• Non ci sono risultati.

2 L'Alba sul territorio pisano: tra insegnamenti basagliani e pratiche orientate al

2.2 Risanamento vs Recovery

Accanto all'esperienza del supported housing, si impone per importanza, tra le caratteristiche dell'Alba, quella di favorire in vario modo il processo di recovery, inserendosi nella direzione suggerita dalle nuove teorie (si confronti paragrafo 1.2 capitolo I ) che sostituiscono al concetto di "guarigione" quello di processo di ripresa della propria vita da parte del soggetto che ha fatto esperienza della malattia (Coleman 1995). In tale direzione uno strumento particolarmente efficace è il Gruppo di auto-aiuto che non va a sostituire l'intervento specialistico ma lo affianca, e invita ad andare oltre ad una concezione prettamente medico-biologica di intervento sulla malattia. I Gruppi di auto-aiuto, infatti, stimolano l'empowerment dei soggetti che vi prendeno parte, offrendo contesti relazionali

116 protetti regolati da rapporti paritari. Letteralmente il termine "empowerment" (Rappaport 1977; Zimmermann 1999) deriva dal verbo "to empower", traducibile in italiano con "rendere potente", "incrementare il potere", "conferire potere". Rimanendo fedeli a questa traduzione, l'empowerment evoca un processo dell'azione sociale che porta la persona ad acquisire una maggiore autorità all'interno di un contesto sociale. Un'altra traduzione, invece, attribuisce un significato diverso al termine "power", e privilegia lo "sviluppo delle potenzialità", la "responsabilizzazione" richiamando concetti quali autodeterminazione, volitività, scoperta e utilizzo delle proprie risorse, affermazione di se stessi. Il significato, quindi, è duplice, e rimanda all'idea di un percorso di crescita che il soggetto intraprende, un processo di autopromozione e di emancipazione, di riscoperata di capacità e di scopi, di autostima e fiducia.

L'Associazione l'Alba nasce, d'altra parte, proprio come sviluppo naturale di un gruppo di auto-aiuto composto di pazienti della clinica psichiatrica dell'Università di di Pisa che si riunivano dal 1993; ad oggi conta nove gruppi di auto-aiuto, sette di questi sparsi nei circoli Arci del territorio pisano, uno per i pazienti ricoverati in Clinica Psichiatrica, un altro per quelli ricoverati in SPDC.

Ai gruppi dell'Alba partecipano una media di dieci-dodici persone quasi tutte affette da patologie psichiatriche di vario tipo senza differenziazione per diagnosi, e persone provenienti da esperienze di dipendenza. I disabili intellettivi, invece, frequentano gruppi specifici, poichè si ritiene che il loro deficit delle facoltà cognitive e relazionali non renda equilibrato lo scambio di esperienze con l'utenza psichiatrica106. Sono inoltre ammessi

tirocinanti in formazione e volontari, ma non psichiatri, psicologi, personale medico e operatori.

Inizialmente i Gruppi venivano condotti da un utente esperto in modo del tutto spontaneo, e non esistevano regole di conduzione predeterminate. In seguito, tuttavia, per migliorarne efficacia e terapeuticità, si comprese la necessità di organizzare dei corsi di formazione volti agli utenti che volevano apprendere le tecniche della conduzione per ottenere la qualifica di facilitatore sociale. L'operatrice da me intervistata è "facilitatrice" sociale dal 2002, una delle prime a praticare questa professione sul territorio pisano. L'intervistata mi racconta del suo primo incontro con un Gruppo di auto-aiuto, nel 2000, lo stesso anno del suo arrivo in Italia dalla Bulgaria, e mi spiega come questo le sia servito per

106L'Associazione sottolinea come l'integrazione tra disabili intellettivi e utenza psichiatrica sia possibile in

117 acquisire una consapevolezza della sua malattia e dei suoi sintomi, una conoscenza maggiore della farmacologia e del suo utilizzo e una cultura sulla salute mentale, ma non solo:

Ho capito l'importanza degli psicofarmaci, ma ho capito anche l'importanza del fatto di avere uno spazio che appartiene solo a te, per due ore nella settimana, tu stai lì e ragioni solo su quello che riguarda te, i tuo problemi, è uno spazio completamente tuo dove ti poi concedere di pensare a te stesso, e vuol dire tanto perchè normalmente nessuno si ritaglia uno spazio proprio...(Operatrice 1).

Il facilitatore sociale è, come ho già sottolineato, un ex-paziente che, avendo superato la propria malattia o avendo trovato le strategie giuste per raggiungere una buona qualità di vita pur convivendo con essa, offre la propria esperienza a tutti i partecipanti. Egli, dunque, è sia "esperto per esperienza" sia per formazione, e il conseguire un titolo riconosciuto rappresenta per gli ex-utenti un'ottima possibilità di riscatto per liberarsi dall'inerzia imposta loro dalla malattia. Inolre colui che ha superato i suoi problemi (che in molti casi sono simili a quelli degli altri membri) può servire da esempio agli altri, e da stimolo per avviare un processo di guarigione. Una delle funzioni dei gruppi di auto aiuto, infatti, è proprio quella di "insegnare" ai membri strategie di fronteggiamento dello stress, per affrontarne nel miglior modo possibile le cause e le emozioni correlate.

Il facilitatore sociale, come coordinatore del gruppo, ha un ruolo molto importante in quanto, seppur all'interno di rapporti paritari si trova a dover far rispettare le regole che il gruppo si è dato. Egli, tuttavia, non è un leader, è piuttosto un mezzo del quale il gruppo si serve per funzionare e rimanere coeso. Nel 2013 l'Alba ha prodotto un vero e proprio manuale sulle tecniche di conduzione dei gruppi psichiatrici elaborato proprio dai facilitatori sociali che lavorano nell'Associazione. In esso sono esposte teorie e tecniche di conduzione, esperienze e risultati, si narra la storia dell'auto-aiuto e il rapporto con i servizi territoriali e clinici.

Ho avuto modo di seguire da vicino le storie di due gruppi di auto aiuto.

Il primo si riunisce due volte a settimana nel circolo Arci Alahambra di Pisa. Il nucleo è molto eterogeneo: vi prendono parte soggetti affetti da patologie psichiche, altri con problematiche relative alla socializzazione, altri con disturbi di ansia o depressivi, altri ancora con problemi di dipendenza. In questa varietà di condizione umane è possibile individuare alcuni bisogni che sono comuni a tutti i soggetti e che il gruppo cerca di soddisfare. Innanzi tutto questi si trovano in una situazione di isolamento (e solitudine) a causa delle loro problematiche. Il gruppo è una sorta di "rete di salvataggio" che, offrendo il suo supporto emozionale, rappresenta un'occasione di socializzazione o, più semplicemente, la possibilità

118 di sfogare i propri pensieri, comunicando i propri successi o insuccessi, paure, gioie, e dolori, avendo la certezza di essere ascoltati. Un altro elemento che accomuna tutti i membri è il timore di subire il giudizio della "gente". Così definita, la comunità viene percepita dai soggetti come qualcosa di estraneo e giudicante, qualcosa da cui trovare riparo. Il gruppo offre un'alternativa ad essa, un'area protetta dove nessuno deve criticare l'altro poichè tutti sono alla pari. Infine, questi soggetti spesso hanno una percezionè di sè come di individui "inutili" alla società poichè incapaci. All'interno del gruppo invece riscoprono una propria funzione nell'aiutare l'altro. Il dare aiuto diventa un aiuto esso stesso, poichè aumenta la stima di sé permettendo alla persona di riscoprire le proprie capacità positive fino ad allora latenti. (Marinari 2013).

Il secondo gruppo di auto-aiuto a cui ho preso parte si riunisce, una volta a settimana, nella clinica Psichiatrica del Santa Chiara. Esso è dedicato ai pazienti psichiatrici ricoverati nel reparto aperto della clinica. Durante queste esperienze ho potuto constatare come la condivisione della comune sofferenza sia terapeutica per i pazienti. Il gruppo offre loro la possibilità di riunirsi e comunicare in uno spazio diverso da quello del reparto e senza la presenza di medici, figure alle quali guardano con un po' di scetticismo e timore. Inoltre il paziente, nel pieno della malattia e immobilizzato da essa, prende coraggio dall'incontro con il facilitatore sociale, che invece la sua malattia l'ha superata o ha imparato a conviverci non rinunciando alla qualità della sua vita. Si pensi al caso del disturbo depressivo, sempre più diagnosticato nella nostra società. In molti casi il soggetto, anche dopo la fine del suo ricovero, non riesce a riprendere il suo ruolo all'interno della comunità e fatica a recuperare stima di sè e della propria identità. L'esperienza di chi, invece, ha trovato le giuste strategie per farlo, offre stimoli e nuove prospettive a chi ne è privo.

Quella dei Gruppi di auto-aiuto nell'ambito della salute mentale si è rivelata una strategia interessante poichè affianca servizi professionali operando là dove questi difficilmente possono arrivare. I gruppi, infatti, sostengono l'individuo sia nella fase critica della sua malattia sia, nel caso di guarigione, nel periodo successivo ad essa. Uno dei rischi maggiori per un individuo affetto da disturbi psichici è quello della ricaduta (pensiamo ai disturbi ossessivo compulsivi o a quelli depressivi) che, insieme al rischio dell'isolamento, minacciano in modo reale la sua riabilitazione psico-fisica.

119

CONCLUSIONI

All'interno del percorso compiuto sia in relazione alla dimensione storica, sia in relazione a quella più specificatamente sociologica, è stato possibile comprendere come il rapporto tra la società che si definisce sana e il fenomeno della follia sia complesso e in continua evoluzione. Si è visto come il modello Italiano di assistenza psichiatrica successivo alla legge 180 del 1978, abbia profondamente rinnovato il contesto operativo, modificando primariamente la collocazione sociale del malato psichico e i suoi rapporti con i “sani”. Si delinea, così, una nuova immagine della malattia e del malato, molto differente rispetto a quella dell’epoca manicomiale, ma che fatica ancora a penetrare nell’opinione pubblica. Permangono, in sostanza, pregiudizi e stereotipi spesso accettati dai pazienti psichiatrici stessi, che ostacolano il loro inserimento in società e la loro accettazione da parte di essa. Affinchè il “malato” recuperi un ruolo di partecipante attivo all’interno della comunità, l’immagine sociale della malattia mentale deve mutare ancora e un ruolo importante è giocato dalla psichiatria stessa che per prima deve riconoscere al soggetto sofferente una sua dignità al di là della sua “malattia”, e dai mass-media che hanno un immenso potere nel formare e consolidare le opinioni pubbliche socialmente condivise.

Per una società, quale quella in cui viviamo, che vuole realizzare la pretesa di essere plurale e differenziata, qualsiasi manovra volta ad escludere la diversità, si rivela contraddittoria. Si rivela, al contrario, un dovere lo sforzo di includere ogni tipo di diversità. La questione ora è come includere una diversità, quale è quella della malattia mentale, che è sofferente e deviante. Le si chiede, dunque, di non cedere né alle logiche economico- politiche fondate sul calcolo del PIL, né alla tentazione di stigmatizzazione e marginalizzazione, di non mercificare e reificare il soggetto sofferente, di considerarlo, in sintesi, come una persona che, in quanto tale, rappresenta una risorsa per il capitale sociale. Trova consenso ormai quasi unanime l’idea che si debbano sviluppare servizi sanitari e sociali orientati al recovery del soggetto, con la sua individualià, le sue capacità, i suoi interessi e la sua dignità. L’esperienza dell’Associazione l’Alba si muove in questa direzione. Mi sembra che risulti centrale, a questo punto, la riflessione sul concetto di "autonomia", elaborato all'interno del paradigma del recovery, da intendersi diversamente rispetto all'idea di "indipendenza totale" che il vecchio modello di servizi richiamava. La novità peculiare e l'obiettivo nuovo a cui si mira è la presa di coscienza da parte del soggetto in recovery del fatto che i servizi sono dei mezzi a sua disposizione, costruiti intorno ai suoi bisogni personali, non un sistema precostituito e coercitivo dal quale liberarsi.

120 Il titolo del progetto gestito dall'Alba per gli appartamenti supportati che ho prima discusso, è "Appartamenti verso l'Autonomia", ma il concetto di autonomia è ampio e il suo significato merita di essere spiegato. L'operatore 2 ha sottolineato come esso cambi da persona a persona, a seconda di ciò che i progetti individualizzati dichiarono come obiettivi da raggiungere a breve e a lungo termine.

Dipende anche dal potenziale della persona, da quanto la persona è compromessa dalla patologia. Per alcuni è un successo già così, non sei più in una situazione di indigenza: sai che hai un tetto, una casa, un'Associazione e un servizio attorno... (Operatore 2)

L'operatrice 3, d'altra parte, sottolinea come l'appartamento supportato sia soltanto una sistemazione provvisoria, una risposta ad un momento di crisi e di difficoltà economiche e non solo. Per altri utenti, invece, è necessario riflettere realisticamente su quali siano i margini di miglioramento, senza porsi obiettivi impossibili ma neppure limiti prestabiliti.

Per esempio un ragazzo che è sempre stato in struttura: per lui il solo fatto di aver imparato a fare la spesa, è un grande passo avanti, o il fatto cha abbia un motorino per spostarsi è il massimo, la situazione auspicabile, e chi invece ti direbbe 'mamma mia lui sta tutta la vita dietro ai servizi', ma per lui va bene così perchè se lo sganci da tutto quella è una persona che andrà a stare peggio. (Operatrice 3)

Dare una definizione oggettiva di "autonomia", dunque, appare impossibile. Si può affermare, in effetti, che anche il soggetto che utilizza i servizi per il raggiungimento dei propri scopi nel suo personale processo di recovery, sia un soggetto autonomo, purchè lo faccia in modo consapevole e non passivo. D'altra parte va considerato che i servizi sanitari e sociali trovano ragione di esistere poichè esistono bisogni umani, e proprio a tali bisogni dovrebbero essere orientati, nella costante ricerca di salute e benessere per l'utente, che non è solo utente ma è anche cittadino e, prima di tutto persona.

A mio avviso i progetti gestiti dell'Alba, sia quello dell'abitare supportato, sia quello relativo alla diffusione delle pratiche di self-help nei gruppi di auto-aiuto, si muovono in questa direzione, nel tentativo di offrire al soggetto delle opportunità concrete, integrando i servizi laddove mostrano carenze e facilitandone l'accesso. É mia ipotesi che l'operato dell'Associazione dia un notevole contributo nella direzione di orientare i servizi di rete al

recovery, aumentando il potere contrattuale dell'utente e combattendo lo stigma

psichiatrico, affinchè, come affermava Basaglia, la diagnosi non sia "un etichettamento che codifica una passività data come irreversibile". (Basaglia 1968 : 124). "Trasformazioni

121 apparentemente ristrette", afferma Piro, "facilmente si rivelano politiche a una migliore analisi: spesso azioni che sembrano puramente assistenziali o genericamente solidali hanno, già, nella dichiarazione implicita iniziale dei diritti di cittadinanza di coloro a cui la protensione è volta, un senso politico esteso, foriero di protensioni progressivamente sempre più ampie" (Piro 2005 : 314).

Un individuo sano, si diceva, è un individuo integrato in modo sano nel tessuto sociale, che sappia sfruttare risorse esterne ed interne per il raggiungimento dei propri scopi, che abbia degli scopi positivi e la fiducia nel loro raggiungimento. Ho avuto modo di vedere come spesso il problema principale sia proprio questo, ossia la mancanza di un obiettivo da inseguire. Ecco perchè molti degli utenti con i quali sono entrata in contatto danno l'impressione di essere "fermi", come sospesi in una sorta di limbo tra la società e la malattia. Proprio i sintomi della malattia di cui ognuno è a suo modo sofferente, rendono difficoltoso il dispiegarsi "normale" delle loro vite, e stigmatizzazione e autostigmatizzazione aumentano la distanza tra loro e "gli altri".

In base alle ricerche emerge che il recupero di questi soggetti, la loro riabilitazione, nel senso di una rinnovata "autonomia", è possibile tramite una reintegrazione nella società. La società, invitabilmente, deve essere maggiormente inclusiva e aprirsi a questo tipo di realtà "deviante", iniziando a considerarla piuttosto come "diversità", nella consapevolezza che questa difficilmente potrà essere del tutto "normalizzata", e che anzi questo non è auspicabile. Soltanto aprendosi ad essa, così come ho potuto fare io stessa in modo diretto, scoprirà come possa rivelarsi arricchente e stimolante, e permetterà ai soggetti che la popolano di riacquisire un proprio ruolo conservando la propria identità ricostruita.

122

BIBLIOGRAFIA

American Psychiatric Association, APA (2013), Diagnostic and Statistical Manual of Mental

Disorders, Fifth edition (DSM-5).,Washington, DC: American Psychiatric Association.

Andreoli V., Istruzioni per essere normali, BUR, Milano, 1999.

Anthony W., Cohen M., Farkas M., et al., 2nd, Center for Psychiatric Rehabilitation; ed. Boston: Boston University 2002. Psychiatric rehabilitation.

APA (American Psychiatric Association), Use of the concept of recovery: Position statement, 2005.

Balint M., Medico, paziente e malattia, Feltrinelli, Milano, 1961.

Basaglia F. La nave che affonda. Psichiatria e antipsichiatria a dieci anni da "L'istituzione

negata": un dibattito, 1977 in: F. Basaglia, F. O. Basaglia, A. Pirella, S. Taverna, La nave che affonda , Raffaello Cortina, Milano 2008.

Basaglia F. (a cura di) L'Istituzione negata, Giulio Einaudi editore S.p.A, Torino, 1968; 4 ed. Baldini&Castoldi s.r.l, - 2014.

Basaglia F. (a cura di), Che cos'è la psichiatria?, Einaudi, Torino, 1973. Basaglia F. O. (a cura di) L'utopia della realtà, einaudi, Torino, 2005.

Basaglia F., Appunti di psichiatria istituzionale, in: F. Basaglia, Scritti II: 1968-1980,

Dall'apertura del manicomio alla nuova legge sull'assistenza psichiatrica, Einaudi, Torino,

1982

Basaglia, Introduzione a Goffman E., Asylums, Le istituzioni totali: i meccanismi

dell'esclusione e della violenza.,Einaudi, Torino, 1974.

Basaglia F., Basaglia F. O. (a cura di), Scritti I: 1953-1968. Dalla psichiatria fenomenologica

all'esperienza di Gorizia, Einaudi, Torino, 1981.

Basaglia F., Le istituzioni della violenza, in F. Basaglia (a cura di) L'Istituzione negata, Milano, Baldini&Castoldi s.r.l, 2014.

Basaglia F., Appunti di psichiatria istituzionale, in: F. Basaglia, Scritti II: 1968-1980,

Dall'apertura del manicomio alla nuova legge sull'assistenza psichiatrica, Einaudi, Torino,

1982

Becker H. S., Outsiders. Studies in the Sociology of deviance, The Free Press of Glencoe, Londra, 1963, trad, it.: Becker H. S., Outsiders, Ega, Torino 2006.

123 Blumer, H, Symbolic interactionism: Perspective and method. Univ of California Press, 1986,

trad. it.: Blumer H., Interazionismo Simbolico, Il Mulino,Bologna, 2008.

Bond G., Becker D., Drake R., et al. Implementing supported employment as an evidence-

based practice, Psychiatr Serv. 2001;52:313–322

Bucalo G., La malattia mentale non esiste, Torino, Nautilus, 1996.

Cabras L., E. Campanini, Lippi D., Uno psichiatra prima della psichiatria: Vincenzo Chiarugi ed

il trattato "Della pazzia in genere e in specie"(1793-1794), Firenze, 1993.

Canosa R., Storia del manicomio in Italia dall'Unità ad oggi, Feltrinelli, Milano, 1979.

Carling P., Return to community: building support systems for people with psychiatric disabilities, Guilford, New York, 1995.

Carozza P., Principi di riabilitazione psichiatrica. Per un sistema di servizi orientato alla

guariglione, Franco Angeli, 2006.

Cioffi R. La Malattia Mentale, come vissuto della persona, nell’ottica fenomenologica e

sociologica, "Rivista di psichiatria", 2002, 37, 3: 138-143.

Cioffi R., La complessità della nozione di malattia mentale, psicoterapia, 19/20, 2000. Cloward R. A., Ohlin L. E., Teoria delle bande delinquenti in America, Laterza, Bari, 1968. Coleman, R., Recovery An Alien Concept, Wormit: P&P Press, 2004.

Colucci M., Di Vittorio P., Franco Basaglia, Bruno Mondadori, Milano 2001.

Conti L., Principe S., Salute mentale e società, fondamenti di psichiatria sociale, Piccin, Padova 1989.

Cooper D., Psichiatria e antipsichiatria, Armando, Roma, 1969.

Corbetta G., Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, 1999. Corcos M., L'homme selon le DSM, le nouvel ordre psychiatrique, Albin Michel, 2011.

Corrigan P. W., Penn D. L., Lessons from social psychology on discrediting psychiatric stigma, Am Psychol 1999; 54: 765-76

Crespi. F., Le vie della sociologia, Il Mulino, Bologna, 1985.

D'Alessandro R., Lo specchio rimosso, Milano, FrancoAngeli, 2008.

De Bernardi A. (a cura di), Follia, psichiatria e società. Istituzioni manicomiali, scienza

psichiatrica e classi sociali nell'Italia moderna e contemporanea, Milano, FrancoAngeli,

1982.

De Peri F., Il medico e il folle: istituzione psichiatrica, sapere scientifico e pensiero medico Deegan E. D., Recovery: the lived experience of rehabilitation, in: "Psycosocial Rehabilitation

Journal", 11(4), 11-19, 1988.

124 Journal, 11(4), 11-19, 1988.

Deegan P. E. Recovery as a journey of the heart, in: "Psychosoc Rehabil Journal" 1996;19, pp.91–97.

Dell'Osso L., Psichiatria: tempo di cambiare, in "L'Immaginario", periodico bimestrale dell'Associazione L'Alba, Anno IX N°4-5-6 2013/1-2-3 2014.

Farkas M., Anthony W., Cohen M., An overview of psychiatric rehabilitation: the approach and its programs in: Farkas M., Anthony W., editors. "Psychiatric programs: putting theory into practice.Baltimore": Johns Hopkins University Press, 1989. pp. 1–27

Farkas, M., The vision of recovery today: what it is and what it means for services., in "World Psychiatry", 2007, 6.2 : 68.

Foucault M., Folie et déraison. Histoire de la folie à l'âge classique, Plon, Paris,1961, trad. it.:

Storia della Follia nell'Età Classica", Milano, BUR Saggi, 1998.

Foucault M., Le Pouvoir psychiatrique. Cours au Collège de France (1973-1974), Hautes édutes, trad. it.: Il potere psichiatrico, Milano, Feltrinelli, 2004.

Frances A., Saving normal. An Insider'a Revolt Against Out-of-Control Psychiatric Diagnosis:

DSM-5, Big Pharma, and the Medicalization of Ordinary Life, Morrow, 2013

Giarelli G., Venneri E., Sociologia della medicina e della salute. Manuale per le professioni

mediche, sanitarie e sociali, Franco Angeli, 2009.

Goffman E., Asylums. Essays on the social situation of mental patients and other inmates Anchor Books, Doubleday & Company, Inc., New York, 1961, trad. it.: Asylums, Le