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L’ingiustizia: meglio subirla che commetterla

2. Come bisogna vivere?

2.1 L’ingiustizia: meglio subirla che commetterla

Arrivato a questo punto della discussione, il personaggio di Socrate, utilizzando la figura del retore come liaison, passa ad affrontare con Polo il tema etico di quale sia il modo in cui bisogna vivere, intendendo dimostrare che il retore, e come lui il tiranno e più in generale qualunque individuo

commetta ingiustizia, non può dirsi felice, giacché la felicità è propria solo dell’uomo giusto. Per affermare l’identità di giustizia e felicità, Socrate si dedica a dimostrare che è meglio subire un’ingiustizia piuttosto che commetterla, e che, nel caso in cui la si compia, è opportuno augurarsi di ricevere la giusta punizione.

Ogni azione, spiega Socrate, ha come unico fine il bene dell’agente (499e 8-9). Ciò significa che, diversamente da qualsiasi altro bene, il bene

personale, vale a dire la propria felicità, costituisce il fine ultimo di ogni

azione razionale e “la ragione finale per cui qualsiasi cosa è desiderata”. 117 Tuttavia i retori e i tiranni non fanno veramente “ciò che vogliono” (ha

boulontai), ma solamente ciò che a loro pare (ha dokei autois) essere un

bene per loro: quando il tiranno esilia o manda a morte qualcuno ingiustamente, oltre a fare il male dell’esiliato e del condannato, fa, e in misura decisamente maggiore, il proprio di male. Il tiranno crede attraverso quelle azioni di esprimere il proprio potere e contribuire a realizzare il proprio benessere e la propria felicità, ma non sa che quelle azioni, in quanto ingiuste, fanno soltanto ammalare la sua anima del peggiore di tutti i mali, l’ingiustizia, e contribuiscono a renderlo il più infelice di tutti gli uomini. Come afferma Socrate:

Non vorrei che mi capitasse né una cosa né l’altra; ma se fosse necessario scegliere se commettere un’ingiustizia (adikein) o subirla (adikeisthai), sceglierei di subirla piuttosto che di commetterla (Gorg., 469c 1-2).

Dicendo che l’ingiustizia è il peggiore di tutti i mali che possono colpire un’anima, Socrate non intende con “peggiore” ciò che procura un dolore

Cfr. G. Vlastos, Socrates: Ironist and Moral Philosopher (1991), trad. it., Il

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maggiore, ma ciò arreca un danno più grande. Pur non essendoci alcun 118 dubbio sul fatto che il condannato a morte e l’esiliato ingiustamente puniti soffrono molto, bisogna considerare il fatto che il loro dolore è principalmente di tipo fisico, e quindi infinitamente più sopportabile del male psichico che patisce il tiranno.

Ma ancora più sventurato dell’ingiusto, prosegue Socrate, è l’uomo ingiusto che resta impunito (472e 4-7): la punizione (timoria), a patto ovviamente che si tratti di una punizione giustamente impartita, possiede infatti un potere terapeutico, giacché sa curare l’anima liberandola dal male dell’ingiustizia, ripristinando al suo interno l’ordine e l’armonia perduti, e restituendo così all’ingiusto la possibilità di vivere o di tornare a vivere una vita felice. Colui quindi che, una volta commessa un’ingiustizia, si rifiuta di sottoporsi alla terapia (iatrike) della punizione non fa che il proprio male, perché contribuisce a rendere cronica la malattia dell’ingiustizia, e la propria anima incurabile (aniaton, 480b 2).

Diversamente da quanto riteneva Polo, che si può essere felici anche se ingiusti, Socrate ha dimostrato che per raggiungere l’eudaimonia c’è una sola strada da percorrere, ed è quella della giustizia e della punizione: solo l’uomo giusto può essere felice, e solo l’uomo che ha il coraggio di sottoporsi al giusto castigo può tornare ad esserlo.

Più avanti, dopo aver discusso col personaggio di Callicle circa il rapporto tra bene e piacere, e aver confutato la tesi edonistica di questi (per Callicle, come vedremo nel seguente paragrafo, bene e piacere coincidono, e la vita giusta si realizza appagando ogni proprio desiderio in maniera indiscriminata) Socrate concluderà dicendo che:

(…) è evidente che chi vuole essere felice deve (…) fare di tutto per non aver bisogno di essere punito; se poi capita che ne abbia bisogno “(…) essere ingiusto non è più doloroso che essere povero e malato” (Gorg.,

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(…) gli deve venire inflitta la pena e deve essere punito, se vuole davvero essere felice (Gorg., 507c 9-d 6).

È importante a questo punto notare l’affinità significativa tra la punizione e la confutazione (elenchos) socratica, la cui valenza terapeutica consiste nel liberare l’interlocutore dalle false opinioni e dai pregiudizi di cui può essere inconsapevolmente imbevuto, esortandolo a prendere coscienza di due verità: quella sull’oggetto della discussione, e- ancora più importante- quella relativa al livello di conoscenza che ha dell’oggetto. Come molti studiosi hanno sottolineato, la confutazione rappresenta il corrispettivo 119 della punizione sul piano dialettico, e come all’ingiusto è richiesto un certo coraggio per sottoporsi alla punizione, lo stesso vale per l’interlocutore di Socrate: serve coraggio per mettere in discussione la tenuta dei propri valori e la fondatezza delle proprie opinioni, sapendoli poi correggere nel caso in cui questi si rivelino sbagliati e dannosi per la salute psichica. Accogliere la confutazione è quindi sempre utile e vantaggioso, poiché anche le false opinioni e soprattutto il credere di sapere qualcosa che non si sa (vizio che nel Sofista è definito “stoltezza” (amathian, 229c 9) nuocciono alla salute dell’anima. Come suggerisce Socrate a Polo:

Abbandonati con coraggio al discorso come faresti con un medico e rispondi di sì o di no alle domande che ti pongo (Gorg., 475d 5-7). Socrate, e non soltanto il Socrate del Gorgia, ma il Socrate che pratica l’elenchos, è quindi definibile come “a true doctor of the soul”: come il 120 medico sa ripristinare la salute fisica servendosi dei farmaci, così Socrate può ripristinare la salute psichica attraverso il dialogo.

Tra gli altri Irwin (Cfr. Plato, Gorgias, Clarendon Press, Oxford 1979, p.4);

119

Ferrari (Cfr. Socrate tra personaggio e mito, Rizzoli, Milano 2007, p. 60).

Cfr. D. Sedley, Myth, punishment and politics in the Gorgias, in. C. Partenie

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