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3.3 La famiglia migrante

3.3.1 La famiglia migrante musulmana

Prima di introdurre la riflessione sui caratteri della famiglia musulmana e poi su quella musulmana nel contesto migratorio, è utile, a mio parere, comprendere il significato, che in particolare per la sociologia, svolge la religione. Da questo punto di vista è utile ricordare che fondatore della

moderna sociologia delle religioni è Durkheim153, consapevole che la crescente divisione sociale del lavoro avrebbe implicato la crisi dell'ideale di unità sociale (secondo il criterio della sua solidarietà organica). Egli riteneva ugualmente che, una società senza un patrimonio di valori condiviso è comunque destinata al suicidio, mancando degli elementi identitari di base sui quali costruire i modelli del proprio agire associativo. Per Durkheim, la consacrazione dei valori, cioè la loro trasformazione in obblighi morali, sottratti al placet degli individui, spetta da sempre alla religione. Per questa ragione egli definisce la religione, di fatto, un sistema solidale di credenze, ossia rappresentazioni collettive, e di pratiche relative a cose sacre, ossia separate e interdette, le quali uniscono in una medesima unità morale, chiamata Chiesa, tutti coloro che vi aderiscono.

Anche l'antropologo Alfred Radcliffe-Brown154, condividendo le ragioni di quanti cercavano più nei comportamenti (cerimonie, riti), che nelle dottrine, il manifestarsi dell'essenza culturale della religione come ad esempio William Robertson Smith155, il quale considerava la religione antica non una fede ma un complesso di pratiche e istituzioni alle quali ognuno si conformava senza discutere ha sostenuto che in ogni religione l'elemento essenziale è il senso di dipendenza dai principi che assicurano il benessere personale e l'integrazione sociale. Clifford Geertz156 ha invece definito la religione come un sistema di simboli che agisce per instaurare atteggiamenti e motivazioni forti, onnipresenti, durevoli, mediante l'elaborazione di concetti relativi a un ordine generale dell'esistenza, e che investe tali concetti di un senso di positività che fa

      

153

Durkheim E., Les formes élémentaires de la vie religieuse, Paris, 1912

154

Radcliffe-B

Smith W.R., The Religion of the Semites, A&C. Black, London, 1891 rown A.R., The Adaman islanders, Cambridge, 1922

155

apparire i suddetti atteggiamenti e le suddette motivazioni come gli unici reali. Victor Turner157, invece, sin dal 1969, si è interessato del momento anti strutturale della religione. Secondo Turner, le strutture sociali distinguono e frantumano la solidarietà tra gli uomini; la ritualità religiosa celebra la negazione di queste strutture e recupera la dimensione comunitaria. Una funzione analoga è attribuita alle religioni da Niklas Luhmann158(1977), secondo il quale, in un mondo in cui tutto è contingente e mutevole, la religione assicura che c'è un senso in ogni cosa e consente la trasformazione della stessa contingenza che ci minaccia dall'esterno in contingenza interiorizzata, controllata dal codice religioso d'interpretazione. La differenziazione moderna del sistema religioso dagli altri ambiti del vivere sociale, ritenuta da molti un processo di secolarizzazione, tendente l’ abbandono dei valori religiosi, è invece considerata da Luhmann159 come situazione favorevole alla religione, perché la sottrae alle crisi ricorrenti negli altri ambiti. Critici nei confronti della spiegazione funzionalista sono invece quei sociologi che concepiscono le scienze umane come critica delle ideologie, come ad esempio Pierre Bourdieu160 o Maurice Godelier161, e che, ispirandosi al concetto marxiano della religione come sovrastruttura, ne rilevano la funzione ideologica quale elemento di parte. Paradigmatici sono in questo senso gli studi di Bloch162 sul movimento anabattista e in genere sulle sette millenariste, e quello di Vittorio Lanternari163 sui movimenti di religiosità popolare profetica del terzo Mondo. In Economia e Scienza,

      

157 Turner, V.W., The ritual process, London, 1969  158

Luhmann N., Funzione della religione, Morcellina edizione, Brescia, 1991

159Ibidem 160

Bourdieu P., I campi religiosi. Con due esercizi,

161

Godelier M., Fétichisme, religion et théorie générale de l’idéologie chez Marx, “Annuali Feltrinelli” pp.22-39

162

Block M., op. cit.,

163

invece, Marx Weber mise in risalto l'incidenza del sentimento di status sociale sulla diffusione delle dottrine religiose (egli distingueva tra religioni rituali, della redenzione esoteriologica, con le rispettive figure dello stregone, del sacerdote e del profeta) e la funzione aggregatrice e propulsiva delle personalità carismatiche. La sociologia weberiana delle religioni si collega però anche alla filosofia tedesca (in particolare a Wilhelm Dilthey164 e Heinrich Rickert165), che al pari di questa, tende a cogliere la struttura dei fenomeni storici (quindi anche delle religioni) come unità integrale di significato. Classica rimane a tale riguardo la distinzione weberiana del concorso tra etica calvinista dell'adempimento religioso dei propri doveri mondani e lo spirito del capitalismo, caratterizzato dalla metodica razionalista del comportamento economico. Anche Ernest Troeltsch166, studiando le Dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani, nel 1923, considerava il fenomeno religioso autonomo e avente una sua struttura interna, collegata al modo con cui il vangelo recepito dagli attori sociali influenza il loro rapporto con il mondo, determinato dalle condizioni sociologiche ed economiche. All'interno della polarità adattamento-protesta, compromesso-denuncia, si costituiscono configurazioni religiose diverse: la chiesa, che accetta il compromesso con il mondo, la setta che lo rifiuta e il misticismo, che cerca solo il rapporto immediato con la polarità religiosa del soggetto aldilà del compromesso o del rifiuto della cultura del mondo.

      

164

Dilthey Wilhelm (1833- 1911) è stato il fondatore dello stoicismo storico, filosofo e psicologo.

165

Rickert Heinrich (1863- 1936) è stato un filosofo tedesco

166

Troeltsch E., Le dottrine sociali delle chiese, e dei gruppi cristiani, La Nuova Italia, Firenze, 1994

L'indirizzo fenomenologico-comprensivo, generato dall'influenza dei lavori di Rudolf Otto167 e legato alla tematica delle scienze dello spirito, come definite da Dilthey, considera la religione essenzialmente un'esperienza vissuta di tipo totale, ossia una struttura unitaria dotata di senso, che lo studioso deve evocare per empatia, intuire e ricostruire. Per Otto la religione può definirsi una forma di esperienza del sacro, del numinoso e del totalmente Altro, che è mistero fascinoso e tremendo. I fenomenologici tendono, attraverso il rilevamento della struttura di senso dominante nelle diverse religioni, a configurare tipi spirituali e astorici: per esempio, secondo la tipologia immaginata da Gerardus van der Leeuw 168 , religione dell'allontanamento e della fuga (come il confucianesimo e l'ateismo), religione del combattimento (parsismo), religione della quiete (mistica), religione dello slancio e della figura (religione greca), religione dell'infinità e dell'ascesi (brahmanesimo), religione del nulla e della pietà (buddhismo), religione della volontà e dell'obbedienza (jahwismo), religione della maestà e dell'umiltà (islamismo) e così di seguito.

Per ciò che riguarda la famiglia musulmana, con particolare riferimento all'oggetto della presente ricerca e stando all'analisi introduttiva sopra menzionata, la quale consente di avere alcuni parametri di riferimento in merito alla religione e alla sociologia delle religioni, è utile ricordare che la religione musulmana è spesso fonte normativa che stabilisce, attraverso i precetti coranici, quale atteggiamento adottare per condurre una vita familiare corretta e coerente. Con i precetti coranici, il matrimonio è un rito molto semplice. Si tratta di un contratto stipulato tra

      

167

Otto Rudolf (1869- 1937) teologo e storico delle religioni.

168

moglie e marito, con il quale l’uomo si impegna a donare una dote169 alla propria futura moglie. Lo stesso divorzio è realizzabile con facilità, sebbene in un hadith170il Profeta Maometto affermi: “la cosa più odiosa ai miei occhi è il divorzio”. Solitamente sono gli uomini a chiedere il divorzio per il quale però è necessario il consenso della donna. Le ragioni possono essere molteplici (dalla volontà di contrarre un nuovo matrimonio, al desiderio di avere una prole più numerosa). Tutto questo dimostra che, le donne, per la religione musulmana, sono soggette al proprio marito, premettendone una forma di dipendenza che non coincide con le libertà riconosciute nei Paesi democratici. All’interno del nucleo familiare, la donna sposata rientra nel lignaggio del marito, e quindi viene acquisita “giuridicamente” dalla famiglia dello sposo, risultando, a tutti gli effetti, una perdita per la sua famiglia d'origine. La struttura della famiglia musulmana si sorregge sulla donna, la quale, anche se svolge un ruolo fondamentale per la trasmissione della cultura e delle tradizioni musulmane, non si trova sullo stesso piano, né formale né sostanziale, dell'uomo.