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LA VITTORIA ADRIATICA

Nel documento RIVISTA MARITTIMA (pagine 82-89)

Panoplia dei Capi dell’Intesa.

PARTE II - LA GRANDE POLITICA NAVALE

documentaria privilegiata, con la sistematica pubblica-zione dei «comunicati ufficiali e disposizioni di guerra»

(che inizia già nel giugno 1915), sia con la descrizione e il commento degli «avvenimenti navali del conflitto europeo» (che era iniziato, ricordiamo, già da nove mesi), a cura dello stesso direttore della Rivista, il vi-ceammiraglio Roberto Mazzinghi, ovvero con contri-buti particolari sui singoli avvenimenti. Tant’è che lo stesso Epicarmo Corbino, il grande economista che molti lettori, in termini navali, ricordano come autore dell’opera «La battaglia dello Jutland vista da un econo-mista» (del 1933), adottata come testo per gli studenti di lingua italiana all’Accademia Navale di Annapolis, nell’intervista che ha avuto la cortesia di concedermi, e di cui ho dato ampio ragguaglio proprio sulle pagine della Rivista (giugno 1983), alla richiesta di voler chia-rire quali fossero state le fonti su cui si era basato per il suo testo, non ha esitato a rispondere che le sue fonti dipendevano essenzialmente dagli studi apparsi sulla Rivista Marittima!

Nel periodo considerato la composizione qualitativa e quantitativa della Rivista non si allontana troppo dallo standard tipico del tempo di pace, ovviamente, come è facilmente comprensibile, col vincolo tematico che si riferisce alla priorità degli avvenimenti bellici sia pur visti da angolazioni diverse. L’assetto delle «rubriche»

della Rivista durante la guerra si presenta come segue:

Marina Militare, Marina Mercantile, Aeronautica, Mi-scellanea, Rivista di Riviste, Bibliografia e Pubblicazio-ni; scompaiono, come si può facilmente immaginare, quelle dedicate alla Marina da diporto e alla Marina da pesca (per ricomparire poi nell’immediato dopoguer-ra), oltre al bollettino Attestati di privative industriali e Fogli annunzi delle ditte fornitrici dell’amministrazione

nasconde dietro lo pseudonimo di Illyricus (presumi-bilmente Attilio Tamaro, giornalista e futuro diplomati-co), il quale aveva già iniziato la propria collaborazione nel febbraio 1913 con una serie di articoli sulle guerre balcaniche e che ora continua con un’altra serie di con-tributi sulla «Guerra delle Nazioni», con approfondi-menti, direi in termini tucididei, sulla «eziologia» della guerra, cioè sulle sue cause e responsabilità immediate e remote. Al di là del linguaggio ispirato di Illyricus, più chiara ed efficace appare, sempre sul tema della gene-si della guerra, la prosa asciutta del direttore Roberto Mazzinghi. «Le cause dell’odierno conflitto sono note.

Quelle immediate hanno tratto origine dalla concezione della Duplice Monarchia che dovesse essere schiacciata l’aspirazione panserba, la quale fattasi più minacciosa per le vittorie di Belgrado, poteva diventare fattore disgre-gante dell’Impero che, in breve estensione del territorio, domina tante diverse nazionalità. Quelle meno immedia-te, ma più gravi, sono l’epilogo di una lotta per le egemo-nie, che aveva trascinato l’Europa in una folle corsa di armamenti».

Continua la collaborazione degli scrittori che avrebbero conquistato un posto di rilievo nella storia della Mari-na, come Angelo Iachino (il cui primo articolo, sull’im-piego del siluro nel combattimento tra navi, risaliva già al maggio 1913), Guido Po, che sarà direttore del-la Rivista Marittima dal 1938 al 1943 e autore di tante pregevoli monografie di carattere storico (il cui primo scritto sulla Rivista porta la data del febbraio 1914 e si riferisce ai dati evolutivi delle navi da battaglia). Seguo-no poi gli interventi dell’allora TV Giuseppe Fioravan-zo, anche lui in seguito direttore, con un contributo sul problema del tiro antiaereo, nel dicembre del 1917. Ma il dato più interessante è vedere come si commentino

Copertine dei libri di A.V.

Vecchj ed Epicarmo Cor-bino, con dedica autografa all’autore.

specie sul diritto di fermo nella guerra marittima, sulle competenze della magistratura delle prede, le modifiche da apportare alla Dichiarazione di Londra del 1909 re-lativa al diritto della guerra marittima e sul salvataggio dei naufraghi in tempo di conflitto armato. Ricordiamo inoltre uno studio molto interessante di Edwin Cerio sull’atteggiamento assunto dagli Stati Uniti, allora anco-ra neutanco-rali nella gueranco-ra europea in corso, in cui il pacifi-smo imperante (ma ancora per poco!) viene presentato come elemento di rigenerazione morale e base per la ricostruzione dell’Europa post-bellica nella prospettiva di una Lega di Pace (prefigurazione della Società delle Nazioni) che dovrà sorgere dalle ceneri della guerra «in nome della pace, della civiltà e della libertà».

Qualche tempo dopo (e siamo già al giugno 1918), Feli-ce De Chaurande de St. Eustache si soffermerà, in par-ticolare, sugli obiettivi marittimi della politica del presi-dente Wilson, dopo ormai quindici mesi dall’entrata in guerra degli Stati Uniti. Libertà dei mari, inviolabilità in guerra della proprietà privata in mare, diritto dei neu-trali a commerciare in qualche circostanza anche con i

fondata perplessità sulla «serafica visione» di una futura Società delle Nazioni e «di una nuova partizione del glo-bo, cementata dall’alleanza tra i popoli, come Roma l’at-tuò, dopo aver imposto la pace romana a cento milioni di uomini». L’unico articolo di Bernotti (agosto-settem-bre 1917) che appare sulle pagine della Rivista durante gli anni del conflitto, riveste un particolare interesse.

Sotto il titolo eloquente «Previsioni e realtà nella guerra marittima» ci offre infatti una prima valutazione delle esperienze che si andavano maturando nella guerra in corso e che il l’Autore riassume in due punti essenziali:

«rivoluzione più che evoluzione dei metodi della guerra in mare» e «conseguente fallimento dei criteri di arte militare marittima propugnati prima del 1914».

Il successo della guerra sottomarina e della guerra di mine sembrano, agli occhi del Bernotti, aver relegato per sempre all’inazione le grandi navi (anche se è stata combattuta allo Jutland «la più grande battaglia navale di squadre della storia» in cui «ambedue gli avversari sono persuasi di aver tatticamente riportato il trionfo»!) che serviranno, se non altro come fleet in being, a

para-LA VITTORIA ADRIATICA

Aforismi di guerra ma-rittima pubblicati in una circolare dello Stato Mag-giore Marina e riprodotti sul fascicolo di maggio del 1915 della Rivista Marit-tima.

A destra: ricostruzione delle posizioni e delle rotte delle unità italiane e au-stro-ungariche all’entrata in guerra dell’Italia. Trat-ta da «La Marina iTrat-taliana nella Grande Guerra» -

del traffico del nemico e nel mantenimento ad ogni co-sto delle proprie delle proprie linee di comunicazione e rifornimento.

Laddove l’istradamento del traffico mercantile e il siste-ma dei convogli sembrano essere gli unici antidoti alla

«falce sottomarina che ha diradato le fila dei trasporti».

E’ facile immaginare, di conseguenza, quale effetto

pro-dall’ing. Mario Monticelli, maggiore del Genio Navale che, pur ammettendo in via ipotetica che «la battaglia navale dell’avvenire possa aver luogo tra sommergibi-li» (tale era la suggestione esercitata dai facili successi della guerra sottomarina tedesca), mentre le navi di su-perficie, potentemente armate, serviranno sempre per attaccare le piazzaforti marittime e per proteggere le

che l’affondamento di navi colpite da siluri è stato, nel-la generalità dei casi, conseguenza dello sbandamento, l’autore ritiene che la nave del futuro dovrà essere costi-tuita «da un nocciuolo centrale, resistente per forma, resi-stentissimo per struttura, che contenga l’apparato motore, gli apparecchi di governo e le artiglierie principali e sia collegato a una struttura esterna, anch’essa robustissima e destinata ad assorbire, deformandosi, buona parte se non tutta l’energia dello scoppio».

Una proposta certo interessante, ma di non facile at-tuazione, come la storia ha dimostrato; un conto sarà infatti migliorare la protezione della nave contro l’offesa subacquea e un altro sarà costruire una nave inaffonda-bile, vera e propria utopia navale! E’ facile immaginare come e perché il «sommergibile e l’aereo» polarizzano l’attenzione degli scrittori della Rivista durante la Gran-de Guerra, come ci dimostra il saggio di Giovanni Ales-sandro Rosso sull’impiego del sommergibile nel diritto di guerra marittimo.

Ovvero la serie di articoli con cui il capitano Alessandro Guidoni affronta i diversi profili aeronautici che emer-gono mano a mano dall’analisi del conflitto (dal 1916 al 1918). C’è poi chi, con estrema lungimiranza, pur nei momenti più critici della guerra (siamo infatti nell’otto-bre del 1917!) pensa a quella che sarà «l’Italia marittima dopo la guerra», come  Gustavo Sarfatti, libero docen-te di diritto della navigazione all’Università di Genova, per il quale il dopoguerra non potrà non presentarsi

«denso di lavoro, di lavoro fattivo e intenso sia nei rap-porti interni che nelle relazioni con gli altri Stati». E se è vero che «dal mare e sul mare l’Italia specialmente può trarre e trovare la sua più magnifica grandezza», tutte le attenzioni della Nazione sin d’ora, sostiene sempre l’Autore, «dovranno rivolgersi a regolare internamente e internazionalmente il diritto del mare».

Sebbene un po’ in sordina, considerato il particolare momento storico, nell’aprile del 1918, con un editoriale di poche paginette intitolato emblematicamente «Fata aspera rumpes», la Rivista Marittima celebra il suo pri-mo cinquantennio di esistenza, con una sobrietà che ne esprime il carattere nella maniera più profonda.

E l’esperienza della guerra, dopo le prime riflessioni «a caldo», costituirà uno dei punti di riferimento del di-battito che si svolgerà nel ventennio seguente, un dibat-tito a cui gli autori della Rivista Marittima avrebbero largamente partecipato. Infatti, mentre «a Parigi la con-clusione del Trattato di pace incontrava gravi difficoltà - come annoterà lo stesso Bernotti nelle sue memorie - per la Marina era giunto il momento di riflettere sulla guerra che avevamo combattuto e sui nuovi problemi

LA VITTORIA ADRIATICA

La foto pubblicata a corredo dell’articolo di Guidoni apparso sulla Rivista Marittima nel giugno 1916 «Gli idrovolanti da guerra», rappresenta il lancio di un idrovolante dalla poppa di un incrociatore.

R. Claudus, «Resa della flotta austriaca». Olio su tela, cm 300x200, Stato Maggiore Marina, Palazzo Marina, Roma.

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Nel documento RIVISTA MARITTIMA (pagine 82-89)