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L’in house e la nuova direttiva europea in materia di concessioni:

3. L’organizzazione del servizio idrico integrato dal Codice dell’ambiente ad

3.6 I modelli di affidamento del servizio

3.6.8 L’in house e la nuova direttiva europea in materia di concessioni:

In materia di in house non si può prescindere dal considerare che sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE del 28 marzo 2014 sono state pubblicate le nuove direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e le concessioni300.

Si tratta delle direttive nn. 2014/24/UE sulle procedure d’appalto nei settori ordinari, 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali (settori speciali) e

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Cfr. Cons. Stato, Ad. plenaria 3 marzo 2008, n. 1, in www.giustizia-amministrativa.it.

300

“Le nuove norme in materia di appalti pubblici e concessioni garantiranno una qualità e un rapporto qualità prezzo migliori quando le autorità pubbliche acquisteranno o affitteranno forniture, opere o servizi” recita il comunicato stampa UE, che prosegue “per la prima volta, sono stabilite norme comuni UE in materia di contratti di concessione, per promuovere una concorrenza leale e garantire il miglior rapporto qualità-prezzo, introducendo nuovi criteri di aggiudicazione che pongono maggiormente l’accento su considerazioni ambientali, aspetti sociali e innovazione”.

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2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione301. Le prime due sostituiscono, rispettivamente, le direttive nn. 2004/18/CE e 2004/17/CE, mentre la terza, in tema di concessioni, rappresenta una novità assoluta.

Appare opportuno premettere che, almeno in questa prima fase, la direttiva Concessioni non trova diretta applicazione nel settore del servizio idrico, in forza di quanto previsto dall’art. 12 della medesima.

Le ragioni della riferita esclusione sono esplicitate nel Considerando n. 40, ove si evidenzia che “le concessioni nel settore idrico sono spesso soggette a regimi

specifici e complessi che richiedono una particolare considerazione data l’importanza dell’acqua quale bene pubblico di valore fondamentale per tutti i cittadini dell’Unione. Le caratteristiche particolari di tali regimi giustificano le esclusioni nel settore idrico dall’ambito di applicazione della presente direttiva”.

Peraltro, l’art. 53 della direttiva prevede, con riferimento alle esclusioni, che “la

Commissione valuta inoltre gli effetti economici sul mercato interno delle esclusioni previste dall’art. 12 tenuto conto delle strutture specifiche del settore idrico e trasmette una relazione in proposito al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 18 aprile 2019”.

Si ritiene opportuno illustrare, in tale sede, i contenuti delle direttive - limitatamente alla parte relativa all’in house - in considerazione del fatto che, pur non trovando diretta e specifica applicazione nel settore idrico, le stesse offrono numerose indicazioni di portata generale che rilevano anche per l’affidamento del servizio idrico integrato.

In verità, con riguardo agli appalti e alle concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico (o agli appalti tra amministrazioni aggiudicatrici, per i settori speciali) e una “persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato”, le direttive escludono le società in house dal loro ambito di applicazione302.

I principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di

in house sono stati in gran parte recepiti e codificati; ma vi sono alcune precisazioni e novità in tema di requisiti.

301

La nuova normativa è entrata in vigore il 20° giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE e gli Stati membri hanno tempo per recepire le direttive fino al 18 aprile 2016.

302

Il riferimento normativo è all’art. 12 della direttiva appalti (2014/24/UE), all’art. 28 della direttiva settori speciali (2014/25/UE) e all’art. 17 della direttiva concessioni (2014/23/UE).

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Come è noto, per l’individuazione dell’in house, è richiesto innanzitutto il controllo analogo. Le direttive, al riguardo, precisano che tale condizione risulta soddisfatta quando l’amministrazione aggiudicatrice (o anche l’ente aggiudicatore per le concessioni) esercita un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative dell’affidatario. Prevedono, inoltre, che il controllo possa essere “indiretto”, potendo essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice303. Si pensi, ad esempio, alle holding di partecipazioni, che si interpongono fra l’amministrazione aggiudicatrice e la società beneficiaria in

house, o alle società consortili304.

Le nuove direttive si premurano, inoltre, di dettagliare il requisito della prevalenza dell’attività. La condizione viene ritenuta soddisfatta qualora oltre l’80% delle attività del soggetto affidatario in house siano effettuate nello svolgimento dei compiti ad esso affidati dal soggetto controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione controllante.

Viene poi indicato cosa debba considerarsi al fine della determinazione dell’80%: prevedendolo nel fatturato totale medio o in un’idonea misura alternativa basata sull’attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica o amministrazione aggiudicatrice in questione nei campi dei servizi, delle forniture e dei lavori per i tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione305.

Novità di rilievo è quella relativa al requisito della totale partecipazione pubblica. Si considera configurata una relazione in house anche in presenza di forme di partecipazione di capitali privati, a condizione che non comportino

303

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza Carbotermo (citata) aveva espresso perplessità in merito alla possibilità che il controllo analogo venisse garantito tramite una holding: “L’eventuale influenza del Comune (….) sulle decisioni della società (…) viene esercitata mediante una società holding. L’intervento di un siffatto tramite può, a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato dall’amministrazione giudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione”. Si affermava, in pratica, che i “meri” poteri riconosciuti al socio delle società di capitali non fossero sufficienti ad assicurare il controllo analogo, occorrendo specifici ed ulteriori poteri di intervento del socio pubblico: l’articolazione dell’intera governance avrebbe dovuto garantire, nel concreto e a seconda delle circostanze del caso, il controllo analogo.

304

In tali casi, gli enti pubblici esercitano il controllo della società consortile non direttamente ma attraverso le società consorziate, che, a loro volta, sono controllate da tali enti.

305

In mancanza di tali dati, è sufficiente dimostrare la credibilità della misura dell’attività in base a sue proiezioni.

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controllo o potere di veto o l’esercizio di un’influenza determinante sul soggetto affidatario in house306.

La direttiva chiarisce anche le modalità attraverso cui le Amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possono esercitare il controllo analogo, codificando l’in house frazionato o pluripartecipato.

Tali Amministrazioni potranno esercitare il controllo in modo congiunto con le altre purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti ovvero da soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;

b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato;

c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli dei soci pubblici partecipanti.

Come rilevato dagli interpreti, nei primi commenti, la spinta alla codificazione generale dell’in house è conseguita alla nuova centralità rivestita dal ruolo pubblico anche nell’attuazione del mercato unico in un contesto - come è quello attuale - di prolungata crisi economica e sociale in Europa307.

Peraltro, l’accordo sulle nuove norme UE per le concessioni ricorda che gli Stati membri restano liberi di individuare le modalità per la concreta erogazione dei servizi, in house o esternalizzandoli a società private. La nuova direttiva non impone, quindi, la privatizzazione delle imprese pubbliche che forniscono servizi al pubblico308.

306

Quanto previsto in tema di affidamento a un soggetto in house vale anche per escludere l’applicazione della direttiva agli appalti o alle concessioni aggiudicati dal soggetto in house, che è a sua volta amministrazione aggiudicatrice, alla propria amministrazione controllante o ad altro soggetto giuridico controllato da quest’ultima, sempreché nell’aggiudicataria non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati di cui si è detto. Si verifica una sorta di bi direzionalità dell’in house.

307

C. Rangone, In house e cooperazione pubblico privato nel trattato, nella giurisprudenza della Corte e nelle nuove direttive appalti e concessioni, Relazione al Convegno IGI 27 febbraio 2014, in www.igitalia.it.

308

In particolare, la normativa ribadisce la libertà di scelta dei soggetti pubblici, senza prescrivere alcuna previa verifica di congruità sostanziale (ad es., carenze o insufficienza del mercato; ovvero, maggiore efficacia sociale, ambientale, organizzativa dell’in house rispetto al mercato ecc.).

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