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CAPITOLO 4 – La Politica e l’Ambiente

4.5 La Conferenza di Copenaghen

L'inaugurazione della Conferenza di Copenaghen ha iniziato con un breve video dove alcuni bambini del futuro hanno mostrato uno scenario apocalittico, in cui la terra, deserta, era afflitta da bufere e tempeste. Una provocazione, ma se vogliamo anche una certezza, se non vengono presi provvedimenti adeguati. In questa conferenza hanno partecipato 193 Capi di Stato e in seguito si riportano gli impegni che sono chiesti ai principali paesi industrializzati,che rappresentano nello stesso tempo quelli che inquinano maggiormente il pianeta, e quelli offerti dai singoli Stati.

- LA CINA

Secondo Conferenza di Copenaghen i Paesi ricchi entro il 2020 dovrebbero tagliare le loro emissioni del 25-40% sotto i livelli del 1990. Di contro Pechino offre di ridurre l’intensità carbonica del 40-45 per cento entro il 2020 rispetto però ai livelli del 2005.

Hu Jintao ha parlato di riduzione dell’ intensità carbonica anzichè delle emissioni complessive. L’ intensità carbonica e’ la quantità media di emissioni di CO2 rilasciate per la produzione di un’unita’

di prodotto interno lordo. Impegnarsi su questo parametro significa volere migliorare la propria efficienza energetica. Hu Jintao si propone di farlo nella misura del 40-45% entro il 2020. Ma dal momento che il PIL cinese crescerà decisamente nel prossimo decennio, si avrà anche un aumento complessivo delle emissioni, parametro sul quale la Cina, infatti, non prende impegni.

- GLI STATI UNITI

Il Presidente Barak Obama ha annunciato che gli USA assumono l'impegno di ridurre le emissioni per una percentuale pari al 17% entro il 2020, prendendo però come riferimento il 2005 (dunque rapportato al 1990 rappresenterebbe un taglio del 3%) e, sul lungo termine, un taglio di emissioni di oltre l'80% rispetto ai livelli attuali entro il 2050, garantendo anche gli aiuti economici per i Paesi in via di sviluppo. Così mentre il Senato Usa sta discutendo il taglio del 20% delle emissioni entro il 2020,dall'Agenzia americana dell'Ambiente (Epa), arriva il riconoscimento ufficiale della CO2

㻤㻠㻌 deve confrontare anche con l'ala di estrema destra che sta osteggiando qualsiasi intervento in materia di cambiamenti climatici.

- L' INDIA

Ha annunciato la volontà di tagliare entro il 2020 le emissioni di carbonio per una percentuale pari al 20-25% rispetto 2005;

- IL BRASILE

I tagli di CO2 garantiti dal Brasile vanno dal 36,1 e il 38,9 per cento entro il 2020;

- L'UNIONE EUROPEA

I fondi messi a disposizione dall'Europa per aiutare i paesi in via di sviluppo ammontano a 7,2 miliardi di euro,alla quale l'Italia,che appoggia in pieno la posizione dell'UE sulla base del pacchetto 20-20-20, cioè una riduzione del 20% delle emissioni per il 2020 rispetto al 1990,contribuirà con circa 600 milioni. L'intesa finale definisce i contributi da parte dei Paesi industrializzati ai Paesi in via di sviluppo per incrementare le tecnologie verdi. Per questi ultimi sono previsti aiuti per 30 miliardi di dollari entro il 2012: la prima bozza parlava di 10 miliardi. Gli Stati Uniti hanno promesso di contribuire con 3,6 miliardi. I tagli alle emissioni, dunque, dovranno essere conseguenti a tale obiettivo, un obiettivo però che non mette a riparo le piccole isole che rischiano di essere sommerse dall'innalzamento del livello dei mari causato dallo scioglimento dei ghiacciai.

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negoziato di Bonn

La conferenza di Copenaghen si è chiusa con un quasi flop e per giunta le pur magre conclusioni sono state accantonate per via della crisi economica. Ma nel dicembre prossimo ci sarà una nuova conferenza, quella di Cancun, in Messico, in cui bisognerà prendere nuovi impegni e fare il punto della situazione e, se ci si arriva come a quella di Copenaghen, c’è il rischio di un nuovo fallimento. Per non arrivare impreparati, 182 Governi facenti parte delle Nazioni Unite si sono incontrati, nel giugno del 2010, a Bonn, in Germania, per una conferenza “di medio termine”. Qui il punto fondamentale discusso dai 4.500 delegati è stato attuare quelle poche decisioni prese a Copenaghen, e cioè principalmente taglio delle emissioni ed aiuti economici a quei Paesi in difficoltà che si devono adeguare alle nuove norme. Una piena ed efficace architettura per un’azione collettiva sul clima è la visione che Yvo De Boer, Commissario europeo sull’ambiente e segretario dell’Unfccc (United nations framework convention on climate change), ha proposto di attuare. Si è lavorato su un testo condiviso di negoziazione da presentare al Cop16, si è fatto il punto sugli obiettivi del protocollo di Kyoto, in scadenza nel 2012, facendo pressione su quei Governi ancora lontani dal raggiungere l’obiettivo, ed infine si è cercato di trovare un accordo sulle modalità di stanziamento di 30 miliardi di dollari, sempre entro il 2012, per la fase denominata “Fast Start”, cioè l’avvio degli aiuti per i Paesi meno industrializzati. Alla riunione ha partecipato anche l’Iucn, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, con la proposta di trovare un accordo che vada oltre Kyoto, cioè un obiettivo precedente a quello del 2020 richiesto dall’Onu, per non perdere di vista l’obiettivo finale della riduzione delle emissioni e della deforestazione, per proteggere la biodiversità,

㻤㻡㻌 festeggiata proprio quest’anno in tutto il mondo. L’Iucn ha illustrato la situazione del riscaldamento globale ancora poco nota al mondo politico, e lo stato dei lavori per limitarlo, considerati non sufficienti a mantenere la temperatura del pianeta al di sotto della soglia considerata pericolosa. Il prossimo appuntamento è stato sempre a Bonn ad agosto, e poi tra novembre e dicembre tutto si sposterà a Cancun.

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negoziato di Bonn

Nell’agosto del 2010 si sono riaperti a Bonn i negoziati sui cambiamenti climatici per riuscire a stilare un testo in grado di mettere d'accordo sugli obiettivi di riduzione dei gas serra in vista della Conferenza Onu sul clima di Cancun (Cop16) prevista dal 29 al 10 dicembre prossimi nella città messicana. L'incontro tecnico prima della pausa estiva ha visto all'opera due gruppi di lavoro che hanno discusso rispettivamente degli impegni per i paesi sviluppati che hanno aderito al Protocollo di Kyoto e delle “azioni di cooperazione a lungo termine” che dovranno intraprendere tutte le nazioni, Cina e Stati Uniti compresi che, ricordiamo, non hanno aderito al trattato che scadrà nel 2012. Nonostante la serie di proposte messe a punto dal nuovo segretario esecutivo della Unfccc (Convenzione quadro dell'Onu sui cambiamenti climatici) Christiana Figueres, - succeduta a Yvo de Boer, dimessosi agli inizi di luglio – per alleggerire gli iter e velocizzare le procedure di ratifica dei prossimi accordi, infatti, sono rimaste arroccate le posizioni registratisi sul fronte internazionale dai vari Stati, a partire da quella dei Paesi in Via di Sviluppo, per i quali l'onere dei tagli delle emissioni graverebbe troppo sulle nazioni più povere e non abbastanza sui paesi industrializzati che sarebbero poi i maggiori produttori di gas serra. Tuttavia i dati pubblicati dall'Agenzia di valutazione ambientale olandese dimostrerebbero che il trend si sia capovolto. La stima della PBL, infatti, evidenzia come nel 2009 le emissioni prodotte da fonti fossili siano per la prima volta dal 1992 rimaste costanti grazie alla riduzione del 7% della CO2 nei paesi industrializzati, compensata però proprio dall'aumento di quelle dei paesi in via di sviluppo come India e Cina (che hanno registrato rispettivamente un + 6% e un + 9%). A tale dicotomia, protagonista anche della Conferenza di Copenaghen del dicembre del 2009, si sono aggiunti poi i contrasti europei tra gli stati membri sull'innalzamento dell'obiettivo di riduzione dall'attuale 20 al 30% entro il 2020 e l'affossamento da parte del Congresso della legge sul clima tanto voluta da Obama. Su una cosa però sono tutti concordi: far scadere il Protocollo di kyoto senza un nuovo trattato sui cambiamenti climatici, non favorirà nessuno, il vuoto normativo che si verrebbe a creare, infatti, non solo renderebbe vani gli sforzi di anni di lavoro della convenzione Onu, ma farebbe andare in crisi il cosiddetto «mercato del carbonio», alla base dello sviluppo sostenibile e diventato motore anche nelle economie in via di industrializzazione.