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3.2 Un variegato arcipelago di servizi e progetti a sostegno di chi cura

3.2.2 Progetti destinati a chi cura: caregiver professionali e familiari

In questa categoria rientrano, invece, tutte quelle esperienze che hanno come obiettivo il variegato sostegno a “chi si prende cura”, in primis le assistenti familiari, ma anche i caregiver familiari. In riferimento a questa seconda categoria di utenti, infatti, da qualche anno si è iniziato a porre maggiore attenzione a queste figure; si tratta quasi sempre donne (figlie o nuore della persona anziana accudita) che si occupano di stare accanto alle persone anziane, spesso gravemente malate.

Come già anticipato nell’introduzione al capitolo, questa tipologia di servizi e progetti risulta di gran lunga meno sviluppata rispetto ai precedenti interventi. L’“aver cura di chi cura” sembra, quindi, pagare il prezzo dell’invisibilità e della bassa rilevanza sociale destinata alle attività cura nel nostro Paese. Scrive a questo proposito Ligabue, facendo riferimento in modo particolare al lavoro domestico non riconosciuto e non pagato che molte donne svolgono, spesso sommandolo a un’occupazione stipendiata (2016, p. 273):

«Nel nostro Paese vi sono forti ritardi nel prendere coscienza del ruolo fondamentale di chi si prende cura in ambito familiare. Un ruolo insostituibile e di incommensurabile valore per la persona assistita, ma anche per il contesto familiare e sociale. Un valore anche di forte rilevanza economica per le risorse pubbliche che la sua funzione di continuità assistenziale consente di risparmiare. Un ruolo senza il quale il nostro sistema di welfare risulterebbe totalmente insostituibile nell’oggi e, ancor più, nelle sfide che la società dell’invecchiamento ci presenta.»

155 L’abitazione è costituita da tre appartamenti, nei primi due vivono attualmente cinque persone anziane parzialmente autonome che vengono seguite durante il giorno da due assistenti familiari, mentre nel rimanente vivono sei studenti universitari. Le donne possono uscire liberamente, le spese delle bollette, dell’affitto e delle assistenti familiari inoltre vengono divise per cinque. Gli studenti vivono al piano superiore e sono selezionati in base alla disponibilità nell’ offrire parte del loro tempo settimanale per condividere alcuni momenti di relazione con le signore. Hanno inoltre la possibilità di ridurre i costi dell’affitto collaborando a piccoli lavoro di mantenimento dell’abitazione. Una breve descrizione del progetto è disponibile online al:

Le componenti di affaticamento mentale, psicologico ma anche fisico che un buon lavoro di cura ‒ caratterizzato dall’empatia e dalla vicinanza emotiva con la persona di cui ci si prende cura ‒ comportano, non vengono più di tanto presi in considerazione dai vari soggetti che si occupano di erogare servizi di welfare, né quando il lavoro di cura è svolto in modo gratuito da un familiare, né quando a svolgerlo è un’assistente familiare stipendiata. In questo scenario il progetto “Badando” a cui si è fatto riferimento, risulta senz’altro un’eccezione positiva e a cui guardare con attenzione.

Sebbene in misura minore rispetto alla precedente categoria, da qualche anno hanno preso il via anche alcuni interventi tesi a promuovere il benessere delle lavoratrici domestiche e delle

caregiver familiari, che verranno presentati di seguito.

a) Interventi rivolti a caregiver professionali (assistenti familiari)

Come messo in luce anche dal già menzionato repertorio di pratiche, i principali interventi che possiamo far rientrare all’interno dei servizi finalizzati a sostenere le lavoratrici della cura fanno riferimento in particolare alle seguenti categorie:

▪ inclusione sociale e partecipazione alla vita pubblica ▪ networking e auto-aiuto tra lavoratrici della cura ▪ supporto psicologico

▪ sostegno alla conciliazione famiglia-lavoro

▪ sostegno alla genitorialità a distanza (comunicazione a distanza, consulenza legale, ricongiungimento familiare, sostegno emotivo ecc)

Si tratta di progetti che approfondiremo nel corso dei seguenti capitoli, in quanto, come si avrà modo di osservare, sono ambiti che sono stati generalmente implementati all’interno delle esperienze di sostegno alla genitorialità a distanza analizzate dalla ricerca empirica.

b) Interventi rivolti a caregiver familiari

Prima di entrare nel merito di alcuni prime esperienze relative al sostegno di chi, spesso nell’ambito del contesto familiare, si prende cura delle persone anziane che necessitano di assistenza, vale la pena fare il punto della situazione a livello legislativo, dove in alcuni contesti regionali le cose sembrano pian piano modificarsi. In Emilia Romagna, su spinta del lavoro di cittadinanza attiva promosso dalla Cooperativa Anziani e non solo di Carpi e di CARER

(Associazione dei Caregiver dell’Emilia Romagna) (Ligabue, 2016), è stata di recente approvata una legge156 che riconosce giuridicamente il ruolo dei caregiver familiari, i quali non si

riferiscono solo ai figli o parenti, ma comprendono anche il o la convivente, l’amico/a o la vicina di casa che si prende cura di un’altra persona impossibilitata a cavarsela da sé. La legge (art.2), infatti, definisce il caregiver familiare in termini piuttosto ampi, come:

«la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura nell'ambito del piano assistenziale individualizzato (di seguito denominato PAI) di una persona cara consenziente, in condizioni di non autosufficienza o comunque di necessità di ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé»

Si tratta della prima legge emanata in Italia sul tema, la quale ha dato il via a un lavoro parlamentare finalizzato alla formulazione di una legge nazionale che riconosca e tuteli queste figure, che vengono stimate attorno ai tre milioni (Istat, 2011).

Il ruolo di caregiver familiare si presenta generalmente come un percorso ricco di ostacoli che richiede molte energie fisiche e mentali alla persona che lo intraprende. Analizziamo brevemente le principali difficoltà e fatiche che generalmente possono incontrare queste persone, che sembrano indicare la necessità per l’appunto di specifici progetti di sostegno. Ligabue (2016, p. 274) le riassume efficacemente nelle seguenti:

«stress emotivo, stanchezza fisica, problematiche di conciliazione, di gestione del tempo, di gestione di risorse economiche si sommano a pesanti dilemmi etici e ad un forte senso di perdita [..]. Chi si prende cura vive una battuta di arresto delle proprie aspettative personali e pone le sue energie psicofisiche al servizio di una persona cara che necessita di assistenza. Sovente la complessità dei compiti e della funzione che svolge non vengono né capiti né supportati dalle reti familiari ed amicali. La percezione di essere soli ad affrontare i mille ostacoli della quotidianità in un tempo di cui non si conosce la durata e la possibile fine, determinano forme di stress ed esaurimento che rischiano di impattare pesantemente non solo sulla salute e la vita di chi cura, ma anche di chi ha la necessità di ricevere cure».

Come appare evidente, sono molteplici e variegate le forme di vulnerabilità che possono incontrare le persone che assumono il ruolo di caregiver, esposte a fatiche fisiche e psicologiche, accentuate dal senso di solitudine che tocca molte di loro, che rischiano di sentirsi lasciate sole e ostacolate da un’organizzazione sociale (lavorativa e familiare) che fatica a riconoscere i bisogni portati da chi, in un certo momento della propria vita, si trova a dover svolgere il ruolo di caregiver familiare. Si tratta di problematiche che, nota Ligabue, possono finire per

156 Si tratta della legge regionale n.2 del 28 marzo 2014. Consultabile online al:

ripercuotersi sul benessere della persona anziana, malata o con disabilità destinataria di cure, attenzioni e assistenza. In modo particolare l’annoso tema della conciliazione risulta uno dei problemi maggiori, specialmente per le donne; il lavoro stipendiato, infatti, risulta spesso inconciliabile con le attività di cura prestate alla persona anziana, ecco quindi che molti caregiver diminuiscono il tempo dedicato alla propria occupazione, quando non la lasciano del tutto157. Una riduzione del reddito o la completa perdita del salario, tuttavia, possono provocare un’ulteriore problema che si concretizza in un rischio povertà a cui vanno incontro le persone che assumono il ruolo di caregiver familiari.

Secondo Ligabue (Ibidem), allora, è non solo opportuno ma anche urgente provare a rispondere a questi diversi bisogni e il farlo innanzitutto con interventi di sostegno psicologico, con un’adeguata formazione al ruolo, con appositi programmi di sollievo e infine favorendo l’interazione con i professionisti e con la rete di servizi. Tali interventi, quindi, per provare a rispondere adeguatamente alle problematiche sopraelencate dovrebbero essere flessibili, orientati al sostegno alla domiciliarità e sensibili rispetto ai bisogni espressi dai

caregiver familiari.

Sostenere la persona che ha in carico l’anziano attraverso interventi di varia natura, psicologica, pedagogica, formativa, offrendo inoltre supporto emotivo, può favorire un aumento della qualità della vita, una maggiore consapevolezza e competenza, l’acquisizione di nuovi strumenti a disposizione del caregiver e un alleviamento del senso di impotenza che spesso contraddistingue l’esperienza di chi si prende cura di propri familiari o amici anziani e malati. Con queste precise premesse viene ideato il progetto “Sostenere chi cura”, avviato in Lombardia e promosso dalla cooperativa sociale Co.ge.s.s. Si tratta di un’azione rivolta ai familiari di persone fragili (anziani non autosufficienti e persone con disabilità) che si occupano in maniera continuativa della cura dei loro familiari (prevalentemente coniugi, genitori, figli ecc.) e che possono vivere situazione difficili dovendo ad esempio gestire conflittualità accese o permanenti, relazioni di dipendenza o forme di iper-controllo. Problematiche senz’altro che possono senz’altro mettere a dura prova l’equilibrio psico- fisico del caregiver. Il progetto, attraverso il coinvolgimento dei Servizi Sociali e delle altre realtà presenti sul territorio, cerca di promuovere “una nuova cultura della presa in carico”

157 L’autrice auspica a questo proposito la defiscalizzazione delle spese di cura (come già avvenuto ad esempio in Francia) affinché i familiari possano avvalersi di aiuti entro i termini di un lavoro regolare (Ligabue, 2016).

che prova ad assumere un’ottica sistemica, rivolta al nucleo familiare, e non indirizzata esclusivamente al singolo.158 Le finalità principali del progetto159 risultano:

▪ sensibilizzazione il territorio e la comunità al bisogno; ▪ individuare e accogliere il bisogno

▪ sviluppare un percorso di empowerment e di prevenzione del burn out ▪ favorire e accompagnare all’utilizzo delle risorse del territorio

▪ creare reti di sostegno e gruppi di supporto

L’intervento promosso da “Sostenere chi cura” prevede un accompagnamento di tipo psicologico a domicilio, presso l’abitazione della persona anziana e del caregiver. Finora sono circa cinquanta le famiglie prese in carico e seguite dal progetto. Alcuni caregiver già affiancati dagli psicologi a domicilio hanno inoltre la possibilità di partecipare ai supporti di gruppo e di auto- aiuto. I “Gruppi ABC. Per riuscire a parlare con la persona malata di Alzheimer”160, ad

esempio, hanno preso avvio nel 2012 e sono rivolti in modo specifico ai caregiver che si occupano di persone malate di Alzheimer. Gli incontri sono promossi da Pietro Vigorelli, medico psicoterapeuta e direttore del Gruppo Anchise, e si basano sull’“approccio capacitante e conversazionale”161 (Vigorelli, 2008) da lui ideato. Questi incontri hanno di recente visto la

partecipazione anche di numerose assistenti familiari straniere oltre alle figure di caregiver familiare.

Un altro progetto che ha istituito uno spazio di ascolto per persone che svolgono funzioni di cura è il già nominato progetto “Badando” di Asc Insieme. Lo sportello di ascolto prima presentato come sostegno alle donne che lavorano come assistenti familiari è infatti pensato anche per accogliere i bisogni dei caregiver familiari:

158 Emblematico di questo approccio è la presenza di diversi obiettivi specifici di intervento finalizzati al lavoro con

l’anziano (ripristinare l’autostima; ridurre lo stress; risignificare la propria vita; migliorare la comunicazione e le

relazioni; raggiungere la “felicità” possibile; mantenere il più possibile le condizioni che permettono di rimanere nel proprio ambiente di vita; accompagnamento nelle scelte che lo riguardano, e il caregiver ( diminuire il senso di impotenza e di colpa nella gestione dell’anziano; elaborare il dolore e la sofferenza emotiva; riappropriarsi dei propri “ruolo sacrificati”; garantire e stimolare rapporti positivi con altre persone; garantire momenti di sollievo e respiro; migliorare la relazione con il proprio caro; diventare curanti esperti nell’uso della parola.

159 Ringrazio molto il dott. Dario Ferrario, psicologo, che mi ha gentilmente spiegato in modo dettagliato il progetto e condiviso i documenti relativi al progetto.

160 http://www.formalzheimer.it/

161 Consiste in un approccio di cura e terapeutico tra la persona malata di Alzheimer e il caregiver principale basata sulla conversazione, sulla capacità di dialogo e sul potere della parola. I meccanismi attraverso cui agisce la terapia conversazionale vanno individuati: 1) nell’attivazione della riserva funzionale e dei meccanismi di compenso; nel risveglio della motivazione; nell’attivazione dei processi di facilitazione; nella relazione tra terapeuta e paziente; nel riconoscimento delle identità multiple del paziente; nell’apertura ai mondi possibili (Vigorelli, 2008, p. 131).

«[..] da settembre ci stiamo occupando anche di caregiver familiari, quindi da pochissimo è diventato un nuovo obiettivo, perché se tu lo sai, dal 2014 la legge regionale n.2 ci dice che ci dobbiamo impegnare anche nel sostegno dei caregiver familiari, quindi stiamo cercando di mettere in campo varie cose anche per loro, a maggio partiremo con 25 persone con un gruppo auto mutuo aiuto» (Referente progetto Badando).