono alla connotazione processuale dell’ordine pubblico.

Il reg. 2201/2003 è stato assorbito, come già evidenziato, dal reg. 1259/2010 (Roma III), relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. Questo regolamento rappresenta un passo in avanti verso il processo di consolidazione di reciproca fiducia tra gli Stati parti, che per essere completato necessiterebbe dell’abolizione dell’ordine pubblico come motivo di non riconoscimento della decisione straniera in materia matrimoniale, obiettivo raggiungibile, secondo parte della dottrina, solo attraverso un’armonizzazione della legislazione sostanziale degli Stati membri.

Solo attraverso questa remota possibilità sarà possibile costruire una reciproca fiducia tra gli Stati e abolire la clausola dell’ordine pubblico. Remota, perché in una materia come quella familiare è molto difficile che gli Stati rinuncino, in nome dell’armonizzazione legislativa, alle proprie tradizioni e ai propri valori. 228

227 MOSCONI F. – CAMPIGLIO C., op. cit. ult., pp. 357-359.

228 MARINAI S., “Matrimonial matters and the harmonization of the conflict of

judgments” in Yearbook of private international law, Vol. 13, 2011, pp. 255-272

Conclusioni

L’ordine pubblico è una nozione aperta ed evolutiva, mutevole col cambiare della coscienza etico – sociale, rispetto alla quale ogni sforzo di definizione aprioristica sarebbe vano.

Il suo contenuto è scandito dal tempo e dalle pronunce giurisprudenziali, comportando non pochi dubbi ed incertezze. Il principio dell’indissolubilità del matrimonio, ad esempio, ha resistito fortemente alle varie spinte internazionalistiche, per poi essere rovesciato dalla sensibilità sociale e giuridica, in modo tale che è oggi la stessa inscindibilità del vincolo matrimoniale a venire considerata contraria all’ordine pubblico.

Sintomatico del clima di incertezza in cui opera la dottrina e la giurisprudenza, è il tema del matrimonio omosessuale contratto all’estero. Un simile atto di matrimonio è stato considerato, dai giudici di merito, inesistente e, successivamente, inidoneo a produrre effetti giuridici nel nostro ordinamento, dai giudici della Cassazione. I giudici di legittimità costituzionale, invece, hanno precisato che le unioni omosessuali sono riconducibili nell’alveo della tutela delle formazioni sociali ex art. 2 Cost. ed è quindi compito del legislatore nazionale individuare le forme di garanzia e riconoscimento per le unioni suddette. Di conseguenza, parte della dottrina ritiene che gli effetti del riconoscimento di un matrimonio omosessuale contratto all’estero non sono contrari all’ordine pubblico, e ciò perché, se il legislatore può regolare la fattispecie come crede, ciò significa che il matrimonio omosessuale non è vietato in assoluto ma è solo non costituzionalmente imposto in Italia.

Occorre in questa sede considerare, quanto meno come ulteriore spunto di riflessione, che il non riconoscimento di un matrimonio omosessuale potrebbe portare a delle conseguenze inaccettabili e

paradossali. Infatti, un soggetto parte del vincolo coniugale contratto all’estero, potrebbe sposarsi, in ipotesi, in Italia, con un’altra persona di sesso opposto, essendo agli occhi dell’ordinamento italiano in stato libero, integrando però di fatto la figura dell’uomo bigamo, vietata in Italia e contraria ai nostri principi fondamentali.

Il giudice, inoltre, nelle fattispecie coinvolgenti il minore, deve avere riguardo al principio del supremo interesse del minore, anch’esso per sua natura indeterminato e da valutare caso per caso in relazione alle circostanze concrete. È stato messo in luce, come questo principio fungerebbe, in alcune occasioni, da contro limite rispetto all’ordine pubblico, portando al riconoscimento del rapporto di filiazione nel caso di minore nato da contratto di maternità surrogata o all’interno di coppie omosessuali ricorrendo alla tecnica della fecondazione eterologa. Ciò perché, una volta nato il bambino, questi deve essere necessariamente tutelato a prescindere dal tipo di relazione sussistente tra i genitori o dalla tecnica procreativa, più o meno legittima, utilizzata. Certo, si obietta che tutto questo potrebbe incentivare il c. d. turismo procreativo e che possa portare, nel caso di un’inadeguata indagine circa l’effettivo interesse del minore, ad una situazione di strumentalizzazione dello stesso per soddisfare il puro desiderio di diventare genitori.

Discorso in parte analogo vale per la sentenza straniera di adozione pronunciata in favore del coniuge del genitore dello stesso sesso (c. d. stepchild adoption). Fondamentale sarà la pronuncia della Corte Costituzionale in relazione agli artt. 35 e 36 l. 184/1983, i quali se interpretati secondo diritto vivente, non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, l’effettivo best interest del minore. Se la Corte dovesse dichiarare l’illegittimità costituzionale nei termini ora detti, anche qui il timore sarebbe

quello di strumentalizzare il minore per legalizzare delle situazioni che in concreto abusano dello stesso.

È interessante notare la diversità della funzione svolta dal principio del superiore interesse del minore in base alla sua interpretazione. Se si accogliesse, in effetti, l‘interpretazione seconda la quale non risponde all’interesse del minore il fatto di crescere in una famiglia non tradizionale, il criterio del superiore interesse del minore, anziché costituire un contro limite all’operare dell’ordine pubblico, diverrebbe idoneo a rafforzarlo. Appare evidente, in conclusione del presente lavoro di tesi, l’importanza e la delicatezza del ruolo dei giudici che si trovano spesso ad indossare le vesti del legislatore.

Da un lato, in ossequio al principio di certezza giuridica, sarebbe auspicabile una cristallizzazione del contenuto dei principi fondamentali, dall’altro, è pur vero che quanto appena detto costituisce una contraddizione in termini, essendo i principi duttili ed elastici per natura. Interpreti privilegiati del caso concreto sono, dunque, i giudici che riempiono di contenuto i principi tenendo conto dell’evoluzione sociale e giuridica, rifuggendo dalle “mode politiche” e dai meri “appetiti sociali”.

È stato, infine, introdotto, anche se in modo non del tutto esaustivo, data la vastità dell’argomento, il concetto di ordine pubblico europeo che tutela valori che il singolo Stato membro condivide con gli altri in ragione dell’appartenenza ad un’entità regionale. La tendenza di politica europea verso la formazione di uno spazio giudiziario comune ispirata al principio di reciproca fiducia, non comporta l’esigenza di sopprimere il limite dell’ordine pubblico nei rapporti tra gli Stati membri. Infatti, i recenti sviluppi della giurisprudenza eurounitaria indicano come questa clausola sia ancora necessaria, proprio per tutelare valori fondamentali dell’ordinamento europeo. Infine, bisogna considerare, che

l’interazione giuridica ed economica non implica necessariamente l’abolizione delle differenze nei diritti e nei principi fondamentali dei sistemi giuridici degli Stati membri.

L’utilità dell’ordine pubblico potrebbe venir meno solo attraverso una armonizzazione legislativa, possibilità ovviamente remota, data la materia in questione, in relazione alla quale molto difficilmente gli Stati rinuncerebbero ai propri valori e principi in nome dell’armonizzazione.

Tema, dunque, destinato a rimanere attuale e non soltanto in relazione alla materia familiare.

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