territoriali dopo il referendum del dicembre 2016 e l’opportunità di adeguarla alla politica europea
3. ALCUNE PROSPETTIVE GIURIDICAMENTE PLAUSIBILI PER LA NECESSARIA RIVISITAZIONE DELLA DISCIPLINA DELLE AUTONOMIE TERRITORIALI ALLA LUCE DELL ’ ESITO DEL REFERENDUM
Il legislatore di attuazione della Costituzione vigente, riformata nel 2001, dovreb- be quindi prendere le mosse dalla persistenza delle Province quali enti politici, espo- nenziali di comunità territoriali, anche ove si scegliesse di lasciare la rappresenta- tività di secondo grado di cui alla legge Delrio, e perciò quali enti a fini generali, in- termedi fra Regione e Comuni: dunque, non quali mere «agenzie al servizio dei Co- muni».
In modo specifico, quanto ai principi di sussidiarietà, differenziazione e ade- guatezza, concepiti dall’art. 118, co. 1, Cost., quali cardini del sistema autonomistico, pare opportuno segnalare quanto segue.
a) Per quel che concerne la sussidiarietà, l’interrogativo è, in buona sostanza, que- sto: a chi deve spettare la definizione dei compiti della Provincia? L’art. 118, co. 2, stabilisce che spetti alla legge regionale e alla legge statale: ma come va de- clinata la proposizione «secondo le rispettive competenze»?
Stante il principio di legalità, non può dubitarsi che a conferire le funzioni alle Pro- vince debbano essere leggi dello Stato e delle Regioni, nel rispetto del riparto di ma- terie stabilito dall’art. 117 Cost. Lo afferma espressamente l’art. 118, che così reci- ta: «Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurar- ne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Sta- to, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (co. 1); «I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive compe- tenze» (co. 2).
All’esito del voto referendario, pertanto, sembra necessario riflettere, non sul- la modalità da utilizzare, e cioè sulla procedura giuridico-istituzionale da seguire, per l’individuazione delle funzioni provinciali, bensì sul ruolo da attribuire alla Pro- vincia, in conseguenza di detta individuazione.
A tal fine, una volta espressa col referendum la volontà del corpo elettorale, il permanere della Provincia quale ente territoriale di area intermedia, autonomo e co- stitutivo della Repubblica, impone di ripensare le scelte legislative da ultimo assunte, così da rivitalizzarne il ruolo di ente esponenziale degli interessi di area vasta. Di qui il dubbio sulla legittimità della legge Delrio, non tanto laddove prevede un mecca- nismo di elezione indiretta degli organi della Provincia, quanto piuttosto nella par- te in cui finisce per escluderne la capacità di rappresentare gli interessi della comunità corrispondente al suo territorio.
Ed invero, secondo quanto disposto dalla L. 56/2014, la definizione delle fun- zioni ha finito per ispirare una logica (chiaramente contrastante con le previsioni, rimaste lettera morta, della L. 142/1990, del D.Lgs. 112/1998 e del D.Lgs. 267/2000, contenente il TUEL) secondo la quale sono state attribuite alla Provin- cia solo quelle che, per ragioni contingenti, si è ritenuto non utile allocare ad altri
livelli di governo, ma senza che ciò derivasse da una seria valutazione della dimensione degli interessi propri del territorio di riferimento.
Prima di metter mano ad una nuova attribuzione di funzioni alla Provincia, dun- que, appare imprescindibile acquisire piena consapevolezza del fatto che si tratta di un ente territoriale esponenziale degli interessi di area vasta e che, conseguentemente, si devono assegnare ad essa le funzioni coerenti con detti interessi. A tal fine non ap- pare irrilevante – in ciò il senso pieno del principio di sussidiarietà – che la decisio- ne legislativa (sussidiante) sia il frutto di una scelta, se non addirittura condivisa con, almeno largamente partecipata dal soggetto (sussidiato) destinatario del conferimento. b) Quanto al principio di differenziazione, al fine di realizzarlo non sembra indi- spensabile promuovere diversificazioni nella ‘costruzione’ della struttura isti- tuzionale.
Sarebbe sufficiente che ciascun ente venga messo nelle condizioni di poter diversi- ficare le politiche da assumere. Ciò significa riconoscere ad essi una autonomia tri- butaria e finanziaria non di mera facciata, e perciò una effettiva capacità di influi- re sia sulla ‘determinazione’ dell’ammontare delle entrate, sia sulla decisione con- cernente gli indirizzi di spesa. E questo senza trascurare che la Provincia costituisce lo snodo imprescindibile per la definizione delle politiche regionali.
c) Con riguardo, infine, all’adeguatezza, si pone la questione della corrisponden- za dei confini territoriali di ciascun ente (soprattutto, ma non solo, i confini del- le Province) alle reali esigenze di governo del livello corrispondente (per le Pro- vince, le esigenze della cd. ‘area vasta’ fra Regione e Comuni).
È del tutto evidente che, laddove si riveli superfluo il livello di governo intermedio, esso, oltre ad essere moltiplicatore di spesa (inutile), genera disfunzioni nel com- plessivo sistema autonomistico. Laddove, invece, si riveli necessario, la presenza di una soggettività istituzionale esponenziale del relativo territorio rimane indispen- sabile, anche a prescindere dalla (peraltro ineludibile) previsione costituzionale. Certo, non può sottacersi che ad una virtuosa razionalizzazione geografico-ter- ritoriale, attraverso il mutamento delle circoscrizioni provinciali finalizzato a ridurre il numero delle Province, parrebbe costituire un ostacolo non facilmente eludibile la procedura prescritta dal co. 1 dell’art. 133 Cost., che presenta tratti di non in- differente rigidità: la necessaria legge della Repubblica dovrebbe emanarsi «su ini- ziativa dei Comuni», e «sentita» la Regione interessata.
Anche per i Comuni può svolgersi un ragionamento similare, sebbene il relati- vo processo di accorpamento sia forse meno arduo dal punto di vista istituzionale, giacché la procedura per «modificare le loro circoscrizioni» è rimessa alla legge re- gionale, per emanare la quale è necessario soltanto aver «sentite le popolazioni in- teressate» (art. 133, co. 2).
Come è ben noto, la questione si fa assai più complessa per quanto attiene alla eventuale «fusione di Regioni», l’art. 132, co. 1, Cost. prescrivendo a tal fine una leg-
ge costituzionale da emanarsi «sentiti i Consigli regionali», ma solo «quando ne fac- ciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle po- polazioni interessate», e sempre che «la proposta sia approvata con referendum dal- la maggioranza delle popolazioni stesse». Ed è significativo che «l’approvazione del- la maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum» sia prescritta an- che per la «legge della Repubblica» che intenda disporre il distacco di Province e Co- muni «da una Regione» e l’aggregazione «ad un’altra», sul presupposto che le Pro- vince e i Comuni interessati «ne facciano richiesta», e comunque dopo che siano sta- ti «sentiti i Consigli regionali» (art. 132, co. 2).
Resta da aggiungere una breve riflessione sul come si dovrebbe operare nelle more della necessaria rivisitazione della disciplina (legislativa e costituzionale) del sistema locale. Segnatamente, si pone il problema di risolvere le antinomie fra il TUEL e la legge Delrio, specialmente per le disposizioni riguardanti le Province. In proposito non può non prendersi atto che, a seguito del voto referendario, torna ad essere at- tuale la necessità di una verifica di costituzionalità delle disposizioni della L. 56 che neghino il ruolo della Provincia quale ente costitutivo della Repubblica.
Il profilo di maggior rilievo pare essere quello concernente la interpretazione del- l’art. 1, co. 51, L. 56/2014, a tenore del quale «In attesa della riforma del titolo V del- la parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, le provin- ce sono disciplinate dalla presente legge», il che, ad avviso di alcuni interpreti, fa- rebbe escludere ogni rinvio alla disciplina del TUEL, anche perché un tale rinvio è, invece, espressamente prescritto al co. 50, con riguardo alla disciplina della Città Me- tropolitana.
Si sarebbe potuto non infondatamente inferire, pertanto, che la legge Delrio, esclu- dendo ogni richiamo al TUEL nella parte relativa alla disciplina (struttura e funzioni) delle Province, avesse, sia pur implicitamente, operato la sua abrogazione. Oggi però, dopo la ‘sepoltura’ della riforma della Costituzione – e nonostante la Corte costitu- zionale abbia giudicato la legge Delrio conforme alla Carta (sent. 50/2015) – si fan- no più consistenti i dubbi sulla ineluttabilità di una tale implicita abrogazione.
D’altro canto, il riferimento alla riforma del Titolo V della Costituzione, opera- to dall’art. 1, co. 51, L. 56, potrebbe pure intendersi come una sorta di auto-limite del Legislatore, che starebbe ad indicare la intrinseca ‘caducità’ di questa discipli- na, la quale parrebbe considerare se stessa in vita subordinatamente alla modifica della Carta. Una volta bloccato in via definitiva il progetto di riforma, la disciplina in parola dovrebbe ritenersi cedevole dinanzi a quella del TUEL.
Una siffatta interpretazione sarebbe forse costituzionalmente preferibile. La leg- ge Delrio, infatti, riserva alla Provincia un ruolo assolutamente marginale in vista della sua eliminazione ad opera della riforma della Costituzione, data per sconta- ta. Dopo il referendum, una tale riduzione di ruolo si presenta incoerente con il ‘rin- vigorito’ impianto della Carta, che contempla la Provincia fra gli enti territoriali co- stitutivi della Repubblica.
Sembra quindi corretto ritenere non più doverosa l’osservanza delle disposizioni della L. 56/2014 incompatibili con la natura della Provincia quale ente intermedio
fra Regione e Comuni che, come recita l’art. 3, co. 3, TUEL, «rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo»: disposizione questa che è pienamente coerente con il vigente dettato costituzionale (l’art. 114, infatti, riconosce le Province, al pari degli altri enti territoriali, quali «enti autono- mi con propri statuti, poteri e funzioni»).
In definitiva, pare potersi concludere per la non necessaria applicabilità delle di- sposizioni della legge Delrio che comprimono, se non addirittura negano, alle Pro- vince le prerogative tipiche di ogni ente territoriale costitutivo della Repubblica.
4. IL RAGIONEVOLE ADEGUAMENTO DELLA RIVISITAZIONE ALLE POLITICHE EUROPEE DI