origine, evoluzione e orientamenti del sistema formativo piemontese
4. La riforma della Scuola e dell’Istruzione e Formazione Professionale
Tra gli obiettivi di massima, quelli che vengono perseguiti per raggiungere la piena occupazione in tempi ragionevolmente brevi, aumentare la permanenza sul lavoro dei lavoratori anziani, realizzare un sistema di formazione lungo tutto l’arco della vita lavorativa non possono essere avulsi dalle problematiche connesse al successo scolastico e formativo e a quelle relative agli abbandoni scolastici. Nel lungo periodo, tali traguardi risulteranno condizionati da una serie di variabili interdipendenti: il buon esito di uno è strettamente collegato a quello degli altri e viceversa.
Non è compito di questa ricerca entrare nel merito della riforma scolastica, per la quale il ‘medioevo legislativo’ ha una durata incalcolabile: il fatto che, nel lontano
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febbraio 1969, sia stata emanata la norma che modificava in via transitoria l’esame di Stato, rimasto poi inalterato fino al 1997, dimostra come in Italia non ci sia nulla di più definitivo del cosiddetto ‘transitorio’. In ogni caso è necessario ripercorrere le tappe salienti di tale percorso poiché il quadro che si presenta è talmente com- plicato da scoraggiare qualsiasi buona intenzione. È questo un iter complesso, che ha generato tensioni e pesanti scontri verbali, tali da produrre spaccature spesso insanabili in un campo di interesse sociale, in cui la condivisione bipartisan sarebbe d’obbligo. Ma, si sa, il buon senso appartiene raramente a questo mondo. Tutto ciò ha portato all’emanazione di una serie di norme in contrasto l’una con l’altra, spesso attraverso l’utilizzo di strumenti legislativi impropri (leggi finanziarie e collegati, decreti su materie eterogenee e così via…) ben lungi dalla chiarezza e dalla linearità di condotta espressa dall’UE. Questo modo di operare ‘schizofrenico’ ha prodotto nell’opinione pubblica una confusione tale da produrre effetti a dir poco devastanti, anche nei comportamenti sociali. Ma è bene procedere per gradi, per analizzare i risvolti e le ricadute, sul sistema dell’Istruzione e Formazione Professionale, delle principali norme promulgate nell’ultimo decennio.Nel 1999 vengono emanati due importanti provvedimenti: la L 9 di innalzamen- to dell’obbligo di istruzione fino a 16 anni e l’art. 68 della L 144, di introduzione dell’obbligo formativo fino a 18 anni. La sopraccitata L 9 prevedeva l’innalzamento dell’obbligo di istruzione da 8 a 10 anni, da attuarsi esclusivamente all’interno della scuola, attraverso un processo graduale, che prevedeva una prima fase di innalzamen- to a 15 anni, per arrivare a 16 anni solo a seguito della riforma dei cicli scolastici. Le agenzie formative che in quegli anni gestivano corsi di formazione iniziale si trovarono di fronte a una situazione critica, in quanto non potevano più accogliere iscrizioni di studenti quattordicenni. In Piemonte, la pesante situazione che ne derivò fu superata con l’avvio di percorsi integrati con la scuola secondaria superiore. Venne introdotto l’obbligo formativo fino a 18 anni o a 17, se nel frattempo si acquisiva una qualifica professionale. Si è trattato di un provvedimento molto importante, che ha consentito alle Regioni di predisporre una proposta formativa articolata e attenta alle differenze dei giovani, complementare all’offerta d’istruzione. Tale norma, ad oggi, rappresenta l’unica vera modalità di trasferimento di risorse dalle casse dello Stato alle Regioni. Tuttavia, a conferma di quanto affermato precedentemente, lo stanziamento iniziale rapportato alla moneta attuale, che ammontava a 230 milioni di euro (450 milioni delle vecchie lire), si è ridotto nel 2009 a poco più di 200 milioni di euro, senza contare gli effetti dell’inflazione.
a maggioranza (legge costituzionale 3/2001), viene modificato il Titolo V della Costituzione, che riprende parte dei concetti affrontati nella L 59/1997 e nel DLGS 112/1998, attribuendo loro rango costituzionale. S’intraprende così un cammino ‘federalista’, che procurerà molti conflitti tra Stato e Regioni, con frequenti ricorsi alla Corte Costituzionale. Di nostro interesse, a tal proposito, è la modifica dell’art. 117 della Costituzione che assegna un ruolo alle Regioni a statuto ordinario, fino ad allora esclusiva prerogativa dello Stato o delle Regioni a statuto speciale. Nel nuovo dettato costituzionale vengono infatti elencate le competenze esclusive dello Stato e quelle concorrenti tra Stato e Regioni: di conseguenza è di competenza residuale delle Regioni (e assimilabile alla competenza esclusiva) ciò che non viene nominato. Tra le altre materie non pertinenti ai fini di questa analisi, allo Stato rimane la competenza esclusiva relativa alla “determinazione dei livelli essenziali delle pre- stazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (LEP) e alle norme generali sull’istruzione”. Sono indicate come materie di legislazione concorrente quelle relative “all’istruzione, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e formazione professionale”. Soltanto su questi enunciati sono stati scritti trattati.
Nella legislatura successiva (2001/2006), il processo di riforma tracciato dalla L 9/1999 viene bruscamente interrotto, attraverso l’emanazione della L 53/2003,
Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale e i rela- tivi DLGS 76/2005, Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, a norma dell’articolo 2, comma 1, lettera c, della L 28 marzo 2003, n. 53 e DLGS 226/2005, Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni relativi
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al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, a norma dell’articolo 2 della L 28 marzo 2003, n. 53. Con un’interpretazione molto contestata della nuovaCostituzione, l’insieme di queste norme costituiscono un doppio canale: quello dell’Istruzione, in cui confluiscono i licei e gli istituti tecnici anch’essi licealizzati e quello di Istruzione e Formazione Professionale (IEFP) di competenza regionale, in cui confluiscono gli IPS e la FP regionale. Viene ridefinito l’obbligo scolastico, riconducendolo nell’ accezione di Diritto/Dovere all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica di durata triennale entro il diciottesimo anno di età. Con quest’insieme di norme si assegna alle Regioni, nel rispetto dei LEP stabiliti dallo Stato, la competenza di certificare ‘qualifiche triennali e diplomi professionali quadriennali’.
In attesa che il processo di riforma si completi e per colmare il vuoto che si era venuto a determinare, il 16 giugno 2003 viene assunto un accordo in Conferenza Unificata Stato, Regioni e Autonomie locali, che consentirà alle Regioni di avviare, in via sperimentale, percorsi di FP triennali. In presenza di questo accordo, la Re- gione Piemonte avvia un procedimento per autorizzare circa 150 corsi triennali che consentiranno a una quota consistente di giovani quattordicenni (3.000 circa) di assolvere il Diritto/dovere nella FP. Per rientrare nei parametri dell’accreditamento richiesti per questa tipologia di corsi, al sistema di FP sono richiesti importanti investimenti sui laboratori e, più a lungo, sui docenti.
Nuova legislatura e nuovo cambio di rotta. Con la L 296/2006, legge finanziaria 2007, l’obbligo d’istruzione viene portato a 16 anni. Con questa norma permane l’incertezza che si possa assolvere l’obbligo d’istruzione nella FP regionale, in quanto sono citati genericamente “percorsi e progetti che, fatta salva l’autonomia scolasti- ca, siano in grado di prevenire e contrastare la dispersione e di favorire il successo nell’assolvimento dell’obbligo d’istruzione”. Nel frattempo continua la sperimenta- zione dei percorsi triennali.
Con l’art. 13 della L 40/2007, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-
legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, si ricostituisce l’Istruzione tecnica e professionale. Con questa norma, gli
istituti professionali a lungo lasciati nel limbo dell’incertezza a cavallo tra le lusinghe della liceizzazione statale e la poco attraente IEFP regionale, traggono un sospiro di sollievo nella prospettiva di restare nell’ambito dell’Istruzione.
Ancora cambio di legislatura e nuovo intervento legislativo sul sistema. Con la già citata L 133/2008, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la sempli- ficazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, viene stabilito che l’obbligo d’istruzione si possa assolvere anche nei
percorsi d’Istruzione e Formazione Professionale, offrendo così, in via definitiva, la possibilità ai quattordicenni di iscriversi ai percorsi triennali di FP.
Centralità del sistema pubblico, più competenze alla Regione, valorizzazione dell’autonomia scolastica sono solo alcuni dei punti chiave del nuovo disegno di legge regionale approvato dalla Giunta e trasmesso al Consiglio regionale in scaden- za di mandato dell’VIII legislatura. La stesura di un nuovo testo di legge organico sull’Istruzione nasce non soltanto dall’esigenza di conferire equilibrio e coerenza alla normativa di riferimento in materia d’istruzione e formazione professionale rispetto ai mutamenti in corso, ma anche di disciplinare gli interventi regionali in materia, soprattutto alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione. Tale intervento di razionalizzazione si configura quindi come uno snellimento legislativo regionale, che evidenzia il ruolo di governo della Regione e imposta il rapporto con gli Enti locali in modo più coerente con il principio di sussidiarietà, valorizzando l’autonomia dell’azione sul territorio e la possibilità di risposta diretta e immediata alle necessità locali e dei cittadini. In particolare il DDLR si rivolge a giovani che intendono frequentare i cicli d’istruzione secondaria superiore e d’istruzione e formazione pro- fessionale, a giovani qualificati, diplomati, laureati che intendono specializzarsi, ad adulti che intendono rientrare nel sistema formativo, ovvero a partecipare al lifelong
learning, a soggetti a rischio di esclusione sociale e a tutti i soggetti componenti il
sistema educativo.
Il nuovo disegno di legge, in cui si sancisce la centralità del sistema pubblico dell’istruzione, introduce una serie di innovazioni molto importanti, tra cui vale la pena evidenziare che:
- la programmazione regionale è definita attraverso un procedimento dal basso verso l’alto. La Regione e le Province sono supportate tecnicamente, nella definizione degli atti di programmazione, da un Comitato regionale dell’istruzione e dalle Conferenze di Am- bito territoriale. Tali Organi collegiali, composti dagli stakeholders del sistema integrato dell’istruzione e dell’Istruzione e Formazione Professionale, sono deputati ad esprimere pareri nelle fasi cruciali di governo del sistema. In questo contesto le parti sociali, gli organi collegiali territoriali e la rappresentanza delle istituzioni scolastiche e formative svolgono un ruolo fondamentale nel processo di governance che si è delineato;
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assegna un ruolo fondamentale all’istruzione tecnica e professionale. L’offerta formativa del Diritto/Dovere all’istruzione e alla formazione professionale fino al diciottesimo anno di età appare ampia ed esaustiva, proprio per soddisfare tutte le esigenze della popolazione giovanile. È prevista la capitalizzazione delle esperienze scolastiche e formative pregresse, di conseguenza i passaggi tra i sistemi e da un percorso di studi all’altro saranno molto più semplici e naturali;- particolare rilievo assume il diritto all’apprendimento lungo tutto il corso della vita in una prospettiva di crescita personale, sociale, professionale e lavorativa. Sono previsti il riconoscimento e la certificazione di competenze acquisite in ambiti diversi da quelli scolastici (es. contesti lavorativi);
- numerose sono le azioni specifiche da mettere in atto per contrastare lo svantaggio e l’esclusione sociale – mediante percorsi finalizzati a supportare l’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione – opportunamente promosse e realizzate dalla Regione e dagli Enti locali nell’ambito delle rispettive competenze.
Si tratta di un DDLR che non vedrà il compimento entro i termini della presente legislatura, ma che, tuttavia, potrà rappresentare un buon viatico per il prossimo Consiglio regionale, che sarà sicuramente chiamato in causa per dare un nuovo assetto legislativo alla materia.