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origine, evoluzione e orientamenti del sistema formativo piemontese

6. I momenti di crisi del sistema

Come accennato in precedenza, nell’ambito delle norme sugli aiuti di Stato, nella seconda metà degli anni ’90 l’UE emana regolamenti di esenzione dall’obbligo di notifica, ma richiede in cambio quote di cofinanziamento decisamente consistenti alle imprese beneficiarie del contributo finanziario. La formazione continua, così come attuata fino a quel momento, diventa sempre meno appetibile, in quanto l’entità del contributo pubblico erogato spesso non è sufficiente per giustificare l’aggravio di adempimenti burocratici e amministrativi. Gli organismi costituiti per rispondere specificatamente a tali esigenze in ‘consorzi di imprese’, ma non solo, entrano in sofferenza e spostano sempre più la loro attenzione verso la ‘formazione permanente’ e la ‘formazione di disoccupati’ da inserire nel mercato del lavoro. Da quel periodo in avanti si assiste a una proliferazione di ‘agenzie formative’ che hanno i requisiti richiesti dalla legge, ma che risultano deficitarie dal punto di vista strutturale.

Per fronteggiare questa grande pressione esercitata sui bandi per l’accesso ai fondi, viene introdotto l’accreditamento delle strutture formative (L 196/1997).

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Si tratta di un provvedimento necessario, fortemente voluto dalla Commissione Europea, ma che ha provocato nel tempo moltissimi problemi. Fondato sui principi della certificazione della qualità (ISO 9000), ha generato, in contrasto con i principi enunciati dall’UE, un appesantimento burocratico e un aumento di costi, senza per contro nulla aggiungere alla qualità della formazione erogata. Da qui la necessità di modificare profondamente il sistema di accreditamento. Le Direttive diventano perciò strumento complesso e articolato, mettendo in atto sistemi di valutazione che, per essere in grado di discriminare, devono mutare continuamente. Vengono così introdotti aspetti formali sempre più complicati, rispetto ai quali diventa sempre più difficile agire senza fare errori. Gli operatori della FP lamentano un andamento incostante nel vedersi affidati corsi di FP, con conseguenti e pesanti diseconomie. Si assiste a una giusta e motivata richiesta di dare stabilità al sistema anche attraverso affidamenti pluriennali.

Nella seconda metà degli anni ’90 si evidenzia una prima crisi strutturale del sistema formativo piemontese. Con le nuove procedure di affidamento ad evidenza pubblica previste dalla LR 63/95 e l’abbandono del meccanismo amministrativo della convenzione quadro, in cui, in sostanza, si riconoscono le spese a piè di lista, emerge una situazione molto differenziata. Alcune agenzie formative si trovano con una struttura eccessivamente pesante, con un sovraccarico di personale che porta in breve tempo ad accumulare un deficit non sostenibile. La Regione Piemonte, di concerto con il Ministero del Lavoro, predispone un progetto per ‘smagrire’ gli Enti. Nasce il cosiddetto Progetto risorse, con uno stanziamento all’epoca di 18 miliardi di lire, che prevede una serie di strumenti: dall’incentivare la fuoriuscita dei lavoratori favoren- do la ricollocazione di personale docente in possesso di professionalità spendibili sul mercato del lavoro, al favorire il prepensionamento oppure alla messa in atto di attività formative di riqualificazione dei formatori. Nel progetto non sono compresi stanziamenti in conto capitale per la riduzione del debito. Come si può facilmente intuire, esso non sfugge all’attenzione della Direzione Generale alla Concorrenza della Commissione Europea, la quale richiede chiarimenti: uscirne senza incorrere in procedura di infrazione risulta molto difficile. Tutto va a buon fine grazie anche all’impegno del Ministero del Lavoro, che riuscirà a chiudere la querelle senza danni. A posteriori, il progetto evidenzia un grande limite che, nei fatti, andrà a pro- durre importanti effetti negativi sul sistema. Sulla scorta di altri esempi di politica industriale, forse sarebbe risultato più remunerativo richiedere un piano di ristrut- turazione aziendale e di sostenibilità del debito.

cono le iscrizioni per via del calo demografico, l’offerta formativa non trova riscontro nelle aspettative degli utenti, alcune di esse non riescono a rinnovarsi e non sono in condizioni di reggere la concorrenza. Parte di queste agenzie vengono assorbite dai grandi Enti con annessi e connessi, debiti compresi. In un’economia di mercato è naturale riscontrare la presenza di imprese che nascono e di altre che muoiono, ma nella FP ciò avviene solo in misura parziale. Si produce perciò un effetto boomerang per cui sarebbero necessarie sempre più risorse per aumentare l’offerta a fronte di una stabile domanda di formazione.

La seconda crisi è dei giorni nostri e scoppia più virulenta che mai. Per alcune agenzie formative l’accesso al credito diventa sempre più difficile: i creditori non pagano e i debiti si accumulano. La crisi di liquidità investe tutto il sistema, il quale attende vanamente un secondo Progetto risorse. Ma quel rimedio è irripetibile: in proposito la Commissione Europea manda segnali inequivocabili. Si tenta ora di percorrere la strada che si sarebbe dovuto intraprendere nel 1997, istituendo un fondo rotativo per facilitare l’accesso al credito a fronte di un piano industriale.

In effetti, le agenzie formative del Piemonte, salvo rarissime eccezioni, hanno continuato a operare basandosi quasi soltanto sull’originale punto di forza: la for- mazione dei giovani per il loro inserimento sul mercato del lavoro. Questa mancata lungimiranza, testimoniata tra l’altro dalla scarsa attenzione degli Enti storici sulle attività concernenti l’apprendistato e la formazione continua a domanda individuale, ha certamente reso le agenzie più esposte alla crisi per effetto stesso del meccani- smo a bando. Se, per un verso, una tale diversificazione è resa difficile dallo stock di personale impiegato presso gli Enti – nei cui confronti potrebbe peraltro essere previsto un programma di riqualificazione un po’ più articolato dell’attuale – per l’altro i futuri impegni possono forse rappresentare un’ultima occasione per rinsaldare i legami con le politiche del lavoro e con il sistema socio-economico.

Con riferimento all’attuale crisi strutturale del sistema formativo, è bene co- munque evidenziare un aspetto subdolo e molto pericoloso: si tratta della tendenza, innata in ogni grande impresa, a tagliare le spese ritenute superflue, mantenendo invece un’organizzazione interna orientata esclusivamente a ottemperare i compiti burocratici di assolvimento delle procedure. Se ciò avvenisse è quasi scontato che la prima vittima sarà la pedagogia.

Riferimenti bibliografici

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«Rassegna CNOS. Problemi, esperienze, prospettive per l’istruzione e la formazione pro- fessionale», Anno 26, n. 1.

2. Modelli teorici per la formazione: