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Brevi considerazioni conclusive

1. L’educazione inteculturale

Il dibattito sull’educazione interculturale ha avuto inizio tra gli anni Ses- santa e gli anni Settanta negli Stati Uniti e in Canada, per poi diffondersi velocemente anche in Australia ed in Europa. Nel mondo occidentale il te- ma dell’interculturalità è stato affrontato in modo diverso nei vari Paesi. Negli Stati Uniti ed in Canada ad esempio, l’educazione interculturale ha rappresentato una riflessione e una risposta alle rivendicazioni dei movi- menti sociali che hanno attraversato l’America negli anni Sessanta4. In Eu- ropa la pedagogia interculturale è nata invece sotto l’impulso della UE e del Consiglio d’Europa tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta impegnandosi contro la discriminazione, per rispondere dapprima ai bisogni linguistici dei figli di immigrati nelle istituzioni scolastiche e poi ai problemi e alle esi- genze di una società sempre più eterogenea sia per la cultura che per la lin- gua5, partendo dal presupposto della parità e del rispetto reciproco, per co- struire un dialogo aperto, basato proprio sulle differenze che in esso si con- frontano. L’educazione interculturale, nata quindi dall’esigenza di porre rimedio agli insuccessi scolastici dei figli dei lavoratori immigrati, si è len- tamente evoluta come risposta pedagogica complessiva alla pluralità lingui- stica e culturale determinata dai crescenti flussi migratori. Si passa quindi dai corsi intensivi della seconda lingua del paese ospitante per il recupero delle competenze linguistiche ad un’educazione rivolta a tutti, pronta a su-

la cittadinanza e dei diritti delle minoranze costituiscono quindi la base dell’educazione interculturale. Ci si rende infatti conto che i problemi degli immigrati coinvolgono l’intera società e che per rimuovere le cause del di- sagio sociale è necessario lavorare alla costruzione di una nuova pedagogia

dell’accoglienza, con l’obiettivo principale di rendere consapevoli i sogget-

ti della ricchezza insita nella differenza culturale. Si tratta di un approccio basato sul dialogo, sullo scambio e sulla disponibilità a capire l’altro, che deve coinvolgere sia lo straniero sia l’autoctono in un rapporto di acco- glienza e di rispetto reciproci. A tal proposito la direttiva CEE n. 77/486 del 25 luglio 1977 e alcune successive Raccomandazioni del Consiglio d’Europa affrontano il problema dell’educazione dei figli degli immigrati da un punto di vista interculturale. In esse si auspica l’accoglienza dell’immigrato nella società ospitante riconoscendolo come soggetto porta- tore di una cultura e una lingua da valorizzare e integrare con quella del pa- ese ospitante, che prende atto della diversità delle culture per creare una cit- tadinanza responsabile e attiva contrastando l’emarginazione sociale. Com- pito della scuola è proprio quello di formare gli insegnanti, gli educatori e i dirigenti scolastici all’interculturalità, affinché si riescano ad accogliere a- deguatamente gli alunni immigrati nelle classi riuscendo a capirne i loro bisogni, per offrire loro i contesti educativi più adatti a risolvere le varie si- tuazioni problematiche.

La scuola italiana si è orientata sin da subito a inserire gli alunni di cit- tadinanza non italiana nella scuola comune, all’interno delle normali classi scolastiche ed evitando la costruzione di luoghi di apprendimento separati, differentemente da quanto previsto in altri Paesi e in continuità con prece- denti della scuola italiana per l’accoglienza di varie forma di diversità (dif- ferenze di genere, diversamente abili, eterogeneità di provenienza sociale). Si tratta dell’applicazione concreta del più generale principio dell’Universalismo, ma anche del riconoscimento di una valenza positiva alla socializzazione tra pari e al confronto quotidiano con la diversità. La scuola italiana sceglie di adottare la prospettiva interculturale per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricula, didattica, discipline, rela- zioni, vita di classe. A tal proposito il Testo Unico sull’immigrazione del 1998 riassume più di dieci anni di Circolari Ministeriali: “La comunità sco- lastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolle- ranza; a tal fine promuove e favorisce iniziative volte all’accoglienza, alla

tutela della cultura di origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni”6.

L’integrazione dei cittadini stranieri, nelle scuole come in qualunque al- tra comunità, non può essere solamente il semplice risultato di buone prati- che e di corrette procedure. È invece il frutto di un impegno faticoso ed in- certo, in cui la posta in gioco non è solo la convivenza di soggetti in prece- denza estranei l’uno all’altro, ma la progressiva capacità di intendersi, con- dividere progetti, coltivare speranze comuni. Richiede tempo, dedizione, rinunce, senso del futuro.

Per parlare di integrazione è necessario riconoscimento e rispetto di atti- tudini personali, di storie e tradizioni. È questo il punto di partenza che in- veste la responsabilità delle scuole nello svolgimento della loro azione for- mativa. Si tratta di delineare per questi stranieri un percorso organizzativo, didattico, metodologico e pedagogico finalizzato al recupero psicologico e sociale, oltre che cognitivo e comportamentale, prendendo atto dello stato di precarietà generale in cui si trovano all’inizio del loro percorso; svilup- pare azioni volte all’integrazione, diversificate rispetto alla complessità dei bisogni formativi, e attività mirate ora all’inserimento nell’ambiente o alla conoscenza della lingua italiana, ora all’aggregazione delle diversità o alla rappresentazione delle differenze; avere attenzione al compito che la scuola ha rispetto al proprio ruolo sociale; sostenere lo sviluppo di reti di scuole che si scambiano esperienze arricchenti dal punto di vista formativo attin- gendo a risorse molteplici e differenziate; mettere in atto strategie didatti- che per l’azione educativa.

2. L’accoglienza

Da una parte, la scuola è stata chiamata a favorire l’inserimento dei ra- gazzi stranieri rendendoli capaci di comunicare in italiano e di conoscere la società e la cultura italiana, dall’altra, si è cercato di evitare che si verificas- sero, in questi ragazzi, sradicamenti troppo rapidi dalla loro cultura di ori- gine.

formazione delle classi, distribuendo equamente il numero di alunni stra- nieri, per evitare i fenomeni di concentrazione/segregazione che si stanno verificando in vari contesti e livelli di scuola e con la richiesta di scuole dif- ferenziate da parte delle famiglie.

Comporta anche distribuire equamente la presenza di alunni stranieri tra le varie scuole, dalla scuola dell’infanzia agli istituti superiori, presenti su un determinato distretto territoriale.

La normativa sul tema dell’inserimento scolastico degli alunni stranieri ha raggiunto livelli avanzati, risolvendo molti punti controversi e delinean- do principi essenziali di integrazione, tra cui il diritto all’istruzione e quello dell’inclusione scolastica dei minori stranieri, indipendentemente dal loro status7. La legge italiana considera i minori stranieri presenti sul territorio

nazionale come aventi diritto all’istruzione, indipendentemente dalla loro regolarità, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani, ricono- scendo la possibilità d’iscrizione scolastica in qualsiasi periodo dell’anno8. In particolare la C.M. n. 93/2006 ribadisce che: “L’iscrizione dei minori stranieri nelle scuole italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previste per i minori italiani e può essere richiesta in qualunque periodo dell’anno scolastico…I minori stranieri vengono iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l’iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto: dell’ordinamento degli studi nel Paese di provenienza, che può determinare l’iscrizione ad una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrisponden- te all’età anagrafica, del corso di studi eventualmente seguito nel Paese di provenienza, del titolo di studio eventualmente posseduto, dell’accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione…”.

Il momento dell’accoglienza e del primo inserimento risulta cruciale ai fini del processo di integrazione e dello sviluppo delle relazioni, perché è in questa fase che si pongono le basi per un percorso scolastico positivo. Par- ticolare attenzione deve essere data all’inserimento dei minori neo-arrivati ultraquattordicenni: per loro la fase dell’accoglienza viene di fatto a coinci- dere con il momento cruciale dell’orientamento e con la scelta del percorso scolastico. È necessario quindi offrire alle famiglie un bagaglio di informa- zioni pertinenti sul sistema formativo e sulla pluralità di scuole presenti nel

7. D.P.R. n.394 del 31/8/1999 - capo VII, art.45 – applicativo dell’art.36 della

L.n.40/1998, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e

norme sulla condizione dello straniero”.

8. Si nota così un divario tra la legislazione generale sull’immigrazione, che tende a re- golarizzare gli ingressi mediante la distinzione fra immigrati regolari e irregolari, e le scelte compiute in campo educativo, che vanno nella direzione opposta.

territorio e sulle loro peculiarità, per evitare decisioni non adeguate alle rea- li esigenze, attitudini e diverse condizioni dei figli. Troppo spesso i ragazzi da poco arrivati in Italia vengono orientati verso percorsi di tipo professio- nale o tecnico senza un’accurata verifica dei loro reali interessi e inclina- zioni. Percorsi di studio specifici e settoriali possono così diventare un o- stacolo spesso insormontabile con un conseguente effetto di scoraggiamen- to.

In genere il momento dell’accoglienza si colloca all’inizio dell’anno scolastico, ma, per la maggior parte degli alunni stranieri, l’inserimento av- viene in corso d’anno, dietro la scelta condivisa dei docenti della scuola9.

Non sempre però le regole vanno rispettate: è frequente, per esempio, che gli stranieri vengono iscritti in classi inferiori a quelle rispondenti alla loro età (il ritardo scolastico rispetto a quello degli studenti italiani è mag- giore di due volte nella scuola superiore). L’”accoglienza” comunque c’è, le iscrizioni nella scuola superiore crescono del 10-11% ogni anno con un trend particolarmente vivace: un processo che, sebbene connotato da segre- gazione formativa (pochi stranieri nei licei, quasi tutti nei tecnici e nei pro- fessionali), segnala che la stabilizzazione della popolazione immigrata co- mincia a portare con sé anche la scommessa, con l’investimento in istruzio- ne per le figlie e per i figli, di una piena integrazione e di una futura mobili- tà sociale10.

Secondo i dati del Ministero della Pubblica Istruzione, con riferimento all’anno 2006/07, il 76,2% delle seconde generazioni frequenta gli istituti tecnici e professionali e solo il 23,8% i licei. Queste percentuali sono anco- ra più marcate se si considera il trend della nostra Regione rispetto alla me- dia nazionale, dove gli alunni stranieri che frequentano gli istituti tecnici e professionali raggiungono l’84,5%, mentre quelli che frequentano i licei sono appena il 15,5%.

Tab.1 – Tipologia di scuola e area di provenienza Area provenienza Tipologia di scuola frequentata

Liceo Tecnico Professionale

Europa Occidentale 44,7% 21,2% 34,1% Europa Balcanica 18,8% 26,3% 54,9% Europa Orientale 19,1% 37,6% 43,3% Nord Africa 5,3% 21,1% 73,7% Africa Subsahariana 6,3% 41,7% 52,1% Asia 10,9% 24,8% 64,4% America 16,2% 35,1% 48,6% Totale 19,7% 28,7% 51,6%

Fonte: Ministero della Pubblica Istruzione.

Rispetto alla provenienza etnica, dai nostri dati risulta che la percentuale più alta di chi frequenta i licei delle nostre Province è costituita dagli stu- denti provenienti dall’Europa Occidentale (44,7%); delle altre nazionalità, le percentuali di chi frequenta il liceo non arrivano al 20%; in particolare si riscontra che il 73,7% degli studenti provenienti dal Nord Africa ed il 64,4% degli studenti provenienti dall’Asia frequenta gli Istituti professiona- li; il continente africano è quello che conta la percentuale più alta degli stu- denti negli Istituti tecnico-professionali, visto il numero esiguo all’interno dei licei. La scelta di un indirizzo scolastico professionalizzante, di prepa- razione al mondo del lavoro, lascia pensare ed intuire, che una volta conse- guito il diploma, questi ragazzi archivieranno i libri e si daranno subito “da fare” per la ricerca di un lavoro.

La distribuzione degli alunni stranieri tra le diverse tipologie di scuola secondaria di secondo grado nelle province di Ancona e Macerata confer- mano i dati nazionali, come risulta dalla tabella n.1.