• Non ci sono risultati.

5. Il “tentativo di industrializzazione” della legge Galli

5.4 Il nuovo sistema tariffario

Un’altra novità della legge Galli per la riorganizzazione del settore idrico fu proprio la disciplina tariffaria86.

Si dispose che la tariffa, quale “corrispettivo del servizio idrico”, fosse calcolata sulla base della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere stesse, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo da assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (art. 13).

La legge progettava un unico sistema tariffario per ciascun A.T.O., comprensivo dei servizi di distribuzione di acqua potabile, fognatura e depurazione.

85

Inoltre, l’art. 31 prevedeva che i piani, gli studi e le ricerche realizzate dalle amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla l. n. 183 del 1989 fossero comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.

86

Fino al 1974, le tariffe dell’acqua erano determinate dal Comitato Interministeriale Prezzi (CIP), senza alcun riferimento ai costi di gestione. A partire da quell’anno, il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) demandò la fissazione delle tariffe ai Comitati Provinciali Prezzi (CPP), maggiormente in grado di valutare l’effettivo costo del servizio. Dal 1984, gli adeguamenti della tariffa idrica furono assoggettati al limite dell’inflazione programmata. Nella seconda metà degli anni ‘80, la situazione di grave deficit finanziario in cui versavano gli enti gestori del servizio spinse nella direzione di un allentamento dei vincoli alla crescita delle tariffe. Con il d.lgs. n. 504 del 1992 si attribuì agli enti in economia, gestori del servizio, la facoltà di variare le tariffe anche senza l’approvazione del CPP. Così, a partire dal 1992, il corrispettivo del servizio idrico venne definito secondo diverse modalità: per le gestioni comunali dirette, gli enti locali stabilivano le tariffe in modo autonomo, mentre le aziende private di gestione rimanevano sottoposte alle autorizzazioni dei CPP.

29

La tariffa era determinata dagli enti locali su una base di riferimento fissata dal Ministero dei Lavori Pubblici, “di intesa con il Ministero dell’Ambiente, su

proposta del Comitato di vigilanza di cui all’art. 21, sentite le autorità di bacino di rilievo nazionale, nonché la Conferenza permanente, per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano”.

Più precisamente, il Ministro elaborava previamente un “metodo normalizzato

per definire le componenti di costo e determinare la tariffa di riferimento”. Quest’ultima rappresentava anche la base per i successivi adeguamenti tariffari, che dovevano tenere conto dei risultati dell’applicazione della legge stessa, del tasso di inflazione programmato e “degli obiettivi di miglioramento della

produttività e della qualità del servizio fornito” (art. 13, commi 4 e 8) .

Come detto, la tariffa del servizio era, infine, determinata dalle Autorità d’Ambito, “anche in relazione al piano finanziario degli interventi relativi al

servizio idrico di cui all’art. 11, comma 3” (art. 13, comma 5) ed applicata dai soggetti gestori “nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare” (art. 13, comma 6). Peraltro, la circostanza che la potestà di definizione delle tariffe fosse posta in capo agli enti locali, riuniti nelle A.A.T.O., non precludeva ai gestori di presentare proposte, in attuazione dei principi generali sulla partecipazione al procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 199087, anche in considerazione delle approfondite conoscenze tecniche da loro possedute in ordine alle modalità di erogazione del servizio e ai relativi costi88.

Malgrado la chiarezza del disegno normativo appena descritto, si avvertì la necessità di adottare norme integrative, per facilitarne l’applicazione.

In primo luogo, l’art. 2 del d.l. n. 79 del 1995, convertito con modificazioni nella legge n. 172 del 1995, nel sostituire l’art. 17, comma 2, della legge n. 319 del 1976, dispose che “in caso di mancata elaborazione entro il 31 luglio 1995

del metodo normalizzato di cui all’art. 13 della legge 36 del 1994, e fino all’elaborazione dello stesso, i criteri, i parametri ed i limiti per la determinazione e l’adeguamento delle tariffe del servizio idrico (…)” fossero

87

In particolare, l’art. 10, comma 1, della legge n. 241/1990, prevede la possibilità di presentare “memorie scritte e documenti che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento”.

88

G. Garzia, Dal canone di depurazione e fognatura alla tariffa dei servizi idrici, Opinioni, in Giornale di diritto amministrativo, 2/2000, p. 199.

30

fissati dal C.I.P.E. (Comitato Interministeriale per la programmazione economica), con particolare riferimento alle quote di tariffe riferite al servizio di fognatura e di depurazione.

In tale quadro si inserì l’art. 31, comma 28, della legge n. 448 del 1998, stabilendo che, a decorrere dal 1° gennaio 1999, il corrispettivo dei servizi di depurazione e fognatura costituisse quota di tariffa ai sensi degli artt. 13 e seguenti della legge n. 36 del 1994. Il successivo comma 29 confermò la competenza del C.I.P.E. a fissare parametri e limiti per la determinazione e l’adeguamento delle tariffe “fino all’entrata in vigore del metodo normalizzato”.

In effetti, il regolamento disciplinante il c.d. “metodo normalizzato”89 venne adottato dal Ministero dei lavori pubblici con il d.m. 1° agosto 1996. Esso definì la tariffa di riferimento come “lo strumento per consentire la realizzazione di

adeguati livelli di servizio, per sostenere conseguenti programmi di investimento nell’equilibrio di bilancio, per ottenere il contenimento dei costi al consumo, il miglioramento dell’efficienza della gestione e la tutela dell’interesse dell’utenza”

(art. 1)90.

Tuttavia, per la sua applicazione, il metodo normalizzato presupponeva la redazione del piano finanziario, che avrebbe dovuto indicare le risorse disponibili, quelle da reperire e i proventi delle tariffe per il periodo considerato, e, quindi, l’attuazione del “servizio idrico integrato”, ossia la delimitazione dell’A.T.O., l’avvenuta organizzazione degli enti locali nell’Ambito, la scelta del modello gestionale e l’effettivo conferimento dei servizi al gestore.

89

Il Comitato per la vigilanza sulle risorse idriche, nella relazione annuale al Parlamento del 2002, fece un riassunto delle fasi del metodo: “dopo aver stabilito i costi operativi, gli ammortamenti e la remunerazione del capitale investito, si determina la tariffa reale media, dividendo le tre componenti per il volume erogato ipotizzato; l’incremento tariffario che ne risulta deve essere contenuto entro un valore massimo ammissibile; nel caso in cui ciò non si verifichi, si procede alla rimodulazione degli interventi previsti inizialmente, fino a quando tutte le percentuali di incremento tariffario previste nel progetto risulteranno inferiori al tetto massimo consentito; infine, dopo questa verifica, si giunge allo sviluppo della tariffa reale media, da articolare poi ai sensi dell’art. 7 del Metodo (ossia del d.m. 1° agosto 1996). In tal modo, la tariffa di prima applicazione è rappresentata dal valore minore tra la tariffa reale media e la corrispondente tariffa limite, mentre dal secondo esercizio della gestione unificata il limite massimo della tariffa è rappresentato dalla tariffa applicata all’esercizio precedente opportunamente rivalutata e adeguatamente ridotta del coefficiente di miglioramento dell’efficienza; senza che risultino però esplicitate le componenti “aggiustate” (costi operativi, ammortamenti e remunerazione del capitale) che vanno a determinare le tariffe applicate”.

90

Sul metodo normalizzato, cfr. G. Bottino, I servizi idrici. Acquedotti, fognature, depurazione, inquinamento. Gestioni, controlli, responsabilità, Milano, 2002, p. 215.

31