Nonaka I., Takeuchi H (1995), The knowledge creating company, Oxford, Oxford
1. La Formazione Professionale: un processo
dinamico tra sapere tecnico ed esperienziale
1I processi socio-culturali che riguardano la società della conoscenza ci pongono di fronte a un cambiamento sostanziale dell’organizzazione dei saperi e della capacità di adattarsi a contesti produttivi e sociali sempre nuovi. Tali processi richiedono ai soggetti in formazione di acquisire conoscenze che vanno dall’alfabetizzazione di base all’abilità di saper aggiornare continuamente le proprie competenze e di accettare una trasformazione delle condizioni dell’insegnare e dell’apprendere che, a loro volta, hanno una ricaduta importante sui rapporti tra le realtà educative e i mutamenti sociali e culturali (Alberici, 2002).
È infatti necessario riflettere sui complessi cambiamenti e sulle richieste sempre
1 Questo lavoro è stato realizzato anche grazie al contributo degli studenti frequentanti il corso di Metodi avanzati per la ricerca sociale del prof. Renato Grimaldi, nell’anno accademico 2009-2010. Si ringraziano pertanto Chiara Colosio, Sara Mattio, Anna Maffi, Cristina Rosso, Daniele Sugliani.
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maggiori che stanno caratterizzando il mercato del lavoro, dovuti a diversi fattori che riguardano la globalizzazione: l’economia mondiale assume i tratti di un sistema unitario e le organizzazioni internazionali trascendono i confini meramente geogra- fici. La società contemporanea si presenta infatti come ‘società mondiale’, ‘globale’, caratterizzata cioè dall’introduzione delle tecnologie infotelematiche, dalla ricerca di una sempre maggiore qualità e ‘velocità di produzione’ in risposta a clienti sempre più esigenti e dalla richiesta di flessibilità e di dinamismo, etc. (Borgna, 2008). A tal proposito, Elena Besozzi (2002) porta l’attenzione su come le società occidentali abbiano subìto ulteriori trasformazioni sotto il profilo della loro composizione, tanto che oggi possono essere definite multiculturali anche all’interno di uno stesso ter- ritorio, in quanto vi è una compresenza di culture anche profondamente diverse tra di loro. In tale scenario viene meno la base unitaria dei processi di socializzazione e di formazione: il riferimento a un modello culturale prevalente, a valori, norme e regole tacitamente condivise, si realizza in un quadro valoriale non più unico, ma plurimo e spesso contraddittorio.Con il passaggio da una società industriale a una post-industriale diventa quindi necessario rendere i processi e i percorsi formativi maggiormente adeguata ai bisogni di una società flessibile (Cesareo-Reguzzoni, 1986).
Il tema della formazione acquisisce perciò un’importanza rilevante perché, se da una parte troviamo imprenditori sempre più favorevoli a formare i propri lavoratori, vedendo in questo processo la possibilità di una maggiore efficienza e competitività, dall’altra i soggetti in formazione devono confrontarsi con un modello di apprendi- mento basato su conoscenze pratiche e relazionali (Sarchielli-Zappalà, 1998, p. 44). Se riflettiamo sulle dinamiche della FP, possiamo sostenere che il soggetto che segue tale percorso si confronta con tre livelli di competenza tra loro fortemente interrellati: sapere, saper fare, saper essere. In particolare nella FP, come in ogni altro tipo di formazione, è inoltre importante sottolineare il ruolo e le modalità di inse- gnamento, quindi i metodi didattici adottati, ma anche le capacità relazionali dei docenti per favorire l’apprendimento e la crescita globale dei soggetti in formazione.
Quale percezione si ha tuttavia della FP in genere? Sovente le scuole che of- frono percorsi formativi professionali sono considerate l’ultima chance per coloro che ‘non sono in grado o non vogliono impegnarsi negli studi’. Tale pregiudizio viene ‘consegnato’ agli studenti già dai professori delle scuole secondarie di primo grado, che non esitano a definire una «scuola di serie B» qualsiasi corso professio- nale (Sarchielli, Zappalà, 1998, p. 72). In questo modo si assiste a una svalutazione dei percorsi, la quale colpisce anche l’aspetto più pratico della didattica, che viene
collocata appunto in secondo piano rispetto alle conoscenze teoriche che possono essere trasmesse in altri percorsi di studi.
Diventa perciò necessario recuperare il valore educativo della FP riflettendo sul fatto che essa si propone di agire in una logica di progettualità, la cui azione formativa, secondo un noto esperto, Gian Piero Quaglino (1985), può seguire i seguenti princìpi:
a. la ricerca di una stretta integrazione tra oggetti di conoscenza (contenuti di apprendi- mento) e soggetto che conosce;
b. la ricerca di un’efficace identificazione tra contenuti di apprendimento e contenuti di lavoro (problemi reali e non fittizi);
c. il riferimento al soggetto come unità globale al di là di ogni determinazione di ruolo, sia rispetto al progetto educativo (nel ruolo di allievo), sia rispetto al contesto di lavoro (nel ruolo professionale);
d. l’orientamento delle finalità educative a condizioni di sviluppo, crescita, autonomia e autorealizzazione del soggetto (Quaglino, 1985, pp. 129-130).
Elemento centrale di tale processo diventa, quindi, la personalizzazione, intesa come l’attitudine a riconoscere le potenzialità dei ragazzi in formazione, in parallelo a un’idea di didattica progettuale, la quale basa la propria attività sull’individuazione dei bisogni dei soggetti coinvolti nel progetto, prevedendo momenti di attività pra- tica, quali laboratori e periodi di stage in ambiente lavorativo. I laboratori, e nello specifico gli stage, offrono un ambiente di apprendimento molto differente da quello della tradizionale aula scolastica, in quanto vengono effettuati in azienda e rappre- sentano un itinerario di lavoro euristico che, non separando teoria, tecnica e pratica, valorizza le peculiarità dei ragazzi in formazione. Inoltre, trattandosi anche di un momento significativo di collaborazione e di relazione interpersonale tra allievi e docenti e tra allievi e colleghi/datori di lavoro (in azienda), pone l’attenzione anche su quegli aspetti più umani e comunicativi che, solitamente, la scuola tradizionale dimentica o comunque accantona.
Come affermano Sarchielli e Zappalà, (1998, p. 45) “l’immagine della FP ri- sulta ricca di luci e ombre”. I problemi del mondo giovanile e delle attuali società in rapida transizione richiedono infatti con urgenza di riflettere sul ruolo strategico che può avere la formazione per favorire un sistema di opportunità, di sviluppo e di inserimento socio-lavorativo anche per categorie di persone che hanno sperimentato condizioni di svantaggio sociale e culturale.
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A tal proposito, un documento della Commissione delle Comunità Europee del 20082 sottolinea cheil potenziamento delle capacità professionali riveste un’importanza cruciale ai fini della giustizia sociale, poiché i lavoratori scarsamente qualificati risultano più vulnerabili sul mercato del lavoro e possono perciò essere i primi a venir colpiti dalla crisi. Il migliora- mento delle competenze non è soltanto un lusso riservato ai lavoratori altamente quali- ficati che occupano posti di lavoro ad elevato contenuto tecnologico; è una necessità di tutti. Le politiche dell’istruzione, della formazione e dell’occupazione degli Stati membri devono sforzarsi di potenziare e adeguare le competenze e di offrire migliori opportunità di apprendimento a tutti i livelli, per costruire una forza lavoro altamente specializzata che risponda alle esigenze dell’economia.
Il fatto di portare l’attenzione di esperti e fruitori sulla dimensione attuale e futura della FP diventa quindi un passaggio di fondamentale importanza. Le azioni della Comunità Europea, sulla base degli art. 149 e 150 del Trattato di Amsterdam3
del 1997, si propongono di contribuire allo sviluppo di un’Istruzione e di una For- mazione Professionale che miri a incentivare la cooperazione tra gli Stati membri e a sostenere e integrare le loro azioni. Un’ulteriore tappa fondamentale dell’attuale processo è rappresentata dalla strategia formulata a Lisbona4 nel marzo 2000, con
la quale l’Unione Europea si è data l’obiettivo di fare dei suoi sistemi di istruzione e di formazione un punto di riferimento per la qualità a livello mondiale entro il 2010. Successivamente il Consiglio Istruzione adotta (2001) la Relazione della Commissione
sugli obiettivi concreti futuri dei sistemi di istruzione e di formazione, presentata nel
marzo 2001 al Consiglio Europeo di Stoccolma5.
Nel 2002, nel Consiglio Europeo di Barcellona6 vengono individuati i principali 2 Nuove competenze per nuovi lavori. Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le competenze professionali e rispondervi, Com-
missione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni, SEC2008/305, http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/ LexUriServ.do?uri=CELEX:52008DC0868:IT:NOT.
3 Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull’Unione Europea, I Trattati che istituiscono Le Comunità Europee e alcuni atti
connessi, G.U.C.E. C 340 del 10 novembre 1997, artt. 149 e 150.
4 Consiglio Europeo straordinario di Lisbona, 23 – 24 marzo 2000, Bollettino UE 3-2000.
5 Si tratta del primo documento che delinea un approccio globale e coerente delle politiche nazionali nel settore dell’istru- zione e formazione, nel quadro dell’Unione Europea, attorno a tre obiettivi distinti: 1)migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione dell’UE; 2) agevolare l’accesso di tutti ai sistemi di istruzione e formazione; 3) aprire al mondo esterno i sistemi di istruzione e formazione. Consiglio Europeo di Stoccolma, 23 – 24 marzo 2001, Bollettino UE 3-2001.
criteri da utilizzare per misurare i progressi compiuti7. È dello stesso anno (2002)
la dichiarazione di Copenhagen8, destinata a promuovere la cooperazione europea
in materia di istruzione e formazione professionale; inoltre essa assegna il compito di attuare azioni concrete in merito a trasparenza, riconoscimento e qualità di tali ambiti. È attualmente in corso il dibattito a livello europeo sull’aggiornamento del programma di lavoro per il post 20109: il Quadro strategico per la cooperazione
europea in materia di istruzione e formazione European Cooperation in Education
and Training (ECET 2020). Al centro del dibattito: gli obiettivi condivisi, le poli-
tiche da implementare a livello nazionale ed europeo, la loro misurazione, nonché la reportistica del processo.