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Con l’espressione “educazione alla genitorialità” d’accordo con Iavarone, Marone e Sabatano (2015 p. 54) possiamo intendere:

«un processo formativo autonomo, ma assistito, incentrato non certo sui comportamenti suggeriti quanto prevalentemente sulle facoltà di riflettere da parte dei genitori stessi sui propri agiti, allo scopo di far maturare loro una consapevolezza critica dei comportamenti (taciti, manifesti, verbali/non-verbali, culturali/non culturali) vissuti all’interno della relazione educativa con i figli».

La pedagogia da tempo sottolinea l’esigenza di politiche di sostegno alla genitorialità (Catarsi, 2008). Molti sono, infatti, i segnali che dovrebbero attirare l’attenzione delle politiche sociali sulla vulnerabilità delle famiglie attuali, vale la pena richiamarli brevemente attraverso le parole di Silva (2012, p. 40-41):

«[..] difficoltà nel mantenere legami emotivi e sentimentali duraturi, rapida trasformazione degli schemi socioculturali e dei quadri di valori, insicurezza economica e mutamenti incisivi nel rapporto tra le generazioni, ridefinizione dei ruoli del marito-padre e della moglie-madre, aumento delle coppie di fatto e delle unioni civili».

Secondo Milani e Serbati (2009) sono due le tendenze odierne che possiamo cogliere a livello sociale, da una parte, la riduzione piuttosto drastica dei gruppi e delle forme associative del passato che comportano un isolamento dei singoli e delle famiglie e un sovraccarico di compiti educativi ed organizzativi, mentre dall’altra una maggiore richiesta di socialità, di fare rete, di percorsi finalizzati a soddisfare interessi personali, ma spesso anche comuni:

« il rinascere, proprio a fronte di questo isolamento, dell’interesse di molte famiglie ad aprirsi a nuovi percorsi reticolari, leggeri ma resistenti, centrati su interessi personali ma nell’intento di soddisfarli in “spazi comuni”, in cui riflettere e ricercare senza essere giudicati o indottrinati [..] Non poche famiglie intravedono nell’uscire di casa e ritrovarsi in gruppi e micro reti sociali locali un varco stretto ma stimolante verso un diverso stile di vita, una rimessa in discussione dei modelli educativi con cui si agisce» (Ivi, p. 30).

In linea con il secondo fenomeno riscontrato, Iavarone (2009, p. 72) propone una lettura che inquadra le attività di sostegno alla genitorialità all’interno di un più vasto progetto sociale e di cittadinanza. Le pratiche di sostegno e promozione delle risorse familiari, infatti, possiedono

anche un risvolto “civile” teso allo sviluppo della comunità e al miglioramento della vita dei cittadini.

Secondo Milani e Serbati (2009) dalle esperienze di sostegno alla genitorialità emergono i seguenti tre principali “motori di ricerca” (Ibidem):

▪ Che fare con i figli, come accompagnarli dentro i rischi dell’oggi?

▪ Come vivere da adulti e tra adulti per non correre il rischio di non dare senso a quel che si vive in famiglia, al lavoro, nel rapporto di coppia?

▪ Verso quale stile di vita orientarsi e dentro quale idea di società e di sviluppo prefigurarlo?

Prima di entrare nel merito del variegato mondo dei servizi di sostegno alla genitorialità, risulta opportuno fornire qualche informazione relativa al contesto, specialmente a quello di tipo giuridico, che ha favorito l’incremento di una progressiva attenzione rivolta al tema della genitorialità e di un suo sostegno, inteso in ottica preventiva e promozionale.

L’affermarsi in ambito europeo del filone di studi legato all’educazione familiare ha contribuito - da trent’anni a questa parte - a delineare sempre meglio il tema del sostegno alla genitorialità (Milani, 2001). La tematica si è affermata in Italia a partire dalla fine degli anni Novanta su spinta del recente percorso legislativo che, dagli anni Ottanta in poi, ha promosso un progressivo cambiamento culturale nell’offerta dei servizi destinati alle (con e per) le famiglie. Vale la pena richiamare brevemente le principali tappe di questo percorso. La legge sull’affido familiare 184/83 - poi aggiornata nel 2000 - e la legge quadro sulla disabilità, la meglio nota 104 del 1992, sono le prime normative che sottolineano in modo chiaro l’importanza di lavorare con le famiglie in un’ottica promozionale. Ma è soprattutto con la legge 285/1997 in materia di “Disposizioni

per la promozione dei diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza” che viene promosso

un approccio di tipo ecologico e alcuni concetti importanti entrano a far parte dell’immaginario comune, quali (Ibidem):

▪ l’idea che la genitorialità vada sostenuta per tutti in un’ottica preventiva e universale, anche in assenza di “problemi evidenti”.

▪ L’idea che sostenere la genitorialità non significa calare dall’altro i progetti specialistici, bensì progettarli in modo integrato e co-partecipato, coinvolgendo i servizi, le famiglie, le realtà associative.

▪ L’idea che un modo, solo in apparenza banale, di sostenere la genitorialità è quello che promuove la conoscenza e la rete tra le famiglie e che permette quindi la fuoriuscita dall’isolamento

Pochi anni dopo, nel 2000 viene emanata una nuova legge-quadro per la “Realizzazione del

sistema integrato di interventi e servizi sociali”, la 328/0038, per mezzo della quale lo Stato per

la prima volta si pone l’ambizioso obiettivo di realizzare un sistema integrato di interventi e servizi sociali che dia vita a un welfare municipale comunitario basato sui principi di sussidiarietà verticale e orizzontale. All’interno di tale quadro normativo la famiglia viene individuata «come attore di un sistema misto di welfare»; viene riconosciuta cioè l’importanza della famiglia all’interno della società e del welfare39, vengono inoltre messe in evidenza le

esigenze tanto del nucleo familiare quanto quelle del singolo (cfr. art.140). La legge, infine, intende la famiglia come luogo di formazione e di cura dei singoli membri e di promozione del benessere individuale e collettivo (Milani, 2001). Tale centralità della famiglia, allo stesso tempo, come nel caso della cura degli anziani (art.15) può correre anche il rischio di incentivare il familismo che caratterizza il welfare italiano, un aspetto che verrà approfondito nel prossimo capitolo.

Da un decennio circa anche in ambito europeo il sostegno alla genitorialità è stato fatto oggetto di politiche sociali afferenti all’ambito di ricerca ed intervento inerente l’educazione e la cura della prima infanzia (Early Childhood and Care- ECEC). Di seguito una breve presentazione dei principali documenti europei emanati in questi anni. Va menzionata, in primo luogo, la raccomandazione del Consiglio d’Europa del dicembre 2006 (Recommendation of the Committee

38 Legge Quadro per “La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13 novembre 2000. Disponibile al: http://www.camera.it/parlam/leggi/00328l.htm

39 All’articolo 16 si legge: comma 1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana; sostiene la cooperazione, il mutuo aiuto e l’associazionismo delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l’efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell’ambito dell’organizzazione dei servizi.

Comma 2. I livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili nel territorio nazionale, di cui all’articolo 22, e i

progetti obiettivo, di cui all’articolo 18, comma 3, lettera b), tengono conto dell’esigenza di favorire le relazioni, la corresponsabilità e la solidarietà fra generazioni, di sostenere le responsabilità genitoriali, di promuovere le pari opportunità e la condivisione di responsabilità tra donne e uomini, di riconoscere l’autonomia di ciascun componente della famiglia.

40Articolo 1: La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.

of Ministers to member states on policy to support positive parenting) che riconosce la famiglia

come luogo privilegiato per la costruzione della coesione sociale, la quale si può ottenere attraverso un sostegno ai nuclei familiari, nel rispetto dell’autonomia e della sfera privata. In tale documento il “parenting support” viene definito come un vasto insieme di interventi “family-

oriented” con in comune un’attenzione alla genitorialità in diverse ottiche, tanto quella

universalistica primaria - quindi preventiva e rivolta alla complessità delle famiglie (pull

approach) - quanto una in cui i servizi e gli interventi sono invece mirati a quei genitori che si

trovano a vivere e dover affrontare bisogni specifici (push approach) (Milani, 2015a). Va segnalata poi la Comunicazione della Commissione Europea del febbraio 2011 (Early Childhood

Education and Care: Providing all our children with the best start for the World of Tomorrow)

che sottolinea come il contrasto all’esclusione sociale e agli svantaggi socioculturali vadano ottenute attraverso un lavoro parallelo, al contempo sia sul fronte dell’educazione precoce e intensiva nella prima infanzia - che deve avere luogo in apposite strutture - sia sul coinvolgimento e sulla formazione dei genitori. Concludiamo questa breve carrellata con un documento del 2012, il Compendium of Inspiring Practices on Early Intervention and

Prevention in Family and Parenting Support41, emanato da Eurochild42 in cui vengono analizzate dodici esperienze e progetti rivolti al sostegno alle famiglie e alla genitorialità che hanno avuto luogo in altrettanti paesi europei, tra i quali sono presenti anche l’Italia e la Romania43. Le concettualizzazioni rispetto alla famiglia e al sostegno alla genitorialità assunte da Eurochild sembrano andare nella direzione del superamento della stigmatizzazione delle diversità familiari (cultural differences, gender differences) e delle pratiche assistenziali (charity) a favore dell’adozione di interventi tesi alla prevenzione (progressive universalism), alla promozione e alla valorizzazione delle risorse presenti, in una prospettiva attenta all’ecologia del contesto familiare e sociale. La politica europea per concludere su questi aspetti considera sia il parenting

support che la parent education un investimento sociale che i singoli stati membri dovrebbero

riconoscere e attuare al fine di promuovere il benessere dei minori, il loro rendimento scolastico e la prevenzione rispetto a possibili comportamenti antisociali durante la fase adolescenziale. Tra i cinque obiettivi posti dalla Strategia Europa 2020 compare anche la missione a sostegno

41http://www.eurochild.org/fileadmin/public/05_Library/Thematic_priorities/03_Family_Parenting_Support/Euroc

hild/Early_intervention_and_prevention_in_family_and_parenting_support.pdf

42 Eurochild è una rete di organizzazioni e di singoli individui impegnati in Europa nella tutela dei diritti dell’infanzia e nella promozione del benessere di bambini e giovani. (http://www.eurochild.org/)

43 Il progetto italiano fa riferimento “Accogliere la Nascita” implementato a Roma dall’associazione il Melograno. In Romania invece si tratta di “Hope and Homes for Children Romania”, un programma di prevenzione all’istituzionalizzazione dei minori.

dell’istruzione, così come la lotta all’esclusione sociale e alla povertà, dando priorità al sostegno alla genitorialità e al coinvolgimento attivo di bambini e genitori.

Nonostante l’interessamento e l’attenzione legislativa rispetto al sostegno alle famiglie e alla genitorialità venga generalmente sostenuta e accolta con entusiasmo da più parti, non mancano anche voci più critiche che avanzano alcune perplessità rispetto alla direzione intrapresa dalle politiche sociali. Un interessante punto di vista che si potrebbe definire “fuori dal coro” è quello di Roudinesco (2006). La studiosa francese, infatti, mette in evidenza in particolare un elemento di criticità rispetto all’“invenzione” e all’ampio diffondersi del concetto di genitorialità. La necessità di educare i genitori verso presunti comportamenti attesi o ideali – secondo Roudinesco - rappresenta uno degli esiti recenti dell’intervento normativo dello stato nei confronti dell’ambito del privato familiare. Formenti (2012, 2014) riprende questo tema riflettendo sui benefici/rischi delle odierne forme di controllo statale esercitate sulla famiglia. Se i primi vengono individuati senz’altro nelle conquiste e in una rinnovata attenzione in tema di diritti dei minori, i secondi emergono principalmente laddove gli interventi sono ancora orientati da un paradigma della normalità che stigmatizza le famiglie “diverse” o “disfunzionali”, quindi non limitandosi a sostenere e a favorire il superamento della (temporanea) difficoltà vissuta dalle famiglie o dagli individui, bensì correndo il rischio di trasformare le “prese in carico” dei servizi socio-educativi in occasioni per esercitare pressioni verso una presunta “normalizzazione” familiare44:

«Il controllo esercitato da pochi - un gruppo relativamente piccolo di professionisti controlla un intero distretto socio-sanitario - è sempre un rischio, se ostacola la possibilità di apprendere, di evolvere, specialmente quando una famiglia viene connotata come “fuori norma” [..] lo stigma sociale insito in uno sguardo valutante e condannante è un problema aperto nel lavoro con le famiglie. [..] É lavorando sulla cultura dei Servizi, sulla cura dei legami e dei contesti, sulla formazione degli operatori che si può sperare di risolvere, almeno in parte, questo doppio legame istituzionale “sii adulto, autonomo, responsabile, ma come io te lo prescrivo”, a cui il genitore risponde specularmente “aiutami, ma lasciami stare”» (Formenti 2012, p. 192-193).

Formenti, attraverso la chiave di lettura proposta dai lavori di Watzlawick, utilizza le espressioni “comunicazioni paradossali” e “doppio legame istituzionale” per fare riferimento all’ambiguità che contraddistingue alcuni aspetti degli interventi socioeducativi con le famiglie. In modo simile

44 Formenti chiarisce anche che spesso si è di fronte a palesi ingiustizie, infatti non tutte i nuclei familiari sono sottoposti allo stesso modo all’attenzione e al controllo sociale dei servizi, bensì determinate famiglie (immigrate, monoparentali, povere ecc.) risultano più soggette a queste forme di intervento.

Milani (2015a) richiama il concetto di “capture istituzionale” che ‒ formulato da Lacharité all’interno degli studi sull’etnografia istituzionale ‒ fa riferimento all’influenza del panorama storico, giuridico, normativo e valoriale, educativo, in breve al contesto istituzionale, nel definire e quindi nel determinare il problema che la famiglia porta al servizio.

Dopo questa breve ma necessaria introduzione inerente il quadro legislativo italiano e europeo rispetto alle politiche a tutela della famiglia e a supporto della genitorialità e ai rischi e ai limiti connessi con esso, vale la pena provare a capire in modo più dettagliato a cosa ci si riferisca con questa espressione. Le pratiche corrispondenti al “sostegno alla genitorialità”, nel tentativo di voler fornire una prima generale definizione, sono individuabili come «i tentativi formalizzati ed intenzionali di accrescere le competenze dei genitori in tema di educazione dei figli» (Gigli 2007a, p. 77).

Mentre il concetto legato alla genitorialità è stato già affrontato nei precedenti paragrafi, è opportuno soffermarsi sul termine “sostegno”. Il riferimento al sostegno si ritrova nella già menzionata legge-quadro 328. Nel testo il termine “sostegno” è giustapposto a quello di “valorizzazione”, sembra così indicare una cornice in cui il potenziale utente va accompagnato e va promossa una valorizzazione delle sue risorse e potenzialità (Sità, 2005); non ci si dovrebbe invece limitare a intenderlo come il mero “sostenere qualcuno che non regge” (Olivetti Manoukian, 2000). Una concezione di sostegno in un certo qual modo legata a una mancanza o carenza, la si ritrova secondo Sità (2005) anche nella lettura fornita da Fruggeri (1997), la quale individua le azioni legate al sostegno come una risposta e una soluzione ad eventi critici inattesi: “compensare la mancanza di risorse necessarie per far fronte alla transizione innescata dall’evento critico” (1997, p. 145).

A questa lettura è preferibile - dal momento che qui si intende sviluppare il concetto di sostegno nei suoi aspetti pedagogici avendo assunto un modello di caring contrapposto ad uno di curing (Mortari, 2006a) - quella che lo associa all’“holding” winnicottiano e al sostegno sociale della psicologia di comunità, come proposto da Sità (2005). Il concetto di “holding” sviluppato da Winnicott fa riferimento tanto alle cure fisiche (il tenere in braccio) e relazionali di una “madre sufficientemente buona” (Winnicott, 1988), quanto a quelle ambientali (holding environment), proprie di un ambiente fisico e relazionale di cura, necessarie a ciascuno individuo e in qualunque fase della vita. È importante sottolineare come una tale concettualizzazione del sostegno sia stata formulata dallo studioso inglese in riferimento alla “normalità”, come una condizione esistenziale necessaria al genere umano e non come un sostegno a chi è in qualche modo “carente” o “mancante”. Il sostegno di tipo sociale fa invece riferimento al supporto di varia

natura (emotivo, materiale..) che si può dare e ricevere in modo reciproco all’interno delle reti sociali, che diventano contesti di ascolto, di cura e di reciprocità:

«Le relazioni di sostegno forniscono quindi alle persone ascolto nelle difficoltà (sostegno emozionale), senso di appartenenza (affiliazione sociale), aiuto nella comprensione degli eventi (sostegno informativo) e collaborazione nello svolgimento dei compiti pratici (sostegno strumentale) (Sità, 2005, p. 35-36).

Come già visto, avendo assunto una prospettiva ecologica, il sostegno alla genitorialità e alla famiglia significa coinvolgere le reti relazionali esterne al nucleo, la comunità, il vicinato e il mondo dell’associazionismo, così come l’ambito politico e culturale (Sità, 2005). Secondo Iori (2006, p. 52) il sostegno alla genitorialità dovrebbe intervenire per lenire e favorire una rielaborazione di quello che la pedagogista chiama “normale disagio quotidiano”. Un fenomeno che accomuna la totalità dei nuclei familiari che può essere lenito grazie al ridursi dell’isolamento e al crearsi di reti di condivisione e supporto reciproco:

«la solidarietà con le altre famiglie, il dialogo, la valorizzazione del vicinato necessitano di essere potenziate affinché il nucleo non si chiuda in se stesso, amplificando le proprie tensioni nell’assenza di condivisione di “quel normale disagio quotidiano” che rischia continuamente di degenerare in forme più gravi e più difficilmente recuperabili».

Dopo aver chiarito in generale quale inquadramento teorico fa da sfondo al sostegno alla genitorialità, si procede ora a una breve disamina tesa ad illustrare le principali tipologie di servizio di sostegno alla genitorialità presenti in ambito internazionale e italiano.

Secondo Pecora e colleghi (2000) e Milani (2001, pp. 27-30) a livello internazionale possiamo categorizzare i servizi per le famiglie in base a tre diversi concetti di prevenzione, quali:

1. prevenzione primaria: rivolta in generale alla popolazione (progetti sulla comunicazione genitori-figli, spazi di incontro per le famiglie..)

2. prevenzione selettiva: rivolta ad un sottogruppo più vulnerabile nel correre un determinato rischio (sostegno alla genitorialità per le madri sole, visite domiciliari ai neonati con basso peso..)

3. prevenzione indicata: rivolta a specifici gruppi di popolazione ad alto rischio (programmi di sostegno alla genitorialità per madri che fanno uso di sostanze stupefacenti durante la gravidanza o al momento del parto, sostegno per neogenitori con figli con disabilità..)

▪ Family resource, support and education services: si tratta di servizi basati sulla comunità (community based) finalizzati a supportare gli adulti nel loro ruolo di genitori, sono servizi cosiddetti “a bassa soglia”, appartenenti all’ambito della prevenzione universale, generalmente disponibili per tutti i nuclei familiari con figli, senza particolari requisiti (corsi pre-parto, progetti di sostegno allo sviluppo pre e post natale, spazio allattamento, corso di massaggio infantile, percorsi di coppia, spazi genitori-bambini 0-3 anni, ecc.). ▪ Family-based services: si tratta di servizi che si rivolgono a “famiglie vulnerabili”, dove

la prevenzione è dunque di tipo selettivo. Si va dall’educazione, al counseling, alla terapia ecc.

▪ Intensive family preservation services: sono servizi che si intrecciano generalmente con il lavoro specifico di psicoterapeuti che vengono destinati alle “famiglie multiproblematiche” che si trovano a vivere una particolare situazione di crisi (es. allontanamento di un minore dal nucleo).

L’espressione “sostegno alla genitorialità” non è di facile spiegazione e sembra, dunque, fare riferimento a molteplici tipologie di intervento sociale (educativo, sociale, psicologico, economico, ecc.) tese a rafforzare le competenze genitoriali e di cura del nucleo familiare, in ottica quindi promozionale e non sostitutiva. Per quanto riguarda il contesto italiano, Sità (2005, p. 22) propone un elenco dei principali aspetti che contraddistinguono gli interventi di sostegno alla genitorialità che sembrano fare riferimento implicitamente a un modello di prevenzione primaria:

▪ Si rivolgono alla totalità delle famiglie presenti su un territorio ▪ Coinvolgono direttamente la famiglia

▪ Si pongono in un’ottica di promozione delle risorse familiari (si interne al nucleo che esterne, di rete)

▪ Intendono valorizzare la famiglia stessa in quanto soggetto sociale, e non la assumono semplicemente come destinatario passivo di servizi e interventi

La specificità e peculiarità di tali interventi, quindi, può essere individuata guardando a più livelli: ai destinatari, agli obiettivi, infine alla metodologia. I destinatari non sono le singole persone, bensì il “sistema-famiglia”; gli obiettivi sono legati a una finalità di promozione che fa

leva sulle risorse presenti, sull’empowerment e sullo sviluppo di comunità. I momenti di sostegno alla genitorialità, infine, vengono generalmente condotti attraverso metodologie