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2 L'Alba sul territorio pisano: tra insegnamenti basagliani e pratiche orientate al

2.1 Struttura specializzata vs casa vera

2.1.3 La vita nell'appartamento: la convivenza e la gestione del tempo

I soggetti che arrivano ad abitare gli appartamenti provengono ciascuno da una diversa situazione di disagio e vivono una propria sofferenza personale. Secondo i principi del paradigma del recovery, mentre il raggruppamento dei soggetti per disabilità provoca una riduzione dei poteri dell'utente (Castelfranchi 2003)103, innescando un circolo vizioso che

impoverisce risorse interne ed esterne, l'eterogeneità del nucleo abitativo rappresenta una risorsa. Una tale diversità di tipologie umane, tuttavia, rende particolarmente difficile la convivenza, come evidenziato da uno degli intervistati:

L'ho vissuta un po' male. Non mi manca il sostegno, mi manca la tranquillità...Io dico, ma come fai a mettere delle persone che hanno dei problemi a vivere

103Qui si rimanda alla quarta dicotomia indicata dagli autori: "raggruppamento per disabilità vs integrazione

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insieme? Io me la creo stando qui, in questo spazio qui (indica le pareti della sua camera n.d.r)... (N.)

F, sottolinea come sia frequente il nascere di discussioni e come facilmente i rapporti tra i membri del nucleo possano essere fragili e a volte inesistenti:

Qua dentro siamo quattro persone con quattro storie diverse, quattro problematiche diverse....per entrare in sintonia ti devi un po' assestare. All'inizio al primo screzio, alla prima difficoltà, poteva nascere la discussione...qui ci sono state delle liti piuttosto grosse, ma abbiamo superato questi momenti brutti...ora sembrerebbe che andiamo d'accordo, ma ognuno mangia per conto suo...siamo quattro teste calde in un appartamento...(F)

Il gruppo dei coinquilini, quando riesce a muoversi in modo equilibrato e funzionale, rappresenta una risorsa per i soggetti, in diverse occasioni sono i coinquilini stessi a suonare il campanello di allarme, avvisando gli operatori in caso di acutizzazioni delle problematiche di qualcuno o di crisi, o prestando i primi soccorsi in caso di malesseri. Quando, al contrario, il nucleo non funziona in modo equilibrato, a volte proprio a causa delle enormi differenze di stili e percorsi di vita tra i membi che lo compongono, esso diventa un ostacolo sul percorso riabilitativo.

Prima stavo nello spazio in comune, poi ho visto che davo fastidio, c'erano sempre discussioni...per me era uno stress. Quindi ho deciso di passare la maggior parte del tempo in camera...(N.)

Tutti gli operatori intervistati sottolineano come la convivenza nell'appartamento non sia mai facile, soprattutto poichè i soggetti inseriti non si scelgono ma si trovano a vivere insieme per necessità, e, come in qualsiasi convivenza, possono nascere antipatie personali o invidie.

Il gruppo appartamento che si svolge settimanalmente serve proprio a fare presente le problematiche insorte, e a favorire la comunicazione tra i coinquilini.

Le difficoltà maggiori sono quelle che esistono in ogni convivenza. La prima è mettersi d'accordo in tanti. Poi condividere spazi, compiti, c'è chi è portato a fare di più, c'è chi non vuole fare niente..e comunque vanno stabilite delle regole, che ognuno è lì che deve contribuire in qualche modo con le proprie forze a far andare la convivenza...(Operatrice 1)

Anche in questo caso, tuttavia, l'intervento dell'operatore non mira a risolvere le problematiche, quanto piuttosto a favorire la riflessione del gruppo su di esse, mediando nelle discussioni e ridimensionando le liti.

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I problemi vanno affrontati insieme ma non devo risolverli io, devo aiutarli a risolverli tra loro...(Operatrice 3)

L'intervento, dunque, è mirato a stimolare l'empowerment dell'utente, facilitando il suo relazionarsi con l'altro, nel rispetto della sua diversità e delle sue difficoltà.

Oltre alle problematiche connesse alla convivenza, vi è un altro rilevante aspetto che "il vivere da soli" impone di considerare: la gestione del tempo della giornata. Il rischio, infatti, è che il soggetto, avendo a disposizione molto tempo libero, si rinchiuda in casa, o peggio ancora, come evidenziato da uno degli utenti intervistati, tra le mura della propria stanza. Uno dei modi di far fronte a tale rischio è rappresentato dagli inserimenti socio- terapeutici, assegnati dai servizi sociali all'interno del progetto individualizzato concordato con ogni individuo inserito. É il caso di F., che, dopo una breve esperienza al laboratorio di ceramica dell'associazione, per tre anni ha lavorato al Circolo Arci di Via delle belle torri. Da quando F. ha perso l'inserimento lavorativo, per motivi che non ha specificato, la sua condizione è peggiorata, passa molto più tempo in casa, frequentando qualche laboratorio ogni tanto, e ha una minore fiducia in se stesso e meno speranza per il futuro. Spera di trovare un lavoro in nero, poichè teme che un aumento di reddito sospenda la sua pensione di invalidità.

N., invece, è impegnato stagionalmente allo stabilimento balneare Big Fish, a Marina di Pisa. N. mi spiega che non dorme molto la notte e che, svegliandosi di mattina presto, la giornata diventa per lui ancora più lunga e difficile da riempire. Per questo per lui è piacevole quando, in estate, prende la sua bicicletta e va al mare a pulire la spiaggia dove ancora non c'è nessuno perchè, mi dice, il relazionarsi con gli altri per lui non è facile:

Lavoro 4 mesi all'anno al Big Fish. Poi per via della salute, non sto sempre bene...Ho partecipato al gruppo con V. (facilitatrice sociale n.d.r.), mi ha aiutato, riesco a comunicare, perchè io tendo a chiudermi, e chiudendomi viene fuori il mio lato timido, introverso, però mi ha aiutato perchè mi sono sbloccato... (N.)

L'inserimento lavorativo, mi spiega l'operatore 2, è più stimolante per l'utente di una semplice attività di volontariato o dal partecipare ad un laboratorio di arteterapia. Come afferma Rotelli, "oggi il lavoro ha trasformato, ben oltre l'economia le sue prerogative di chiave di accesso ai diritti e di chiave di strutturazione dell'esistenza umana e sociale. L'esclusione dal lavoro, che resta direttamente o indirettamente l'unica fonte di reddito, comporta una perdita radicale di senso sociale. Se ciò è vero come riabilitare o abilitare al di fuori del mondo dell'attività, ma soprattutto come è possibile curare, senza il lavoro, se è il lavoro a strutturare l'esistenza umana e sociale?" (Rotelli 1993 : 4). Inoltre tramite

109 l'inserimento lavorativo la persona percepisce un guadagno che, seppur minimo, è gratificante e allo stesso tempo utile poichè permette l'accesso ad alcune attività di consumo.

L., invece, mi racconta come per lui il lavoro non sia mai stato gratificante poichè, a causa della sua fobia sociale, si è trovato sempre costretto in attività poco gratificanti:

Io lavoravo in areonautica...ero in magazzino, ma anche lì...purtroppo...il fatto, il mio problema, la mia fobia sociale, la mia paura degli altri...che poi non so nemmeno per quale motivo perchè non è che gli altri mi mangiavano o qualcosa, però io lo vedevo così a quel momento lì...mi ha portato a far lavori molto noiosi, sempre relegato ai margini, un po'...sì perchè se uno ha paura dell'altra gente piano piano si trova sempre più isolato, nel senso, ci volevo stare io isolato e loro accettavano...perchè anche lì avrei potuto fare delle cose molto più belle, più interessanti di quelle che facevo effettivamente io, però avrei dovuto stare insieme ad altre persone, a tante altre persone, e io mi relegavo nei magazzini...però perdi delle occasioni grosse perchè, nel senso, persone che le vedi che magari a livello culturale sono molto più indietro di te, perchè a quei tempi lì per entrare in aeronautica bastava la terza media, io avevo il diploma, li vedi e vanno avanti, e te non ci riesci e dici...per me era una frustrazione...(L.)

Il suo disagio gli impedisce di lavorare, ma L., che ora vive da solo, mi descrive il periodo in cui ha vissuto nell'appartamento dell'Alba come uno dei periodi più belli degli ultimi anni, soprattutto per la presenza, tre volte a settimana, di due ragazze che lavoravano all'Alba tramite il servizio civile, grazie alle quali ha sconfitto la sua paura nei confronti delle donne. L., inoltre, legge moltissimo, ascolta musica, va a teatro e al cinema, segue le partite del Pisa allo stadio e segue le attività di una radio locale, grazie alla quale ha intervistato anche personaggi di rilievo.

La mancanza di un'attività lavorativa determina l'aggravarsi di un problema già presente, cioè l'eccesso di tempo libero a disposizione, nel quale il soggetto rischia di adagiarsi in una condizione di immobilità e di assumere un ruolo passivo, chiudendosi in casa e isolandosi.

La cosa fondamentale è creare un contesto dove le persone possono andare e sentirsi 'normali', accolte. Anche il fatto di essere soci vuol dire, è il sentirsi parte di qualcosa... Ad esempio, il pranzo di Natale, dove tutti quelli degli appartamenti sono invitati. Vuol dire non essere da soli, vuol dire tirarli fuori dalle case…

110 La creazione di contesti relazionali "sani" è, non a caso, un aspetto su cui l'Alba pone molta attenzione. Sebbene infatti i servizi territoriali abbiano istituito presso il Centro di Igiene Mentale e messo a disposizione degli utenti un Centro Diurno, questo il più delle volte viene visto come un luogo poco stimolante, come mi racconta L.:

Ho cominciato ad andare un po' al centro diurno in via Romiti, stavo lì la mattina, mangiavo qualcosa lì e poi venivo a casa. Io provai ad andarci, però non è nulla di che, nel senso è un posteggio, stai lì, fumi un casino e basta, stai lì ad aspettare che passi il tempo...no, non era...io lo vedo no? Ci sono sempre le solite persone che ci vanno, questo mi fa pensare che dopo tanto tempo, se ancora sono lì non è un posto molto...(L.)

Una tale testimonianza rinforza l'ipotesi, già suggerita da Rosenhan (1973), che un ambiente "insano" influisca negativamente sulla salute del soggetto che vi si trova, riducendo l'autostima a aumentando il senso di impotenza.

A tale proposito, l'operatrice 1 mi conferma come il semplice abitare in un appartamento supportato non sia in sé per sé sufficiente al processo di recovery del soggetto, ma sia necessario, invece, che egli partecipi alle altre attività proposte dall'Associazione, quali i gruppi di auto-aiuto e di arte-terapia. L'operatrice 3 mi spiega a sua volta che, nel momento in cui l'utente diventa socio dell'Associazione, gli viene fatto firmare un contratto nel quale sono indicati i bisogni e gli obiettivi a breve e a lungo termine. Inoltre operatore e utente concordano insieme un programma settimanale, in cui vengono indicate le attività alle quali la persona è tenuta a partecipare, in modo conforme alle proprie abilità e inclinazioni. Questo pone il soggetto in una posizione attiva nel suo processo di recovery, assengando una centralità alle sue caratteristiche personali. Come mi spiega un'operatrice:

La differenza sta nella libertà, è vero che le attività dei soggetti sono concordate, ma comunque scelte, è un fatto di scelta, di crescita della persona.... (Operatrice

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