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le autonomie local

5. LA DEMOCRAZIA LOCALE EUROPEA

La qualità e la salute della democrazia locale si misura oggi anche in relazione al gra- do di riconoscimento alle autonomie locali di una soggettività politica sul piano eu- ropeo, riconoscimento che può assicurare un apporto partecipativo e rappresenta- tivo alla costruzione della democrazia europea.

Tanto emerge dalla Carta europea dell'autonomia locale adottata dal Consiglio d’Europa (aperta alla firma degli Stati membri il 15 ottobre 1985 ed entrata in vi- gore il 1° settembre 1988), che già nel preambolo sottolinea come “le collettività lo- cali costituiscono uno dei principali fondamenti di ogni regime democratico” al pari del “diritto dei cittadini a partecipare alla gestione degli affari pubblici”, diritto che “a livello locale […] può essere esercitato il più direttamente possibile”, afferman- do al contempo che “la difesa ed il rafforzamento dell'autonomia locale nei vari Pae- si europei rappresenti un importante contributo alla edificazione di un'Europa fon- data sui principi della democrazia e del decentramento del potere”, scelta che “pre- suppone l'esistenza di collettività locali dotate di organi decisionali democraticamente costituiti, che beneficino di una vasta autonomia per quanto riguarda le loro com- petenze, le modalità di esercizio delle stesse, ed i mezzi necessari all'espletamento dei loro compiti istituzionali”. Muovendo da queste affermazioni la medesima Car- ta offre una significativa definizione dell’autonomia locale come “il diritto e la ca- pacità effettiva, per le collettività locali, di regolamentare ed amministrare nell'ambito della legge, sotto la loro responsabilità, e a favore delle popolazioni, una parte im- portante di affari pubblici”, il cui esercizio è affidato “a Consigli e Assemblee costi- tuiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto ed universale, in grado di disporre di organi esecutivi responsabili nei loro confronti”.

La Carta, pur proponendosi di costituire lo strumento giuridico di riferimento per garantire il rispetto di uno standard minimo di diritti che costituiscono il fondamento dell’autonomia locale, si limita a prospettare un avvicinamento degli ordinamenti sta- tali e non risolve adeguatamente il problema della tutela dei principi e dei diritti in essa sanciti. Infatti, l’art. 11 della Carta - ricompreso tra i dieci articoli ad efficacia rinforzata - prevede che “le collettività locali devono disporre di un diritto di ricor- so giurisdizionale, per garantire il libero esercizio delle loro competenze ed il rispetto dei principi di autonomia locale, consacrati dalla Costituzione o dalla legislazione interna”. L’intento è di fare in modo che i principi di autonomia che stanno alla base della Carta non rimangano privi di garanzie giurisdizionali. Tuttavia, l’azionabilità dei diritti da essa riconosciuti è rimessa ai sistemi giurisdizionali statali.

Inoltre, la Carta consente agli Stati un’adesione differenziata rispetto non solo ad alcune sue disposizioni o categorie di enti territoriali o parti del territorio nazionale, ma anche alle modalità di recepimento della stessa negli ordinamenti nazionali ov- vero agli strumenti e alle procedure adottate dagli ordinamenti statali al fine di at- tribuire alla Carta il valore di fonte di diritto interno, direttamente o indirettamen- te applicabile da parte delle amministrazioni pubbliche o dai giudici interni. Ciò ali- menta differenti modalità di recepimento della Carta e determina il conseguente di- verso valore che la stessa acquista negli ordinamenti statali.

Anche la strada intrapresa dall’Unione Europea tende verso un espresso (seppur circoscritto) riconoscimento del ruolo “europeo” delle istituzioni locali. Si tratta del- l’avvio di un percorso la cui conclusione rimanda a problematiche (ancora aperte) di più ampia portata: il coinvolgimento delle autonomie locali nelle procedure per il rispetto del principio di sussidiarietà, la garanzia dell’accesso delle autonomie lo- cali alla Corte di giustizia, la presenza della componente territoriale nell’assemblea legislativa dell’Unione e, più in generale, la natura federale dell’ordinamento del- l’Unione Europea.

I Trattati, soprattutto dopo Lisbona, sembrano rimandare ad enti locali dotati di una soggettività politica secondo il modello della Carta europea delle autonomie lo- cali. Non è un caso se il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea all’art. 20 par. 2 nel delineare il contenuto della cittadinanza europea oltre a riconoscere ai cit- tadini dell’Unione il diritto all’elettorato attivo e passivo nelle elezioni del Parlamento europeo si preoccupa di sancire il medesimo diritto nelle elezioni comunali. Scelta, risalente al Trattato di Maastricht del 1992, che presuppone la natura rappresentativa degli enti locali (di prossimità) operanti nei diversi paesi dell’Unione e che si can- dida a costituire una garanzia per il carattere rappresentativo dei medesimi enti.

A sua volta la partecipazione alle elezioni per la composizione dell’organo as- sembleare europeo, da un lato, e per il governo delle comunità locali nei paesi mem- bri, dall’altro, possono essere assunte come polarità del circuito rappresentativo del- la democrazia europea. Questa è alimentata verso l’alto (le istituzioni europee) dal- le elezioni del Parlamento europeo e verso il basso (autonomie locali) dalle elezio- ni comunali. Il riconoscimento di soggettività alle autonomie locali nell’ordinamento dell’Unione Europea si pone, pertanto, non solo quale garanzia aggiuntiva della de- mocraticità degli assetti costituzionali degli Stati membri, capaci a loro volta di ga- rantire una democraticità “mediata” delle istituzioni europee attraverso i governi na- zionali (così come espressamente sancito all’art. 10 TUE), ma anche quale ulterio- re canale di democraticità dell’intera architettura istituzionale europea, che si som- ma alla rappresentanza “diretta” dei cittadini nel Parlamento europeo.

Un significativo apporto in questa direzione può scaturire dalla convergenza con quanto statuito dalla Carta europea delle autonomie locali del Consiglio d’Europa (non solo la Carta è stata sottoscritta da tutti gli Stati membri dell’Unione, ma an- che dagli Stati che intendono aderire all’Unione), “avvicinamento” e/o “integrazione” tra i due sistemi normativi che potrebbero essere garantiti dalla Corte di giustizia. A tal riguardo dalla considerazione che le autonomie locali sono presenti in tutti gli Stati membri e nelle rispettive Costituzioni (anche se con una portata differente come nel caso dell’autogoverno all’inglese o del decentramento territoriale alla francese) potrebbe indursi la possibilità di concepire, alla stregua della Carta europea del- l’autonomia locale, l’autonomia quale “diritto” derivante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell’Unione Europea. L’autonomia delle collettività loca- li potrebbe, a più stretto rigore, essere ricompresa tra i “valori comuni” che l'Unio- ne Europa, come si legge nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, contribuisce a salvaguardare e sui quali la stessa Unione si fonda, così come affermato dall’art. 2 del Trattato sull’Unione Europa.

Tuttavia, un ostacolo al riconoscimento nell’ordinamento dell’Unione di un siffatto diritto delle collettività locali all’autogoverno può rinvenirsi tanto nella difficoltà a desumere una nozione “unitaria” o se si preferisce “comune” di autonomia dalle Co- stituzioni e dagli ordinamenti dei singoli stati membri, quanto nella rinuncia del- l’ordinamento dell’Unione Europea, a partire dai Trattati, ad adottare una nozione propria di “ente locale”, rinviando di regola agli ordinamenti statuali, salvo alcuni casi, come ad esempio la direttiva 94/80/CE del Consiglio del 19 dicembre 1994 sul- la partecipazione alla vita pubblica locale.

La possibilità di enucleare un siffatto diritto potrebbe, invece, indursi dal rico- noscimento, operato dall’art. 40 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Eu- ropea, nonché dall’art. 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza per il cittadino europeo, statuizioni che potrebbero essere lette quali affermazione di un diritto individuale alla partecipazione, attraverso la scelta dei propri governanti, alla vita pubblica locale e al contempo di un diritto delle collettività locali all’autogoverno. Tuttavia, anche questa strada, sebbene suggestiva, non sembra agevolmente per- corribile, in quanto da un lato finisce per ricondurre il “diritto all’autonomia” all’incerta categoria dei diritti collettivi, diritti non espressamente previsti né dai Trattati, né dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, né dalla Convenzione eu- ropea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, quest’ultime entrate, a seguito dell’adozione del Trattato di Lisbona, a far parte del diritto del- l’Unione Europea, né dalla giurisprudenza europea, dall’altro si potrebbe obiettare che il riconoscimento dell’elettorato attivo e passivo alle elezioni comunali è sanci- to nei trattati con finalità prettamente antidiscriminatorie rispetto ai cittadini dei sin- goli stati membri in cui si svolgono le elezioni.

Un ulteriore contributo degli enti locali alla costruzione della democrazia eu- ropea può scaturire dal coinvolgimento degli stessi nell’attuazione del principio di prossimità: le molteplici forme di democrazia diretta passano inevitabilmente per gli enti locali. È, infatti, a livello locale che si registrano le più diffuse e significa- tive esperienze di democrazia partecipativa e deliberativa. È a livello locale che il metodo della “democrazia di prossimità”, coniugando partecipazione e comuni- tà territoriali, può trovare una effettiva, efficace e quanto più diffusa realizzazio- ne.

Inoltre, sempre più gli enti locali concorrono all’effettiva concretizzazione dei di- ritti di cittadinanza dell'Unione. Grazie alla loro vicinanza ai cittadini, le autonomie locali sono nella posizione migliore per promuovere un’adeguata comprensione del- la cittadinanza europea, evidenziare i vantaggi concreti che essa conferisce ai sin- goli individui e dimostrare l'impatto tangibile delle politiche dell'Unione sulla vita dei cittadini. Soprattutto le diverse forme di cooperazione territoriale consentono di implementare progetti ed interventi che mirano a rendere effettiva la cittadinanza europea. Le reti di città e i gemellaggi tra comuni, quali strumenti di partecipazio- ne alla vita civica e di integrazione, possono offrire un importante contributo alla promozione e alla sensibilizzazione ai temi della cittadinanza, soprattutto in rela- zione ai nuovi stati membri o in attesa di adesione.

È, dunque, auspicabile l’impegno dell’Unione Europea a riconoscere e tutelare le autonomie locali secondo una prospettiva di integrazione più che di concorren- za (e conflitto) con gli ordinamenti statali, prospettiva nella quale il dovuto e più vol- te ribadito rispetto delle identità nazionali non può tradursi nella necessità di una intermediazione statuale per definire competenze e responsabilità delle autonomie locali da esercitare a livello europeo.

Il pluralismo istituzionale e il decentramento dei poteri non possono rimanere una mera “questione nazionale” degli stati membri, ma devono tendere ad innervare l’intero ordinamento dell’Unione Europea. Il pericolo altrimenti è di alimentare ine- diti “centralismi e dirigismi” europei – come è avvenuto con la lettera inviata dal Con- siglio direttivo della Banca centrale europea al presidente del consiglio dei ministri italiano il 5 agosto 2011, che ha sottolineato “l'esigenza di un forte impegno ad abo- lire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province)” - e in- giustificati localismi negli stati nazionali.

Con il loro carico di politicità, di rappresentatività e di partecipazione gli enti lo- cali, in quanto istituzioni democratiche di base, possono contribuire ad attenuare il “deficit democratico” delle istituzioni europee, più volte denunciato da interpre- ti ed operatori. In effetti, non va per nulla sottovalutato, nel processo di costruzio- ne della “democrazia europea”, il ruolo che in questo processo possono giocare le autonomie locali: un rafforzamento dell’unione politica delle istituzioni europee pas- sa inevitabilmente anche attraverso la valorizzazione delle autonomie locali, svi- luppando il più possibile la fisionomia policentrica che dovrebbe avere l’ordinamento dell’Unione europea.