• Non ci sono risultati.

3.1 Articolazioni dello spazio

3.1.1 La città in Asia

La “città asiatica”, ammesso che esista, resiste ai tentativi di “cattura”, o di soddisfacente descrizione, forse perché al contrario di altre città o metropoli nel mondo non si è alimentata dei discorsi e delle narrazioni fatte su di essa. È proprio con il cinema, e prima ancora con la fotografia, che città dell’Asia come Tokyo, Pechino e Hong Kong, e ancora Bangkok, Manila e Singapore, hanno cominciato a raccontare se stesse. Una delle questioni di maggiore interesse è la relazione tra la città e lo stato in cui essa è inglobata. In alcuni casi l’insediamento urbano e il suo sistema politico statale coincidono. È questo il caso delle cosiddette città-stato, che si manifestano di solito nelle fasi iniziali di società complesse,220 oppure al culmine, come manifestazionei di una transizione post-coloniale, come nel caso di Singapore. Bangkok, esempio di “città palazzo” dotata di una corte e che ha sviluppato solo in seguito funzioni economiche, difensive e militari, è sorta come sede scelta per la dinastia regnante, quindi con funzioni precipuamente politiche e istituzionali dall’inizio, sede del potere e manifestazione dello stato.

L’impatto delle città dell’Europa occidentale sulle circostanti nazioni-stato è il risultato del peculiare ruolo economico esercitato.221 In Cina le funzioni economiche dei centri urbani erano nella pre-modernità (cinese) senza dubbio minori, e la città rivestiva soprattutto la funzione di quartier generale per l’élite burocratica al potere: uno schema rimasto sostanzialmente immutato fino a pochi decenni fa, e fino a quando le città cinesi hanno resistito al cambiamento economico. Murphey suggerisce che la visione occidentale che

220 E. Eames, J. Granich Goode, op. cit., p. 84. 221 Ivi, p. 86.

enfatizza il ruolo della città nello sviluppo economico e nei processi di modernizzazione deve essere messa in discussione proprio sulla base di una prospettiva comparativa. Nel sud-est asiatico la città era vista anche come il centro sacro che permetteva l’ingresso in un “altro mondo”; attività rituali e cerimonie, centrali nelle funzioni religiose, avevano la funzione di integrare e consolidare il legame tra la popolazione urbana e la regione in cui essa si trovava.222

Un modo specifico di individuare modelli urbani, che tiene conto del loro livello di sviluppo tecnologico e della posizione che occupano nel tempo e nello spazio, è quello che si basa sulle loro funzioni, all’ampiezza delle zone d’influenza relative e in base alla natura dei rapporti tra la città e il contesto circostante. Questo ci consente di trattare con il livello generico di “evoluzione” e con la collocazione regionale, così come con i particolari processi storici della singola città individuale. Il nucleo di un simile approccio è l’interazione tra la città (la funzione) e le sue zone di influenza (il contesto).Un fenomeno che illustra la creazione di ampie sfere culturali nel mondo moderno è la selezione dei siti per i giochi Olimpici e le esposizioni internazionali. In questi casi, un ente internazionale seleziona una determinata città per l’evento imminente. La città designata attraversa una rapido ma breve periodo di espansione del suo hinterland culturale. La scelta della città è legata a fattori politico-economici e ha una effetto sulla crescita economica, anche se la funzione apparente è quella culturale, in direzione di un’integrazione simbolica internazionale per attira turisti e spettatori da tutto il mondo. Quello che rende questi eventi particolarmente degni di nota è il fatto che sono manipolati e artificiali: questi hanno in genere un effetto a breve termine sulla città e la sua sfera d’influenza, tranne per quello che riguarda la costruzione di infrastrutture, che le candida ad essere impiegate più frequentemente in circostanze simili.223

È indubbio che molte delle caratteristiche attribuite alle città asiatiche, per come esse appaiono oggi o per come si lasciano guardare, sono un’eredità del colonialismo. L’impostazione delle strade, la divisione in quartieri, la presenza di strutture e stili eccentrici rispetto a quelli autoctoni, sono tutti fattori che sopravvivono ancora oggi, non solo come residui di un passato scomodo, ma spesso come segni distintivi che hanno cambiato in modo definitivo l’assetto di una città, e con essa un intero territorio. La considerazione delle strutture e dei luoghi che il colonialismo ha lasciato si prestano a un’analisi “scientifica”, ma il fenomeno storico e geografico noto come colonialismo diventa all’interno degli studi

222 Ivi, p. 88.

culturali un discorso che genera reazioni emotive da entrambe le “parti”. Un forma di paura e di nostalgia anticipata hanno imprigionato gli abitanti di Hong Kong nel passaggio di sovranità dalla Gran Bretagna alla Cina Popolare.224 Oggi il panico sembra essere stato spazzato via da una forma di oblio, come se fosse sopraggiunta una rimozione forzata del problema: una volta che i fatti hanno preso il sopravvento, sull’incertezza del futuro si è abbattuto il futuro travestito da presente.

La città attraversa un perpetuo passaggio di sovranità, con la naturalizzazione del potere e dei suoi segni. Una volta che subentra l’attaccamento a un luogo o la rassicurante sensazione di familiarità che questo produce, tutte le considerazioni sulla politica, sull’abiezione del controllo e le iniquità perpetrate vengono meno, in ragione dell’assorbimento dello stesso luogo nel paesaggio esistenziale quotidiano. La questione diventa notevolmente più complessa quando a rimanere non sono solo palazzi o quartieri, ma forme di esercizio del potere e strutture sociali a questo collegate che sembrano condannare i luoghi in questione a un destino di continua ridefinizione.

Singapore può essere presa come caso paradigmatico di luogo “traumatizzato” che continua a lanciare segnali e sembra conferire alla città la sua unicità, vendibile da un punto di vista turistico e commerciale, ma ingombrante e difficilmente gestibile per i cittadini, le autorità e per chi si trova nella difficile posizione di dover raccontare la città (dall’interno o dall’esterno).

La città traumatizzata e fonte di traumi – in questo caso Hong Kong – si manifesta nel The Accident (Yi Ngoi, 2009) di Pou-Soi Cheang, in cui una serie di incidenti urbani apparenti, e non esattamente banali, sono architettati da una banda di criminali, che attraverso lo studio e l’analisi della dinamica e degli elementi dello spazio, riesce a manipolare i processi urbani a suo favore e ad agire indisturbata, nell’anonimità che lo spazio urbano garantisce. La città nasconde e mistifica, ma torna ad essere presentata e raccontata come luogo del “sensazionale”, bacino inesauribile di pericoli e stimoli. Ma nella “società dello spettacolo” non sembra esserci più spazio per la casualità, e se questa rimane deve essere controllata e disciplinata, attraverso la riproduzione visiva.225

Una simile costruzione viene convogliata nella critica di uno spazio urbano incongruo, nel quale vengono investite risorse, tempo ed energie finalizzate alla costruzione di qualcosa

224 Studiosi quali Akbar Abbas si sono largamente espressi circa la sensazione di sgomento che ha tenuto in

scacco gli abitanti di Hong Kong già da molto prima del 1997, anno del suo passaggio ufficiale alla Repubblica Popolare. Cfr. p. 189.

che non è solo effimero, ma nocivo. Ancora una volta si affaccia la riflessione sull’effettivo uso dello spazio, e di chi ne trae effettivo beneficio.