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UTOPIE DI DISARMO E PROGRAMMI NAVALI

Nel documento RIVISTA MARITTIMA (pagine 99-104)

Ma il momento più caldo e interessante della polemica, si riferisce agli anni 1928-29 con la diretta partecipazio-ne del gepartecipazio-nerale Giulio Douhet, i cui interventi sulla Ri-vista non sono ancora stati opportunamente valorizzati, rispetto alle sue tesi di fondo sul «dominio dell’aria»

erano già apparse nel periodo che va dal 1921 al 1928 (dal Dominio dell’aria ai Probabili aspetti della guerra futura, tanto per intenderci). La prima reazione critica di Douhet (novembre 1928) è suscitata da due articoli, sempre sulla Rivista, a firma di due ufficiali di Marina, il contrammiraglio G. Valli e il capitano di fregata L. San-sonetti che avevano espresso le proprie perplessità su di un profilo poco noto della teoria di Douhet, cioè la guerra chimica e le sue applicazioni. E quest’ultimo nel-la sua replica chiama in causa i principi di fondo delnel-la guerra futura nel più duro realismo:

«La guerra è una cosa seria e quando la si fa bisogna ten-dere a uno solo scopo: vincere (...) in guerra non c’è che una sola ragione: la forza nel suo significato più brutale (...) le offese aeree e specie quelle aerochimiche posseggono un’efficacia materiale e morale di gran lunga superiore a quella delle altre armi. Ergo l’arma aero-chimica è in gra-do di decidere la lotta (...) per vincere oggi occorre riuscire a spezzare le resistenze materiali e morali della nazione avversaria, prima che questa riesca a spezzare le nostre».

Marina e dell’Esercito), ripete la sua abituale condan-na (che definisce l’aviazione ausiliaria «inutile, super-flua, dannosa»), sostenuta dal seguente ragionamento:

«prima di munire la propria marina di una aviazione ausiliaria, è necessario mettersi nelle condizioni di do-minare l’aria.

O si raggiunge questo scopo, ed allora la marina avver-saria verrà automaticamente privata della sua aviazione e le sue basi saranno minacciate, o non lo si raggiunge, e allora la propria marina verrà automaticamente privata della sua aviazione e minacciata nelle sue basi».

Punto per punto le tesi di Douhet vengono ribattute dal contrammiraglio Valli, a cui il Douhet a sua volta risponde per la seconda volta, precisando ancora alcuni concetti tipici del suo pensiero con un piglio quasi filo-logico: «Quella “rassegnazione a subire le offese avver-sarie” va intesa nel senso che sarebbe un errore, per non subire un’offesa - uno, rinunciare ad arrecare al nemico un’offesa - dieci (...). Bisogna ripartire le risorse in modo da ottenere un esercito e una marina non modesti, né po-veri, ma sufficienti e un’armata aerea la più potente pos-sibile: cioè un esercito e una marina “sufficienti a resistere il tempo necessario a decidere nell’aria”».

E per il momento il contraddittorio tra Douhet e i pen-satori navali, ospitato dalla Rivista Marittima finisce qui,

UTOPIE DI DISARMO E PROGRAMMI NAVALI

La Nave appoggio idrovo-lanti GIUSEPPE MIRA-GLIA da 5.913 tonnellate, varata all’Arsenale di La Spezia nel 1923 ed entrata in servizio nel 1927, con le prerogative di una portae-rei, seppur priva di ponte di volo, prende il nome dal tenente di vascello pilota Giuseppe Miraglia (1883-1915), MAVM, apprez-zatissimo dal Poeta d’An-nunzio che gli dedicò ben 60 pagine del suo poema Notturno (Foto USMM).

sta può essere considerato anche in un altro editoriale del febbraio 1935 (a proposito dell’articolo «La guerra navale e gli aerosiluranti»), che formalmente chiude la polemica sull’argomento «perché alcuni dei suoi più discussi aspetti non sono stati, né potevano essere, util-mente approfonditi o risolti, per i punti di vista passional-mente inconciliabili sostenuti nel contraddittorio, che si è avviato nella zona dei bassi fondali».

Purtroppo le proposte dei pensatori navali, per quanto

«profetiche» possano oggi apparire, non si sono tradot-te in conseguenti sceltradot-te politiche.

Verso la metà degli anni Trenta, con l’incremento de-gli armamenti navali, si riprende con passione il pro-blema delle navi da battaglia per rispondere a quesiti ed esigenze di natura diversa. «Per frenare la richiesta di corazzatura, le navi dovrebbero essere corte, larghe, di basso bordo libero – sostiene per esempio Leonardo Fea - mentre per la difesa subacquea le navi dovrebbero essere non solo larghe e con una grande riserva di galleggiabili-tà, ma ancora più lunghe».

E la risposta, di fronte alle esigenze di segno opposto della difesa e dell’offesa, è sempre la stessa, nel senso che «i vari elementi protettivi diretti (corazzatura, difesa subacquea, difesa antiaerea) e indiretti (stabilità, com-partimentazione) possono dunque sulla nave maggiore trovare il loro più armonico sviluppo, in modo che la loro netta integrazione risulti veramente efficace».

Lo scrittore che si è servito dello pseudonimo «Persisti»

in un intervento dell’ottobre 1937 sostiene che la ten-denza all’aumento del dislocamento nelle navi di linea

«proviene dall’esigenza dell’armamento e da quella della protezione» e, personalmente, si fa promotore di un di-slocamento da 40 mila t. che superi quel didi-slocamento standard previsto, in ultima analisi, dalla Conferenza di Londra del 1936.

In un successivo contributo, Franco Garofalo sostiene che, nella «gara dei dislocamenti e dei calibri» del mo-mento, non si deve discendere nel dislocamento delle navi di linea, economizzandolo sul peso della protezio-ne verticale e che, tout court, non è protezio-nemmeno opportu-no parlare di un possibile «rimpicciolimento delle navi di linea», in quanto non si può certo pretendere che un qualsiasi Paese, «premuroso del proprio avvenire, profon-da tempo e profon-danaro in un tipo di nave già destinato, allo

na, ritroviamo sulla Rivista le firme di personaggi che di lì a poco, nelle vicende della «guerra viva», come di-rebbe il Machiavelli, assumeranno un ruolo di primo piano. E’ il caso del CV Carlo Margottini, MOVM alla memoria per l’eroico e drammatico scontro al largo di Capo Passero il 12 ottobre 1940 e al quale la Marina Mi-litare nel dopoguerra ha intitolato due unità. Come pure del CC Giorgio Giobbe (nel fasc.1/1938) e dello stesso comandante della Decima Flottiglia Mas, il CV Vitto-rio Moccagatta (nel fascicolo 1/39), entrambi MOVM per l’eroico comportamento nello sfortunato attacco a Malta quel maledetto 26 luglio 1941. In particolare quest’ultimo teorizza la guerra di rapido corso (cioè una dinamica guerra di movimento che permetta di giunge-re ad una rapida conclusione del conflitto). Una guerra basata, nella sua visione, sull’offensiva che dovrebbe at-tuarsi «nell’affrontare il nemico sin dall’inizio delle osti-lità» con una battaglia decisiva, per procedere poi al suo sfruttamento in senso tattico fino al raggiungimento del successo strategico, cioè alla vittoria completa.

Giulio Douhet (1869-1930), il celebre teorico del “dominio dell’aria”, in-terviene sulle stesse pagine della Rivista Marittima sulla «vexata quaestio»

delle «aviazioni ausilia-rie», in polemica con i pensatori navali.

tirerà l’attenzione generale con il suo libro «Mediterra-neo Legionario»), in cui si sostiene che la nave portaerei risolverebbe solo «parzialmente il problema della coo-perazione aeronavale», dato che «si possano ottenere, dall’attacco che proviene da un aeroporto, la tempestivi-tà, la funzione, l’efficacia che si ottengono dall’aereo che ha decollato da una nave». Secondo la topica del tempo, si esalta quindi la posizione geografica dell’Italia che «la Provvidenza ha designato e lascia giacere al centro della zona ove esistono i più probabili obiettivi di guerra e di pace». È l’immagine dell’Italia portaerei, un’immagi-ne che presenta una sua precisa letteratura: da Filippo Tommaso Marinetti che vedeva l’Italia «con la forma e la potenza di una bella dreadnought» allo stesso mare-sciallo Enrico Caviglia, al quale l’Italia appariva «come un immenso molo aviatorio».

A fianco del dibattito sempre intenso sugli indirizzi

nica (valutazione, carriera, determinazione qualitativa degli ufficiali di vascello) e su alcuni temi dell’attualità internazionale che, in un modo o nell’altro, coinvolgo-no gli interessi italiani nel mondo. Ma, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe e con la stessa «misura» che abbiamo già potuto apprezzare all’epoca della campa-gna libica, hanno una limitata eco le imprese italiane del momento, come la campagna etiopica e l’intervento in Spagna.

Merita infine di essere ricordato un intervento di Epi-carmo Corbino, già ufficiale di porto dal 1911 al 1923, poi docente universitario e uomo politico del dopo-guerra, dedicato alla «Marina mercantile nella vita eco-nomica e nel quadro delle forze militari di una Nazio-ne». La tesi portata avanti ci illustra come, quando si parla di marina mercantile, «una delle forze con cui si manifesta l’attività economica nazionale», non bisogna 1923 - Tenente di

va-scello in divisa ordinaria ivernale di guardia con sciarpa. 1928 - Sottocapo timoniere segnalatore in divisa da lavoro estiva e Capitano delle Armi Na-vali. Le illustrazioni sono di Bruna Pecciarini Gay e sono state pubblicate dalla Rivista Marittima del di-cembre 1980.

tico e da quello militare (come «strumento dell’organiz-zazione militare del Paese» in ordine «ai rifornimenti marittimi in caso di guerra» ed alla funzione ausiliaria

«ai numerosi bisogni della marina da guerra»).

Nel periodo tra le due guerre mondiali assistiamo in definitiva ad una netta prevalenza del profilo tematico tecnico-scientifico-professionale, mentre nel cinquan-tennio precedente, come abbiamo potuto apprezzare, la Rivista Marittima aveva mostrato un’attività invero più variegata e diversificata. In una differenza di fon-do quindi che fa apparire il prefon-dominio della neutralità della scienza e della tecnica quasi più come una limi-tazione del proprio campo d’azione che non come un traguardo appetibile. Ancora una volta si mostrava così vero il paradigma secondo il quale «Liberty and Let-ters», cioè Libertà politica e Cultura (nel senso più alto del termine), sono normalmente in strettissima relazio-ne tanto che, la limitaziorelazio-ne dell’una, finisce per incidere negativamente anche sulla manifestazione e l’esplicazio-ne dell’altra.

«Il Mediterraneo Legiona-rio», libro del TV Virgilio Spigai, futuro Capo di Sta-to Maggiore della Marina nel periodo 1968-1970.

In basso: dislocamenti

“Navi di linea” delle prin-cipali marine da guerra, pubblicata sulla Rivista nel fascicolo del gennaio del 1937.

UTOPIE DI DISARMO E PROGRAMMI NAVALI

Nel documento RIVISTA MARITTIMA (pagine 99-104)