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LA DIFESA DELLO STATO

Nel documento RIVISTA MARITTIMA (pagine 70-74)

PARTE II - LA GRANDE POLITICA NAVALE

all’Adriatico, tagliandola in due e isolando l’esercito in di-fesa del cuore della Nazione». Si inizia a convincersi che il pericolo maggiore non si celi solo «dietro la maestosa, elevata, aspra barriera delle Alpi», ma anche «dietro l’o-rizzonte lontano dell’aperto mare».

Di conseguenza, afferma sempre il Fazio, «l’azione dell’Armata è indispensabile e indissolubilmente legata a quella dell’Esercito, ai fini della buona riuscita della difesa nazionale». In altre parole la Marina deve essere lo scudo dell’Esercito e le «flotte sono per la difesa delle coste ciò che gli eserciti sono per la difesa delle frontiere terrestri». E’ il primo riconoscimento dell’influenza del dominio del mare sullo svolgimento delle operazioni terrestri e, nello stesso tempo, delle difficoltà organiche e strutturali della Marina rispetto all’Esercito stesso. Se è vero, infatti, che «bastò un decreto reale per portare da dieci a dodici i corpi d’armata territoriali, occorrono invece parecchi anni per aumentare di due corazzate la nostra marina da guerra!». Sempre importante, nella delineazione dei compiti dell’armata, il richiamo alla lezione della storia. «Chiami pure chi vuole sofisma sto-rico il sto-ricordare l’esempio del passato - aveva scritto, per esempio, il Roncagli - i fatti sono fatti e da Salamina ad Azio, dalla Meloria a Lepanto, da Aboukir a Trafalgar, dallo Ya-Lu a Santiago, la storia di tutti i tempi rigur-gita di prove potenti dell’azione risolutiva che sulle sorti

La copertina   del primo numero del periodico della Lega Navale del di-cembre 1897 (Fonte: lega navale.it).

Il monumento a France-fra queste condizioni. Sensibilizzare dunque l’opinione

pubblica al fine di creare una coscienza marittima della Nazione, un compito in cui la Rivista Marittima è af-fiancata dal periodico della Lega Navale italiana, il cui primo fascicolo vede la luce nel dicembre 1897, anni-versario celebrato con un apposito numero speciale, a firma di chi scrive.Un periodico che si presentava all’e-poca semplicemente come «una raccolta di uomini in-torno ad un ideale comune, comunicanti tra loro soltanto a mezzo d’una rivista e delle pubblicazioni annesse» e che, in termini propriamente organizzativi, precede la stessa Associazione Lega Navale Italiana, il cui primo statuto vede la luce solo nel giugno 1899, con rapporti sempre strettissimi, allora come ora, sia con la Marina che con la Rivista Marittima.

Molto importante è poi in questo periodo, a cavallo tra i due secoli, l’approccio politico al problema marittimo che la Rivista invero ha sempre alimentato, guardando e riportando sulle proprie pagine lo svolgersi dei dibattiti parlamentari sui problemi navali e marittimi.

E la testimonianza che segnaliamo sulle pagine della Rivista, nella sua singolarità, è veramente eccezionale, costituita com’è da un articolo di Francesco Crispi sulla difesa marittima, apparso nel fascicolo di agosto-set-tembre 1900. Fa veramente onore alla Rivista aver offer-to all’uomo politico che il Vecchj aveva definioffer-to «vero

voler ritornare alle sue origini di brillante polemista.

Infatti, non si è provveduto a tutelare efficacemente i nostri interessi in quella che egli considera «la più im-portante di tutte le colonie putative», cioè «la regione platense che conta ben quattro milioni di italiani, men-tre in Cina la divisione navale italiana è stata sciolta - paradossalmente - proprio  alla vigilia della rivolta dei Boxers».

Ed è illuminante come Francesco Crispi, la cui politica navale aveva assunto il motto di «lanciare sul mare mol-ti Duilii», in tale occasione ammonisca che: «nell’ora del pericolo l’Italia non può sperare salvezza che da una forte e ben agguerrita flotta, la quale contrasti ai nemici lo sbarco sulle nostre coste. Rinunciare a ciò è quanto ab-bandonare l’unica speranza di salvezza a cui l’Italia pos-sa affidare le sue fortune nel giorno del cimento».

Anche lo storico Camillo Manfroni si propone, in uno dei suoi numerosi scritti apparsi sulla Rivista Marittima,

«di richiamare al mare le forze vive della Nazione» dato che, contrariamente alle aspettative, «l’unità d’Italia, l’apertura del Canale di Suez e le ferrovie transalpine»

vengono così individuate nell’insufficiente protezione accordata alla nostra marina mercantile, nella preva-lenza delle importazioni sulle esportazioni, nel predo-minio delle merci trasportate con bandiera straniera, nella scarsa intraprendenza delle nostre compagnie di navigazione.

Così «le nostre merci per mancanza di linee dirette van-no a Londra e di là, o su vapori inglesi o su vapori del Lloyd germanico che fanno scalo in quel porto, giungono in Oriente e spesso anche per via perdono la natura di merci italiane».

Una disamina spietata delle contraddizioni commercia-li del tempo che, secondo il nostro autore, può essere solo alleggerita da una più razionale protezione stata-le, ma soprattutto dall’attività individuale delle nostre popolazioni marittime e degli imprenditori privati.

Assisteremo altrimenti allo spettacolo di un’Italia «non più padrona dei suoi mari, non più libera di muoversi nel Mediterraneo, soffocata da ogni parte, chiusa in quel metaforico cerchio di ferro che già da ogni parte ci viene stringendo».

Guerra italo-turca del 1911-1912 - nella foto l’incrociatore VETTOR PISANI seguito dalle cin-que torpediniere del ca-pitano di vascello Millo al rientro dal forzamento dei Dardanelli, 21 luglio 1912.

mo all’attenzione del lettore, possiamo meglio renderci conto di come, dall’osservatorio privilegiato costituito dalla Rivista Marittima, vengano giudicati gli aspetti propriamente militari, politici ed economici del proble-ma proble-marittimo del tempo, mentre a grandi passi ci si sta avviando inconsapevolmente alla conflagrazione euro-pea. In particolare, sulle colonne della Rivista, possia-mo seguire il dibattito sulla problematica aeronautica, il mezzo rivoluzionario che farà le sue prime esperienze di guerra in Libia e poi nella Grande Guerra. Infatti, al quadro delle rubriche già delineato si aggiunge col fa-scicolo di novembre 1909 per la prima volta la rubrica

«Aeronautica».

Durante la guerra italo-turca dobbiamo segnalare la brillante iniziativa di distribuire cartoncini augurali editi dalla Rivista Marittima e riportanti a stampa l’ode

«La notte di Natale» scritta ad hoc da Giovanni Pascoli e dedicata ai marinai e ai soldati d’Italia in Tripolitania.

Ed era stato proprio il direttore della Rivista, Contram-miraglio Roberto Mazzinghi a chiedere personalmente

Su iniziativa del diret-tore Mazzinghi furono distribuiti il 25 dicembre 1911, durante la guerra italo-turca, agli equipaggi delle Forze Navali Riuni-te, cartoncini editi dalla Rivista Marittima ripor-tanti a stampa l’ode «La notte di Natale» di Gio-vanni Pascoli.

LA DIFESA DELLO STATO

natalizio, invito subito accolto dal «Poeta d’Italia».

In quella guerra che si profilava come imminente, quel-la guerra che, per esprimerci con le parole del fiorentino Ferdinando Martini, «l’Italia non può fare e non può non la fare», molte delle idee lanciate e vagliate nel cor-so degli anni dalla Rivista Marittima avrebbero trovato un vasto campo di applicazione e di verifica.

E come osservava quel personaggio pirandelliano di

«Berecche e la guerra», una delle Novelle apparsa per la prima volta proprio nel settembre del 1914 sulla Ras-segna Contemporanea: «E chi sa! Pensate che l’India, la Cina, la Persia, l’Egitto, la Grecia, Roma diedero un tempo esse il “la” alla vita, sulla terra. Un lume s’accende e sfavilla per secoli e secoli in una regione, in un con-tinente; poi a poco a poco si smorza, vacilla, si spegne.

Chi sa! Forse ora sarà la volta dell’Europa. Chi può pre-vedere le conseguenze d’un sì inaudito conflitto? Forse non vincerà nessuno e si distruggerà tutto, ricchezze, industrie, civiltà.

Il “la” alla vita cominceranno forse a darlo le Americhe,

Nel documento RIVISTA MARITTIMA (pagine 70-74)