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Verso la liberalizzazione del settore: gli interventi dei primi anni 2000

Come detto, la legge Galli lasciava agli enti locali, riuniti nelle A.A.T.O., in esercizio delle proprie prerogative di organo di governo del settore, la facoltà di scegliere le modalità di affidamento del servizio idrico integrato, nei limiti dei

“tipi” previsti dalla legge. Accordava anche la possibilità di affidare i servizi in concessione ad imprese private, peraltro, senza che a ciò corrispondesse

“l’allestimento di un sistema di regolazione capace di garantire in forme obiettive la contendibilità del servizio e la tutela dei consumatori”96.

Tale sistema venne energicamente riformato dall’art. 35 della l. n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002)97, che provò ad inserire i servizi pubblici locali in un nuovo mercato regolato, all’interno del quale l’ente locale, proprietario della rete, si sarebbe preoccupato della sola regolazione del servizio, ritraendosi invece dal ruolo di gestore. In particolare, si generalizzò l’obbligo di gara per

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G. Sirianni, I servizi idrici tra programmazione e mercato, in Amministrazione in Cammino, in www.luiss.it, 2007.

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Per un esame dell’art. 35 della legge n. 448 del 2001, con specifico riguardo agli aspetti attinenti al servizi idrici, v. G. Butti e M. Chiosi, Servizi pubblici locali e gestione idrica. Commento al nuovo articolo 113 del Testo unico sugli enti locali e alle disposizioni transitorie, con particolare riguardo al servizio idrico integrato, Milano, 2002.

Sulla portata generale dell’art. 35 cfr. G. Armao, I servizi pubblici locali tra riforma statale e competenze regionali, in Primo rapporto sullo stato delle autonomie locali, Roma, 2002, p. 247; L. Benvenuti, Discrezionalità amministrativa e gestione dei servizi pubblici locali, in Dir. Reg., 2002, p. 331; R. Damonte, La gestione dei servizi pubblici locali dopo la finanziaria, in Urb. e appalti, 2002, p. 253; M. Dugato, I servizi pubblici degli enti locali, in Gior. di dir. Amministrativo, 2002, p. 218 e ss.; D. Ielo, Prime considerazioni sulla nuova riforma dei servizi pubblici locali, in Rass. Giur. Ener. Elett., 2002, p. 71; M. Lucca, I servizi pubblici locali a rilevanza industriale dopo la legge 448 del 2001: una riforma tra regime di monopolio ed esternalizzazione dell’azionariato privato, in Dir. Reg., 2002, p. 407; L.R. Perfetti, I servizi pubblici locali. La riforma del settore operata dall’art. 35 della l. n. 448/2001 ed i possibili profili evolutivi, in Dir. Amm., 2004, 4, p. 575 e ss.; A. Vigneri, Servizi pubblici locali al bivio, in Dir. Reg., 2002, 4, p. 561 e ss.

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l’affidamento dei servizi agli operatori in regime di esclusiva, prevedendo al contempo la decadenza dei diritti speciali ed esclusivi in precedenza attribuiti senza procedure di gara; venne, peraltro, mantenuta in casi particolari (es. gara bandita andata deserta) la possibilità di affidare direttamente il servizio, senza gara, vale a dire in house.

Il legislatore del 2001, pur essendo conscio dell’improponibilità di un’immediata apertura del mercato della gestione dei servizi idrici, non usò l’accortezza di ritoccare, corrispondentemente, il sistema di programmazione del SII, allestito dalla legge Galli98, prevedendo semplicemente una fase transitoria di diciotto mesi99, durante la quale si sarebbe potuto affidare temporaneamente il servizio a società totalmente controllate dagli enti locali riuniti nell’A.A.T.O. Tali società avrebbero, però, dovuto “mettere sul mercato”, entro due anni, almeno il 40% del capitale, pena la perdita immediata dell’affidamento.

In pratica, la gestione pubblica del servizio avrebbe dovuto introdurre alla successiva liberalizzazione, conformemente all’orientamento della Corte di Lussemburgo100101, secondo la quale la normativa europea in tema di appalti pubblici non trova applicazione solo quando manca un vero e proprio rapporto contrattuale tra due soggetti, come nel caso di delegazione interorganica o di servizio affidato, in via eccezionale in house. In altri termini, si può procedere ad affidamento diretto della gestione del servizio, senza ricorrere alle procedure ad evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie, quando la società affidataria sia interamente partecipata dall’ente, quest’ultimo eserciti su di essa un

“controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi e la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti che la controllano.

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Cfr. M. Alesio, Il servizio idrico integrato tra Scilla e Cariddi, in Giustamm.it, 2002.

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Il termine per procedere all’affidamento diretto è stato successivamente elevato a 24 mesi dall’art. 7, comma 2 bis, del decreto legge n. 147 del 24 giugno 2003, convertito con modificazioni in legge n. 200 del 1° agosto 2003.

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Si consideri che la Commissione europea aveva già avviato nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione (n. 2184 del 1999) con lo scopo di limitare a casi eccezionali il ricorso all’affidamento diretto.

101

C.G.C.E., sent. Teckal 18 novembre 1999, causa 107/98, in Riv. It. Dir. Pubbl. Comun., 2000, 1393, con nota di G. Greco, Gli affidamenti in house di servizi e forniture, le concessioni di pubblico servizio e il principio della gara. Sul punto, cfr. infra il paragrafo dedicato alle modalità di affidamento del servizio idrico, nel quale si illustra diffusamente l’evoluzione giurisprudenziale europea e nazionale in materia di in house.

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Peraltro, il 26 giugno 2002, la Direzione Generale Mercato Interno avviò una procedura comunitaria di infrazione contro l’Italia, ex art. 226 Tr. CE, per stigmatizzare il ristretto ricorso alle procedure ad evidenza pubblica. Nello specifico, si lamentò l’incompatibilità di alcune parti dell’art. 35 della legge finanziaria del 2002 con le direttive europee 92/50/CEE sugli appalti di servizi e 93/38/CEE sui settori esclusi, oltre che l’eccessiva durata del periodo transitorio che faceva salvi gli affidamenti diretti effettuati in violazione del diritto comunitario. Due delle quattro censure mosse dalla Commissione europea, riguardarono proprio il servizio idrico integrato. Si ritennero in contrasto con le norme comunitarie sia gli affidamenti diretti avvenuti in passato a favore di società a totale o prevalente capitale pubblico sia l’art. 35, che - come detto - prevedeva la possibilità di effettuare affidamenti diretti, ancorché per un periodo di tempo limitato, a favore di società partecipate unicamente da enti locali facenti parte di uno stesso Ambito102.

Il legislatore nostrano intervenne d’urgenza con l’art. 14 del d.l. n. 269 del 100303, convertito nella l. n. 326 del 2003, che, tra l’altro, abrogò il contestato comma quinto dell’art. 35 della legge finanziaria 2002103. La nuova disciplina estese la facoltà dell’Amministrazione di ricorrere all’affidamento diretto in

house, senza gara, esigendo, però, che l’affidatario fosse integralmente a capitale pubblico e si sottoponesse ad un controllo da parte degli stessi soci pubblici “pari

a quello esercitato sui propri servizi”. In pratica, nell’impianto della legge del 2003, l’in house providing, senza gara, non era una possibilità residuale e temporanea, concessa solo quando impedimenti oggettivi non permettessero di esternalizzare il servizio, bensì uno strumento cui l’ente locale avrebbe potuto fare ordinariamente ricorso quando avesse preferito “autoprodurre” il servizio con organizzazione propria104.

102

Cfr., in proposito il commento di S. Cassese, Il neosocialismo municipale, in Corriere della Sera, 29 ottobre 2003.

103

Anche la grande distinzione dei servizi, prevista dall’articolo 35, tra industriali e non industriali venne trasformata nella nuova: “servizi a rilevanza economica” e “privi di rilevanza economica”. Sul punto, cfr. A. Graziano, Servizi pubblici locali: modalità di gestione dopo le riforme di cui alla legge 24 novembre 2003, n. 326 e alla legge 24 dicembre 2003, n. 350 e compatibilità del modello dell’in house providing alla luce delle ultime pronunce della Corte di Giustizia (sentenze Stand Hall dell’11 gennaio 2005, Parking Brixen del 25 novembre 2005 e Modling del 10 novembre2005), in www.giustiziamministrativa.it,2005.

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In proposito, illustre dottrina ha ricordato come, già oltre diversi decenni or sono, il presidente del Conseil d’Etat Latournerie avesse qualificato il servizio pubblico come un “Lazare juridique”, in riferimento alla circostanza che, assai frequentemente, dietro le apparenti novità legislative, si nascondono vecchie conoscenze105.

Del resto, l’ambiguità della normativa, i rallentamenti burocratici, il conservatorismo del ceto politico, uniti - per quanto in questa sede più direttamente interessa - all’atavica inadeguatezza del sistema di programmazione economica del sistema idrico, dimostravano l’assenza di condizioni essenziali per la realizzazione di una gestione industriale privata. Inoltre, la durata estremamente lunga degli affidamenti (comunque non superiore ai 30 anni) scoraggiava le imprese che aspiravano ad entrare nel settore.

Agli studiosi, in quegli anni, non restava che sperare che la “nuttata” passasse in fretta106 e che si giungesse ad una piena condivisione su quello che avrebbe dovuto essere l’approdo definitivo della trasformazione del settore: avrebbe prevalso una logica di liberalizzazione e di concorrenzialità tra gli operatori economici interessati al mercato o, piuttosto, un sistema misto di concorrenza e monopolio pubblico?107108.