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Nel corso della trattazione si è più volte ribadita l’importanza di assumere una prospettiva ampia nel guardare alle migrazioni femminili che hanno come destinazione il nostro Paese. Assumere uno sguardo capace di riconoscere la presenza della famiglia d’origine alla base di molti progetti migratori femminili risulta fondamentale tanto da un punto di vista teorico, per inquadrare in modo corretto e completo il fenomeno d’interesse, quanto da uno pratico, nel tentativo di provare a suggerire delle pratiche di intervento tese verso un maggior benessere di tutti i componenti del nucleo familiare.

D’accordo con Gozzoli & Regalia (2005, pp. 56-57) vale la pena mettere in evidenza in modo sintetico i diversi motivi che giustificano e rendono auspicabile l’assunzione di una prospettiva di tipo familiare nel guardare all’evento migratorio:

▪ l’alto numero di ricongiungimenti familiari che investono il nostro Paese, in continua crescita (anche perché rappresentano l’unico canale legale d’accesso al nostro Paese) ▪ la centralità della famiglia che riguarda ogni fase del processo migratorio, spesso la stessa

partenza

▪ un’ottica familiare permette di allargare la prospettiva temporale altrimenti appiattita sul presente e di comprendere le problematiche che precedono e accompagnano la migrazione

Nonostante risulti difficile essere in disaccordo con i punti appena evidenziati, le autrici rilevano come sia ancora il singolo migrante il vero protagonista di molti studi odierni, a discapito di una dimensione familiare:

«anche se innegabilmente la letteratura ha permesso di riscoprire la centralità della dimensione relazionale nel processo migratorio, la matrice individualistica di molti studi rimane ancora molto forte. È colui che migra l’unità di analisi privilegiata, il soggetto attorno al quale ruotano le relazioni nei suoi aspetti vincolanti o di risorsa. Ridare spessore e visibilità ai legami degli stranieri significa invece [..] poter

allargare la prospettiva di analisi e posare lo sguardo sul soggetto collettivo che è il regista e protagonista di gran parte delle dinamiche riguardanti la migrazione, vale a dire la famiglia» (ivi, p. 56).

In aggiunta agli aspetti già messi in luce da Gozzoli e Regalia, nel caso delle migrazioni di cura di nostro interesse possiamo entrare in un piano di maggiore specificità. Come si è già avuto modo di osservare, l’effettivo esercizio della maternità a distanza e la vita delle famiglie transnazionali risulta fortemente influenzata da alcuni vincoli di natura politica ed economica. In particolar modo le visite reciproche tra familiari sono soggette alle politiche migratorie, oltre che alla disponibilità o meno di mezzi di trasporto economici con cui spostarsi. La mobilità attraverso le frontiere risulta pesantemente condizionata dallo status giuridico del migrante (regolare, irregolare), il quale a sua volta spesso dipende da accordi e convenzioni internazionali. Ad esempio i migranti romeni a partire dal 2007 possono godere di una condizione di regolarità e libera circolazione in tutti i Paesi dell’Unione Europea che non è concessa ai moldavi né tantomeno agli ucraini. Non va dimenticata inoltre l’importanza del possesso di un regolare contratto di lavoro nel facilitare, anche per i cittadini comunitari, i ritorni a casa, il diritto alla salute e i ricongiungimenti familiari. Anche nel caso di quest’ultimi si possono riscontrare alcuni vincoli, soprattutto di natura lavorativa ed economica. Il Testo Unico Immigrazione162 infatti, che peraltro limita fortemente i ricongiungimenti familiari163, stabilisce determinati requisiti abitativi ed economici164 per avviare le pratiche. Inoltre spesso risultano precari e insufficienti

162 Decreto Legislativo 25 luglio1998 n. 286: http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/98286dl.htm 163 Il ricongiungimento viene consentito alle seguenti categorie di persone.

a) coniuge non legalmente separato;

b) figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;

c) genitori a carico;

d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al lavoro secondo la legislazione italiana.

2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i figli di età inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli.

Ragione di forti e diffuse critiche alla legge, è l’esclusione dalle pratiche di ricongiungimento familiare dei figli maggiorenni e dei genitori, qualora nel Paese d’origine ci siano altri membri della famiglia in grado di farsene carico.

164All’articolo 29, comma 3 del Testo Unico sono presentati i seguenti requisiti:

3. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità: a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell'alloggi nel quale il minore effettivamente dimorerà;

b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo dell'assegno sociale (pari a 5.824.91 € per il 2017) se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente.

gli spazi personali che le donne, sulle quali pesa una forte segregazione occupazionale, riescono a ritagliarsi da professioni totalizzanti e malpagate, che poco si conciliano con una vita familiare. D’accordo con Bonizzoni (2009, p. 210), quindi, si ritiene:

«opportuno interrogarci sulle ricadute che determinate scelte, a livello di politiche sociali, rischiano di avere su settori della popolazione che, pur non facenti parte della “nazione”, di fatto giocano un ruolo cruciale nel permettere ad altri di esercitare la propria cittadinanza [..] sarebbe opportuno mostrare una maggiore apertura verso le definizioni dell’intimità e la qualità delle relazioni radicate nella biografia e dalle scelte delle persone, mitigando, al contempo i più stringenti requisiti di natura economica, affinché il diritto alla vita familiare si qualifichi realmente come ciò che di fatto è, un diritto fondamentale della persona».

Non è solo la letteratura scientifica, come notato da Gozzoli e Regalia, a mostrarsi reticente rispetto a un pieno riconoscimento della dimensione familiare nell’evento migratorio, lo sono bensì anche le istituzioni statali. Piperno (2012) a questo proposito ricorda come la Convenzione delle Nazioni Unite relativa alla protezione dei diritti dei migranti e delle loro famiglie (Protection of the Rights of All Migrant Workers and Members of their Families165) adottata il 18 dicembre del 1990 ed entrata in vigore il 1° luglio 2003 non sia stata ratificata da nessun Paese “occidentale” ad alta pressione migratoria166. Tra i cinquanta paesi firmatari troviamo, infatti, molti Paesi dell’America Latina e dall’Africa Subsahariana, molti dei quali sono attraversati da grandi flussi d’emigrazione verso i Paesi occidentali. La mancata ratifica da parte dei Paesi del mondo occidentale rappresenta una possibile risposta alla crisi economica che ha favorito l’innalzarsi di nuovi confini, tra chi ha diritto e chi no, chi sta dentro e chi fuori. Una prospettiva di superamento dei regimi di welfare, intesi come confini di disuguaglianza, è uno dei concetti alla base del welfare transnazionale, di cui ci si occuperà nel seguente paragrafo.