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L’endorsement degli attori istituzionali (Bei e Miur) »

La Bei (Banca europea degli investimenti) elegge priorità di segno assolutamente concorde. Su indicazione del Consiglio dell’Ue ha recentemente (gennaio 2013) varato un aumento di capitale di 10 miliardi. Interessanti i settori che saranno finanziati con le risorse aggiuntive (60 miliardi di euro all’anno): innovazione e competenze, pmi, energia verde e dotazione infrastrutturale. La Bei si finanzia con emissioni obbligazionarie (rating tripla A) ed in Italia arriva a coprire il 25% dei prestiti concessi alle pmi. I criteri che sovrintendono all’erogazione di credito sono gli stessi che sembrano emergere dalla tesi: realizzazioni di reti di conoscenza ed innovazione transeuropee (nel comparto trasporti, energia, telecomunicazioni ed informatizzazione), competitività, istruzione, sviluppo equilibrato e sinergico rispetto all’ecosistema naturale e all’ambiente urbano.

Degna di menzione è l’iniziativa del Miur inerente lo sviluppo e il

potenziamento di cluster tecnologici nazionali351. «Le dinamiche del

cambiamento tecnologico, la rapida evoluzione e convergenza delle tecnologie abilitanti dischiudono nuove opportunità per il mercato e la società, in termini di nuovi prodotti, nuovi servizi, nuovi mercati, nuovi settori produttivi, diverse modalità di organizzazione della produzione, delle istituzioni, dei servizi sociali,

della Pubblica Amministrazione»(352). L’iniziativa dovrebbe svilupparsi intorno

al concetto di cluster. Emergono nuovamente istanze collaborative, necessarie sinergie, opportuna condivisione dei saperi, marcata differenziazione di prodotto (preferibilmente ad alto valore aggiunto). «Le tecnologie abilitanti di natura pervasiva, quali le nanotecnologie, i nuovi materiali, la fotonica, le tecnologie per

(351)http://attiministeriali.miur.it/anno-2012/maggio/dd-30052012.aspx. (352) Ibidem.

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le next generation networks (in generale l'Ict) sono considerate parte costitutiva dei domini applicativi sopraelencati e la loro opportuna valorizzazione deve

essere considerata elemento qualificante dei Cluster Tecnologici Nazionali»(353).

Il fine è di meglio posizionarsi in termini competitivi superando il gap dimensionale(354). «La logica del cluster è quella di coordinare le energie e le specializzazioni, fare interagire aziende private, centri di ricerca, università e

istituzioni pubbliche»(355). Risulta interessante la definizione delle aree

potenzialmente destinatarie dei finanziamenti a tasso agevolato: chimica verde, agrifood, tecnologie per gli ambienti di vita, scienze della vita, tecnologie per le

Smart Communities, mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e

marina, aerospazio, energia e fabbrica intelligente.

4.3.1 La fabbrica intelligente

Proprio una fabbrica sostenibile potrebbe rappresentare il volano del

manufacturing italiano. Riecheggiano sensibilità per anni sopite: risparmio

energetico, qualificazione e sicurezza del lavoro, informatizzazione. Si «va dalle tecnologie per ridurre le emissioni, al risparmio energetico, dall’interazione uomo-macchina per migliorare l’ambiente di lavoro e minimizzare il rischio di incidenti, sino allo studio sui tessuti sicuri per gli indumenti da lavoro e alle tecniche di recupero dei prodotti di scarto. […] Dalla meccatronica arriva la possibilità di avere macchine utensili sempre più riconfigurabili per adattarsi alle modifiche delle specifiche produttive che un’azienda moderna degli ultimi anni deve adattare o trasformare con maggiore rapidità. Occorre implementare lo sviluppo dell’Ict e di sistemi di software in grado di coordinare anche a distanza la produzione (magari da un Ipad) e massimizzare le fasi di trasformazione della

(353) Ibidem.

(354) Si muove congiuntamente il progetto FaRETEeam di Confindustria Padova. Il coordinatore del progetto l’imprenditore Roberto Ruffo constata che le imprese, nel territorio padovano, nel 97% dei casi non superano i 50 dipendenti: «le finalità dell’iniziativa sono quelle di sviluppare sinergie che vanno dagli acquisti al marketing fino alla formazione e internazionalizzazione». M. Ferrando, La rete della

fabbrica intelligente, IlSole24Ore, 26 ottobre 2012, p. 50.

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materia prima in prodotto finito»(356). Si ripongono rosee aspettative in interfacce

uomo-macchina di prossima generazione, in robot pluriuso ad adattamento modulare, nelle nanotecnologie, nella microelettronica, nelle biomolecole e

biomarcatori(357). Il ministro dell’Istruzione e Ricerca, Francesco Profumo

traccia la direttrice: «per un paese ad alta densità manifatturiera come l’Italia, è importante che ci sia uno sforzo congiunto per innovare processi ed

organizzazioni produttive»(358). Segnala tuttavia «opportune iniziative di

formazione per il capitale umano». Di nuovo la conoscenza, la formazione come elementi cardine dello sviluppo del Paese. A conforto dell’asserzione sovraesposta la riflessione di Lattanzi: al fine di meglio processare l’informazione (in termini di stock ma soprattutto di flusso) «l’azienda necessita

di nuove competenze e professionalità»(359).

(356) M. Ferrando, La rete della fabbrica intelligente, cit.

(357) L. Orlando, Industria, 5 miliardi per il futuro, IlSole24Ore, 31 gennaio 2013, p. 42. (358) M. Ferrando, La rete della fabbrica intelligente, cit.

(359) «Il processo di crescita culturale assume rilevanza strategica». N. Lattanzi (a cura di), Elementi di

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«La cultura è risorsa strategica e, come tale, condizione determinante di scopo

dell’azienda»(360

). L’indagine prova a cogliere talune estrinsecazioni proprio della cultura dell’azienda. Si è espunto volutamente dalle considerazioni di ordine strettamente economico (ampiamente e più autorevolmente dipanate

altrove) per meglio argomentare circa circostanze (Giannessi appellerebbe: forze aziendali e ambientali) riferibili (tra le altre) alla cultura del lavoro e all’eticità

della contribuzione fiscale in un quadro di auspicabile armonia sociale. Le asseverazioni proposte integrano la rielaborata fattispecie della compatibilità

ambientale nell’accezione lata (dall’ambiente specifico all’ambiente naturale).

La tesi è l’incessante ricerca delle idee, dei convincimenti e degli atteggiamenti che caratterizzano univocamente le più disparate funzioni (e

relazioni) aziendali. Si amplia la platea degli stakeholders, nuove sensibilità

informano le logiche relazionali e opportune ponderazioni supportano l’equilibrio economico durevole ed evolutivo. La formula dell’economicità ricomprende variabili prima artatamente espunte (segnatamente la consonanza con l’ambiente) ridimensionando fattivamente il perimetro dell’esternalità. Auspicio ne è l’iscrizione in fatto e diritto in una sezione apposita del bilancio d’esercizio, con relativa evidenza tra i costi della produzione, dell’energia potenziale convertita in cinetica (e di quella eventualmente dissipata). Sebbene è dato notorio che il rendimento di qualsiasi macchina termica sia inferiore all’unità, l’esistenza della specie è intimamente consequenziale ad un congruo

sbilanciamento termico, seppur potenziale(361). Banalmente in un mondo a 18

(360) G. Bruni, L’azienda come sistema convertitore di valori economici in valori culturali. Il peculiare

ruolo delle fondazioni comunitarie, in Rivista Italiana di Ragioneria e Economia Aziendale, Rirea, Roma,

n. 1 e 2, gennaio-febbraio 1999 in N. Lattanzi, Elementi di management e dinamica aziendale, cit., p. 67. (361) Secondo principio della termodinamica. Postulato di Lord Kelvin: è impossibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia quello di trasformare in lavoro tutto il calore assorbito da un serbatoio caldo. Postulato di Clausius: è impossibile realizzare una trasformazione termodinamica il cui unico risultato sia quello di far passare del calore da un corpo a temperatura minore a un altro a temperatura maggiore.

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gradi non si realizzano le condizioni per la vita benché Paul Romer contraddica la legge dei rendimenti decrescenti del capitale a cagione di crescita endogena (tecnologia e risorse immateriali).

Lo scambio (con economie terze) è gravato da vincoli di ordine etico, le scelte da considerazioni distanti (in prima approssimazione) dai dettami economici

stricto sensu. Dall’approvvigionamento dei fattori produttivi al collocamento del

prodotto finito in virtù dei procedimenti di trasformazione il sistema azienda alimenta dinamiche relazionali le più disparate. La puntuale (e pedissequa) espressione in termini monetari degli andamenti aziendali è integrata (opportunamente) da informative altre: bilancio di prodotto, missione e sostenibilità. Tale approccio potrebbe tradire fanciullesche pulsioni vetero-

ecologiste, scadimento emozionale verso una decrescita felice (labilmente

definita) se non fosse corroborato dalla convinzione marmorea secondo la quale: «i valori culturali si convertono in valori economici e questi, a loro volta, in

valori culturali e così di seguito in un virtuoso circuito sinergico»(362).

L’apertura verso il sociale di Bertini, la fiducia di Zavani, le risorse invisibili di Ferraris Franceschi, sottosistemi e macroambienti di Coda connotano il fenomeno azienda in termini eminentemente culturali. L’equilibrio (non il

transeunte lucro ovvero l’indeterminato ristoro dei bisogni) è sistematicamente

abbeverato da sistemi armonici giusti compositori di attriti pregiudizievoli (relazioni sindacali esacerbate, elusione della contribuzione fiscale, tecnologia fraudolentemente prona a interessi occulti).

Di ciascuna delle asseverazioni proposte si è data contezza nella tesi estrapolando uno o più accadimenti dell’ultimo anno. Quello che pare di maniera

indefettibile emergere è il rinverdito ruolo del management baluardo dei tre tipi

di ordine a presidio dell’equilibrio: combinatorio, sistematico e di composizione. L’attestazione di una sostanziale fluidità (spaziale e temporale) dell’ambiente (specifico ovvero generale) in costanza di fenomeni di portata internazionale (crisi, globalizzazione, informatizzazione) traccia la direttrice: una competizione

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di saperi. Il lavoro riferisce, con dovizia di dettagli, la necessaria

implementazione delle competenze (intellettuali) e auspica procedure sinergiche di condivisione (dei saperi). Si tratta di «alleanze, cooperazioni e collaborazioni, costellazioni e reti d’impresa, aggregazioni, distretti industriali, concentrazioni e

gruppi aziendali»(363) sussidiati da eticità delle prestazioni e flessibilità dei

contratti (che il codice civile appellerebbe agevolmente innominati ovvero

atipici) sociologicamente corroborati da reputazione e ripetizione del gioco. Ivi si

possono agevolmente rintracciare fattori competitivi evidentemente dirimenti. Non anacronistici rimandi al salario minimo di sussistenza piuttosto sistematico consolidamento del ruolo manageriale e investimento nella formazione continua (anche delle maestranze). L’approccio così rivisitato sarà funzionale ad incidere in maniera fisiologica sulla produttività (che per ciò stesso è declinata come

produttività dei saperi). Il management (soggetto economico di fatto) è abilitato a

posizioni apicali in azienda e nel quadro di un necessario ampliamento delle professionalità apportate (le discipline convergenti) si candida a comporre con

misura e proporzione le forze e endogene e esogene.

Studi, ricerche e analisi andamentali mutuati dalla stampa di settore ovvero specificamente rintracciati su siti di consolidata autorevolezza paiono fattivamente corroborare del dato scientifico le asseverazioni presentate conferendo il carattere della originalità alla proposta visione sistematica. Il lavoro ha pertanto l’intendimento di processare unitariamente una ingente mole di dati scorgendone qualche correlazione. Si tratta di non replicare improduttivi approcci settoriali (perché settari) nel convincimento che «la cultura dell’azienda è quanto di più composito e complesso si possa immaginare: la stessa azienda è di per sé, nella sua intima concezione sistemica, nelle sue coordinazioni strutturali e nelle sue manifestazioni esteriori, un fenomeno culturale degno di interesse scientifico»(364).

L’integrazione filosofica e sociologica è funzionale a meglio rimarcare i caratteri dell’unitarietà e della proporzione (giusta misura) presidio di un

(363) Ivi, p. 26.

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equilibrio sistematico evolutivo e non transeunte. Stati di entropia crescente si coniugano a fenomenologie prettamente sociali ed economiche generando un quadro potenzialmente destabilizzante. Al sistema aziendale (pur deputato alla

produzione di ricchezza) sono ascritte nuove sensibilità che integrano una

responsabilità a carattere sociale. Riverberi di matrice politica minano le

condizioni di aziendalità frutto di una vulnerabile consonanza (spazio temporale)

con l’ambiente generale. Se lo iato è tradotto nel carattere cogente della norma e l’interpretazione è pedissequa e settaria l’azienda può vacillare. In tal senso è emblematica la vicenda dell’Ilva di Taranto. Nello stesso filone è agevole

iscrivere i ritardi dell’industria conciaria e della chimica(365

). Allargando la prospettiva si consideri l’incidenza deleteria della produzione dello smartphone sulla necessità di preservare le (cosiddette) terre rare.

Altre volte gli attriti originano da interpretazioni distorte e mutualmente inconciliabili della normativa giuslavoristica e sindacale. Gli attori principe delle relazioni industriali talvolta non sono abili a comporre armoniosamente le pur legittime rimostranze arroccandosi su posizioni dai tratti ortodossi. Qui l’esempio corre al caso Fiat e alla querelle tra Marchionne e Landini. L’amministratore delegato appare distonico anche rispetto alla magnificenza del risorgimento (dopo averne lungamente giovato nella promozione degli autoveicoli) palesando una sostanziale incapacità ad alimentare sentimenti di orgoglio e appartenenza

all’azienda nel quadro di una sistematica qualificazione del lavoro umano. Un

rapporto conflittuale con il territorio e la comunità di riferimento è pregiudizievole all’azienda. Più corpose le problematiche di Foxconn nel quadro di un pressoché embrionale diritto del lavoro. La vicenda appare più il lascito di approcci in fase di superamento che un dato strutturale come testimonia la vicenda del petrolchimico di Ningbo.

Uno dei sottosistemi di Coda è centrato sulle tecnologie contemplando rapporti sinergici con i tecnologi. Il lavoro evidenzia rosei orizzonti e qualche criticità. In riferimento all’ultimo aspetto si tratta di sistematici processi volti ad

(365) I due settori non appaiono comunque inerti: il primo è licenziatario del bilancio di prodotto, il secondo ha varato il programma Responsible Care.

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alterare la concorrenza tanto nel procedimento di approvvigionamento dei fattori produttivi che di collocamento degli output. Talune tecnicalità appaiono connotarsi per un intrinseco carattere antisociale facendo guadagnare agli operatori l’appellativo di furbi.net. L’ordinamento tributario (tendenzialmente a

carattere nazionale) è incapace di arginare fenomenologie di elusione fiscale (il confine con l’evasione è comunque labile). La disarmonia rispetto a questa

tematica ha riverberi nella combinazione aziendale attentando all’economicità di sistema (almeno nel lungo periodo). Aperte conflittualità con l’amministrazione finanziaria deprimono l’immagine aziendale. Di questo tenore le vicende (tra le

altre) di Ryanair e Google.

Le dinamiche legale all’informatizzazione, all’innovazione e

all’internazionalizzazione tradiscono la complessità dell’approccio. Le rivisitazioni in tema di erogazione del credito e spesa pubblica, un sistema fiscale disomogeneo e disorganico ampliano ulteriormente il perimetro delle conoscenze funzionali a garantire stati di equilibrio strutturali all’azienda. Il posizionamento strategico di un Paese e più in generale il macroambiente politico (Coda) incidono sul sistema aziendale. Tale approccio informa (tra le altre) la trattazione delle vicende Finmeccanica e Eni. Sembra emergere la necessità da parte del management anche di valutazioni squisitamente politico-diplomatiche.

Il parametro della produttività non può essere quindi associato banalmente ad un contenimento (esasperato) del prezzo del lavoro (prima Cina ora Vietnam) determinandosi in misura preponderante rispetto al patrimonio di conoscenze che caratterizzano univocamente l’azienda (e le relazioni che ne sono il cardine). La

presenza di talenti in grado di guidare l’azienda è pertanto fattore competitivo

dirimente (Global Manufacturing Competitiveness Index 2013). Conoscenze plurime, rapporti improntati alla condivisione e collaborazione, massa critica unitamente a differenziazione di prodotto, qualificazione e sostenibilità paiono deputate a favorire fisiologicamente successi aziendali.

Il lavoro valuta la situazione italiana evidenziandone limiti ed opportunità. Il congenito ed ineluttabile genius loci di concerto con un appeal inarrivabile del sistema Paese (epitome del bello e della misura) restano determinanti nel

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posizionamento competitivo dell’Italia. Il pregio di talune lavorazioni, la qualità dei materiali associati e un design decisamente originale cozzano con un’imposizione fiscale iperbolica (con l’Irap vero unicum), l’atavica penuria di investimenti diretti esteri ed un sistema dell’istruzione in innegabile affanno. Per di più è forte la vocazione classicheggiante della scuola italiana e forte il pregiudizio verso gli istituti tecnici. Altra nota dolente è la dimensione media delle aziende innegabilmente contenuta e sostanzialmente priva di massa critica. Seppur marcano la presenza nicchie ad alto valore aggiunto il sistema produttivo italiano è nei grandi numeri caratterizzato da produzioni labour intensive e per ciò stesso particolarmente esposto all’esacerbata competizione internazionale. Il quadro registra anche un colpevole ritardo nelle infrastrutture digitali a cagione di una residuale capacità di investimento del pubblico oberato da un debito a

tratti insostenibile. Resta forte la vocazione al credito bancario (nel quadro di una sostanziale sottocapitalizzazione) e l’intangibilità degli assetti proprietari

(sovente a carattere familiare) genera problematiche in fase di trapasso generazionale. Appare (almeno) non incisiva la riforma Draghi e lo spessore del mercato azionario italiano è decisamente marginale nel consesso mondiale.

La politica, pressata da richieste partorite in seno europeo, prova a rispondere assecondando solo ora le richieste del tessuto produttivo. Vanno in questo senso (seppur con disparate contraddizioni) il decreto sviluppo (d.l. 83/2012) l’Ace (d.l. 179/2012) e la legge 92/2012. La velleitaria vocazione al turismo (se

esclusiva) ed una terziarizzazione esasperata (funzionali certo ad un’auspicata e

fisiologica diversificazione dei comparti produttori di ricchezza) non possono marginalizzare ulteriormente la manifattura. Horizon 2020 ne è una lampante attestazione (pur dai tratti europei). Sarà necessario prenderne atto nel quadro desolante di una crescita anemica e flebile. Il pericolo è di ricondurre la Penisola nel novero degli emotional tour tanto affascinanti per quanto ingannevoli e comunque forieri di povertà e iniquità. Una decrescita forse felice ma sicuro esiziale per le tante aziende di quello che è ancora tra i paesi al mondo più ricchi.

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Note conclusionali

Il Biocapitalismo

L’equilibrio economico a carattere durevole ed evolutivo è funzione diretta della cumulata (nell’accezione matematica) della conoscenza di fattura collettiva (Edith Penrose). La produttività aziendale è incisa dalla funzione del capitale

intellettuale, ponderata per un fattore critico prevalente rispetto al capitale fisso e

materiale (Druker e Mokyr). L’implementazione della cultura aziendale ha carattere strategico. L’estrinsecazione sociale della conoscenza risulta strutturata in termini di gruppo, organizzazione e network (cluster) ed implementata con procedimento di cooperazione e coordinamento.

Il dato primigenio del capitale umano è riveniente nella correlazione (immanente) tra conoscenza e risorsa umana con profilatura di originalità, indefettibile autonomia e irripetibilità. La risorsa umana è amministratore di conoscenza e soggetto cardine delle comunità di pratica (estesa). Sistemi aziendali agiti dall’uomo strutturano il workplace within (abilitazioni realizzative e decisionali, profilatura motivazionale ed emotiva, aspirazioni, dati psicomotori, stock conoscitivo della risorsa umana). Intelligenza distribuita tra risorsa e capitale fisico con approccio di knowledge management.

Maestranze dequalificate cedono all’automazione dei processi. Neumann (Volkswagen) rende edotto il mercato dell’implementazione della robotica (di subentro agli operai) a detrimento della manodopera. Il costo del fattore (primigenio) lavoro associato alla produzione di autoveicoli è (in prima

approssimazione) di 10 euro in Cina, di 11 nell’Europa dell’Est e di 40 in

Germania. Palese il costo opportunità dell’automazione robotica (5 euro con piani previsionali di contenimento ulteriore a cagione di progresso tecnologico ed economie di scala). Si veda in tesi la disamina puntuale delle spese in ricerca e sviluppo delle imprese. Si constati agevolmente che l’azienda in oggetto marca la prima posizione (7,203 miliardi di euro al 2012).

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Al knowlwdge worker (perlopiù professionista dipendente) è (invece) ascritto lo stoccaggio dell’informazione. L’immanenza della funzione conoscenza nelle profilature apicali (manageriali) giova di un’esplicitazione più consistente. La risorsa (seppur anche con mansioni prettamente esecutive) applica la policy

aziendale (trasposizione fattuale della mission aziendale) con difetto di

pedanteria e senza ottemperanza pedissequa alcuna. Il dato (altrimenti spurio) della conoscenza è processato rispetto alla relazione in simbiosi con la risorsa umana. Si genera ambiente sociale a motivo di condivisione di saperi (scambio). Il carattere immanente ed incipiente della conoscenza è presidio di capacità distintiva, di irripetibilità. L’accezione trascendente, scissa e dissociata dalla

risorsa umana, ha determinazione parziale, non coglie l’essenza intima della

conoscenza. L’oggettivazione della conoscenza è (agevolmente) replicabile. La macchina è depositaria di conoscenza oggettiva, cumulo di capitale. La tecnologia (informatica) ha capacità di stoccaggio dell’informazione.

La funzione lavoro (anche della maestranza) è componente partecipativa del capitale fisico (macchine). «Così come l’artigiano, anche l’operaio addetto alle presse, controlla e capisce il modo in cui avviene la trasformazione del metallo in stampo […]. Possiede un patrimonio conoscitivo che gli permette di dominare sia il modo in cui deve avvenire una lavorazione (tramite le abilità manuali affinate

con l’esperienza), sia il perché avviene la trasformazione»(366). La catena di

montaggio (Taylor, Fordismo), la rigidità della produzione in serie, l’alienazione umana rispetto all’output aziendale (Weber) è recessiva al carattere dominante del knowlwdge worker e delle produzioni just in time.

Produzione di massa (funzione offerta), standardizzazione, pedante

sequenzialità, economia di consumo (domanda indistinta), tecnocrazia (taylorismo) cui l’introduzione della catena di montaggio (nastro trasportatore) a far data dal 1913 pone suggello (essendo la Ford T nera con personalizzazione nessuna epitome) con cornice bipolare della componente geopolitica rattrappisce

(366) L. Anselmi, R Lanzara (a cura di), Percorsi innovativi delle Pmi toscane, Giuffrè, Milano, 2001 In N. Lattanzi, Elementi di Management e dinamica aziendale, cit., p. 65.

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conseguentemente alle crisi degli anni settanta del secolo XIX (1973 guerra dello Yom Kippur e 1979 Iran). Stagflazione (poi deflazione), endemica disoccupazione e labile domanda di beni e servizi tradiscono vulnerabilità del paradigma economico in oggetto. Negli anni novanta, con il patrocinio dell’amministrazione Clinton (1992-2000), la globalizzazione dei mercati marca indelebilmente l’era dell’economia della conoscenza (corroborata dai ritrovati dell’Itc). Produzione just in time, flessibilità del processo produttivo (la fabbrica intelligente in tesi) rispondono a nuove sensibilità espresse nella funzione di domanda, bisognevole di puntuale differenziazione (a tratti individualizzazione) e alimentata da green sentiment e social responsibility.

La stratificazione di competenza (esperienziale) ha necessitato complemento di una dimensione decisionale (comunque gestoria), ponderata rispetto al mansionario ascrivibile alla risorsa. Non replicazione sterile e parossistica di procedure e tecnicalità, piuttosto simbiosi intellettuale (quasi culturale) tra la risorsa uomo e la componente tangibile. L’indagine verte sul carattere relazionale, sul dato riveniente dall’interconnessione (interattività e

complementarietà) di attivo patrimoniale (sia questo nominato tangibile

altrimenti intangibile), non in termini statici (dotazioni mere) quanto dinamici (in termini di flusso) con capacità di implementazione ed alimentazione (la dimensione finanziaria essendo qui dirimente). La capacità di analisi di un ipertrofico dato informativo (anche a carattere normativo), tecnicalità intrise di conoscenza (complessa), l’implementazione dell’informatizzazione di processi e procedure, la mondializzazione di produzioni e mercati di collocamento degli output, le sensibilità (nuove) che informano la funzione di domanda di beni e servizi (sempre più a carattere etico) abbisognano di ben tarate professionalità (conoscenze di base) e capacità personali (con determinazione predittiva

quantomeno proiettiva e speculativa). Il progresso tecnologico licenzia

succedanei sovraordinati (in termini di economicità e stringente ottemperanza alle condizioni di aziendalità) della maestranza dequalificata (implementazione di robotica ed automazione). La mondializzazione (produzioni e mercati) ascrive

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a unico parametro distintivo la componente firm specific del know how aziendale. Le differenziazioni di prezzo tradiscono logiche altre (disomogeneità della norma). La qualificazione di prodotto (del sapere), capace di utilmente aggredire mercati di collocamento delle produzioni (eventualmente di nicchia), è