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2 L'Alba sul territorio pisano: tra insegnamenti basagliani e pratiche orientate al

2.1 Struttura specializzata vs casa vera

2.1.4 La difficile uscita dall'appartamento supportato

La modalità abitativa del supported housing ha la caratteristica di essere un esperienza non definitiva.

L'utente, pertanto, al momento dell'ingresso nell'appartamento supportato, viene informato del fatto che la sistemazione è temporanea, che rappresenta una sorta di banco

111 di prova per fare esperienza di una vita in autonomia e apprendere abilità da utilizzare poi "fuori".

Io personalmente ho sempre cercato di trasmettergli questa idea che loro devono iniziare a cavarsela da soli, con la prospettiva un giorno di andare a stare da soli. E poi si è visto che funziona perchè se per due anni gli ripeti ad una persona che è lì per poi un giorno andarsene, prima o poi succede.. (Operatrice 1)

Tuttavia l'uscita dall'appartamento non è così semplice, e diversi sono gli ostacoli che la impediscono, soprattutto di natura economica. Si percepisce dalle testimonianze degli utenti la sensazione di essere bloccati, come mi conferma l'operatore 2:

Forse è quello che poi ti trasmettono di più, questo essere sempre lì fermi...a un certo punto ti sembra un parcheggio...é un futuro un po' fermo in

realtà...(Operatore 2)

L'indigenza economica viene indicata dagli utenti come il maggior ostacolo verso l'uscita dall'appartamento. Spesso la pensione di invalidità, il guadagno proveniente da un inserimento lavorativo, i supporti dalla famiglia e i saltuari contributi alla persona versati dalla previdenza sociale, non sono sufficienti a rendere stabile la situazione finanziaria degli utenti, con conseguenze negative sulla loro qualità di vita. A volte capita che gli utenti si trovino impossibilitati a pagare l'affitto, trovandosi a dover affrontare spese impreviste senza un budget minimo da cui attingere, e perciò diventano morosi. In quel caso è l'Associazione, in quanto garante dell'utente nei confronti del proprietario affittuario, che deve farsi carico di sopperire all'affitto mancato e anticipare la quota per poi recuperarla in seguito. Questo sistema di rimborso, tuttavia, appare macchinoso e poco funzionale, considerando anche le altre consistenti spese che l'associazione deve affrontare (personale, laboratori di arte- terapia...). Per ovviare a questo problema, l'Alba ha quasi ultimato la stesura di un protocollo che definisca il progetto, all'interno del quale individuare un budget che copra la quota degli affitti versata dai servizi e tuteli l'associazione in caso di morosità dell'utenza.

Inoltre l'Associazione sta avanzando richieste al Comune proponendo di avviare una collaborazione da concretizzarsi, ad esempio, con la messa a disposizione dell'Associazione di un certo numero di case popolari da destinarsi all'utenza, o introducendo la modalità dell'affitto concordato104.

104Tramite il contratto di affitto concordato il privato, proprietario della casa, avendo messo a disposizione

dell'associazione il proprio immobile, viene esonarato dal comune dal pagamento delle tasse su di esso, con la conseguente riduzione della quota di affitto.

112 L'appartamento supportato, si diceva, rappresenta un punto di arrivo nel percorso fatto in precedenza dall'utente, ma anche un punto di partenza per un percorso ancora da farsi.

L., dopo aver vissuto 3 anni in un appartamento supportato, avendo la possibilità economica e il supporto di sua madre, sua amministratrice di sostengono, ha deciso di trasferirsi e di iniziare a vivere da solo.

L'abbiamo (sottintende lui e sua madre. n.d.r.) deciso perchè...io dico la verità, un po' io l'ho scelto anche perchè era un modo per isolarmi un po' da me...io tendo un po' a isolarmi se posso...e poi dico la verità l'ho anche scelto perchè dico se incontro una ragazza (ride)... (L.)

L. decide di trasferirsi poichè avverte da un lato, il desiderio di isolarsi, dall'altro, quello di avere una maggiore indipendenza e libertà di conoscere e frequentare altre persone. É da specificare che, tra le regole che gli utenti inseriti in un appartamento supportato devono rispettare, c'è quella di non ospitare persone estranee all'Associazione o, in caso di necessità, comunicarlo primariamente. Una tale imposizione, finalizzata ad avere un maggiore controllo sulle situazioni degli appartamenti e a tutelare così anche l'utenza stessa, può apparire limitativa delle libertà della persona, oltre a ridurre significativamente le loro opportunità di instaurare relazioni significative all'esterno della rete dell'Associazione. La casa dove L. si è trasferito da quattro mesi è a piano terra, in un vicolo nel centro di Pisa. "Per me che fosse in centro era la cosa più importante", mi dice L. mentre apre la porta, chiusa a più mandate, "anche se da quando vivo qua in centro ci esco davvero poco, sto molto spesso a casa".

Dopo essersi trasferito a vivere da solo L. ha avuto momenti di depressione e crisi che lo hanno portato al ricovero in SPDC, il primo in TSO e il secondo volontario. Quando gli chiedo se, secondo lui, il fatto di vivere da solo possa aver influito sulla sua salute mi dice:

Penso che qualcosa ci sia di mezzo sì...in effetti se ci pensi bene tante persone che c'hanno le allucinazioni sono quelle che si isolano dal mondo...perchè magari non hanno più un mondo vero e nella mente si crea probabilmente un mondo irreale...penso è, mi viene da pensare così. Se tu vivi nell'ambito della società, in un mondo...se non ce l'hai questo mondo, se stai da solo, te lo crei da te nella testa un mondo e cominci a vedere le cose... (L.)

A questo L. aggiunge che molto spesso sta in casa e che, mentre quando era un ragazzo l'andare a vivere da solo gli sembrava una conquista, ora, a 47 anni, ha più svantaggi che vantaggi. Ma che nonostante questo non è pentito della sua scelta:

113

Tendo molto a lasciarmi andare, nel senso che sto tanto a letto...però tante cose che prima mi sembravano...perchè io vivevo in un ambiente (si riferisce all'appartamento supportato n.d.r), purtroppo bisogna dire la verità, anche lì alla fine ti senti meglio perchè ti senti un pochino più dentro...cioè nel senso fai paragoni con persone che anche loro hanno problemi. Anche se ora continuo a frequentare persone che comunque anche loro hanno problemi, o hanno avuto problemi di salute mentale però...É che alla fine forse questo fatto di stare un po' peggio qui, forse non è così malvagia come cosa, può darsi che sia anzi un...un segno di dire che è più difficile, non è detto che sia peggio, può darsi che sia più difficile e basta.... (L.)

L. non è stato l'unico ad andarsene. Uno dei coinquilini di F. e N. da poco si è trasferito in un appartamento dove l'affitto è intestato finalmente a suo nome, nonostante il suo lavoro a nero non gli permetta di avere una busta paga. Ad un altro, dopo anni di attesa, è stata assegnata la casa popolare, a piano terra, cucina-salotto, camera da letto, bagno. Anche F. e N. sono in graduatoria, ma insieme a tanti altri.

2.1.5 Aspetti critici del "supported housing"

La modalità abitativa del supported housing, una delle pratiche più innovative proposte dall'Alba, è un tipo di approccio che, dalla metà degli anni novanta ad oggi, sta avendo ampia diffusione nelle pratiche della salute mentale di diversi paesi. Pur se cn delle differenze tra paese e paese, tale modello presenta alcune caratteristiche stabili. Il tipo di supporto è flessibile, disponibile 24 ore su 24 ma non presente nell'abitazione in modo stabile; la gestione della comune vita indipendente e la soluzione delle problematiche che insorgono spettano al gruppo dei pari; l'insegnamento, attraverso sedute in setting simulati (Social Skill Teaching) e trasferite poi nell'ambiente reale (Skill Programming), delle abilità necessarie a condurre una vita indipendente (Carling 1995). L'obiettivo è innanzi tutto riabilitativo poichè, mentre le situazioni artificiali create presso le strutture, come attività lavorative, ludiche, artistiche o psicoterapie di gruppo, non sempre risultano efficaci per l'apprendimento o la riconquista delle abilità, al contrario si ritiene efficace sostenere l'utente nelle sfide che quotidianamente l'ambiente gli presenta105. L'abitare in una "casa

vera", inoltre, restituisce dignità a soggetti che altrimenti si troverebbero a vivere presso

105A tale proposito si confronti anche la sesta dicotomia individuata da Henry e Pocobello: "Setting transitori e

114 strutture e case famiglia, dove l'assistenza costante degli operatori comporta una notevole riduzione delle proprie libertà e delle proprie possibilità di scelta. Diversi studi (Kloos 2001; Smith 2000; Weaver Randall et al. 2001), condotti soprattutto nei paesi anglosassoni, hanno messo in evidenza gli effetti positivi che i programmi dell'abitare supportato hanno sui processi di empowerment, sull'integrazione sociale e sull'accesso alle risorse. Tali ricerche, basate sulle testimonianze dei protagonisti stessi, hanno confermato che sia l'empowerment sia il miglioramento della salute mentale si sviluppano prevalentemente nei contesti relazionali degli ambienti reali.

Anche le amministrazioni possono trarre benefici da questa pratica poichè tale tipo di soluzione abitativa ha dei costi di gestione nettamente inferiori a quelli sostenuti per le residenze protette. Si consideri che, in Italia, un soggetto presso una struttura costa al servizio che lo ha in carico una cifra compresa tra i 4.000 e i 5.000 euro mensili, a seconda del tipo di struttura e di supporto. Per un soggetto inserito in un appartamento, invece, il servizio si trova a versare soltanto una quota dell'affitto mensile, con un costo inferiore di circa dieci volte rispetto alle altre sistemazioni abitative.

Alcune problematiche, tuttavia, persistono. Sicuramente si tratta di una modalità operativa innovativa ma che va ancora perfezionata per aumentarne l'efficacia. A volte si ha l'impressione che all'integrazione fisica dei soggetti, cioè la loro collocazione logistica nelle aree residenziali della città, non sia seguita una vera e propria integrazione sociale. Sono le volte in cui la collocazione in una sistemazione autonoma si risolve in un parcheggio e, come nota Carling (1995), "anche quando essi sono fisicamente presenti nella comunità, sono comunque tenuti ad una debita distanza dagli altri cittadini." Questo traspare anche dalle testimonianze di alcuni di loro, che continuano a percepirsi come isolati, e, pur abitando una casa, non vedono ridotti gli effetti dello stigma.

Io a volte nei momenti di rabbia dico che qui ci stanno solamente emarginati sociali, rifiuti della società, perchè in effetti è vero, è così. Noi siamo rifiuti della società, emarginati...(F.)

Il semplice trasferimento in appartamento, infatti, non permette la creazione di contatti e di interazione, non consente l'inserimento nel contesto. In alcuni casi, al contrario, acutizza il problema psichico e fisico del soggetto, il quale vivendo nel setting della comunità percepisce un maggiore senso di fallimento e di incapacità. Nei casi peggiori si assiste ad una sorta di "segregazione" in casa, provocata anche dalle risorse finanziarie in genere scarse di cui i soggetti dispongono. Per questo motivo Carozza (2006) propone la disposizione un sussidio da erogarsi all'inizio della residenzialità nell'appartamento, affinchè la persona possa

115 provvedere ai propri bisogni, almeno in un primo momento. Una delle problematiche che si sollevano è data dal fatto che alcune incompetenze possono compromettere la vita indipendente abbassandone notevolmente la qualità. In questa direzione appare fondamentale l'intervento degli operatori che, senza imporre la propria presenza, insegnino agli utenti le strategie per affrontare le problematiche quotidiante. Fondamentale risulta la costruzione di programmi fondati sui bisogni specifici di ogni individuo, che lo aiutino a recuperare stima di sè e fiducia nell'altro. Importante per questo è la figura del facilitatore sociale, che per primo stabilisce una relazione di fiducia con l'utente, ma anche la presenza dei volontari, poichè, avvicinandosi da "diversi" a questa realtà, rendono possibile l'integrazione. In questa direzione l'operato dell'Alba risulta efficace poichè offre la possibilità a tutti i soggetti volontari di entrare negli appartamenti e stabilire con l'utenza dei rapporti che, a volte, diventano rapporti di amicizia che proseguono al di là dell'Associazione. Proprio perchè è necessario lavorare sulle relazioni umane, lavorare, quindi, sulle abilità sociali del soggetto, è necessario che questi non venga considerato dal solo punto di vista psichiatrico, ma che venga seguito in un suo personale percorso di autonomia e di riscoperta del proprio ruolo.

D'altra parte la comunità, composta da soggetti molto lontani dal sistema della salute mentale, è chiamata a combattere il pregiudizio e a consentire ed avvantaggiare l'integrazione dei soggetti. (Carozza 2006)

In questo modo l'appartamento cesserà di essere soltanto un luogo di cura (per quanto più desiderabile rispetto alle alternative quali cliniche psichiatriche, istituti, case famiglia...) per diventare "casa" di chi lo abita in modo consapevole.