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La decretazione d'urgenza come attività discrezionale

2. Rinsaldare gli argini

2.3. La decretazione d'urgenza come attività discrezionale

Per i provvedimenti amministrativi la motivazione nasce al fine di agevolare il controllo funzionale sul potere amministrativo ed in tal senso vi è uno stretto legame tra obbligo di motivare e la configurazione di un potere discrezionale rispetto al quale vi possa essere un sindacato sull'eccesso di potere. In rapporto agli atti legislativi l'obbligo di motivare un atto, se non è espressamente richiesto da una norma, che per il decreto-legge deve essere di rango costituzionale, può derivare dalla natura stessa del provvedimento, in correlazione alla natura discrezionale del potere che lo adotta171. Si può allora tentare di

dimostrare che i decreti-legge incidono in materie nelle quali la Costituzione trasforma l'attività del legislatore da libera nel fine in discrezionale, per sostenere l'obbligatorietà della motivazione e la configurabilità del vizio di eccesso di potere legislativo172. Se si

riescono a configurare stringenti limiti a questa forma di attività legislativa, essa assomiglierà sempre più ad un'attività non libera nel fine173, in analogia con quelle che

sono talune caratteristiche fondamentali della discrezionalità amministrativa174.

Per considerare discrezionale l'intera attività del legislatore ordinario sarebbe necessario dimostrare «che tale attività non possa svolgersi in altre direzioni, se non in quelle previste dal programma costituzionale»175. Tuttavia, la ponderazione degli interessi

operata dal legislatore ordinario è quasi sempre pienamente libera, nella misura in cui sono egualmente leciti tutti i fini che si proponga di raggiungere, anche se la Costituzione ne garantisce specificamente solo alcuni. È anche vero però che i limiti costituzionali non sono solo negativi, ma talvolta anche positivi, poiché vengono predeterminati gli obiettivi

171Su questo la dottrina è in larga parte concorde: cfr. inter alia G. Lombardi, Motivazione, cit., p. 956. La tendenza è di distinguere gli atti per cui la motivazione va considerata necessaria da quelli per cui è da ritenersi facoltativa o superflua, proprio sulla base del criterio della natura discrezionale o meno dell'atto: cfr. P. Caretti, Motivazione, cit., p. 3.

172Per la verità questo non è approccio del tutto condiviso: L. Paladin, In tema di decreti-legge, cit., p. 555, ha ritenuto che non fosse indispensabile il carattere discrezionale, nel senso di positivamente vincolato, dei poteri, perché potesse insorgere il vizio di eccesso di potere legislativo in tema di decreti-legge. Lo stesso Autore, in un'opera di poco precedente, aveva sostenuto che non fosse possibile parlare di una discrezionalità legislativa se non in presenza di funzioni specializzate e di attività limitate per materia, e aveva riconosciuto che «discrezionali saranno soltanto i decreti-legge, i decreti legislativi e le leggi regionali» (L. Paladin, Osservazioni, cit., p. 1026).

173Cfr. di recente, S. Spuntarelli, L'amministrazione per legge, Milano, Giuffrè, 2007, spec. p. 106 ss.; M. Picchi, L'obbligo di motivazione delle leggi, cit., spec. p. 103 ss.

174La discrezionalità amministrativa costituisce il margine di apprezzamento che la legge lascia alla determinazione dell'autorità amministrativa. In particolare, essa può essere definita come la facoltà di scelta inerente una pubblica potestà, fra comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell'interesse pubblico e per il perseguimento di un fine corrispondente alla “causa” del potere esercitato. Per tali concetti cfr. P. Virga, Il provvedimento amministrativo, cit., p. 18 ss.

che la legge deve perseguire176. Ciò è connaturato ad un sistema a Costituzione rigida, la

quale funge da limite anche per l'operato del legislatore ordinario e può prevedere norme tali da determinare nei confronti della legge un vero e proprio vincolo rispetto ad un fine177.

In genere si ammette che ciò avvenga per determinate materie per cui la Costituzione prevede deroghe discrezionali ai limiti da essa imposta, ad esempio nei casi di riserva di legge rinforzata per contenuto; oppure si è ipotizzato che si realizzi con quelle norme programmatiche che delineano in modo esplicito o implicito finalità politiche che il legislatore ordinario deve raggiungere178. In questi casi alcuni autori hanno ritenuto si

potesse parlare di discrezionalità legislativa, intesa come libertà, positivamente limitata, di apprezzare in un margine determinato l'opportunità delle possibili soluzioni rispetto alla norma costituzionale da attuare179.

In realtà è problema che esula dai limiti del presente lavoro stabilire se tutta o parte dell'attività del legislatore ordinario si possa considerare discrezionale, e tantomeno si intende costruire un generale concetto di discrezionalità legislativa. Quello che invece interessa è dimostrare che il vincolo positivo è posto in un modo del tutto peculiare per il decreto-legge. Il presupposto di questo ragionamento è che l'attività del legislatore, tradizionalmente concepita come libera nella scelta dei fini, possa essere almeno in questo caso configurata come discrezionale a partire dalla costruzione del decreto-legge come atto a causa tipica fissata in Costituzione. Per causa di un atto si può intendere «il tipico scopo prefisso dall'ordinamento ad una data specie di atti»180: in questo senso i presupposti di

necessità ed urgenza non rappresenterebbero tanto la causa del potere di adozione dei decreti-legge quanto piuttosto l'occasione in cui al Governo è consentito di intervenire. La

176La distinzione tra carattere positivo o negativo dei limiti che le norme costituzionali impongono al legislatore ordinario è operato da L. Paladin, Osservazioni sulla discrezionalità, cit., p. 1022: l'Autore usa la distinzione come criterio di identificazione tra norme costituzionali programmatiche e norme precettive, quindi tra vizi sostanziali delle norme ordinarie che violino programmi o precetti. Su questo punto anche C. Esposito, La validità, cit., p. 247 ss.; recentemente v. Zagrebelsky G., Marcenò V.,

Giustuzia costituzionale, Bologna, Il Mulino, 2012, p. 220 ss.

177Afferma ad esempio l'esistenza di priorità costituzionali ai fini del controllo sull'allocazione delle risorse L. Carlassare, Priorità costituzionali e controllo sulla destinazione delle risorse, in Costituzionalismo.it, 2013, 1, spec. p. 8; sul grado di prescrittività dei principi costituzionali del c.d. welfare state si veda però la differente lettura di A. Morrone, Crisi economica e diritti. Appunti per lo stato costituzionale in

Europa, (in corso di pubblicazione) in Quad. cost., 2014, 1.

178Così L. Paladin, Osservazioni, cit., p. 1024, che porta gli esempi degli artt. 46 e 53 Cost. L'Autore tuttavia critica la praticabilità dell'analogia con la discrezionalità amministrativa e con il vizio di eccesso di potere, poiché «alcuni aspetti della discrezionalità, concepita come libertà limitata, caratterizzano, in un certo senso, l'intera attività del legislatore ordinario», dovendosi piuttosto fondare il concetto di discrezionalità sul «principio di specialità delle funzioni» proprio dell'attività amministrativa, ma assente nell'ambito normale di attività del legislatore ordinario: l'assenza di funzioni specializzate nel campo legislativo pertanto farebbe sì che gli apparenti limiti finalistici si riducano a meri vincoli negativi.

179Cfr. M.S. Giannini, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, p. 52. 180L. Paladin, In tema di decreti-legge, cit., p. 553-554.

causa può essere intesa anche come il «limite finalistico di ciascuna funzione discrezionale»181, e in questo senso si può rinvenire a livello costituzionale la fissazione di

questa causa legale nel provvedere ad una determinata situazione di urgente necessità. Come si è tentato di dimostrare, il decreto-legge è fonte connotata in senso prettamente funzionalistico: con esso il Governo si assume l'impegno e la responsabilità di dare attuazione con urgenza ad un indirizzo politico la cui realizzazione è ritenuta necessaria in collegamento con l'insorgere di determinate circostanze fattuali. La funzione di indirizzo politico tradizionalmente si ripartisce in due aspetti: funzione di indirizzo politico in senso stretto, o di maggioranza, riferita alle scelte di politica contingente, e funzione di indirizzo politico costituzionale, riferita all'attuazione dei fini e obiettivi direttamente posti dalla Costituzione. Il primo concetto ha a che fare con la responsabilità politica, il secondo con la legittimità costituzionale dell'atto che si ponga in contrasto con i fini posti per esso dalla Costituzione. Sotto quest'ultimo profilo si ritiene che non sia da escludere che per la decretazione d'urgenza valgano finalità previste in Costituzione.

Nel momento in cui abilita il Governo ad adottare un decreto-legge per la causa tipica di provvedere con urgenza, la Costituzione sta configurando un fine. Questo fine resta però “innominato” fino a quando verrà circostanziato dal Governo con l'apprezzamento della sussistenza dei presupposti per un intervento d'urgenza. Si tratta di atto politico del Governo, libero nell'individuare quale indirizzo politico contingente dare all'intervento, ma una volta fissati i presupposti, essi stessi diventano causa di quell'intervento, che si configura allora come discrezionale, perché il Governo resta vincolato a provvedere in modo coerente con quella valutazione (originariamente) politica.

La matrice del complessivo intervento è data non da una finalità imposta nella sostanza dalla Carta costituzionale, ma dalla funzionalizzazione del decreto che lo stesso art. 77 Cost. stabilisce rispetto ai presupposti dell'intervento. Nel momento in cui riscontra il ricorrere di una situazione che non può essere gestita con il comune procedimento legislativo e che pertanto giustifica un intervento mediante decreto-legge, il Governo fa una valutazione della situazione di fatto e rispetto ad essa deve impegnarsi a provvedere in modo coerente. In conclusione, si può sostenere che l'art. 77 Cost. configuri dei vincoli positivi, seppur innominati, per il Governo legislatore, il quale, nel configurare il decreto, deve uniformarsi alla matrice data con la decisione di intervenire con quello strumento: in questo senso la sua attività può dirsi discrezionale. E quanto più è discrezionale l'atto, tanto più si potrà configurare un sindacato sul modo di esercizio del potere connesso e si imporrà

l'esigenza di motivazione.

Si può osare forse un altro passo in questo percorso argomentativo, che permette di agganciare tale ricostruzione, valevole in generale per la decretazione d'urgenza, alla peculiare prassi analizzata in apertura del presente lavoro. Questo step ulteriore muove dalla precipua connotazione della funzione di indirizzo riferita alle scelte di politica contingente nell'ambito della governance economica comune. A livello europeo l'indirizzo politico-economico è assunto nelle sue linee generali in sede intergovernativa e rispetto ad esso l'esecutivo si impegna ad eseguirne i contenuti con atti politici nazionali. La prima manifestazione interna di quel coordinamento si ha nel Documento di economia e finanza (DEF), con il quale vengono delineati gli obiettivi di politica economica e di governo dei conti pubblici che vanno a costituire la cornice entro cui si dovrà sviluppare la manovra autunnale e gli interventi in economia, sottoposti poi alla vigilanza della Commissione e al controllo politico del Consiglio nell'ambito dei programmi del semestre europeo. Come si è visto, il DEF è approvato dal Parlamento con risoluzione, tipico strumento di esercizio della funzione di indirizzo politico tra Parlamento e Governo: votando una risoluzione, le Camere impegnano il Governo a tenere un certo atteggiamento su una specifica questione, e il Governo, pur restando politicamente libero di discostarvisi, dovrà compromettere la propria responsabilità politica per farlo. Si tratta di una sorta di «obbligo sinallagmatico» che rinvia al rapporto fiduciario182, che per il DEF riguarda il mantenimento di determinati

obiettivi di governo dei conti pubblici183.

Non si può però dire che gli effetti dell'approvazione del DEF siano solamente politici, visto l'intrecciarsi delle norme costituzionali in materia di bilancio e della legislazione contabile con i sempre più pregnanti vincoli europei. Si deve piuttosto pensare ad un effetto ancor più decisivo degli obblighi che si instaurano non solo tra Governo e Parlamento, ma anche tra vertici statali e istituzioni europee nella definizione della politica economica e finanziaria: il concatenarsi del coordinamento delle politiche in sede intergovernativa, della fase di programmazione (di cui l'approvazione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma costituisce un momento necessario), dell'attuazione interna con strumenti che garantiscano il rispetto di tempistiche e contenuti, della vigilanza della Commissione e del controllo politico del Consiglio europeo, comporta

182Cfr. N. Lupo, G. Rivosecchi, Finanza pubblica: principi ordinatori e tendenze evolutive, in M. Pellegrini (a cura di), Elementi di diritto pubblico dell'economia, Padova, Cedam, 2012, p. 153. Accosta i vincoli instaurati tra Governo e Parlamento nel procedimento di approvazione del DEF a quelli che scaturiscono dal rapporto fiduciario anche G. Salerno, Legge finanziaria, in Enc. Giur., X, Roma, 1998, p. 11.

183Sul valore del Documento di economia e finanza si veda più ampiamente N. Lupo, G. Rivosecchi,

la configurazione di una responsabilità dello Stato che non è solo politica ma è anche giuridica, posto che le decisioni nazionali di bilancio e di politica economica si iscrivono in un quadro europeo giuridicamente vincolante184. Non si vuole arrivare a sostenere

radicalmente che l'intervento nazionale sia di materiale esecuzione di decisioni eterodirette, poiché implica pur sempre una serie di scelte politica. Diversa però la «scelta politica» dall'«indirizzo politico»185: lo Stato, con atti interni aventi forza di legge, realizza la

politica economica e di bilancio indirizzata e coordinata in sede sovranazionale.

Ecco allora che l'attività governativa in campo economico-finanziario è doppiamente legata in senso funzionale: lo è rispetto alla matrice data dalla valutazione della sussistenza dei presupposti, e lo è, sotto altro profilo, rispetto all'indirizzo politico di fatto concertato in sede di Consiglio europeo, definito nel riecheggiare delle scelte politiche tra programmazione interna e raccomandazioni delle istituzioni europee, e attuato in modo rapido ed effettivo in quanto oggetto di vigilanza e controllo intergovernativo. Per i decreti-legge in materia finanziaria, in ragione del ruolo assunto da questi strumenti nell'attuale processo di integrazione economica e politica europea, vale dunque un doppio ordine di argomenti per poterli configurare come atti discrezionali.

2.4. L'abuso dello strumento tra eccesso di potere legislativo e

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