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6. Lo strumento della tariffa

6.2 Il sistema tariffario delineato dal Codice dell’ambiente

6.2.1 Tariffa del servizio idrico integrato

Anche in base alla legislazione italiana, le modalità di determinazione della tariffa rappresentano un aspetto cruciale per lo sviluppo dell’intero settore435.

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Come già detto, ciò vale, in particolare, per i settori dell’agricoltura, dell’industria e del turismo. Maggiore rigidità presentano, invece, i consumi domestici.

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Il recupero dei costi dei servizi potrebbe, tuttavia, nuocere ad alcune categorie di utenti, come le piccole comunità rurali ed agricole, che potrebbero non essere in grado di pagare.

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Certamente, le politiche di tariffazione devono pensare sia alle acque superficiali che a quelle sotterranee tanto è vero che, se si valorizzassero principi ambientali solo sulle tariffe delle acque superficiali, si stimolerebbe uno smisurato sfruttamento delle acque sotterranee.

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Si consideri che, viceversa, nel sistema italiano, almeno nella definizione del metodo di calcolo della tariffa è attribuito un ruolo centrale all’Autorità di regolazione nazionale, intervenendo gli enti d’Ambito solo in un secondo momento.

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M. Atelli, Il ruolo della tariffa nella disciplina del servizio idrico integrato, in Anal. giur. econ., 2010, p. 221.

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Tant’è vero che, tra i compiti assegnati all’Autorità d’Ambito (oggi, ente di governo dell’Ambito) riveste un’importanza tutt’altro che marginale quello relativo alla determinazione della tariffa, sulla scorta dei criteri stabiliti dall’Autorità di regolazione nazionale436.

Inoltre, l’ente di governo dell’Ambito ha il potere-dovere di controllare i gestori del servizio idrico integrato e tutelare gli utenti da eventuali abusi, anche se è auspicabile che i due soggetti in questione cooperino tra loro437.

Negli ultimi anni, le tariffe idriche in Italia sono cresciute molto lentamente, per effetto sia del metodo normalizzato, ove applicato, sia di decisioni intermittenti del CIPE che, nella lunga fase di transizione, ha svolto il ruolo del regolatore tariffario per gli ambiti che non avevano ancora affidato il servizio su base integrata438.

Fino all’entrata del Codice dell’ambiente, gli aumenti concessi sono stati del tutto insufficienti ad avviare il ciclo degli investimenti necessari a colmare il ritardo strutturale accumulato negli ultimi anni. I livelli tariffari nel nostro Paese sono rimasti, infatti, largamente inferiori a quelli di altri Paesi europei: mentre la tariffa media in Italia si attestava intorno a 0,90-0,95 euro/mc, pur con ampie disuguaglianze territoriali439, con una previsione di rialzo fino a 1,30 euro/mc nei primi dieci anni di applicazione del metodo normalizzato e fino ad un massimo di 1,36 euro/mc al ventesimo anno di esercizio440, in numerosi Stati d’Europa, i livelli si collocavano, già diversi anni, fa fra i 2,0 e i 3,0 euro/mc.

Addirittura, in alcuni A.T.O. le tariffe iniziali coprono oggi appena i costi operativi, non generando alcun ricavo da utilizzare per gli investimenti. Pertanto,

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Si tratta di una funzione essenziale anche per l’elaborazione del piano finanziario (e, quindi, per la scrittura del piano d’Ambito), che contiene la previsione annuale dei proventi della tariffa.

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G. Garzia, Dal canone di depurazione e fognatura alla tariffa dei servizi idrici, in Giorn. Dir. Amm., 2000, p. 201.

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In ordine alle modalità di definizione della tariffa utilizzate prima dell’adozione del Codice dell’ambiente, cfr. il Capitolo I, nella parte dedicata alla legge Galli.

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Si registrano valori della cosiddetta Tariffa Media Ponderata delle Gestioni Preesistenti – TMPP – compresi fra i 0,58 euro/mc dell’ATO veneto “Valle del Chiampo” e i 1,39 euro/mc dell’ATO di Enna.

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Non solo le tariffe muovono da livelli modesti, ma anche i loro incrementi non sono prevedibili, né si hanno margini di flessibilità per accrescerle. Il metodo normalizzato prevedeva un limite massimo di aumento tariffario annuale, il parametro noto come “K”, pari al 5 per cento in termini reali.

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nuove opere e rifacimenti dovrebbero essere sovvenzionati per intero da capitale di rischio o da debito fiduciario od obbligazionario.

Con l’aggiornamento delle norme ambientali, il CIPE ha perso ogni ruolo nella determinazione dei costi441, si è abbandonato anche il metodo normalizzato e si è invitato a far ricorso al principio comunitario “chi inquina paga”.

Il metodo normalizzato, tuttavia, si sarebbe applicato, laddove possibile, fino all’emanazione del decreto che, su proposta dell’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (oggi Aeeg), il Ministro dell’ambiente è tenuto ad adottare ai sensi dell’art. 154, comma 2, d.lgs. n. 152/2006.

Con tale decreto, vengono oggi definite le componenti di costo per la determinazione della tariffa “relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego

dell’acqua”442. Inoltre, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono stabiliti i criteri per la determinazione, da parte delle Regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica, considerando i costi ambientali e quelli della risorsa. L’aggiornamento dei canoni dovrebbe avvenire con cadenza triennale443.

Dunque, all’ente di governo dell’Ambito è attribuita la competenza per la determinazione della tariffa di base444, nel rispetto delle disposizioni contenute nel suindicato decreto del Ministro dell’ambiente e con l’obbligo di comunicare la tariffa stessa all’Autorità di regolazione nazionale e al Ministero medesimo445. La

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Con la sentenza 1 gennaio 2014, n. 255, in www.dirittodeiservizipubblici.it, il Consiglio di Stato (sez. III) ha definitivamente risolto la questione relativa alla attribuzione di competenze in materia di determinazione delle tariffe idriche anche per le gestioni cd. transitorie per gli anni 2010 e 2011, riconoscendo la competenza dell’Aeeg.

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L’art. 170, comma terzo, lett. l, dispone, infatti, che fino all’emanazione del citato decreto, continua ad applicarsi il d.m. 1° agosto 1996.

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Quanto al possibile conflitto di attribuzione tra competenze statali e regionali, la Corte costituzionale ha più volte avuto occasione di chiarire che, salvi i casi previsti dalla legge statale, si deve tuttora escludere la potestà delle Regioni di legiferare sui tributi esistenti e regolati da leggi statali. Cfr. Corte cost., sent. 15 ottobre 2003, n. 311, in Giur. Cost., 2003, vol. III, p. 2929; sent. 26 gennaio 2004, n. 37, in Giur. Cost., vol. I, p. 517; sent. 27 luglio 2005, n. 335, in Giur. Cost., 2005, vol. II, p. 3159. In ultimo, Corte cost., sent. 4 febbraio 2010, n. 29, in www.cortecostituzionale.it; sul punto cfr. A. Moscarini, Tariffa dei servizi idrici: competenza statale o ragionevole differenziazione?: note a prima lettura sulla sent. n. 29 del 2010, in Giur. cost., 1/2010, 397 ss.

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Una volta costituita l’Autorità d’Ambito (oggi, ente di governo dell’Ambito), affidata la gestione del servizio, la determinazione della tariffa deve essere effettuata solo dall’AATO; il singolo Comune è incompetente ad assumere determinazioni in materia tariffaria. T.A.R. Toscana, sez. I, sent. 16 gennaio 2003, n. 9, in Foro Toscano-Toscana giur., 2003, p. 399.

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Si sarebbe potuto prevedere che fosse l’Autorità di regolazione nazionale del settore a delineare i criteri e a fissare eventualmente le soglie per i parametri, lasciando i dovuti margini di flessibilità

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tariffa è, infine, applicata dai soggetti gestori, nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare (art. 154, comma 5).

Secondo l’originario disposto dell’art. 154, nel determinare la tariffa, si sarebbe dovuto tener conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’Ambito, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi d’investimento e d’esercizio.

A tacer d’altro, “l’aver legato la tariffa alla dinamica dei costi di investimento

e di esercizio comporterà inevitabilmente una sua graduale crescita, che sarà certamente superiore proprio in quelle aree più depresse del nostro Paese che necessitano di maggiori investimenti”446aveva anticipato una parte della dottrina. Era (ed è), inoltre, previsto che, nella modulazione della tariffa, fossero garantite le agevolazioni per i consumi domestici essenziali e per i consumi di categorie a basso reddito, con possibili maggiorazioni per le residenze secondarie, per gli impianti stagionali e per le aziende artigianali, commerciali e industriali447. Infine, l’eventuale modulazione della tariffa tra i Comuni deve considerare gli investimenti pro capite per residente, effettuati dai Comuni medesimi ed utili ai fini dell’organizzazione del servizio idrico integrato (art. 154, comma 7, d.lgs. 152/06).