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Il mito escatologico: per ogni carattere un luogo appropriato

2. Le Leggi, un dialogo politico

2.3 Il mito escatologico: per ogni carattere un luogo appropriato

Il personaggio dell’Ateniese si rende però conto che, per rendere il discorso contro l’ateismo ancora più persuasivo, è necessario un supplemento

mitico. Infatti afferma: 197

Mi sembra che ora già soprattutto in modo sufficiente abbiamo discusso con colui che ama accusare di trascuratezza gli dei (…) con il forzarlo con i discorsi (tois logois) a concordare che egli non dice correttamente; e mi sembra che abbia ancora bisogno di alcune parole capaci di ammaliare (epodon ghe men prosdeisthai moi dokei mython

eti tinon) (Leg., 903a 7-b2).

Cfr. Ferrari, I miti di Platone, cit., p. 337. 197

Il mito escatologico delle Leggi serve quindi per persuadere il ragazzo empio al quale l’Ateniese immagina di rivolgersi del fatto che, essendo l’universo sotto la protezione e la guida di un’anima divina, razionale e benevola, anche il destino oltremondano di ciascun individuo dovrà sottostare all’ordine provvidenziale del tutto ed essere così disposto per il meglio. Colui che si cura di tutto sposterà il carattere (ethos) divenuto migliore in un posto migliore, e quello divenuto peggiore in un posto peggiore, ciascuno di essi “secondo ciò che conviene” (kata to prepon), affinché ottenga il destino che gli spetta (hina tes prosekouses moiras

lanchanei) (903d 6-e). Per ciascuna anima esiste quindi nell’Aldilà un

luogo appropriato. Più precisamente, l’anima che “muta negli aspetti più piccoli del carattere si sposta meno lungo la superficie della regione” (904c 9-10), mentre se cambia negli aspetti inferiori del carattere, ricadendo più volte nell’ingiustizia, sprofonda in quei luoghi inferiori che gli uomini chiamano Ade. Infine, l’anima che si mostra virtuosa, viene spostata ( m e t e b a l e n ) i n u n a s e d e s a n t a e d e m i n e n t e ( 9 0 4 d - e ) , “trasportata” (metakomistheisa) in un luogo migliore.

È fondamentale precisare che in questo quadro l’anima è sì governata dal dio, ma possiede anche una propria volontà. Come afferma l’Ateniese: il dio “ha lasciato alla volontà (tais boulesesin) di ciascuno di noi le cause del generarsi di una certa qualità”. E prosegue dicendo:

Infatti ciascuno di noi, per lo più, nel modo in cui desideri e quale essendo nell’anima, per così dire in questo modo e tale diventa ogni volta (Leg., 904c 2-4).

Analogamente a quanto abbiamo visto nel caso del mito di Er (Resp., 617 d-e) in cui è l’anima (e non il dio) responsabile della scelta della futura vita, così anche l’anima delle Leggi è dotata di libero arbitrio: è un’anima che

sceglie come agire e quale ethos sviluppare di conseguenza, un’anima che sceglie il proprio destino.

È il caso di discutere qui la tesi di Saunders in merito alla facilità che caratterizza l’operato di “colui che si cura di tutto” (toi tou pantos

epimeloumenoi, 903b 5). Come aveva affermato l’Ateniese:

Mi sembra di voler dire nel modo in cui sarà facile (raistones) agli dei la cura del tutto (Leg., 903e 3-4).

E poco più avanti aveva ribadito che:

è straordinaria (thaumaste) la facilità (raistone) per chi si occupa dell’universo (Leg., 904 3-4).

Secondo Saunders, alla base della facilità con la quale il dio dispone ogni cosa sta il fatto le masse previste dal sistema cosmologico, vale a dire i luoghi oltremondani che l’anima può andare ad abitare una volta separatasi dal corpo, sono in numero finito. Come nel caso dell’escatologia del Timeo (che Saunders ritiene strettamente connessa con la teoria dei quattro elementi), così anche nelle Leggi Platone cerca di fondare l’etica sulla 198 fisica attraverso un’escatologia scientifica e impersonale, in cui il destino 199 dell’anima si realizza in maniera “semi-automatic”.

Secondo Saunders nelle Leggi Platone, ormai lontano dall’ottimismo che lo aveva portato a elaborare il progetto della kallipolis, sempre meno fiducioso rispetto all’idea di poter creare un corpo civico di individui “autodiretti” e conscio della varietà di soggetti socialmente pericolosi dai quali una città è chiamata a guardarsi, cerca di elaborare una nuova e infallibile teoria della

Cfr. supra, p. 111. 198

“In effect, he tries to ground ethics in physics” (Ibidem, p. 244). 199

punizione che garantisca una perfetta corrispondenza e una totale proporzionalità tra crimine e pena, permettendo così la realizzazione di una

polis giusta e felice. Così, per garantire che nel mondo ultraterreno, così

come tra le strade di Magnesia, regni un sistema assolutamente giusto che dia a ciascuno ciò che merita bisogna che le anime vadano automaticamente verso il loro destino: i buoni andranno tra i buoni perché avranno scelto di vivere bene, e i cattivi andranno tra i cattivi perché avranno scelto con le loro azioni di sviluppare un ethos lontano dalla virtù. Come scrive Saunders: “the good create their own heaven, the wicked their own hell”. 200 Ora, sebbene la tesi di Saunders sia stata di ispirazione per non pochi studiosi, essa ha anche riscontrato alcune critiche, come ad esempio 201 quella di Stalley. Come nota l’autore, anche se il linguaggio delle 202 escatologie del Timeo e delle Leggi (anch’esse considerate da Saunders un tipo di escatologia più scientifica che mitologica) appare senza dubbio meno preciso di quello impiegato in dialoghi precedenti, non possiamo comunque dire che Platone non fornisca qui indicazioni sull’Aldilà, né tantomeno che denoti quello ultraterreno come un universo in cui i destini delle anime si realizzano, come afferma invece Saunders, in maniera “semi- automatic”. Lo dimostra il fatto ad esempio che nelle Leggi, per indicare le azioni delle anime “we find not only neutral verbs such as ‘be carried’ and ‘fall’, but also verbs of travel, wich normally have personal agents as subjects”. Inoltre, gli archontes che troviamo citati in Leg., 903b 7 203 potrebbero benissimo essere interpretati come guide che conducono ciascuna anima nel luogo più appropriato, e questo, la presenza di agenti

Ibidem, p.206. 200

Cfr. A. Nightingale, Writing/Reading a Secret Text: A Literal Interpretation of 201

Plato’s Laws’, “Classical Philology”, 88 (4), pp. 279-300.

R. Stalley, Myth and eschatology in the Laws, in C. Partenie, (ed.), op. cit., pp. 202

divini coinvolti nella realizzazione del destino oltremondano, indebolirebbe ulteriormente l’idea della meccanicità del sistema dell’Aldilà.

Riassumendo, quella descritta nelle Leggi costituisce rispetto alla kallipolis della Repubblica una seconda polis, in cui alla figura del filosofo-re si sostituisce la legge sovrana, e nella quale la speranza di realizzare un governo di cittadini “autodiretti” lascia il posto alla necessità di ricorrere ad un potere eteronomo. Alternando forza e persuasione, il legistatore di Magnesia emanerà ogni legge avendo come unico telos la virtù dei suoi concittadini, i quali vivranno giustamente e come individui e come cittadini se asseconderanno quanto vi è in loro di immortale, la voce della ragione. Per convincere l’empio dei benefici che derivano dalla vita giusta il personaggio dell’Ateniese ricorre poi ad un mito escatologico. Anche in questo caso Platone mostra di sapere saggiamente sfruttare la forza psicagogica e il potere incantatore della forma mitica: tuttavia, se nei dialoghi precedenti l’escatologia, mostrando il beato destino del filosofo, costituiva essenzialmente un'esortazione a scegliere il bios philosophikos, nel caso delle Leggi il mito serve per persuadere alla giustizia, e non alla vita del filosofo. Come nota giustamente Stalley: “What is needed in the

Laws is some means of assuring the citizens that those who are just, in the

sense that they adhere to the patterns of behaviour required by law, will be rewarded and those who are injust, in the sense that they fail to adhere to these patters of behaviour, will be punished”. In altre parole, l’obiettivo 204 del Platone delle Leggi “is to persuade people to be just in the conventional sense, not to engage in philosophy”. 205

Cfr. Stalley, op.cit., p.204. 204

Ibidem, p. 205. 205

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