• Non ci sono risultati.

Il nucleo familiare e le sue dinamiche

Brevi considerazioni conclusive

2. Il nucleo familiare e le sue dinamiche

Prima di passare all’analisi delle dinamiche interne alla famiglia mi- grante dobbiamo considerare qual è il contesto nel quale questa si colloca, in quanto nei Paesi più avanzati dal punto di vista economico, che si affac- ciano sul Mediterraneo, vale a dire Italia, Spagna e Grecia, la famiglia oc- cupa un ruolo centrale. La cultura latina in ambito familiare è assolutamen- te protettiva e i legami tendono ad essere il principale punto di riferimento

sto che i servizi. Di conseguenza il migrante che arriva in Italia si trova a confrontarsi con logiche, comportamenti e modalità familiari molto distanti da quelle della propria cultura di riferimento. Soprattutto in virtù di un wel- fare che viene considerato sempre meno centrale nell’agenda politica dei governi, almeno in Italia, i genitori italiani si attivano il più possibile per favorire l’avanzata sociale dei propri figli, facendo leva sul proprio capitale sociale e per questo i figli dei migranti hanno maggiori difficoltà a raggiun- gere le migliori posizioni sociali2.

L’elevata presenza delle seconde generazioni nelle Marche è un ulterio- re elemento che ci permette di dire che i migranti presenti tendono ad esse- re stanziali, infatti, come è già emerso in diversi studi sui migranti residenti nelle Marche, anche da questa ricerca risulta che l’immigrazione nella no- stra regione, in particolare nelle province di Ancona e Macerata, si connota come fenomeno familiare, cosa che viene confermata dal fatto che oltre i tre quarti degli intervistati (75,3%), vive con entrambi i genitori. Questo da- to non si discosta molto dal più recente censimento Istat, secondo il quale i cittadini stranieri che vivono in famiglie monogenitoriali o in altri nuclei sono il 20,7%. Una certa debolezza della struttura familiare può essere con- siderata nei casi in cui è presente un solo genitore, in un quinto dei casi; in queste strutture familiari il genitore maggiormente presente è la madre (18,4%), mentre minima è la percentuale di chi vive solo con il padre (1,5%), quindi possiamo ritenere le famiglie monogenitoriali guidate essen- zialmente dalla figura materna. Poco presenti sono i ragazzi (4,5%) intervi- stati che vivono con altri parenti o in strutture di accoglienza o, in pochis- simi, da soli.

2. Le forti relazioni familiari tendono ad agevolare l’affermazione sociale e quindi l’ascesa sociale, così per le seconde generazioni è più complicato aspirarvi, dato che hanno una rete parentale poco estesa che li possa favorire, soprattutto in un contesto come quello italiano.

Tab. 1 – Con quali genitori vivono gli intervistati e area di provenienza Area di provenienza Genitori vivono insieme

Entrambi

i genitori con un solo genitore

vivo senza genitori Totale Europa Occidentale 74,6% 24,6% 0,8% 100,0% Europa Balcanica 89,8% 7,9% 2,4% 100,0% Europa Orientale 60,6% 35,5% 3,9% 100,0% Nord Africa 78,6% 8,9% 12,5% 100,0% Africa Subsahara 66,7% 25,0% 8,3% 100,0% Asia 84,2% 5,0% 10,9% 100,0% America Latina 57,7% 38,7% 3,6% 100,0% Europa Occ. 74,6% 24,6% 0,8% 100,0%

I ragazzi che vivono maggiormente con i propri genitori (tab. 1) sono quelli che provengono dall’Europa balcanica (quasi il 90%), mentre il dato più rilevante riguardante coloro che vivono in famiglie monogenitoriali, appartiene ai sudamericani (38,7%). Questi dati mostrano differenze cultu- rali significative, probabilmente connesse alle differenti caratteristiche dei percorsi migratori. La migrazione dalle aree balcaniche mostra una maggio- re propensione alla creazione di nuclei familiari sorretta da ricongiungi- mento o migrazione di tutta la famiglia. Al contrario quella dell’Europa o- rientale, in maggioranza rumena, quella sudamericana e quella subsaharia- na per il loro carattere femminile, in parte legato al fenomeno dell’offerta di collaborazione domestica, probabilmente producono una elevata percentua- le di famiglie monogenitoriali femminili (35,5%, 38,7%, 25%). Se ne de- duce in questo caso che le modalità migratorie agiscono sulle caratteristiche culturali delle migrazioni e non viceversa, poiché la maggiore vicinanza dell’origine culturale tra Europa balcanica ed Europa orientale mostrano strutture familiari opposte l’una all’altra, mentre il contrario avviene tra migrazione dell’Europa orientale e dell’America del sud, con culture d’origine molto differenti ma ove si nota una similitudine di strutture fami-

nalisi sulle strategie matrimoniali confermano questo dato, tanto che si può ipotizzare una chiusura di ceto. I processi migratori intaccano questa regola sociale. Vari sono gli elementi che contribuiscono a questo ribaltamento delle regole matrimoniali. Il primo è l’attuale carattere femminile dei pro- cessi migratori, per cui il 45% (Caritas, 2007) degli immigrati in Europa è di genere femminile, a differenza di quello che avveniva durante la fase fordista, in cui il carattere maschile era il prodotto della domanda di mano- dopera da parte delle grandi concentrazioni industriali. In Italia l’immigrazione femminile ha ormai raggiunto il 49,9%. Il secondo è il maggior carattere soggettivo della migrazione femminile con aspetti di e- mancipazione. Il terzo è la presenza del divorzio in vari paesi di provenien- za. Nella nostra indagine i figli di coppie miste sono il 12,1%, i fattori so- pra citati spiegano la netta prevalenza di famiglie con madre straniera e pa- dre italiano (9,1%), e di concerto la scarsa presenza di padri stranieri sposa- ti con una donna italiana (3%). Questi dati sono significativi per quanto ri- guarda il grado di integrazione sul territorio, soprattutto se confrontato con i dati Istat del 2005, da cui è emerso che nei matrimoni celebrati negli ulti- mi dieci anni nel 76,1% dei casi, la donna è straniera.

Un aspetto del carattere disgregante, che è anche un elemento chiave, dei processi migratori può essere percepito dalla lettura del rapporto tra composizione della famiglia ed età di arrivo in Italia, secondo la suddivi- sione di Rumbaut. Dalla domanda con quali adulti vivono i giovani intervi- stati, si nota come quanto più è alta l’età di arrivo in Italia degli intervistati, più diminuisce la percentuale di chi vive con entrambi i genitori. Tra coloro che vivono con entrambi i genitori, mentre scarsa è la differenza percentua- le dei ragazzi nati in Italia o emigrati in età prescolare (80,4%) e ragazzi emigrati nella prima fase della scolarizzazione (79,9%), al contrario forte è la differenza percentuale di chi è arrivato durante l’adolescenza (66,1%); ben un quarto dei ragazzi giunti in Italia in età adolescenziale vive con un solo genitore e un altro 8% circa vive da solo o con altre figure adulte. E- merge in questo caso un maggior grado di indipendenza dalla famiglia d’origine di questi ragazzi, forse in parte dovuto anche a forme di migra- zione per motivi di studio. È evidente che nelle due province analizzate il percorso migratorio delle famiglie non è lineare, come nel resto d’Italia, in quanto queste, in pochissimi casi, giungono già formate. Nella maggior parte dei casi, invece, si verifica una migrazione a più stadi, vale a dire che parte prima uno due genitori, una volta che questo si è inserito nel contesto socio-economico e lavorativo del paese d’arrivo si fa raggiungere dai fami- liari. Se questo è un ulteriore elemento che ci permette di dire che

l’integrazione di questi giovani migranti è in fase progressiva, dobbiamo ancora comprendere come si caratterizza questa integrazione.

Le famiglie complete sono maggiormente presenti nell’entroterra, ri- spetto a quelle che vivono sulla costa, anche se con uno scarto di poco più di tre punti percentuali, probabilmente un elemento importante che ci per- mette di leggere questa differenza è il porto di Ancona, dove vi sbarcano molti minori non accompagnati, in ogni caso la percentuale degli intervista- ti che vive senza genitori è la stessa per entrambe le tipologie di territorio, anche perché molti di quelli che arrivano non accompagnati poi vengono inseriti nelle varie comunità d’accoglienza della regione. Più ampia, invece, è la differenza riguardante coloro che vivono con un solo genitore, il 23,4% sulla costa ed il 18,7% nell’entroterra.

Se andiamo ad analizzare il periodo di arrivo dei nostri ragazzi e met- tiamo questo dato in relazione con quali genitori questi vivono, l’aspetto più rilevante è l’aumento progressivo dei ragazzi che vivono senza i genito- ri nel corso degli ultimi quindici anni. Se questi, infatti, nel quinquennio 1991 – 1995 erano il 5,3%, nel lustro successivo erano il 26,3%, mentre i restanti due terzi sono arrivati nell’ultimo quinquennio. Per quanto riguarda gli altri ragazzi emerge che coloro che vivono con un solo genitore sono arrivati in maggioranza nell’ultimo quinquennio, così come quelli che vi- vono con entrambi i genitori, anche se tra questi due gruppi c’è uno scarto di dieci punti (51,5 e 41,5%).

La composizione delle famiglie è essenzialmente nucleare, dato che sol- tanto il 20,6% degli intervistati condivide il proprio tetto anche con altri pa- renti, in prevalenza zii. Questa ipotesi viene confermata dal dato riguardan- te la presenza di fratelli e sorelle, nell’85,9% dei casi, considerando poi che l’87,1% del nostro campione ha risposto di avere fratelli o sorelle, questo dato ci permette di dire che un elevatissimo numero dei ragazzi intervistati vive in famiglie ricongiunte. L’elevata presenza di famiglie nucleari spinge a pensare che questi migranti nel momento dell’espatrio sono costretti a ri- mettere in discussione le loro modalità relazionali all’interno del nucleo familiare, dato che nei paesi d’origine vivevano in contesti di nuclei allar- gati. Questo comportava un sistema familiare di protezione che nei Paesi

e frustrazione. Questo è uno dei più eclatanti e gravi effetti della perdita del capitale sociale d’origine e quindi dei riferimenti culturali e dei valori d’origine, tuttavia, si ribadisce quanto sottolineato nel primo paragrafo di questo capitolo, ovvero che le famiglie nel nuovo contesto producono nuo- ve forme di vita, anche grazie alla riserva di capitale sociale presente costi- tuita dalle reti migratorie.

Oltre la metà delle famiglie è formata da tre o quattro componenti, ma rilevante è anche il dato riguardante i nuclei composti da cinque componen- ti, con il 22,1%. Nel complesso emerge anche da questa indagine una mag- giore percentuale di famiglie più numerose rispetto a quelle italiane e mar- chigiane. Dato che non è necessario ribadire, e che rimanda ad una delle ragioni della presenza di famiglie straniere al fine di favorire un riequilibrio demografico di un paese a bassa natalità come l’Italia, che l’immigrazione nel nostro paese è un fenomeno strutturale, sia perché i contesti da cui pro- vengono i migranti non garantiscono loro sufficienti condizioni socio- economiche, sia perché il nostro paese ne ha bisogno, da un lato come si è poc’anzi accennato per ristabilire un equilibrio demografico, dall’altro per carenza di manodopera in settori strategici quali l’industria, l’agricoltura e l’assistenza alle persone.

I nuclei familiari formati da quattro componenti sono i più rappresenta- tivi tra: europei occidentali e balcanici, africani subsahariani, asiatici e su- damericani. Le famiglie più numerose, quelle che hanno da cinque compo- nenti in su, presumibilmente, nuclei allargati, o con un numero piuttosto al- to di figli, sono soprattutto nord africani, asiatici ed in misura minore i su- damericani.

Se analizziamo la composizione dei nuclei familiari, considerando l’età di arrivo dei ragazzi intervistati, notiamo che nelle famiglie più rappresen- tative, vale a dire quelle che hanno dai tre ai sette componenti, le più signi- ficative sono quelle con i G 1,5. Il nucleo familiare principale è quello composto da quattro persone e la ripartizione secondo la classificazione di Rumbaut è la seguente: i G 1,75 – G 2 hanno il 29,8%, i G 1,5 il 38,6% e i G 1,25 il 31,6%.