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3.2 Un variegato arcipelago di servizi e progetti a sostegno di chi cura

3.2.1 Progetti per anziani e familiari

Si tratta senz’altro della tipologia di interventi più consistente e diffusa, che è stata messa in campo da pressoché tutte le realtà territoriali attraverso l’attivazione di servizi di intermediazione tra famiglie e lavoratrici, l’erogazione di corsi di formazione e attraverso incentivi economici tesi a favorire l’emersione del lavoro nero. Nel corso degli ultimi vent’anni i progetti e servizi destinati a “gestire” il settore del welfare privato, in costante espansione, sono andati aumentando, modificandosi e diversificandosi notevolmente e sono passati, secondo Rusmini (2013, p. 155), dal «singolo intervento alla rete». Mentre i primi interventi promossi consistevano generalmente in sostegni economici, quali gli assegni di cura, finalizzati tanto a favorire l’emersione del lavoro nero quanto a qualificare l’offerta delle prestazioni, successivamente i servizi hanno preso in considerazione anche altri aspetti legati al lavoro di cura, quali la formazione delle lavoratrici, l’incontro tra domanda e offerta. Giselda Rusmini nel suo contributo “I progetti di sostegno del lavoro privato di cura: un bilancio” (2013), propone un interessante quadro sulla situazione italiana, con alcuni affondi e approfondimenti sulle diverse realtà regionali. L’autrice suddivide gli interventi, da lei denominati «a sostegno del rapporto famiglia-badante» (p. 155), nelle seguenti categorie: sostegni economici, formazione, tutoring e

certificazione delle competenze, sportelli per l’incontro domanda/offerta e registri di assistenti familiari; infine reti di interventi. Fatta eccezione per l’ultima categoria richiamata, le reti di

interventi, la suddivisione di Rusmini appare molto simile a quella proposta da Sarti e De Marchi (2009) qualche anno prima. Le due autrici, infatti, in seguito a un lavoro di ricognizione in merito all’ “assistenza pubblica e privata e al ruolo degli enti locali”, individuavano sostanzialmente quattro principali categorie di servizi a disposizione delle famiglie e delle persone anziane:

sportelli pubblici e uffici pubblici, corsi e attività di formazione volti a qualificare il lavoro di cura, registri delle assistenti familiari; buoni, voucher e assegni per chi si avvale di un’assistente familiare.

Prendiamo quindi in considerazione le diverse tipologie proposte da Rusmini (2013) che risultano più aggiornate e complete:

a) Sostegni economici

Si tratta di interventi economici erogati sotto forma di assegno di cura o di voucher. Nel corso degli anni sempre più regioni hanno provveduto ad erogare un siffatto sostegno economico

stabilendo criteri di ammissibilità, talvolta anche piuttosto rigidi e vincolanti143. Generalmente

l’assegno di cura risulta vincolato all’assunzione regolare della lavoratrice, ma talvolta può richiedere anche che la stessa venga iscritta presso un elenco o un albo dedicato alle lavoratrici accreditate. È questo il caso della Provincia Autonoma di Trento che per l’appunto richiede ai cittadini, perché possano usufruire dei sostegni economici, che le assistenti familiari vengano iscritte nell’apposito registro144. Uno dei maggiori limiti degli assegni di cura, tuttavia, consiste

nel poco utilizzo da parte delle famiglie che, invece di usufruire di un incentivo che generalmente copre solamente il costo dei contributi previdenziali, scelgono di godere dei vantaggi e della flessibilità di un rapporto di lavoro irregolare o comunemente detto “in nero” (Pasquinelli & Rusmini, 2009). In modo simile anche l’assegno vincolato all’iscrizione dell’assistente familiare negli appositi registri si mostra poco appetibile alle famiglie che riescono ad ottenere le informazioni più importanti, quelle relative all’affidabilità delle lavoratrici, attraverso il passaparola (Rusmini, 2013).

b) Formazione, tutoring e certificazione delle competenze

L’attenzione degli enti regionali è recentemente cresciuta anche nei confronti della qualificazione del lavoro di cura. Ad oggi, infatti, sono quattordici le regioni145 che hanno definito uno standard formativo per la professione di assistente familiare. I percorsi formativi hanno una durata variabile tra le 100 e le 400 ore. Vengono spesso riconosciuti alcuni crediti formativi prima di iniziare il corso che consentono una diminuzione delle ore da frequentare, questo in seguito ad un accertamento delle competenze acquisite in campo formativo e lavorativo. La regione Emilia Romagna, ad esempio, ha promosso la formazione “Qualificare il lavoro di cura” che nel 2017 è arrivata alla sua terza edizione146. I maggiori limiti dell’offerta di

143143 Le soglie di reddito (calcolate con la dichiarazione ISEE o ICEF) sono generalmente comprese tra i 10.000 e i 15.000 euro dell’anziano e ammontano a massimo 30.000 euro se il riferimento è il nucleo familiare. Il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte che erogano assegni piuttosto generosi, presentano dei requisiti alquanto rigidi e selettivi. Cfr. Rusmini (2013, pp. 156-158).

144 Tra i requisiti previsti per l’accesso al registro compaiono: la residenza o il domicilio, il possesso di un permesso di soggiorno valido, l’aver conseguito un titolo di studio sanitario o socio-sanitario o l’aver frequentato un corso formativo di almeno 60 ore e il possesso dell’attestato di frequenza o in alternativa di aver svolto negli ultimi tre anni un’attività lavorativa documentabile nel campo dell’assistenza familiare di almeno 480 ore e di aver versato i contribuiti richiesti. Cfr: http://www.trentinosociale.it/index.php/Servizi-ai-cittadini/Guida-ai-servizi/per- destinatari/Famiglia/Avere-supporto-nella-cura-dei-propri-familiari/Assistenti-familiari-badante

145 Le regioni che sinora hanno definito uno standard formativo sono: Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta (Rusmini, 2013, p. 161-162).

146 In precedenza nel 2009 grazie al D.G.R 2375/09 erano state approvate le “Linee guida per l’innovazione e lo

sviluppo di attività di contratto e di aggiornamento per le assistenti familiari” con la creazione di un apposito DVD

tali attività formative consistono, in primo luogo, nella difficoltà delle lavoratrici di poter partecipare ai corsi, dovendo ‒ qualora occupate ‒ togliere tempo alla propria attività lavorativa, il che può provocare attriti con i datori di lavoro oltre a una diminuzione dello stipendio. In secondo luogo una siffatta offerta formativa si rivolge esclusivamente alle lavoratrici presenti regolarmente sul territorio, lasciando fuori quelle sprovviste del permesso di soggiorno (stimate attorno a 1/3 del totale (Pasquinelli, 2013).

In modo parallelo ai corsi di formazione erogati a livello regionale, esiste un ulteriore offerta formativa molto variegata che viene promossa e finanziata da enti e realtà anche molto diverse tra loro (Sarti & De Marchi, 2009). I sindacati innanzitutto e in modo particolare Acli Colf 147, offrono corsi di formazione talvolta limitati alle proprie socie talaltra aperti a tutte le lavoratrici. Alcune cooperative sociali inoltre erogano corsi di formazione finalizzate a qualificare il lavoro di cura (Cooperativa Anziani e non solo di Carpi148). Le attività di tutoring, invece, appaiono per ora meno diffuse ma si caratterizzano come un importante «anello di congiunzione tra il servizio pubblico e la solitudine del mercato privato» (Rusmini 2013, p. 162-163); con esse si fa riferimento a quelle attività di affiancamento e monitoraggio del lavoro delle assistenti familiari effettuate generalmente da parte di operatori OSS, RAA, educatori, ecc. Si tratta di un servizio presente, ad esempio, in Emilia Romagna, dove il D.G.R 1206/2007 stabilisce che il servizio di assistenza domiciliare (ADI) si faccia carico anche di un’attività di supervisione, monitoraggio, tutoring e affiancamento delle assistenti familiari. Rusmini (Ibidem) riporta anche l’esperienza dell’Umbria che nel 2012 ha attivato un corso di formazione dedicato ai “Tutor dell’assistenza familiare”, rivolto principalmente ad assistenti sociali e ad operatori del cosiddetto terzo settore impiegati nell’ambito dei servizi di assistenza agli anziani.

Per quanto riguarda infine la certificazione delle competenze, Oliva (2012) rileva una notevole frammentazione dovuta alla mancanza di un quadro di riferimento nazionale, mentre a livello

familiari e servizi. Il DVD ha la possibilità di essere visionato in otto diverse lingue (Russo, Ucraino, Rumeno, Polacco, Arabo, Spagnolo, Inglese e Albanese). Durante la ricerca sul campo tale strumento è stato fortemente criticato dai testimoni privilegiati incontrati perché ritenuto inadeguato, noioso ed eccessivamente didascalico. Una descrizione dettagliata del contenuto è disponibile al seguente link: http://sociale.regione.emilia- romagna.it/anziani/temi/assistenti-familiari-badanti/sezione-dvd-assistenti-famigliari .

147 Acli Colf generalmente offrono, principalmente ai loro soci ma talvolta a tutti, dei corsi di formazione gratuita per la professionalizzazione del lavoro di cura. Le Acli Milanesi (Milano e Domina) ad esempio nel 2017 hanno offerto un corso gratuito della durata di 64 con erogazione di un attestato a fronte di un minimo di 50 ore di presenza

http://www.aclimilano.it/dall11-febbraio-corso-di-formazione-per-colf-e-badanti/. Le Acli Veronesi, invece, ogni anno organizzano dei corsi di formazione per le proprie socie. Le ultime formazioni realizzate sono proprio rivolte al difficile equilibrio tra il benessere dell’anziano e delle lavoratrici, come conferma C.T intervistata, che da anni si occupa della formazione delle assistenti familiari nella città di Verona. Nel 2015 infatti il tema era “Prendersi cura del benessere dell’anziano nella quotidianità http://www.acliverona.it/documents/uploads/ACLI/Circoli/depliant%20corso%20for-2.pdf, mentre nel 2016 è stato affrontato il tema del “Prendersi curi di chi cura. Il benessere delle lavoratrici”.

europeo sono in corso progetti che stanno lavorando per la formulazione di un repertorio omogeneo di certificazione. Nel progetto “Badando” di Casalecchio di Reno, ad esempio, le assistenti familiari ricevono la certificazione ECC149 (European Care Certificate); si tratta di un attestato personale con valenza europea per i professionisti inseriti nel mondo del lavoro socio- assistenziale, valido cioè per le assistenti familiari, per gli operatori socio-sanitari, operatori socio-assistenziali, ecc. Fino a questo momento sono 17 i Paesi dell’Unione Europea che hanno introdotto tale certificazione, in Italia ad esempio viene promossa da Aias Bologna Onlus, una cooperativa bolognese. Tale certificazione ha come scopo principale quello di aumentare la qualità nel settore della cura alla persona, promuovendo la mobilità all’interno dei paesi dell’U.E.

c) Sportelli per l’incontro tra domanda/offerta e registri di assistenti familiari

Si tratta di realtà diverse tra loro che generalmente si pongono l’obiettivo di mettere in contatto la domanda (famiglie) con l’offerta (lavoratrici) offrendo un servizio di mediazione. Gli sportelli quindi tendenzialmente forniscono informazioni, aiutano il cittadino e l’orientano rispetto alle possibilità di regolarizzazione delle lavoratrici e allo stesso tempo possono fornire aiuto e sostegno anche alle assistenti familiari (supporto legale, regolarizzazione, accesso a corsi di formazione ecc). Pasquinelli (2011) individua tre diverse tipologie di “sportello badante”:

- “modello informativo”: si limita ad incrociare domanda ed offerta, fornendo alle famiglie i nominativi delle assistenti familiari disponibili

- “modello matching”: favorisce l’incontro tra domanda e offerta sulla base di una precedente analisi dei bisogni della persona anziana e di un parallelo bilancio di competenze delle assistenti familiari

- “modello integrato”: rispetto al modello precedente offre anche alcuni servizi di accompagnamento per le famiglie, gli anziani e le lavoratrici dopo la stipula del contratto, ad esempio attraverso la gestione amministrativa di quest’ultimo, ma lavorando anche per sostenere la relazione, le sostituzioni ecc.

Per quanto riguarda i registri o “albi delle assistenti” ‒ ai quali si è già accennato parlando dei sostegni economici ‒ essi si sono diffusi in modo simile a quanto accaduto con gli sportelli. I

registri «offrono alle famiglie la possibilità di accedere alle informazioni sulle lavoratrici in maniera trasparente, esercitando una facoltà di scelta che risulta invece fortemente circoscritta e limitata nel caso di una ricerca tramite “passaparola”» (Rusmini 2013, p. 166). Spesso alcuni di tali strumenti si presentano tuttavia limitati in quanto poco efficaci nel selezionare le lavoratrici, assumendo più i tratti di una “bacheca”, quando invece propongono un minimo di lavoro di selezione in entrata, corrispondente a dei requisiti prefissati, si presentano senz’altro più utili alle famiglie che sono alla ricerca di una lavoratrice.

d) Reti di interventi

Negli ultimi anni, infine, sono progressivamente aumentati anche i progetti che hanno provato a mettere assieme e in rete tra loro i diversi interventi appena descritti. La direzione intrapresa sembra quindi andare verso uno sforzo di “fare sistema”, creando rete, legami e sinergie tra i diversi soggetti in campo, quali ad esempio i centri per l’impiego, gli enti di formazione, le cooperative sociali, i patronati, il mondo dell’associazionismo e il cosiddetto terzo settore ecc. L’obiettivo finale di molti di tali interventi è quello di promuovere un’unica “presa in carico” di anziani, famiglia e assistenti familiari all’interno di un percorso il più possibile strutturato. Di seguito verranno brevemente presentati i principali progetti “di rete” presenti in Italia.

La regione Puglia nel 2011 ha avviato il progetto “R.O.S.A (Rete per l’Occupazione e i Servizi di Assistenza). Una Rete per il lavoro di cura”. Come si può leggere nella dettagliata brochure150 predisposta per le famiglie si tratta di «una Rete per l’Occupazione e i Servizi di Assistenza, per favorire l’emersione del lavoro irregolare nel settore della cura domiciliare e dare un supporto economico alle famiglie che richiedono assistenza personale domiciliare per i propri cari». Il progetto in questione ha predisposto, presso i centri per l’impiego, degli elenchi provinciali con i nominativi delle assistenti familiari qualificate presenti sul territorio. Sono stati creati, inoltre, degli sportelli finalizzati ad erogare consulenza e supporto alle famiglie nella gestione burocratica dell’assunzione e della regolarizzazione delle assistenti familiari e delle pratiche di richiesta degli incentivi economici funzionali alla copertura dei contributi previdenziali destinati alle famiglie assumono una lavoratrice presente nei registri provinciali.

Significativo e sinora unico nel suo genere nel panorama italiano è anche il progetto “Pronto

badante. Al momento giusto il sostegno che serve” che è stato promosso di recente in Toscana,

avviato dapprima nel 2015 in versione sperimentale nella sola città di Firenze e provincia, poi

150 A questo link è possibile visionare la brochure:

esteso a tutta l’area regionale nel marzo 2016151, voluto in modo particolare dall’assessora alla

salute Stefania Saccardi. Si tratta un servizio attivato a livello regionale che ha predisposto un numero verde gratuito il quale, una volta contattato, prevede entro le successive 48 ore un primo intervento di un operatore del comune presso l’abitazione della famiglia dell’anziano. In seguito a questo primo appuntamento - e in base alle esigenze portate dalla famiglia - viene individuata un’assistente familiare qualificata. Oltre al numero verde sono presenti anche altri servizi, in primo luogo, un tutoraggio a domicilio e, in secondo luogo, la possibilità di ottenere un sostegno economico, quale un buono lavoro di 300 euro erogato una tantum da utilizzare per coprire fino a un massimo di 30 ore di lavoro occasionale di un assistente familiare, necessario per fronteggiare le prime necessità della persona anziana (Regione Toscana, 2017). Il servizio appare innovativo in quanto, in primo luogo, si propone di fornire un sostegno alla famiglia in uno dei momenti di grande vulnerabilità, vale a dire quando insorge il bisogno di un’assistente familiare; in secondo luogo si propone come un efficace strumento per contrastare il fenomeno dell’informalità la quale, come già ampiamente visto, generalmente contraddistingue il lavoro domestico. I primi dati (Ibidem) ad un anno dall’avvio appaiono positivi152; la rete sul territorio inoltre appare ampia ed eterogenea, i soggetti partner infatti includono 177 associazioni di volontariato, 88 cooperative sociali, 47 patronati e altre 33 Onlus.

Per quanto riguarda l’Emilia Romagna senz’altro degno di nota è il progetto “Badando153”,

promosso da Asc InSieme (Azienda Servizi per la Cittadinanza- Azienda speciale Interventi Sociali Valli del Reno, Lavino e Samoggia). Il progetto si presenta molto innovativo, in quanto non solo lavora attraverso un sistema integrato socio-sanitario, ma come si avrà modo di vedere nel proseguo del paragrafo, ha avviato anche attività tese a garantire il benessere delle assistenti familiari, tramite corsi di formazione, uno sportello di ascolto e sostegno e gruppi di auto-aiuto sul tema del lutto e altro. Una particolarità del progetto è un “approccio a Mosaico”, teso cioè a un’attenzione simultanea a tutti i soggetti presenti, le assistenti familiari, gli anziani, i caregiver familiari; in linea con il riferimento al benessere reciproco richiamato prima:

«nel momento in cui l’assistente sociale, che è veramente il punto di riferimento della presa in carico, capisce che un anziano ha bisogno di un’assistente familiare perché magari la famiglia si è rivolta allo sportello sociale [..] allora entro in gioco io perché mi occupo proprio della gestione di una lista delle

151http://www.regione.toscana.it/-/pronto-badante-in-tutta-la-regione

152I dati riferiti al periodo che va dal marzo 2016 a febbraio 2017 (un anno) riportati parlano di: 24.985 chiamate ricevute; 5.285 buoni lavoro (1,6 milioni di euro); 6.610 visite a domicilio. Cfr.

http://www.irisonline.it/web/images/News15Mag17/il_terzo_settore_in_toscana.pdf 153http://bilancio.ascinsieme.it/index.php/content/view/fc67a00e2h/progetto-badando

assistenti familiari, in questa lista però non può entrare chiunque, ma possono entrare soltanto assistenti familiari che hanno fatto il corso, o con noi o con qualcun altro, ma comunque anche il corso di qualcun altro deve essere comunque valutato da noi, ci devono essere dei criteri precisi. Quindi io faccio il colloquio con le assistenti familiari, cerco di capire bene le loro esigenze, non so se hai notato che usiamo sempre il marchio Mosaico, che significa una particolare attenzione alle pari Opportunità, quindi c’è sempre ormai questo triplice sguardo, nel momento in cui io faccio il colloquio con l’assistente familiare, devo capire che devo tutelare lei, devo capire i bisogni dell’anziano, i bisogni dei caregiver familiari e bisogna che ci sia un equilibrio tra tutte le figure che entrano in gioco [..] quindi io faccio questi colloqui molto approfonditi in cui cerco di capire anche le loro esigenze, lo sottolineo perché questa cosa le sconvolge tutte, quando dico: - “Ma tu cosa vuoi?” - “Io? Io niente, voglio lavorare!” – “No, tu devi lavorare bene, quindi dobbiamo capire!”. Perché poi dopo i conflitti nascono all’interno delle famiglie, anzi esplodono, quindi invece il mio compito è proprio quello di fare l’incrocio tra la famiglia giusta per ogni assistente familiare, a partire dalle loro richieste, perché poi molte: - “Ma poi io se non accetto il lavoro tu poi mi aiuti ancora?”. – “Eh certo, non è detto che quella famiglia lì sia proprio quella adatta a te, e visto che siete lì quasi sempre 24 ore su 24 è bene che il vostro benessere sia al 100%”. Quindi è questa l’attenzione all’incrocio giusto, che è molto diverso dall’approccio che può essere di un’agenzia, con le quali comunque collaboriamo, o l’approccio di un centro per l’impiego, cioè noi abbiamo uno spirito sociale e non solo imprenditoriale (Referente progetto “Badando”, Casalecchio di Reno, marzo 2017).

Prima di concludere vale la pena soffermarsi brevemente anche su alcune nuove forme di assistenza e di cura rivolte alle persone anziane che si incontrano sul territorio, le quali comprendono anche nuove modalità abitative, diverse dalle abitazioni private e dalle RSA. Da una parte si sta diffondendo velocemente, non senza qualche perplessità la “badante di

condominio” (Pasquinelli, 2016). Si tratta di un’etichetta che, a ben vedere, indica molte

esperienze diverse tra loro che, andando oltre la logica del rapporto uno a uno tra persona anziana e assistente familiare, propongono l’utilizzo di una sola risorsa assistenziale per la cura di molti anziani - in condizioni però di parziale autosufficienza -presenti all’interno di uno stesso ambito residenziale (Pasquinelli & Rusmini, 2016). Quella che oggigiorno viene chiamata “sharing

economy”, quindi, sembra stare alla base di una siffatta gestione del lavoro di cura in un’ottica

di welfare generativo” Fondazione Emanuela Zancan (2012, 2014) o di “welfare collaborativo (Pasquinelli et. al., 2017). L’economia condivisa, infatti, si basa per l’appunto sulla condivisione di un servizio o di una risorsa, per favorire non solo un’immediata riduzione dei costi dei servizi per i singoli cittadini, ma anche la socializzazione, il crearsi di legami interpersonali che possono fungere da risorse generatrici a loro volta di benessere e di welfare sociale. Pasquinelli e Rusmini (2016), sull’interessante e sempre aggiornata newsletter Qualificare154, individuano alcune

diverse tipologie di servizio in base ai tre criteri che seguono:

- chi organizza la domanda e si fa carico dei costi di intermediazione comportati dal